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L'imprevedibile percorso che prese il cavallo
di Mandricardo per il bosco privo di sentieri
fece si che Orlando vagò per due giorni a vuoto,
né lo troVò, né ne ebbe traccia.
Arrivò a un ruscello che sembrava cristallo,
sulle cui sponde fioriva un bel prato
dei colori della natura dipinto,
e variamente ornato da molti bei cespugli.
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La calda ora del mezzogiorno rendeva gradita l'ombra
agli animali e al pastore nudo;
cosi che neppure Orlando ebbe alcun esitazione,
avendo la corazza, lelmo e lo scudo.
Qui Orlando entrò per riposare in mezzo ai cespugli
e vi trovò una dimora angosciosa, funesta
e più di quanto si possa dire,
quell'infelice e sfortunato giorno.
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Girando intorno vide incisi con scritte
molti arberelli sulla riva dell' ombroso fiume.
Non appena ebbe gli occhi fermi e fissi con maggior
attenzione
fu sicuro che furono scritti dalla dea del suo cuore.
Questo era uno di quei luoghi già descritti,
dove spesso Medoro veniva
dalla vicina casa del pastore
con la bella Angelica.
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Vede Angelica e Medoro in diversi modi,
intrecciarti insieme ed in diversi luoghi.
Tante sono le lettere, tanti sono i chiodi
con i quali Cupido gli ferisce e punge il cuore.
Va a cercare in mille modi con il pensiero
di non credere quello a cui, suo malgrado, crede:
si sforza di credere che sia un' altra Angelica
ad aver scritto il suo nome sul quella corteccia.
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Poi dice: "lo conosco la grafia di queste lettere:
di queste (lettere) ne ho viste e ne ho lette tante.
Potrebbe essersi inventata questo Medoro:
forse mi ha dato questo soprannome".
Con tali opinioni remote,
continuò ad assillare se stesso, ponendo
il suo malcontento nella speranza
che seppe procurare a se stesso.
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Ma più si riaccende e si rinnova
il crudele sospetto più cerca di dimenticarlo:
come il disattento uccello che finisce
in una ragnatela o sui rami invischiati,
quanto più batte le ali e più prova
a liberarsi, più si lega ctrothe
retto
Orlando giunge dove si incurva la montagna
come un arco (formando una grotta) sulla fonte cristallina
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Avevano ornato I'ingresso (di quella grotta)
edere e viti rampicanti con i loro fusti contorti.
Nei giorni più caldi, qui erano soliti
stare abbracciati i due felici amanti.
C'erano i loro nomi dentro ed intorno (alla grotta)
più che nei luoghi circostanti,
scritti alcuni con il carbone ed altri con gesso
e altri erano impressi con punte di coltelli.
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Qui scese il triste cavaliere;
e vide sull' entrata della grotta
tante parole, che erano state scritte dalla mano di
Medoro, e sembravano esser state scritte proprio in quel
momento.
Per esprimere il grande piacere che provò (con Angelica) nella
grotta,
aveva composto questa iscrizione in versi.
lo penso che fosse poeticamente elaborata in arabo (lingua di
Medoro),
ed era tale il senso nella nostra lingua:
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"Liete piante, verdi erbe, limpide acque,
grotta gradevole per la fresca ombra,
dove la bella Angelica nacque di Galafron, è stata amata vanamente da molti,
spesso nelle mie braccia giacque nuda;
dei piaceri che qui mi sono stati dati,
io povero Medoro non posso
ricompensarvi in altro modo, se non lodandovi in ogni momento:
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e di pregare ogni signore che vi ha amato,
e cavalieri e damigelle ed ogni
persona, del posto o forestiere,
che capiti qui intenzionalmente o per caso;
che allerba, all'ombra, al'ingresso (delle grotta), al fiume e
alle piante
dica: che sole e luna vi siano favorevoli,
e vi protegga il coro delle ninfe
dai danni che potrebbero recare le greggi condotte li da
qualche pastore."
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Era scritto in arabo, che il cavaliere
capiva bene come il latino:
tra molte lingue che conosceva,
il paladino sapeva benissimo quella;
e gli fece evitare più volte danni e scontri,
quando si trovò tra il popolo saraceno:
ma non si rallegri, se altre volte (la conoscenza dell'arabo) gli
fu propizia;
perché ora gli arreca un danno tale da cancellare tutti i
vantaggi ottenuti.
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Lesse tre, quattro, sei volte la triste poesia
l'infelice, ed anche cercando invano (di immaginare)
che non ci fosse ciò che vi era scritta;
ma gli risultava sempre più chiaro e facile da comprendere:
ed ogni volta (che leggeva) si sentiva in mezzo al petto afflitto
stringere il cuore con mano gelida.
Rimase li con gli occhi e con il pensiero
rivolti al sasso, impietrito.
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Fu allora che inizio ad impazzire,
cosi che in preda al dolore si abbandona completamente.
Credete a chi lo ha provato su se stesso,
che questa, d'amore, è la sofferenza che fa passare tutte le
altre
Gli era caduto il mento sopra il petto (testa bassa),
la fronte era priva di rughe ed era bassa;
non poté aver e (che il dolore l'occupò tanto)
voce per lamentarsi o lacrime per piangere.
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Rimase dentro l'impetuoso dolore,
che voleva uscire con troppa fretta.
Cosi vediamo restare l'acqua nel vaso,
che abbia largo il ventre e stretta la bocca;
cosi ché, capovolgendo il vaso,
Iliquido che vorrebbe uscire, tanto velocemente si riversa,
e si ingorga nella stretta apertura,
uscendo cosi goccia a gocia, a fatica.
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Poi ritorna abbastanza in sé, e pensa se
la cosa potrebbe essere non vera
che qualcuno voglia cosi infamare il nome
della sua donna, e crede e spera e brama,
oppure (che qualcuno voglia) gravarlo di un cosi
insopportabile peso
di gelosia, da farlo morire:
e abbia, chiunque sia stato
imitato molto bene la sua calligrafia (di Angelica).
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Con una cosi debole speranza,
gli si rianimarono gli spiriti vitali,;
quindi sali in groppa al suo Brigliadoro
quando il sole stava già lasciando il posto a sua sorella luna
(tramonto).
Non va molto avanti, che dagli alti comignoli
dei tetti vede uscire del fumo,
sente cani abbaiare e una mandria muggire:
va fino alla villa e prende posto.
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Languido smonta (da cavallo), e lascia Brigliadoro
a un abile garzone perché ne abbia cura:
si fa disarmare da uno, gli sperono d'oro un altro
gli leva, e si fa lucidare l'armatura da un altro ancora.
Era questa la casa dove Medoro
visse quando fu ferito, e dove ebbe grande fortuna.
Orlando chiede solo da dormire e niente per cena,
è sazio di dolore e non di altro cibo.
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Quanto più cerca di trovare tranquillità,
tanto più prova travaglio e dolore;
vede piena della odiata poesia (quella scritta da Medoro) ogni
parete
ogni finestra, ogni porta.
Vorrebbe chiedere a riguardo ma poi tiene le labbra ferme
(sta zitto),
perché teme di rendere (a se stesso) troppo evidente,
troppo chiara la cosa che
cerca di dimenticare (offuscare), per provare meno dolore.
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Ingannare se stesso non gli giova;
perché senza domandare (del'accaduto) c'è chi ne parla.
Il pastore, che lo vede cosi oppresso
dalla sua tristezza, e vorrebbe alleviarla,
iniziò a raccontargli la storia che conosceva bene; raccontava
spesso
dei due amanti a chi voleva ascoltare
una storia molto dilettevole,
e cosi, senza rispetto, cominciò a raccontare
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come egli, pregato dalla bella Angelica,
aveva portato in casa sua Medoro,
ferito gravemente; e che ella (Angelica)
curò la ferita ed in pochi giorni la guari:
ma lei, con una piaga ancora maggiore di quella, nel cuore
fu ferita da Amore (cupido); e da una piccola scintilla
si accese tanto del cosi cocente fuoco,
che la faceva ardere tutta, e non trovava pace
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e senza aver riguardo che ella (Angelica) fosse
figlia del più grande re che abbia mai avuto l'oriente,
sospinta da un grandissimo amore fu portata
a sposare Medoro, umile soldato.
La conclusione della storia fu
che il pastore mostrò ad Orlando il gioiello,
che al momento della partenza, come ricompensa
della buona ospitalità, gli diede Angelica.