La crisi dei microchip
A causa della pandemia globale dovuta al COVID19, nel 2020 moltissime aziende di produzione non essenziale hanno chiuso i battenti e il settore automobilistico è stato uno tra i più colpiti. Tuttavia i calo di produzione dei microchip non è stata subito rilevato in questa fase bensì solo un anno dopo, quando i fornitori acquisivano ordini che i produttori diretti non riuscivano più ad evadere. È la legge basilare dei mercati: cosa è successo? La vendita dei semiconduttori si è concentrata sulle imprese di consumo elettronico e sui dispositivi informatici come smartphone, computer e tutti i device che hanno permesso lo smartworking.
Nella scorsa estate, con la ripartenza dei settori produttivi, le industrie automobilistiche si sono trovate in difficoltà perché i produttori dei semiconduttori hanno continuato a dare priorità a chi non ha mai smesso di fare ordini. I fornitori non hanno potuto quindi soddisfare tutte le richieste del settore automotive che invece ha ricominciato ad aver bisogno dei componenti elettrici per assemblare le proprie auto senza considerare che la catena di produzione di questi componenti si trova principalmente tra Cina, Giappone, Corea e soprattutto Taiwan, i primi paesi più colpiti dal noto virus.
Le case automobilistiche hanno annunciato ai propri acquirenti ritardi nelle consegne per la mancanza dei componenti come nel caso di Volvo che ha addirittura chiuso le fabbriche per qualche settimana.
LE PERCENTUALI DI IMPATTO
Nel primo semestre del 2020, Stellantis ha bruciato 1,2 miliardi di euro, Ford ha perso 700mila veicoli, Volkswagen ha allungato le tempistiche di consegna e General Motors insieme ad Honda hanno ridotto le unità previste di vendita. Gli effetti sul mercato non hanno tardato a farsi sentire con la dilatazione dei tempi di attesa, con minori campagne pubblicitarie, con una riduzione dei modelli in pronta consegna e un conseguente incremento dei prezzi di listino.
LE CONTROMOSSE
La Taiwan Semiconductor Manufacturing (Tsmc) ha dichiarato che costruirà nuovi stabilimenti negli USA e in Giappone per risolvere il problema ed evadere la richiesta dei chip necessari per le automobili.
La Tesla è in cerca di soluzioni alternative affidando le forniture dei microcontrollori ad altri produttori; Peugeot ha scelto la via del rimborso ai clienti mentre Ford invierà auto incomplete alle concessionarie nella speranza di poter integrare i componenti in un secondo momento. Diversa è la strategia adottata dalla Volkswagen, che sta tagliando la produzione di alcuni modelli meno richiesti per privilegiarne altri di maggiore appeal.
L’industria automobilistica deve necessariamente rivedere l'approccio alla catena di montaggio e dei rifornimenti al fine di non trovarsi in difficoltà in futuro per quanto è successo a causa del Covid19. Una filiera produttiva così articolata e complessa rischia di non avere abbastanza fornitori che spesso sono dislocati in zone lontane dagli impianti di assemblaggio, in particolar modo in previsione di una graduale svolta produttiva verso la costruzione di automobili elettriche che imporrà alle grandi case automobilistiche un cambio di rotta immediato.