Riassunto Libro Diritto Commerciale (Valzer)
Riassunto Libro Diritto Commerciale (Valzer)
Cosa tratta il diritto commerciale? Che esigenza c’è di avere una disciplina chiamata diritto commerciale?
[pag.4/5 – art. 2082]
Si parli della fattispecie impresa. Da dove muove il diritto commerciale? [art 2082 – nozione di impresa,
soggetto o attività?; pag 11/12]
Dall’art. 2082: è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine
della produzione o dello scambio di beni o servizi.
Il punto dal quale si muove il diritto commerciale è il fenomeno che l’imprenditore pone in essere, ovvero
un suo comportamento, che si sostanzia in un’attività, qualificata come produttiva, che rispetti i requisiti di
organizzazione, professionalità ed economicità, e che prende il nome di impresa.
1. Professionalità = frequenza relativa al suo svolgimento, deve aver luogo in maniera abituale, stabile
e reiterata, in definitiva in modo non occasionale o sporadico.
NB Non sinonimo di esclusività, di continuità (interruzioni legate a esigenze naturali del ciclo produttivo) o di
pluralità di risultati (es. unico affare complesso – costruisco un ponte).
2. Organizzazione = sul piano dei mezzi impiegati nel suo svolgimento, deve essere esercitata, non
solo con la capacità lavorativa di chi la pone in essere ma anche (o piuttosto) con l’ausilio di altri
fattori produttivi (lavoro o capitale).
3. Economicità = sul piano del metodo che dev’essere seguito nel suo svolgimento.
Abbiamo due orientamenti possibili: metodo lucrativo, tende a far conseguire il maggior profitto possibile,
oppure il metodo economico in senso stretto (pareggio tra ricavi e costi), preferibile. Il metodo economico
(in generale) si prefigge di appagare le istanze di coloro che soddisfano le esigenze finanziarie dell’impresa,
tramite la collocazione della propria produzione sul mercato → questo fa sì che, a prescindere dal metodo,
ricorre il presupposto che rende congruo l’assoggettamento al diritto d’impresa: tali fenomeni si
interfacciano con il mercato (esposti al rischio mercato quindi al rischio di impresa).
L’attività deve essere economica. L’economicità significa l’esercizio con metodo economico, è un’attività
che si svolge stando in piedi da sola, trovando nel suo output le risorse per poter autofinanziare l’impresa
stessa. Non si deve ricorrere strutturalmente ad erogazione di risorse finanziarie da parte di terzi. Le
imprese non devono per forza produrre utile; è normale che si aspiri alla produzione di un utile ma non è
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necessario per l’applicazione dello statuto dell’impresa commerciale. Non è così per alcune categorie di
imprenditori, vedremo che le società lucrative sono tali solo se sussiste lo scopo di lucro.
Quest’analisi ci porta a fare una distinzione tra il lucro in senso oggettivo e lucro in senso soggettivo: il
lucro oggettivo è il maggior valore dei ricavi rispetto ai costi (ricchezza prodotta in più dall’attività
d’impresa). Il lucro soggettivo è il momento di appropriazione di questa ricchezza dall’attività d’impresa
effettuata dall’imprenditore. Entrambi i requisiti sono normali ma non necessari per l’integrazione della
fattispecie.
NB non rientrano le attività erogative, incerto se debbano rientrare le attività svolte secondo una logica di
perdita programmata.
Si noti come a nulla rilevano la destinazione impressa alla produzione ottenuta o l’osservanza di regole
ulteriori o le finalità perseguite attraverso l’iniziativa (es. impresa per conto proprio o impresa
illegale/illecita).
NB Nel caso di impresa immorale, cioè di un’attività che abbia un oggetto illecito (es. traffico di droga), al
fine di tutelare i terzi estranei all’illecito, si nega l’esistenza di impresa. Questo, per il timore che il
riconoscimento della qualità di imprenditore porti all’applicazione non solo delle norme che tutelano i
creditori di un imprenditore commerciale (fallimento), ma anche delle norme che tutelano l’imprenditore
nei confronti dei terzi ( disciplina dell’azienda, dei segni distintivi, della concorrenza sleale). In questi casi
deve applicarsi il principio secondo cui da un comportamento illecito non possono mai derivare effetti
favorevoli per l’autore dell’illecito o per chi ne è stato parte.
A quali norme è soggetta un’impresa? Quali sono le norme destinate a questa fattispecie? [pag.20/21 –
statuto generale dell’impresa]
Tradizionalmente l’impresa risulterebbe destinataria dello statuto generale dell’impresa (costituito dagli
istituiti dell’azienda, della concorrenza, dei consorzi e dei segni distintivi), anche se alcuni di questi istituti
non sono talvolta applicabili all’impresa in quanto tale (azienda), e ad essa si applicano anche ulteriori
disposizioni s.p.a.rse. L’impresa, quale fenomeno omnicomprensivo, è destinataria più che altro di singole
disposizioni, che nell’insieme costituiscono una disciplina poco organica e molto frammentaria.
Se vogliamo razionalizzare abbiamo, in particolare, due fenomeni imprenditoriali a cui il legislatore storico
attribuisce una più ristretta rilevanza normativa:
Questo perché non si voleva assoggettare queste due fattispecie a una serie di norme, nello specifico
dirette a salvaguardare il credito alla produzione (obbligo di tenuta delle scritture contabili, procedure
concorsuali, etc.), che rimangono riservate a fenomeni imprenditoriali in cui questa forma di finanziamento
ricorre in maniera più intensa (le imprese commerciali non piccole); è solo a queste ultime che il diritto
commerciale era indirizzato nella sua interezza.
NB Oggi vediamo un ravvicinamento progressivo tra le varie sub-fattispecie (es. in tema di procedure
concorsuali e di pubblicità d’impresa).
Dall’art. 2135: È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo,
selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.
Distinguiamo quindi le prime come attività agricole essenziali e le altre come attività agricole per
connessione.
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Gli viene attribuita rilevanza normativa ristretta per via della natura dell’attività: essa si caratterizza per
avere un processo produttivo incentrato sostanzialmente sul fondo, il fattore principale è rappresentato
dalla terra e il suo esercizio compenetrava con l’esercizio di proprietà sul fondo. Abbiamo ristrette esigenze
di investimento, creditori tutelati tramite garanzie reali (ipoteche sul fondo).
Per attività agricole essenziali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico
o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare
il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Per attività connesse si intendono le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla
manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad
oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalle attività agricole essenziali, nonché le attività dirette alla
fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda
normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del
territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.
Abbiamo ora una nozione molto più ampia di quella prevista dal legislatore del ’42. Anzitutto anche le
attività agricole essenziali utilizzano o possono utilizzare il fondo, che diventa un fattore produttivo
eventuale e non fondamentale. L’elemento costitutivo diventa la cura e lo sviluppo di un ciclo (o di una
parte) biologico animale o vegetale.
L’ampliamento della nozione coinvolge molto le attività connesse. Sono attività connesse quelle che
utilizzano come materia prima prevalente (e non esclusiva) i prodotti derivanti dalle attività agricole
essenziali, comprese le attività di manipolazione, trasformazione e commercializzazione di questi prodotti (si
pensi a un contadino che vende il vino e non l’uva); si comprendono anche le attività di agriturismo.
L’ampliamento così radicale dell’impresa agricola sul piano della fattispecie non si è accompagnato da un
contestuale adeguato ampliamento della disciplina (interventi parziali e insufficienti. Ora parliamo di
fenomeni produttivi agricoli industrializzati: abbiamo certe esigenze finanziarie con un certo accesso al
capitale di credito etc.
Dall’art. 2083: Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e
coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei
componenti della famiglia.
Il fattore produttivo principale della piccola impresa è il lavoro del titolare e dei suoi familiari, ovvero un
fattore produttivo di cui già si dispone senza doverlo acquisire da terzi, da qui la diversa rilevanza
normativa, abbiamo esigenze finanziarie non significative.
Si ritiene che la prevalenza cada accertata non in senso quantitativo ma in senso qualitativo: il lavoro del
titolare e dei componenti della sua famiglia devono costituire il fattore essenziale, imprescindibile e centrale
nel processo produttivo sottostante. Il titolare deve essere chiamato a svolgere un ruolo esecutivo che
caratterizza e connota il sottostante processo produttivo.
NB Si può considerare un’impresa piccola se fa capo a una società e non a una persona fisica? Nelle società
di persone possiamo considerare piccola un’impresa in cui il lavoro che prevale è quello dei soci (sugli altri
fattori produttivi).
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Alla presunzione di piccolezza si tende a riconoscere la qualità di
presunzione assoluta; per quanto riguarda la presunzione di grandezza vale
quanto detto sotto.
Peculiarità normative della piccola impresa?
L’art. 1 co. 2 della legge fallimentare esclude l’apertura di procedure concorsuali di fallimento e di
concordato preventivo nei confronti di titolari delle imprese che si attestino al di sotto di tre parametri:
Quindi possiamo dire che, per la legge fallimentare, al ricorrere di questi tre parametri ricorre una
presunzione di piccolezza e se così ne consegue la norma stabilisce implicitamente per le altre imprese una
presunzione di grandezza. Non c’è armonia di pensiero sul fatto che le presunzioni siano assolute o relative:
dipende se il criterio si considera alternativo (più probabile) o complementare all’art. 2083.
La categoria di impresa commerciale (non piccola) è una categoria residuale, che si ottiene depurando la
nozione di generale di impresa da quella di impresa agricole e impresa piccola.
Non c’è una norma con la relativa nozione, ma possiamo desumere la definizione di impresa commerciale
dall’art. 2195 (imprenditori soggetti a registrazione), norma di disciplina. e non definitoria
Si noti come i punti sub 3-4-5 siano specificazione dei punti sub 1-2. L’impresa commerciale è un attività di
produzione di beni e di servizi che si qualifica come industriale o un’attività di circolazione di beni che si
qualifica come intermediaria.
L’interpretazione dei due requisiti non è unanime, ma l’opinione prevalente è orientata a interpretare i due
requisiti appena menzionati attribuendo al primo il significato di non agricolo e al secondo il significato di
relativo allo scambio. Si perviene a una nozione di impresa commerciale residuale, in modo da non creare
incertezze sul riferimento alla rilevanza normativa di imprese come imprese artigiane, imprese di pubblici
spettacoli, imprese finanziarie, agenzie di collocamento etc. (nel caso di interpretazione letterale dei criteri –
cd. Impresa civile).
Possiamo classificare l’impresa commerciale anche in base alla forma giuridica rivestita, in questo caso
parliamo di:
Può presentarsi nella forma di società pubblica, di ente pubblico economico oppure all’interno di un
contesto organizzativo di un ente pubblico non economico. Per quanto attiene alla disciplina nel caso di
impresa con forma giuridica di diritto privato, l’applicazione della disciplina non presenta differenze; nel
caso di impresa con forma giuridica di diritto pubblico si applicano le disposizioni del libro V (obbligo di
iscrizione ma esclusione dalle procedure di liquidazione giudiziale), ma non si rilevano grandi differenze.
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• Impresa privata → fenomeno produttivo imprenditoriale, che assume la forma giuridica di diritto
privato (persona fisica, società o ente privato non societario)
In questo caso si applica la disciplina dell’impresa nei primi due casi (se società di forma commerciale la
forma giuridica implementa alcune regole maturate dalla disciplina dell’impresa commerciale, es. impresa
agricola ma s.n.c. vanno applicate obbligo di pubblicità e di tenuta delle scritture contabili ma non tutta la
disciplina dell’impresa commerciale), nell’ultimo caso ci sono pareri discordanti (es. associazioni o
fondazioni), all’opinione prevalente vede comunque l’applicazione tout court della disciplina.
Possiamo considerare le professioni intellettuali come impresa commerciale? Quali sono le implicazioni
che conseguono sul piano della disciplina applicabile? [pag. 35-37]
NB criterio oggettivo: utilizzo del contratto d’opera intellettuale (minimo di intellettualità – minimo di
personalità)
In realtà la questione è molto controversa, quindi ricorriamo ai presupposti del 2082 per verificare se
possiamo considerare le professioni intellettuali un fenomeno assimilabile all’impresa:
• anzitutto possiamo dire che le professioni intellettuali rientrano nella forma dell’attività produttiva
• il requisito della professionalità non è necessario perché un fenomeno produttivo possa dirsi
professione intellettuale (può essere reso anche un solo servizio professionale), anche se la
professionalità è tendenziale in queste professioni
• il requisito dell’organizzazione non è sempre integrato, generalmente il professionista si avvale di
fattori produttivi, ma bisogna accertare se il lavoro del professionista prevale o no sugli altri fattori.
• Il requisito dell’economicità risulta agevolmente integrato.
L’art. 2238 dice che: Se l'esercizio della professione costituisce elemento di un'attività organizzata in
forma di impresa, si applicano anche le disposizioni del titolo II.
Tale norma viene intesa come allusiva all’ipotesi in cui la professione rappresenti la componente di una più
ampia attività organizzata in forma di impresa (es. ingegnere in seno all’impresa edile). Quindi non troverà
applicazione il titolo II (comprendente lo statuto dell’impresa commerciale), nei casi in cui l’attività
produttiva si esaurisca nella realizzazione di un servizio professionale.
NB Oggi non ha molto senso, spesso le professioni intellettuali si presentano spesso come fenomeni in tutto
e per tutto coincidenti con l’impresa. (si parla di privilegio nei confronti dei professionisti)
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L’inizio e la fine dell’impresa [pag. 38-41] → criterio di effettività
Ci concentriamo sul problema relativo al momento a decorrere dal quale cominciamo a parlare di disciplina
dell’impresa e, specularmente al momento che segna il termine della sua applicazione. Tali fenomeni devono
valutarsi secondo un criterio di effettività rispetto alla sussistenza o meno del fenomeno cui la disciplina si
riferisce.
Nel caso dell’inizio tale criterio deve prescindere da qualunque tipo di adempimento formale, altrimenti
faremmo dipendere dalla volontà del soggetto che è tenuto ad assolvere a tali adempimenti l’applicazione di
una disciplina che tutela anche altri soggetti.
Rimane incerto se l’inizio dell’impresa debba aversi sin dalla fase di organizzazione o posticipatamente alla
stessa → possiamo escludere che l’inizio dell’impresa possa aversi già a seguito dell’elaborazione di un
semplice programma produttivo o del compimento di singoli atti di organizzazione, di conseguenza si ritiene
necessaria l’esecuzione di una serie di atti coordinati e volti ad organizzare un’attività produttiva, che
abbia assunto fisionomia unitaria e finalità non equivoche.
La fine dell’impresa deve essere identificata nel momento in cui nella realtà concreta viene meno il
fenomeno produttivo qualificabile come impresa, senza che possano aver rilievo gli eventuali adempimenti
formali obbligatori (liquidazione). L’impresa di una società può anche cessare prima della fine della società.
Per quanto riguarda l'IMPRESA SOCIETARIA
NB Si esclude che l’inizio dell’impresa societaria possa aver inizio prima della costituzione, parimenti si
esclude che la fine dell’impresa societaria possa essere posticipata al momento dell’estinzione.
Tutto questo presenta una significativa eccezione per le procedure concorsuali: la fine dell’impresa non
porta con sé il venir meno della possibilità di aprire una procedura concorsuale (entro il termine di 1 anno
dalla cancellazione dal registro delle imprese e non dalla cessazione effettiva dell’attività).
Appunti
Per quanto riguarda il profilo oggettivo della rilevanza del fenomeno ai fini della sua qualificazione come
attività di impresa, tradizionalmente si tende a distinguere tra imprese strutturate in forma societaria più
evoluta (persone giuridiche) o imprese strutturate in forma più individuale o come società di persone.
Per quanto riguarda i codici organizzativi più evoluti (S.p.a., Srl, Sapa) lo statuto dell’impresa si applica da
subito, cioè con la nascita/costituzione dell’ente, ovvero con l’iscrizione nel registro delle imprese. Questo
perché le società non hanno una capacità generale, ma vengono costituite con un fine determinato che è il
raggiungimento dell’oggetto sociale, nascono con l'obiettivo di realizzare un'attività teologicamente
ordinata all'adempimento di una mission, che è quella che i soci mettono per iscritto nello statuto e nell’atto
costitutivo. Il loro stesso venire in essere è scandito, dettato e regolato dallo statuo dell’impresa
commerciale quindi esso si applica fin da subito. Anche se la società è stata costituita e non ha ancora fatto
una operazione, quindi non ci sono atti di impresa, lo statuto si applica dal momento in cui la società viene
in essere. In questo caso possiamo dire come normale il fatto che, essendo costruzioni puramente
giuridiche, tali codici organizzativi abbiano un senso solo nel loro contesto, ovvero il diritto dell’impresa.
Caso diverso si ha per gli imprenditori, persone fisiche, e per le società di persone. Questo perché
l’iscrizione nel registro delle imprese non è una condizione di esistenza dell’attività d’impresa; io posso
esercitare tale attività anche senza iscrivermi. Intuitivamente anche in questi casi c’è bisogno di alcuni
regolamenti, quindi la legge detta un codice organizzativo finalizzato a regolare proprio questi casi, che è il
codice residuale dell'attività commerciale. Quando in questo caso si diventa imprenditori? In questo caso,
anche nell'attività di organizzazione dell'impresa sorgono e si pongono problemi ed esigenze di tutela dei
terzi, che non sono minori di quelli che, intuitivamente, si pongono nell’esercizio dell’attività; si ritiene che
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l’applicazione dello statuto dell’impresa trovi il suo starting point già dall’attività di organizzazione
dell’impresa.
Vediamo i casi inversi, fino a quando si applica lo statuto dell’attività d’impresa? La cessazione dell’attività
d’impresa, tendenzialmente, avverrà in concorrenza, da un lato, con un momento sostanziale, dall’altro con
un momento formale, ma con alcune precisazioni.
Possiamo ritenere un’attività d’impresa cessata contestualmente al momento della disgregazione del
complesso aziendale; questo significa che non si potrà più esercitare l’attività d’impresa quando viene
meno la sintesi funzionale costituita dall’azienda stessa (es. spengo l’altoforno, vendo i macchinari etc.). La
disgregazione del complesso aziendale non è altro che il processo inverso dell’organizzazione dei fattori di
produzione. C’è anche un dato formale però, ovvero la pubblicità della cessazione dell’attività d’impresa,
di conseguenza le società che nascono tramite iscrizione nel registro delle imprese, si estinguono nel
momento della cancellazione dal registro delle imprese.
A questo punto possiamo notare la possibilità di continuare a fare impresa senza pubblicizzarlo, quindi
apriamo un tema di coerenza tra situazione pubblicizzata e situazione non pubblicizzata. Come la legge
disciplina il problema? Dati i due fattori, sostanziale e formale, i principi sono quelli che sostanzialmente si
trovano nell’articolo 10 della legge fallimentare.
Art. 10 legge fallimentare: Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti (2) entro
un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese (3), se l'insolvenza si è manifestata anteriormente
alla medesima o entro l'anno successivo.
In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la
facoltà per il creditore o per il pubblico ministero di dimostrare il momento dell'effettiva cessazione
dell'attività da cui decorre il termine del primo comma.
Quindi c’è un rilievo del momento formale, la cancellazione dal registro delle imprese. La legge dice che se
non ho pagato i creditori posso essere dichiarato fallito anche entro un anno dalla cessazione dell’attività
d’impresa.
Ma viene richiamato anche il momento sostanziale. Per intuibili esigenze di certezza si parte della
pubblicità, ma se in realtà l’attività è continuata anche dopo, quindi la situazione formale non è coerente
con la situazione sostanziale, allora il pubblico ministero o i creditori possono sempre provare l’esistenza
dell’esercizio dell’attività d’impresa e rendere la cancellazione incapace di disattivare l’applicazione dello
statuto dell’impresa. Si noti bene, se io ho disgregato la mia attività, ma non mi sono ancora cancellato,
resto passibile di fallimento entro un anno dalla cancellazione (non vale il contrario).
È immediato e semplice ma ha dei rilievi critici. Possibili forme di abuso: uso un nullatenente come
prestanome, così non espongo il mio patrimonio (impresa fiancheggiatrice → fallimento del dominus ma
senza possibilità di rivalsa per i creditori del prestanome senza garanzia).
Questo vale nella normalità dei casi: ipotizziamo di avere una bella impresa che va alla grande, e io nomino
come mio unico erede Pincopallo mio nipote di 15 anni; cosa succede a Pincopallo? Se accetta l’eredità e
subentra nell’attività il minore che esercita o acquista la qualità di imprenditore, ma c’è bisogno
dell'integrazione dei poteri di un tutore e dell'autorizzazione, naturalmente, del giudice. Data
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l’autorizzazione, l’impresa verrà operativamente gestita dal tutore ma la qualifica di imprenditore andrà in
capo al minore. In questo caso abbiamo un dissociazione tra esercizio e titolarità. Questo vale per
l’interdetto e per il minore, ma ci sono anche i casi dell’inabilitato e il minore emancipato (che può svolgere
gli atti di ordinaria amministrazione).
PS Cosa succede se in nome del minore viene esercitata l’attività ma senza autorizzazione? In questi casi si
sostiene e si dice che in questi casi il minore non acquisti la qualità di imprenditore, perché manca
l'autorizzazione e la responsabilità per gli atti effettuati cada sul genitore, ovvero su chi ha effettivamente
esercitato l’attività.
• Criterio sostanziale o dell’interesse perseguito: è imprenditore colui nel cui interesse l’impresa è
svolta.
Ci troviamo nell’ambito della teoria dell’imprenditore occulto: chi ha la direzione di un’iniziativa economica
non può sottrarsi alle relative conseguenze sul piano patrimoniale (relazione biunivoca tra potere e rischio).
Un indice del fatto che ci sia un criterio sostanziale di imputazione degli effetti degli atti di impresa ce
l’abbiamo nel 2208:
L'institore è personalmente obbligato(1) se omette di far conoscere al terzo che egli tratta per il
preponente; tuttavia, il terzo può agire anche contro il preponente per gli atti compiuti dall'institore, che
siano pertinenti all'esercizio dell'impresa a cui è preposto [2204].
In generale, se va a comprare della merce e vuole che questa merce venga addebitata sui conti dell'impresa,
deve necessariamente spendere il nome dell’impresa; l’ imprenditore però resta obbligato anche se il
proponente non ha speso il suo nome, purché l’atto sia inerente all’attività d’impresa. Questo significa che il
criterio di imputazione degli effetti degli atti di impresa non segue solo il criterio formale della spendita
del nome, ma il criterio sostanziale della titolarità dell’interesse.
Art. 147 della legge fallimentare dice che al fallimento di una società di soci illimitatamente responsabili
segue il fallimento dei soci, ma se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l'esistenza di altri
soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito,
dichiara il fallimento dei medesimi. La norma specifica che in caso di socio occulto anch’esso viene
dichiarato fallito → si sottolinea così l’irrilevanza del criterio della spendita del nome ai fini dell’imputazione
dell’impresa.
NB Sulla scorta di questo si parla anche di società occulta, tutti i soci occulti tranne uno.
La questione non nasce neanche quando l’impresa venga svolta in nome e per conto di uno stesso soggetto,
si presenta controversa quando i due elementi si riscontrano in capo a soggetti diversi (un soggetto esercita
l’impresa a proprio nome per perseguire l’interesse di un altro soggetto).
Ad un tale obbligo si adempie attraverso il registro delle imprese, gestito dalle camere di commercio delle
province, ormai tenuto secondo tecniche informatiche.
Cosa si intende per principio di tipicità? Che esigenze contempera? [pag. 53]
Abbiamo da un lato l’esigenza dell’imprenditore di contare sulla certezza legale che talune informazioni
possano considerarsi conosciute da parte dei terzi, dall’altro l’esigenza dei terzi di poter fruire
concretamente di talune informazioni relative all’impresa; il punto di equilibrio si trova nel principio di
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tipicità: le informazioni da sottoporre a pubblicità sono tutte quelle ma soltanto quelle perle quali la legge
impone siffatto obbligo pubblicitario.
La sezione ordinaria è destinata ad accogliere le imprese commerciali non piccole, forme giuridiche
commerciali (società commerciali, cooperative), altre forme giuridiche per cui il CC prevede l’obbligo di
iscrizione (es. enti pubblici economici).
L’iscrizione deve avvenire attraverso la presentazione di apposita domanda (nelle società = atto costitutivo),
dalla quale devono risultare una serie di informazioni, in via generale quelle relative agli elementi
dell’assetto organizzativo strutturale (art. 2196 – comma 1) più il domicilio digitale (PEC).
Art. 2196: Entro trenta giorni dall'inizio dell'impresa l'imprenditore che esercita un'attività commerciale deve
chiedere la iscrizione all'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione stabilisce la sede, indicando:
L’iscrizione deve essere richiesta entro il termine di 30 giorni dall’inizio dell’impresa o del verificarsi del fatto
o dell’atto oggetto di pubblicità. Tale iscrizione è subordinata a un controllo finalizzato ad accertare la
sussistenza delle condizioni previste per legge.
Nelle sezioni speciali confluiscono le imprese e le forme giuridiche che trovano collocazioni in differenti
forme di pubblicità rispetto a quella ordinaria (es. nel registro esercenti il commercio). Una sezione che
comprende: titolari di imprese agricole e piccole imprese, società semplici, titolari di imprese artigiane e i
loro consorzi; poi sezione apposite (es. società tra professionisti, società e enti di gruppo, replica sezione
ordinaria in altre lingue UE, start-up innovative, etc.).
no presunzione di conoscenza o ignoranza
Si attribuisce tradizionalmente a queste iscrizioni un semplice effetto di pubblicità notizia, ossia la mera
conoscibilità di fatto delle informazioni disponibili (con eccezioni es. impresa agricola).
iscrizione impresa agricola = efficacia dichiarativa
NB La pubblicità di impresa si realizza non solo attraverso la tecnica dell’iscrizione ma anche attraverso il
deposito (es. bilancio).
Quali sono gli effetti della registrazione nel registro delle imprese (sezione ordinaria)? [pag.55-56]
1) Efficacia dichiarativa → una volta perfezionata l’iscrizione, essa determina una presunzione di
conoscenza del fatto o dell’atto per il quale la legge prescrive l’obbligo di pubblicità.
NB La presunzione è assoluta, tranne con riferimento ai soli fatti o atti delle società di capitali per cui siffatta
presunzione si considera relativa per i primi quindici giorni di iscrizione (diritto europeo).
Per contro, se l’iscrizione obbligatoria viene omessa, si verifica una presunzione di ignoranza (che rimane
sempre relativa).
2) Efficacia normativa → l’obbligo pubblicitario costituisce una condizione per rendere applicabile una
certa disciplina o un certo regime giuridico. (es. iscrizione di una società commerciale di persone – snc
regolare o irregolare?)
3) Efficacia costitutiva → Alcune iscrizioni hanno il potere di far venire ad esistenza la società come centro
autonomo di imputazione, ovvero l’atto produce effetti solo con l’iscrizione. Tradizionalmente
l’iscrizione della società di capitali o le decisioni modificative dell’atto costitutivo).
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Si parli dell’assetto organizzativo dell’impresa, con riferimento alle figure funzionali degli institori,
procuratori e commessi. [pag.59-64] Organizzazione della struttura decisionale - tipi di collaboratori
L’imprenditore, per il procacciamento dei fattori produttivi e collaborativi, si avvale delle comuni fattispecie
contrattuali a disposizione di ogni soggetto. Della struttura organizzativa dell’impresa si trova una
definizione giuridica nell’art. 2555: l'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per
l'esercizio dell'impresa, tale definizione però rileva solo in quanto oggetto di atti di disposizione (quando c’è
una sostituzione del soggetto che esercita l’impresa).
della struttura decisionale
Il diritto commerciale si occupa della struttura delle funzioni in cui si articolano i poteri decisionali e da cui
promanano gli atti dell’impresa. Il CC disciplina le figure funzionali caratteristiche che compongono la
struttura funzionale dell’impresa (in genere collaboratori assunti come subordinati) e ne regola posizione e
poteri.
Il dato normativo attribuisce ad ogni collaboratore poteri di gestione esterna, congrui rispetto ai poteri di
gestione interna, che ad esso fanno capo tipicamente. Si possono eventualmente apportare limitazione ai
suoi poteri naturali tramite procura, che è assoggettata ad un regime di pubblicità (pubblicità d’impresa o
pubblicità di fatto).
1) L’institore (art. 2203 e seguenti) è il collaboratore preposto all’esercizio dell’impresa, o ad una parte di
essa, che può essere rappresentata da una sede secondaria (delimitazione territoriale) o da un ramo
d’azienda particolare (delimitazione funzionale).
Possono essercene anche più di uno, in questo caso agiscono disgiuntamente (ognuno indipendentemente
dall’altro). L’institore può compiere tutti gli atti pertinenti all’impresa (criterio della pertinenza all’impresa →
non può vendere l’impresa, alienare o ipotecare beni immobili, cambiare l’oggetto sociale). Egli è tenuto
all’osservanza delle disposizione riguardanti le scritture contabili e la pubblicità commerciale come
l’imprenditore. L'institore può fare tutto ciò che sia astrattamente congruo all'iniziativa gestita.
Ai poteri sostanziali si aggiungono i poteri processuali (può stare in giudizio per l’imprenditore come attore
o convenuto). L’institore è tenuto a spendere il nome dell’imprenditore, poiché i singoli atti sono imputati
secondo il criterio della spendita del nome; ma i se si tratta di atti pertinenti all’impresa, anche in caso di
omissione, si affianca anche la responsabilità dell’imprenditore.
2) Il procuratore (art.2209) è il collaboratore che compie atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur senza
esservi preposto. Non c’è una vera e propria disciplina (figura di decentramento solo per l’attività
dichiarativa? o anche attività decisionale ma solo per il suo ambito?) poteri di rappresentanza o solo poteri decisionali?
3) I commessi (art. 2210) sono collaboratori che compiono gli atti che comporta ordinariamente la specie
di operazioni di cui sono incaricati. Sono essenzialmente preposti a operazioni o gruppi di operazioni di
carattere esecutivo. Il dato normativo detta disposizioni riguardanti il momento della conclusione dei
contratti e della vendita (art.2210-2213).
L’art. 2086, comma 2, recita: l'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire
un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa,
anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità
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aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti
dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.
Si allude solo all’imprenditore che operi in forma societaria e collettiva, questo perché generalmente le
imprese individuali hanno una struttura organizzativa elementare. Tale articolo è richiamato in tutti i tipi
societari attribuendo l’istituzione degli assetti organizzativi alla competenza esclusiva degli amministratori (e
non dei soci).
• Organizzativo → i fattori produttivi disponibili devono essere congrui con l’iniziativa imprenditoriale
che s’intende svolgere
• Amministrativo → l’articolazione del procedimento decisionale interno all’impresa deve essere
coerente con la complessità dell’iniziativa
• Contabile → i centri decisionali devono essere sorretti da un adeguato sistema informativo, che
metta in condizioni di assumere decisioni ponderate e sia in grado di intercettare eventuali segnali
di crisi.
Il dato normativo non fissa in maniera analitica quale sia la consistenza dell’obbligo di tenuta delle scritture
contabili ma parla di tenuta delle scritture che siano richiesta dalla natura e dalla dimensione dell’impresa
(art. 2214).
• Il libro giornale, in cui vanno rilevati i fatti di gestione nel loro profilo patrimoniale e reddituale
secondo un criterio cronologico.
• Il libro degli inventari, in cui vanno indicati tutti gli elementi patrimoniali attivi e passivi dell’impresa
ed estranei all’impresa secondo un criterio sistematico. È una descrizione degli elementi del
patrimonio dell’imprenditore, destinati o estrani all’impresa, tali elementi vanno indicati e
eventualmente valutati. Va redatto all’inizio dell’impresa e con cadenza annuale; l’inventario
annuale si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite (bilancio di esercizio).
Il bilancio di esercizio designa l’insieme di quattro documenti: Stato patrimoniale, Conto economico,
rendiconto finanziario e nota integrativa. Nell’ordinamento giuridico italiano manca una disciplina giuridica
generale sul bilancio di esercizio, una regolamentazione è prevista solo per le s.p.a. e richiamata nelle
società di capitali; ma per le altre forme giuridiche ci sono alcune controversie, il legislatore generalizza la
disciplina del bilancio delle s.p.a. nella parte relativa alle valutazioni, ma nulla è detto con riguarda alle
strutture di bilancio.
Come già detto l’azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa.
Essa appartiene al mondo degli oggetti di diritto e la disciplina che la riguarda è dedicata unicamente a
regolare alcuni aspetti della sua circolazione.
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L’azienda rappresenta un’entità unitaria che trascende le singole componenti, sia sul piano del valore che sul
piano funzionale. In giurisprudenza si parla di un vincolo di interdipendenza e complementarità per il
conseguimento di un determinato fine produttivo; tale vincolo è dato dall’organizzazione, dal
coordinamento dei diversi elementi da parte dell’imprenditore.
L’attitudine alla produzione di nuova ricchezza e alla maturazione di reddito rappresenta l’avviamento
dell’azienda, il cui valore, a determinate condizioni, può essere iscritto nel bilancio dell’impresa.
L’avviamento rappresenta una qualità immanente ad ogni azienda, insuscettibile di essere ceduto
separatamente dal complesso. Possiamo parlare di avviamento oggettivo – dipende dai fattori intrinseci allo
stesso complesso – e di avviamento soggettivo – componente dipendente dalle abilità personali e
professionali dell’imprenditore.
Parliamo di complesso di beni mutevole
L’azienda è un complesso di beni in cui ogni bene conserva la propria autonomia e rimane oggetto di una
posizione giuridica indipendente da quella degli altri beni. Non è necessario che l’imprenditore sia
proprietario di tutti è sufficiente che gli abbia un titolo giuridico per godere di essi (la proprietà dell’azienda
ex art. 2256 si risolve nella titolarità delle diverse posizioni giuridiche).
L’azienda si ritiene già costituita anche nel caso in cui debbano essere ancora inseriti taluni elementi (se non
essenziali) e la stessa non viene meno nel caso in cui l’attività sia interrotta, almeno sino a quando l’insieme
non viene concretamente disgregato.
Possiamo talora individuare sottoinsiemi dotati di una funzionalità autonoma sul piano produttivo parliamo
di rami d’azienda. L’art 2112 diche che un ramo d’azienda è parte dell’azienda, intesa come articolazione
funzionalmente autonoma, di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal
cessionario al momento del trasferimento. La circolazione autonoma del ramo, attesane la valenza
funzionale, è soggetta alle regole della cessione d’azienda, limitatamente a ciò che riguarda la porzione di
attività dal medesimo servita.
La fattispecie principale della disciplina dell’azienda è quella del trasferimento di proprietà sul complesso,
ossia sulla cessione del fascio eterogeno di posizioni giuridiche facenti capo all’alienante. Tale fattispecie non
costituisce un tipo negoziale autonomo ma è una fattispecie trasversale ai diversi tipi contrattuali consueti,
caratterizzata per il suo particolare oggetto (rilevabile nella stessa causa del negozio: immettere l’acquirente
nel concreto contesto imprenditoriale servito dall’impresa).
Nel trasferire l’azienda è sufficiente che le parti la identifichino in base ad elementi estrinseci (la
localizzazione, la ditta, il settore di attività) perché l’effetto negoziale coinvolga tutti i singoli elementi che
attualmente la compongono. Si possono eventualmente escludere dal trasferimento uno u più dei suoi beni,
solo nella misura in cui non si tratti di elementi essenziali del complesso (es. trasferimento magazzino ma
senza locali e ditta). Nel caso in cui vengano esclusi tali elementi essenziali il negozio rimane valido ma non
si può parlare di trasferimento d'azione perciò non si applica la relativa disciplina.
Il contratto dell’azienda è a forma libera, a meno che una determinata forma sia richiesta dalla natura del
contratto o dai beni alienati, quindi l’azienda non ha una propria legge di circolazione ed è assoggettata allo
statuto dei diversi tipi contrattuali. Devono essere rispettate le prescrizioni pubblicitarie relative al
trasferimento di ciascun bene.
L’art 2556 richiede la forma scritta ad probationem quando il contratto abbia ad oggetto aziende relative ad
imprese soggette a registrazione. Il contratto redatto in forma di atto pubblico o per scrittura privata
autenticata deve essere depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese a cura del notaio (duplice
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utilità: informazione al mercato e pubblico contenimento dei rischi di riciclaggio di denaro frutto di attività
illecite). Soggetti all’obbligo di iscrizione sono i trasferimenti di qualsiasi azienda, purché almeno una delle
due parti sia un imprenditore soggetto al medesimo obbligo (generalmente nel registro e sezione presso cui
è iscritto l’alienante).
Si parli del divieto di concorrenza legato alla cessione d’azienda [pag.75-77] Art. 2557
L’art 2557 vieta all’alienate dell’azienda di iniziare, dopo il trasferimento della stessa, qualsiasi attività
imprenditoriale che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda
ceduta. L’eventuale concorrenza dell’alienante rileva come specialmente pericolosa: l’alienante conosce
molto bene le abitudini e le inclinazioni dei propri clienti, inoltre essendo già conosciuti la situazione
diverrebbe ambigua.
Tale divieto vale per le nuove attività e ha una durata quinquennale. La sua estensione è determinata
dall’idoneità alla distrazione della clientela (attuale o potenziale, es. beni diversi ma succedanei o vendita
attraverso canali alternativi ma concorrenti); ma le parti possono regolare questo aspetto nel contratto
(definendo la dimensione del divieto – anche riducendola).
Il divieto vale in tutte le ipotesi di cessione dell’azienda, a patto che si tratti di azienda commerciale, mentre
per le aziende agricole questo divieto si lega solo alle attività connesse. Si configura la stessa ipotesi nel caso
di usufrutto o affitto dell’azienda, a carico del proprietario per la durata del rapporto e a carico del
conduttore al termine del rapporto.
NB La disciplina può applicarsi per analogia a vicende simili: socio che alieni una partecipazione social,
quando tale alienazione determini (per l’entità della quota) un avvicendamento dell’acquirente alla
conduzione dell’impresa.
Come si deve interpretare la successione nei contratti, nei crediti e nei debiti [pag.77-80] Art. 2558
Se guardiamo l’azienda da un punto di vista dinamico, si nota come attorno ad essa ruoti una serie di
rapporti giuridici che nascono, hanno esecuzione e si estinguono nel corso dell’attività imprenditoriale; tali
rapporti si riferiscono giuridicamente all’imprenditore, ma in occasione della cessione d’azienda interviene il
legislatore, perché tale negozio è strumentale all’acquisizione di un complesso di beni che deve conservare la
propria funzionalità imprenditoriale ed è strumentale al subentro dell’acquirente stesso.
L’art 2558 dispone l’automatico subingresso dell’acquirente nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda,
che non abbiano carattere personale: ciò sia nell’interesse dell’acquirente, ma anche nell’interesse dei terzi
di avere come controparte il soggetto che continuerà l’esercizio dell’impresa. La successione in questi
rapporti rappresenta un effetto naturale e automatico del trasferimento d’azienda.
Tale previsione normativa deroga alla disciplina generale in tema di cessione del contratto: il subentro
dell’acquirente prescinde dalla sua volontà e da quella del cedente (se non so che c’è un contratto inerente
all’azienda subentro comunque), inoltre non è richiesto il consenso del terzo contraente (eccetto per i
contratti a carattere personale – prestazione oggettivamente o soggettivamente incedibile).
La successione riguarda solo i contratti a prestazioni corrispettive non ancora eseguite da nessuno dei due
contraenti. Tale previsione normativa è comunque derogabile dalle parti (esclusione di alcuni beni, subentro
del contraente in contratti a carattere personale). Per gli altri rapporti si fa riferimento alla disciplina dei
debiti e crediti. La previsione normativa risulta ad ogni modo ampiamente derogabile dalle parti.
Dato che il terzo subisce una modifica soggettiva del rapporto e gode del diritto di recesso, entro tre mesi
dalla notizia della cessione, potendo determinare l’estinzione del rapporto ex nunc; questo è possibile solo
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se sussiste una giusta causa, quando ci sono ragioni oggettive che si oppongano alla prosecuzione del
rapporto stesso. In caso di recesso può configurarsi una responsabilità dell’alienante (culpa in eligendo
nell’individuazione del cessionario).
Per i debiti e crediti puri di fonte extracontrattuale e di fonte contrattuale (in cui rimane una sola
prestazione) hanno una disciplina differente:
art.2559
• Per i crediti (art. 2559) la norma dice che il loro trasferimento diviene efficace nei confronti dei terzi
anche in assenza della notifica o dell’accettazione de debitore ceduto, con l’iscrizione nel registro
delle imprese dell’atto traslativo dell’azienda. Se il debitore paga all’alienante, paga comunque
bene, anche ad iscrizione avvenuta.
art. 2560
• Per i debiti la norma dispone che l’acquirente ne risponde verso i creditori, se e solo se essi risultano
dalle scritture contabili obbligatorie; in ogni caso l’alienante continua a rispondere di tali debiti in
solido con l’acquirente ammenoché i creditori non acconsentano la sua liberazione.
per debiti e crediti
Per quanto riguarda i rapporti interni tra cedente e cessionario non c’è alcun riferimento: l’acquirente
succede automaticamente come accade per i contratti? Quale dei due soggetti, responsabili in solido dei
debiti, ha regresso verso l’altro, una volta adempiuta l’obbligazione? Prevale la tesi per cui non ci sia
modificazione dei rapporti interni, sempre con ampia autonomia negoziale.
L’azienda può essere oggetto anche di negozi costitutivi di un diritto di godimento sui beni che la
compongono: di un diritto reale, e in tal caso si avrà concessione in usufrutto dell’azienda, o di un diritto
personale di godimento, e in tal caso di avrà affitto dell’azienda.
I soggetti beneficiari del contratto sono obbligati all’esercizio dell’impresa al fine di conservare l’efficienza
dell’organizzazione, degli impianti (manutenzione ordinaria e non), e le normali dotazioni di scorte – si parla
di obbligo di godimento, per la tutela della conservazione dell’avviamento.
L’usufruttario si troverà ad alterare costantemente la composizione del complesso, perciò oltre al potere di
gestione ha anche il potere di disposizione dei beni aziendali. Le differenze tra le consistenze dell’inventario
tra l’inizio e la fine del contratto andranno regolate in denaro; per quanto riguarda il patrimonio aziendale
dobbiamo distinguere tra i crediti, per la cui cessione occorre un espresso accordo tra le parti, e i debiti, che
rimangono in capo alla persona che li abbia assunti (non si applica il 2560).
Vi è una gamma articolata di forme di cooperazione ed integrazione tra imprese. Gli strumenti di
cooperazione trovano la propria fonte in contratti mediante i quali gli imprenditori conservano (salvo
qualche eccezione) la propria autonomia giuridica ed economica; le forme di integrazione, invece, sono
caratterizzate dall'esistenza di legami partecipativi nella proprietà dell'impresa e comportano la formazione
di un'unica entità economica (gruppo di imprese o fusione).
Per quanto riguarda gli strumenti di integrazioni tra imprese, si fa particolare riferimento alle forme di
forme inderogabilmente strutturate
cooperazione tra imprese su base contrattuale, che si dividono in forme inderogabilmente struttura come
consorzi, società consortili e cooperative che presuppongono un rapporto stabile e duraturo tra gli
imprenditori; e in forme potenzialmente fl ͞ essibili, come i contratti di rete e le associazioni temporanee di
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impresa, prive di una rigida organizzazione interna e indirizzate verso una cooperazione occasionale in vista
del perseguimento di obiettivi specifici comuni.
Il consorzio è un contratto con il quale più imprenditori istituiscono un'organizzazione comune per la
disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese. Si tratta di uno strumento di
coordinamento interaziendale. Gli imprenditori consorziati mirano al conseguimento di un vantaggio
economico diretto nell'esercizio della propria attività (c.d. mutualità consortile), che consiste solitamente in
un ris.p.a.rmio di spesa o in un maggior ricavo che risulta da un'organizzazione del ciclo produttivo o
distributivo.
L’attuale definizione di consorzio non esclude la vecchia funzione di limitare la concorrenza tra imprenditori
ma tale finalità è consentita solo nei limiti tracciati dalla disciplina antimonopolistica, visto che questi
contratti costituiscono tipici esempi di intese anticoncorrenziali, che sono vietate qualora abbiano per
oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato
nazionale o in una parte rilevante di questo.
L’oggetto del consorzio, individuato nello svolgimento di "fasi delle rispettive imprese" consente di
individuare una pluralità di modelli consortili, caratterizzati da un grado di coesione fra le imprese in
relazione alle funzioni di coordinamento interaziendale assegnate dal contratto all’organizzazione comune.
Tuttavia,
La disciplina del consorzio è composta da una serie di disposizioni generali e di alcune regole specifiche
applicabili solo ai consorzi con attività esterna, che operano, cioè, anche con i terzi. Queste regole speciali
sono alla base della distinzione tra consorzi con attività interna e consorzi con attività esterna. Entrambi si
caratterizzano per la costituzione di un'organizzazione comune che però nei primi è volta a regolare i
rapporti reciproci degli imprenditori consorziati; nei secondi, invece, è volta non solo a tale obiettivo, ma
anche a disciplinare l'attività imprenditoriale svolta dal consorzio con i terzi, come soggetto giuridico
autonomo.
Il consorzio (art. 2602) è costituito mediante un contratto tra imprenditori e per questo motivo le parti del
contratto non possono essere persone fisiche o giuridiche che non sono qualificabili come imprenditori,
quali i professionisti intellettuali o le società tra professionisti. Il contratto del consorzio deve essere
stipulato per iscritto a pena di nullità e deve contenere una serie di indicazioni, delle quali sono da
considerarsi importanti solo l’oggetto e gli obblighi assunti dai consorziati ed i contributi da essi dovuti, sia
costituiti da versamenti iniziali che da versamenti periodici.
L'assenza degli altri dati (durata, attribuzioni e poteri degli organi consortili, condizione di ammissione di
nuovi consorziati, casi di recesso ed esclusione ed eventuali sanzioni per inadempimento degli obblighi) può
essere rimediata con il ricorso ai princìpi generali o, nel caso della durata, a specifiche norme suppletive. In
particolare, in mancanza di una diversa determinazione della durata del contratto del consorzio, questo è
valido per dieci anni.
Elemento essenziale del consorzio fra imprenditori è la presenza di un'organizzazione comune per il
compimento di atti necessari all'esecuzione del programma consortile. La sua disciplina fissa solo poche
regole derogabili, lasciando s.p.a.zio all'autonomia privata.
È necessario che il contratto non si esaurisca nella fissazione di obblighi reciproci tra i partecipanti ma diva
vita a un apparato destinato a curare la fase esecutiva del contatto stesso.
Poiché il consorzio si crea anche in presenza di un collegio di mandatari, nulla impedisce che questo sia
dotato di un unico organo con funzioni deliberative ed esecutive. Il modello legale, però, prevede una
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struttura più complessa fondata sull'articolazione di organo deliberativo organo deliberativo (art. 2606) e un
organo esecutivo (art. 2608). derogabile
• Organo deliberativo – retto dal principio maggioritario, voto per teste, funzionamento secondo il
metodo collegiale.
Le modificazione del contratto vanno fatte all’unanimità e per iscritto (forma ab substantiam). Fra le
modificazioni non rientrano in linea di principio le variazioni dei consorziati; per l’ammissione di nuovi
consorziati serve l’unanimità. Tutte previsioni derogabili.
• Organo esecutivo – persone preposte dai consorziati alla direzione del sodalizio (regime di
responsabilità che richiama le regole del mandato).
Abbiamo una serie di cause di scioglimento del contratto e della singola partecipazione: nel primo caso il
decorso del termine di durata, il conseguimento dell’oggetto, la sopravvenuta impossibilità, la decisione
unanime dei consorziati; nel secondo caso abbiamo o recesso o esclusione, possibili nei casi previsti dal
contratto o nel caso di perdita di qualifica di imprenditore. La quota ceduta o esclusa si accresce
proporzionalmente a quella degli altri.
Costituiscono autonomi centri di imputazione dotati di soggettività giuridica. Essi sono qualificati come
imprenditori commerciali (salvo il caso di consorzi tra imprenditori agricoli), soggetti dunque a liquidazione
giudiziale.
Abbiamo un particolare regime di responsabilità verso i terzi per le obbligazioni consortili. Per obbligazioni
assunte in nome del consorzio dai suoi rappresentanti i terzi possono rivalersi solo sul fondo consortile, per
le obbligazioni assunte per conto di singoli consorziati, queste sono giuridicamente imputabili solo a costoro
con responsabilità sussidiaria del fondo consortile (che avrà diritto di rivalsa sulla somma intera). art 2615 comma 2: In caso di
insolvenza nei rapporti tra i
consorziati il debito
dell'insolvente si ripartisce tra
Le persone che hanno la direzione del consorzio devono redigere entro due mesi dalla chiusura tutti in proporzione delle quote
[1299, 2280](2).
dell’esercizio una situazione patrimoniale in linea con le regole del bilancio per le s.p.a.
Gli scopi tipici del contratto di consorzio possono costituire anche l’oggetto sociale di una società consortile.
L’art 2615 ter consente infatti la costituzione di società consortili in tutti i tipi di società di persone e di
capitali (esclusa società semplice), comprese le società consortili cooperative i cui soci realizzano lo scopo
mutualistico attraverso l’integrazione delle rispettive imprese o di talune fasi di esse.
La disciplina delle società consortili è molto controversa, tuttavia la tesi prevalente sostiene che le società
consortili vanno regolate esclusivamente sulla base delle norme stabilite per il tipo societario prescelto. Si
può prevedere nell’atto costitutivo della società la possibilità di obbligare i soci a contributi periodici per il
funzionamento dell’impresa comune.
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Queste forme di cooperazione sono:
1) Il contratto di rete
L’art. 3 d.l. 5/2009 recita: con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere,
individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a
tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti
predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni
di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune
una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa.
Il contratto si basa su un programma condiviso tra le imprese aderenti. A tale contratto sono riservate
alcune agevolazioni fiscali se rispettate alcune regole di forme e contenuto del contratto, il quale deve
contenere indicazioni riguardanti:
• Gli obiettivi strategici di innovazione e innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti e le
relative modalità di misurazione
• Un programma di rete, con diritti e obblighi dei partecipanti, modalità di realizzazione dello scopo,
criteri per conferimenti.
soggettivata (con soggettività giuridica)
Il patrimonio può consistere in un fondo comune e si può costituire anche una rete soggettiva. In questi casi
si applicano le disposizioni per consorzi con attività esterna.
Generalmente istituiti per la partecipazione a gare per l’assegnazione di appalti di opere pubbliche. È una
forma di cooperazione che non determina di per sé alcuna organizzazione, né la nascita di un soggetto di
diritto diverso dalle imprese coinvolte nel sodalizio. Le imprese aspiranti alla commessa si presentano
distinte ed autonome al committente ed il loro collegamento consiste:
Non c’è un inquadramento giuridico parliamo di contratti associativi innominati, anche se le leggi speciali
hanno tipizzato talune figure di associazioni temporanee (c.d. associazioni per la partecipazione agli appalti
pubblici, mandato collettivo speciale).
Gli strumenti di mobilizzazione della ricchezza
Il titolo di credito è il documento, cartaceo o elettronico, menzionante una situazione giuridica attiva, che
circola in modo autonomo (secondo principi che garantiscono l’autonomia dell’acquisto dalla posizione
dell’alienante), mediante la movimentazione del documento e al cui esercizio è legittimato il soggetto nella
cui disponibilità materiale si trova il documento stesso (art. 1992 e ss.).
Essi svolgono una funzione fondamentale nel rafforzamento delle garanzie che presidiano il mercato della
ricchezza mobiliare, così da potenziare la propensione all’investimento in attività altrui (più facile
disinvestire) incrementando le garanzie che esso è idoneo ad offrire. Il titolo di credito costituisce lo
strumento giuridico per una circolazione dei valori finanziari con protezione rafforzata degli acquisti.
La circolazione non cartolare è rischiosa e scarsamente agile (si pensi alla disciplina della cessione del
credito e sostituzione del lato soggettivo nel debito – abbiamo dei rischi connessi alla titolarità del credito e
al contenuto dello stesso). La circolazione cartolare asseconda le esigenze di celerità e protezione degli
acquisti, attraverso le opportunità offerte dal collegamento tra il documento cartaceo/elettronico e la
posizione giuridica documentata.
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Possiamo distinguere, anche se la disciplina è la stessa tra:
1) Titoli cartacei (art. 1992 e ss.) – in questo caso abbiamo l’attribuzione di un particolare valore giuridico
al collegamento tra il titolo e il diritto documentato che si definisce incorporazione del diritto nel
documento.
2) Titoli scritturali (dematerializzati) (TUF, 79 decies e ss.) – il rapporto giuridico viene documentato in
forma telematica in un conto acceso presso un intermediario abilitato e intestato al possessore del
titolo. L’insieme dei titoli trattati da un intermediario viene registrato nel conto-terzi (CSD). La
circolazione avviene attraverso movimentazioni contabili telematiche (operazioni di giro).
• L’acquirente che ha ottenuto l’accredito a proprio favore in buona fede non è soggetto alla
rivendicazione di precedenti titolari
• All’intestatario del conto in cui il titolo è registrato sono opponibili solo le eccezioni a lui personali e
quelle comuni a tutti gli altri titolari di titoli della stessa serie.
• Il titolare del conto ha la legittimazione piena ed esclusiva all’esercizio dei diritti nascenti dal
rapporto documentato.
Il sistema è retto dal principio di atipicità, cioè è possibile la creazione di titoli diversi da quelli
normativamente tipizzati (titoli di finanziamento, titoli partecipativi, altri valori finanziari, titoli
rappresentativi di merci). Questo comporta la necessità di individuare gli elementi costitutivi della
fattispecie cartolare.
Funzione di promozione del mercato e di di mediazione nella raccolta e nella circolazione dei finanziamenti
La nozione esposta è definizione normativa e non tipologica, ma ci viene in aiuta sottolineando la funzione
dell’istituto. Possiamo definire titolo di credito un documento formato ed emesso per realizzare
un’operazione di finanziamento tra colui che è interessato a conseguire l’investimento e colui che è
interessato a concederlo assicurandosene però una facile liquidabilità mediante la negoziazione del
rapporto.
la manifestazione di volontà contenuta nel documento non
Centrale è la volontà dell’emittente e del primo prenditore, che rileva però solo per le parti originarie; essa
va interpretata secondo il significato che l’indeterminato, potenziale destinatario di media diligenza
potrebbe attribuirle (deve essere qualificabile come destinato alla circolazione). Ecco la differenza tra un
titolo di finanziamento e un atto di compravendita immobiliare o un biglietto aereo (documenti di
legittimazione). Non ogni supporto cartaceo su cui sia annotato un rapporto giuridico è sussumibile alla fattispecie titoli di credito -> dipende molto dal tipo di
rapporto di cui stiamo parlando.
NB Il problema non si pone per i titoli scritturali, la documentazione coincide con l’immissione nel sistema di
gestione accentrata, che di per sé vale come destinazione alla circolazione.
Perché il documento sia qualificabile come titolo di credito, occorre che esso venga percepito come tale (destinato alla circolazione); il documento che rivesta questo
significato per i terzi va qualificato come titolo di credito, a prescindere dall'effettivo intento dell'emittente.
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Quali sono le leggi di circolazione dei titoli? [pag. 182-183]
Per i titoli cartacei centrale nel sistema è il possesso della chartula: il debitore è liberato se adempie la
prestazione a favore del possessore (art.1992). Ma non sempre è sufficiente il possesso, possiamo
distinguere tre categorie di titoli, caratterizzate da una diversa legge di circolazione:
• Titoli al portatore – circolano mediante semplice consegna materiale (libretto di ris.p.a.rmio emesso
al portatore da una banca).
• Titoli all’ordine – circolano mediante consegna materiale accompagnata dalla girata (sottoscrizione
apposta dall’alienante sul documento stesso), contengono l’impegno ad eseguire la prestazione
es. assegni/cambiali, su cui si scrive "e per me pagare a..."
all’ordine di un soggetto menzionato nel documento.
• Titoli nominativi – circolano mediante consegna della chartula e indicazione del nome
dell’acquirente sul titolo e nel registro, a cura dell’emittente (tranfert), oppure mediante girata
autenticata e successivo aggiornamento nel registro dell’emittente. Il nome del creditore è indicato
sia sul titolo che sul registro apposito.
Cosa intendiamo per autonomia reale dei titoli di credito e per autonomia obbligatoria? [pag.183-185]
L’art. 1994 recita: chi ha acquistato in buona fede il possesso di un titolo di credito, in conformità delle norme
che ne disciplinano la circolazione, non è soggetto a rivendicazione.
Possiamo parlare di autonomia reale nella circolazione. L’operatività di questo principio è resa possibile
grazie all’incorporazione del rapporto giuridico nel titolo di credito (non sarebbe possibile in un normale
rapporto obbligatorio perché non c’è possibilità di possesso materiale).
L’art. 1994 ha una portata paragonabile all’art. 1153. L’acquisto della proprietà del titolo presuppone
comunque l’esistenza di un negozio traslativo pienamente valido ed efficace, il possesso sana
esclusivamente il difetto di proprietà dell’alienante. La buonafede presunta consiste nell’ignoranza
dell’altruità del titolo (nei titoli al portatore basta il possesso semplice, negli altri serve il possesso
qualificato).
L’art. 1993 recita: il debitore può opporre al possessore del titolo soltanto le eccezioni a questo personali […]
e una serie di altre eccezioni opponibili a chiunque, mentre può opporre al possessore del titolo le eccezioni
fondate sui rapporti personali con i precedenti possessori, soltanto se, nell'acquistare il titolo, il possessore
ha agito intenzionalmente a danno del debitore medesimo.
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b) Eccezioni personali – opponibili solo al singolo possessore
• Eccezioni personali in senso stretto (difetto di proprietà del titolo o difetto di
legittimazione)
l'attuale possessore
• Eccezioni fondate su rapporti personali con i precedenti possessori (concessione di dilazione
di pagamento, eventuali compensazioni possibili).
• Eccezioni fondate su rapporti personali con i precedenti possessori (solo se malafede del
possessore nei confronti del debitore). opponibili all'attuale possessore solo se acquistate intenzionalmente a danno del
debitore.
NB Possiamo parlare di titoli a letteralità piena (cambiali, assegni), in cui il documento contiene
integralmente gli elementi della pretesa, o titoli a letteralità incompleta (titoli azionari, da integrare con
statuto).
Il possessore di un titolo di credito ha diritto alla prestazione in esso indicata verso presentazione del titolo,
purché sia legittimato nelle forme prescritte dalla legge → il possesso determina una presunzione relativa di
titolarità (legittimazione attiva).
Il debitore, che senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del possessore, è liberato
anche se questi non è il titolare del diritto → legittimazione passiva
NB Analogamente funziona per i titoli scritturali. l'intestazione del conto vale come possesso della chartula.
L’attuale sistema dei pagamenti ruota attorno alla nozione di moneta scritturale, cioè moneta che
costituisce il prodotto della prestazione di servizi di pagamento. Più precisamente, con questa espressione ci
si riferisce all’insieme dei saldi disponibili dei conti accesi presso banche o altri intermediari specializzati, la
cui movimentazione trasferisce una certa disponibilità monetaria da un soggetto all’altro.
Possiamo distinguere tra mezzi di pagamento sostitutivi – evitano il trasferimento diretto di denaro contante
tramite la circolazione di documenti sostitutivi – e mezzi di pagamento alternativi – strumenti attraverso
quali viene totalmente evitato il trasferimento materiale di denaro o documenti rappresentativi.
a. Titoli cambiari sono una promessa di pagamento del sottoscrittore a favore della persona indicata
nel titolo (prenditore); ovvero come un ordine di pagamento impartito da un soggetto (traente), ad
un altro soggetto (trattario) sempre a favore del portatore del titolo. Sotto l’aspetto funzionale
dobbiamo distinguere tra cambiale, che ha una funzione creditizia e assegno circolare che ha una
funzione di pagamento.
• Cambiale
Nasce con la dichiarazione cambiaria del traente (o emittente), ma spesso vengono aggiunte altre
dichiarazione, da ognuna delle quali nasce un obbligo cambiario (tra cui dichiarazione di accettazione del
trattario). Le varie obbligazioni godono del principio di indipendenza. Gli obbligati cambiari si distinguono in
obbligati diretti (emittente, accettante e loro avallanti) e obbligati di regresso (traente, giranti e loro
avallanti).
NB Si guardi la figura della cambiale tratta, che coinvolge tre soggetti: traente, che ordina il pagamento,
trattario, che lo esegue e beneficiario che riceve il denaro. Rilevano particolarmente le c.d. "cambiali finanziarie"
Alla scadenza, il pagamento della somma cambiaria deve essere chiesto al trattario nella cambiale tratta e
all’emittente nella cambiale propria.
La cambiale è un titolo esecutivo, il creditore cambiario può dare avvio subito alla procedura
esecutiva dei debitori cambiari inadempienti senza bisogno di ottenere prima una sentenza di
condanna o un decreto ingiuntivo.
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• Assegno bancario
Il cliente ordina alla banca di pagare una determinata somma di denaro a favore del legittimo proprietario
del titolo. Si basa sulla convenzione di assegno: il cliente viene autorizzato dalla banca a trarre su di essa dei
titoli di credito.
Deve rispettare una serie di requisiti formali: denominazione di assegno bancario, ordine incondizionato di
pagare una somma determinata, nome del trattario, luogo di pagamento, indicazione della data e del luogo
di emissione dell’assegno, sottoscrizione del traente. La scadenza è sempre a vista. termine di pagamento 8/15 giorni
• Assegno circolare
Viene emesso direttamente dalla banca emittente, su richiesta del cliente, la quale promette di pagare una
somma determinata di denaro a favore del soggetto indicato nel titolo (la banca è direttamente obbligata).
Termine di presentazione: 30 giorni dalla data di emissione.
b. Strumenti alternativi al denaro contante – bonifici, addebiti diretti, carte di debito e credito, servizi
di pagamento nel mercato interno.
Le società sono strutture organizzative destinate all’esercizio di un’attività produttiva: sono organismi di
diritto privato con una propria dotazione patrimoniale e un più o meno articolato apparato operativo, per
mezzo dei quali viene svolta un’attività economica diretta alla produzione e allo scambio di beni o servizi.
Le società sono gli enti cui è demandato per eccellenza l’esercizio delle imprese che non fanno capo
giuridicamente a una persona fisica (anche se non sono le sole: fondazioni, consorzi, società tra
professionisti etc.). Il diritto delle società è il complesso di norme che regolano la vita e le modalità
operative della struttura organizzativa e destinazione produttiva.
L’attività svolta è soggetta alla disciplina generale dell’attività produttiva, a quella dell’imprenditore (se è il
caso) ma si rende necessario definire anche altri aspetti:
L’atto costitutivo dà vita ad un centro di interessi dotato di un patrimonio giuridico distinto da quelli
personali dei soci e di autonomia soggettiva.
L’ordinamento giuridico delinea una pluralità di modelli organizzativi che vedremo uno per uno.
Non tutte le società sono organismi pluripersonali. Lo sono senza eccezioni le società di persone, le società
in accomandita semplice (per struttura), le società mutualistiche (per funzione). Le S.p.a. e le S.r.l. non sono
necessariamente pluripersonali, possono essere costituite per atto unilaterale, da unico socio fondatore, e
possono veder confluire tutte le quote nelle mani di un unico socio.
Le società con un unico socio sono enti autonomi da quest’ultimo, gli viene riconosciuta personalità
giuridica. Si noti come questo sia un incentivo notevole di promozione dell’attività economica (un socio può
evitare di rischiare il proprio patrimonio illimitatamente).
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Le società trovano la propria fonte in un atto di autonomia privata: in un contratto oppure in un atto
unilaterale.
L’art. 2247, con cui si apre l’intero corpo normativo dedicato a questo istituto contiene la definizione non
delle società come fenomeno unitariamente considerato ma del contratto di società: con il contratto di
società due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di un'attività economica allo
scopo di dividerne gli utili.
Questa norma enuncia i tratti fondamentali del fenomeno societario. La volontà negoziale costitutiva si
esplica su tre livelli, e ha ad oggetto:
Negozio unilaterale e contratto condividono gli elementi fondamentali e differiscono esclusivamente sul
piano delle persone che si fanno promotrici dell’iniziativa.
Il contratto di società rientra nella categorie dei contratti plurilaterali con comunione di scopo (mirano alla
realizzazione di un interesse comune tra le parti – le prestazioni convergono). Il contratto appartiene più
precisamente ai contratti associativi (contratti plurilaterali con rilevanza esterna – l’esecuzione della
prestazione non soddisfa direttamente l’interesse delle parti, ma è il presupposto per lo svolgimento di
un’attività, che si sviluppa nel compimento di atti giuridici e materiali, anche nei confronti dei terzi, che è
funzionale alla realizzazione dell’obiettivo finale del rapporto).
Nel negozio si radicano non solo gli obblighi assunti dalle parti, ma anche l’organizzazione a cui essi danno
vita, da qui la parziale autonomia del contratto di società sul piano della disciplina. La disciplina delle società
non è disciplina dell’esecuzione di un atto negoziale ma di una struttura organizzativa e dei modi di esercizio
di un’attività, rilevanti come tali. Non possiamo considerare il fenomeno societario come un contratto che deve essere adempiuto, la vita e
l'attività dell'ente società si distaccano da talo atto e acquisiscono autonomia sul piano del trattamento giuridico.
Strutturalmente e funzionalmente atto costitutivo e contratto si identificano, entrambi hanno gli stessi tratti
fondamentali e lo stesso rilievo organizzativo.
Le due cose non coincidono: l’elemento connotante l’attività sociale è la sua essenziale produttività,
carattere certamente presente in ogni attività d’impresa ma che non si esaurisce in essa.
• Professioni non protette (senza abilitazione), la cui erogazione cui è sempre stata possibile da parte
di qualsiasi società, svolgendosi sotto forma di attività d’impresa. Sono società imprenditrici, non
abbiamo problemi di conseguimento del titolo da parte della società, e il problema della personalità
della prestazione è superabile tramite il ricorso al contratto d’appalto anziché al contratto di
prestazione d’opera. possono scegliere se operare in qualità di professionisti non imprenditori, oppure anche di imprenditori.
• Professioni protette. In questo caso la società deve essere composta da soci abilitati, la prestazione
deve essere eseguita da uno dei soci iscritti all’albo. Il numero di soci professionisti e la
partecipazione al capitale sociale deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle
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deliberazioni o decisioni dei soci. Il socio esecutore assume nei confronti nel cliente responsabilità
diretta per i danni solidamente con la società. Si pensi anche alle società che non esercitano attività professionale (società
occasionali).
Parliamo di comproprietà
È ammissibile una società di mero godimento? [pag.320-323] No, sarebbe comunione a solo scopo di
legittimità delle holding pure
godimento. Attività ricettive o di noleggio? Attività di gestione delle partecipazioni?
valutazione qualitativa e quantitativa
Possiamo considerare l’attività comune quando siano condivisi il potere di decisione e interesse economico
(rischio d’impresa). La volontà di esercitare un’attività in questi termini comune è necessariamente
costitutiva di una società, ma ci sono anche altri aspetti.
Sotto il profilo del potere può esserci una società senza alcune relativa condivisione (soci non
amministratori nelle S.n.c. o soci accomandanti nelle S.a.s., etc.). La condivisione del rischio è la
compartecipazione ai risultati positivi o negativi che l’attività produce è una caratteristica invece sempre
presente.
Ciò che differenzia la società da altre figure (associazione in partecipazione, impresa familiare, impresa
coniugale), rendendo comune l’attività sono le regole della sua imputazione, la scelta della veste societaria è
scelta di un regime di imputazione collettivo, non individuale.
L’attività viene esercitata per mezzo delle utilità economiche apportate dai soci (i conferimenti), che
forniscono il complesso delle risorse inziali che i fondatori destinano in via definitiva all’iniziativa economica
progettata e attraverso cui questa può trovare realizzazione. In linea di principio ogni entità utile e
suscettibile di valutazione economica può essere oggetto di conferimento (con particolari limiti sulle società
di capitali).
I conferimenti rappresentano le prestazioni degli stipulanti del contratto sociale. Essi sono elemento
essenziale dell’atto costitutivo della società: non esiste una società se non si forma una dotazione iniziale di
risorse per l’esercizio dell’attività e per la costituzione ogni fondatore deve conferire qualcosa. Ciò lo si
deduce dalla considerazione della causa del negozio societario: la partecipazione all’iniziativa economica
presuppone necessariamente l’assunzione del relativo rischio per il perseguimento di uno scopo egoistico
(divieto del patto leonino).
Non esiste un principio generale in forza del quale i conferimenti debbano essere di dimensioni adeguate a
consentire lo svolgimento dell’attività (data la possibilità di ricorrere anche a capitale di terzi). Per alcuni tipi
sociali ci sono dei requisiti minimi.
NB Oggi il principio dell’essenzialità dei conferimenti è messo in crisi dalla possibilità di costituire una S.r.l.,
soggetta a norme speciali, con un capitale di almeno 1€. Parliamo nei fatti di una società senza conferimenti,
che non nasce più in ragione di una speculazione imprenditoriale dei fondatori, ma consiste in un puro e
semplice centro di raccolta di risorse finanziarie e di imputazione dell’attività.
I beni conferiti sono soggetti al vincolo di destinazione, per cui il socio conferente non può mai chiedere la
restituzione del bene (ma di una somma di denaro) e non è libero di chiedere in qualsiasi momento la
liquidazione relativa; e al vincolo di indisponibilità del capitale sociale (vista la sua funzione produttiva), cioè
i soci non possono prelevare dal patrimonio della società, per distribuirsele, se non le somme che eccedano
il valore del capitale.
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Differenza tra lucro oggettivo e lucro soggettivo [pag.332]
La definizione dell’art 2247 enuncia lo scopo negoziale, ossia la causa, dell’atto costitutivo: i soci esercitano
l’attività per realizzare un guadagno (lucro oggettivo), da attribuirsi (lucro soggettivo), partecipando alla sua
distribuzione secondo la proporzione dagli stessi convenuta.
Cosa si intende per tipo di società? Come si seleziona il tipo sociale? Cosa si intende per principio di
tipicità? [pag.336-339]
Con tipo intendiamo un modello societario con proprie caratteristiche distintive, autonomamente
disciplinato in via normativa. Ogni tipo si distingue dagli altri sotto molteplici aspetti, che riguardano
sostanzialmente regole dell’organizzazione interna e autonomia patrimoniale.
Il principio di fondo che presiede alla selezione tra i modelli è quello della libertà di scelta: i fondatori
possono eleggere liberamente il tipo che preferiscono. La scelta avviene con la costituzione della società,
ma può essere successivamente mutata (trasformazione della società).
Il principio di libertà è enunciato dall’art.2249, che ne esplicita anche i limiti: se l’attività ha natura
commerciale non si può optare per la società semplice; per lo svolgimento di determinate attività le legge
può richiedere l’adozione di un particolare tipo sociale.
Se le parti non effettuano alcuna scelta si applicano le disposizioni sulla società semplice per le attività non
commerciali e le disposizioni sulla S.n.c. per le società commerciali → S.s. e S.n.c. costituiscono i tipi
residuali rispettivamente per le attività commerciali e per le attività diverse.
Il principio di tipicità delle società dice che le parti non possono dar vita a modelli organizzativi nuovi e
diversi da quelli regolati dalla normativa. Questo limite all’autonomia negoziale è dovuto alla rilevanza
esterna degli enti societari. Tale principio non cancella ogni s.p.a.zio per l’autonomia privata, perché
nessuno dei modelli proposti dal legislatore è rigido e spesso è affidato al negozio il compito di regolare
alcuni profili.
Sguardo generale sul concetto di autonomia patrimoniale e su come si riflette sui tipi sociali [pag.339-
341]. Differenza tra personalità giuridica e soggettività giuridica (o autonomia soggettiva minore)
[pag.341-342]
[…] Le società di persone vengono solitamente considerate come il modello elettivo per l’esercizio in comune
di imprese di dimensioni contenute. Esse hanno alcuni tratti comuni:
Secondo l’art. 2991, nella S.n.c. tutti i soci rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni
sociali. Possiamo indentificare questo dato come l’elemento caratterizzante della S.n.c. poiché configura
come una responsabilità ineliminabile: l’eventuale patto limitativo della responsabilità dei soci avrà rilevanza
solo nei rapporti interni tra soci e non sarà, in alcun modo, opponibile ai creditori della società. Questo è
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una prima differenza con le S.s. in cui è ammessa l’efficacia, anche esterna, delle limitazioni di
responsabilità, e con le S.a.s. in cui tale limitazione non può mancare per i soci accomandanti.
È poi previsto che la S.n.c. agisca sotto una ragione sociale composta dal nome di uno o più soci con
l’indicazione del rapporto sociale (art. 2292- funzione distintiva e identificativa dell’ente); implicitamente,
deve escludersi l’inserimento del nome di soggetti estranei alla compagine sociale.
Costituzione [pag.345-347]
Il codice fissa un contenuto piuttosto ampio dell’atto costitutivo di S.n.c. (che è sempre un contratto,
dovendo essere più d’uno i soci fondatori). L’art. 2295 recita:
Non si tratta di tutti elementi essenziali, alcuni di essi se mancanti vengono integrati da norme dispositive
del codice. La forma richiesta per la stipula è per atto pubblico o scrittura privata autenticata (art. 2296), ma
ai soli fini pubblicitari (per l’iscrizione nel registro delle imprese). Il contratto costitutivo è quindi a forma
libera. L’iscrizione non costituisce condizione di esistenza della società ma solo condizione di regolarità della
stessa; la S.n.c. non iscritta gode della minore autonomia patrimoniale propria della società semplice
(efficacia normativa dell’iscrizione).
La S.n.c. irregolare è comunque validamente costituita, addirittura anche in assenza della stipula di un
contratto di società (S.n.c. di fatto – società costituita per fatti concludenti). Manca una disposizione che
stabilisca in modo esplicito che a una società di fatto vadano applicate le norme della S.n.c. ma si ritiene in
via interpretativa che sia l’unico tipo compatibile con una società di fatto.
Alla società irregolare vengono tradizionalmente ricondotte: la società occulta/non manifesta e la società
apparente (società che appare tale nei rapporti esterni, inducendo i terzi a confidare sulla sua concreta
esistenza). Si mira a estendere la liquidazione giudiziale a determinati soggetti.
NB Generalmente si assegna valore probatorio alla partecipazione alle trattative preliminari alla stipula di
contratti importanti e al sistematico rilascio di garanzie e finanziamenti da parte dei soggetti che
condividano con l’imprenditore insolvente poteri gestori e rischi dell’attività.
La partecipazione [pag.347]
È consentita non solo alle persone fisiche ma anche alle persone giuridiche. Per le società di capitali,
l’assunzione di partecipazioni in altre imprese comportanti responsabilità illimitata per le obbligazioni delle
medesime richiede previa autorizzazione dell’assemblea (art. 2361, comma 2).
A tale previsione si ricollega espressamente uno specifico precetto in tema di bilancio della S.n.c. (e S.a.s.):
società di persone di tipo commerciale devono redigere il bilancio secondo le norme previste per le S.p.a.
qualora tutti i soci illimitatamente responsabili siano società di capitali.
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L’invalidità del contratto [pag.348]
Il codice non detto alcuna specifica disposizione in tema di invalidità dell’atto costitutivo di S.n.c., da qui si
invoca l’applicazione della disciplina generale sulla patologia dei contratti.
Un problema si pone con riguardo agli effetti di un’eventuale invalidità. L’argomentazione prevalente vede
un estensione della regola dettata in tema di S.p.a. (art. 2332) secondo cui la nullità opera ex nunc alla
stregua di un’ipotesi di scioglimento della società stessa → le cause di invalidità di una società che abbia
iniziato la propria attività legittimano agli interessati a richiederne l’eliminazione per il futuro, ma non
rendono improduttiva di effetti, fra le parti e per i terzi, l’attività svolta prima dell’accertamento giudiziale
dell’attività.
I soci sono tenuti a indicare nell’atto costitutivo il valore attribuito ai conferimenti stessi e il metodo di
valutazione. Nel rispetto di tale prescrizione formale, il valore dei conferimenti potrà essere liberamente
concordato tra i soci all’atto della stipula dell’atto costitutivo o in sede di aumento di capitale.
La somma dei conferimenti darà luogo al capitale sociale della società, per il quale non è fissata alcuna
soglia minima. Non ci sono limiti espliciti o impliciti alle entità conferibili (è possibile il conferimento di
opera o di servizi).
I soci possono fissare in piena autonomia l’importo di ciascun conferimento, ma se tale entità non risulta
determinata scattano due presunzioni (art. 2253, comma 2):
• sul piano del quantum, i soci devono ritenersi obbligati a conferire quanto è necessario per il
conseguimento dell’oggetto sociale;
• sul piano delle parti interne si presume che esse siano uguali per tutti i soci.
I soci sono tendenzialmente liberi di fissare la cifra del capitale sociale nominale e di valorizzare i beni
diversi dal danaro nella misura tra loro concordata.
Per quanto con funzioni ridotte, il capitale rappresenta un elemento essenziale dell’atto costitutivo, date
anche le disposizioni che gli assegnano funzione vincolistica e organizzativa. Il capitale sociale sarà la somma
dei conferimenti, eventualmente esclusi i conferimenti d’opera che non vanno necessariamente capitalizzati
(conseguenze in tema di liquidazione della società).
Sul piano vincolistico si delinea una prima disciplina di tutela del capitale, a protezione del mercato; in
particolare su tre versanti:
a. la decisione di riduzione reale del capitale non è immediatamente efficace, lo diventa trascorsi tre
mesi dal giorno dell’iscrizione della stessa nel registro delle imprese (art. 2306), i creditori della
società possono fare opposizione entro questo termine dinnanzi al tribunale. L’obiettivo è quello di
tutelare i creditori da riduzioni facoltative di capitale.
b. È vietato distribuire somme tra i soci se non per utili realmente conseguiti (divieto di distribuzione di
utili fittizi), ovvero divieto di distribuzione di somme non corrispondenti ad eccedenze di patrimonio
netto rispetto al capitale sociale nominale o somme destinate alla copertura di perdite precedenti.
C’è un obbligo a carico degli amministratori per la conservazione del capitale.
c. Manca una disciplina per la riduzione obbligatoria del capitale, ma è vietato a una S.n.c. in perdita
di ripartire utili fino a che il capitale sociale non sia reintegrato. I soci restano liberi di non
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intervenire in caso di perdite, senza che ciò comporti lo scioglimento della società. Ogni modifica di
capitale originario va assunta dai soci all’unanimità ai sensi dell’art. 2252.
Sul piano organizzativo, il capitale ha una limitata funzione che è testimoniata dalle disposizioni che
agganciano alla partecipazione al capitale il computo delle maggioranze per determinate decisioni.
È consentito alterale la simmetria tra conferimenti e partecipazioni agli utili, così come la simmetria tra
partecipazioni agli utili e partecipazioni alle perdite, tutto risultante da atto costitutivo. L’unico limite (art.
2265) è il divieto di patto leonino. La quota di partecipazione degli utili e delle perdite rileva in tema di
liquidazione della società.
La partecipazione agli utili assume anche valore organizzativo, essendo alla stessa ancorato il peso del socio
in una serie di decisioni molto rilevanti. Il diritto del socio a percepire gli utili sorge autonomamente una
volta che venga approvato il bilancio da cui gli stessi utili risultino.
La s.n.c. gode di autonomia patrimoniale imperfetta: i creditori particolari non possono chiedere la
liquidazione della quota del socio loro debitore, almeno finché dura la società (contestazione della proroga
espressa entro tre mesi dall’iscrizione nel registro delle imprese, o senza termine in caso di proroga tacita). I
creditori possono tutelarsi aggredendo gli utili spettanti al socio e ponendo in essere atti conservativi della
quota in caso di liquidazione della società.
La responsabilità per le obbligazioni sociali sorte prima dello scioglimento permane, entro certi limiti, anche
dopo lo scioglimento del rapporto sociale. Il rischio di venire assoggettato alla liquidazione giudiziale per
estensione riguarda anche l’ex socio, nel termine di un anno dallo scioglimento del rapporto sociale, a patto
che l’insolvenza dipenda da obbligazioni contratte prima dello scioglimento stesso.
La responsabilità dei soci di s.n.c. verso creditori sociali è sussidiaria a quella della società. L’art. 2304
accorda ai soci il beneficio di preventiva escussione: onere a carico dei creditori sociali chiamati a provare,
nel processo di esecuzione promosso contro i soci, di aver preventivamente escusso, in modo infruttuoso, il
patrimonio della società.
NB In caso di S.n.c. irregolare il legislatore degrada il beneficio di escussione ad eccezione che il socio può
sollevare in sede esecutiva.
Nella disciplina della società semplice non troviamo una disciplina di ciò che è la somma dei conferimenti,
cioè una disciplina del capitale; viceversa, un’indicazione del capitale la troviamo nella disciplina delle snc
(2295, n. 6 e seguenti). Questa indicazione, cioè l'indicazione dell'ammontare della ricchezza che i soci
intendono destinare all'attività di impresa e si intende riferita al capitale perché, se andiamo a leggere
l’articolo 2303, vediamo che i soci non possono ripartirsi somme tra di loro se non per utili che siano
realmente conseguiti. Ma come si fa ad avere evidenza e a sapere se ci sono utili conseguiti nell'ambito
dell'attività di impresa? Ci sono degli utili nel momento in cui il patrimonio netto e quindi la ricchezza della
società, è maggiore del capitale investito quindi della somma dei conferimenti dei soci.
Art. 2303:
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Non può farsi luogo a ripartizione di somme tra soci se non per utili realmente conseguiti [2321, 2433, 2621,
n. 2](1).
Se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale
non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente.
Qui emerge un primo effetto della nozione di capitale che è la funzione vincolistica: non possono uscire
dalla società risorse che non siano superiori, che non siano quelle eccedentarie rispetto al capitale investito.
Il secondo comma ci conferma quello che viene detto nel comma primo, ci dice che non è possibile dividersi
somme che non siano qualificabili come utili di bilancio, cioè come eccedenza del netto rispetto al capitale.
Se si è verificata una perdita di capitale, gli eventuali successivi andamenti positivi di gestione, dovranno
anzitutto andare a reintegrare il capitale che risultava mancante.
Quindi il capitale sociale non indica un dato solamente di tipo storico, ma ha anche una funzione di tipo
normativo e organizzativo nell’attività e segnatamente da questo punto di vista, una funzione di tipo
vincolistico, perché indica che quantomeno un importo pari al capitale sociale fissato nel contratto, non può
uscire e deve rimanere durevolmente investito nell'attività di impresa. Il capitale è un ammontare del
patrimonio che non può uscire dalla società che deve rimanere durevolmente investito nell’attività
d’impresa.
Ma i soci possono intervenire per modificare questo dato? I soci possono modificare il contratto
modificando il valore del capitale e quindi intervenire sulla regola per reperimetrarne l’efficacia. Quali sono
le conseguenze di questa decisione dei soci? Una modifica del contratto deve contare le stesse regole del
contratto, la stessa forma del contratto, quindi se il contratto è stato fatto per iscritto o per atto pubblico
bisogna mantenere la stessa forma, ovviamente se la società è iscritta bisogna iscrivere la modifica del
contratto. Questo perché chi vede il registro delle imprese vede anche il valore del capitale e vedendo il
valore del capitale si fa un’idea; se la modifica non avviene questo non è opponibile ai terzi.
Una riduzione di capitale a seguito di una perdita non è altro che una riduzione di tipo meramente
nominale, allinea la regola vincolistica alla situazione di fatto. Abbiamo visto che i soci sono liberi di
intervenire sulle regole della loro organizzazione, sulle regole scritte nel loro contratto, ma allo stesso modo
abbiamo detto che il capitale ha una funzione vincolistica; quest’ultima condizione è molto rilevante per i
terzi, soprattutto per i creditori o possibili creditori della società. La funzione vincolistica non funziona solo
all’interno della società, a livello organizzativo, ma anche per quanto riguarda i rapporti della società nei
confronti dei terzi.
Mettendo a sistema questo concetto con il concetto di autonomia patrimoniale della società. I creditori non
possono andare direttamente dai soci ma prima di chiedere i pagamenti dei debiti sociali ai soci devono
escutere il patrimonio sociale. Per i creditori non è indifferente avere un capitale piuttosto di un altro.
Data la funzione vincolistica del capitale ci sono anche dei limiti che i soci devono rispettare quando
operano riduzioni di capitale. La norma che dobbiamo analizzare è il 2306:
La deliberazione di riduzione di capitale, mediante rimborso ai soci delle quote pagate o mediante
liberazione di essi dall'obbligo di ulteriori versamenti(1) può essere eseguita, soltanto dopo tre mesi dal
giorno dell'iscrizione nel registro delle imprese, purché entro questo termine [2964] nessun creditore sociale
anteriore all'iscrizione abbia fatto opposizione [2188, 2623, n. 1](2).
Il tribunale, nonostante l'opposizione, può disporre che l'esecuzione abbia luogo, previa prestazione da parte
della società di un'idonea garanzia [1179, 2445, 2503; 119 c.p.c.].
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Il vincolo di destinazione che caratterizza le risorse stabilmente imputate all’attività d’impresa, quindi il
vincolo di destinazione espresso dalla regola del capitale sociale si traduce anche in una costrizione, in una
limitazione ai poteri di riappropriazione da parte dei soci.
Il patrimonio netto, cioè il di più dell’attivo rispetto al passivo, quella che dovrebbe essere la garanzia dei
creditori, può essere ridotto, e questa riduzione non nominale ma reale, potrebbe creare qualche
disappunto tra i creditori. La legge ha trovato come punto di equilibrio un compromesso: i soci possono
riappropriarsi delle risorse, ma per non pregiudicare i creditori, la possibilità della riduzione reale del
capitale è subordinata al trascorrere di 90 giorni dall’iscrizione della stessa nel registro delle imprese.
Durante questi 3 mesi i creditori possono fare opposizione e se il tribunale ritiene fondata questa
opposizione l’efficacia della delibera è bloccata, a meno la società non dia garanzia al creditore che ha fatto
opposizione per il pagamento.
Ricordiamo che tutte queste si trovano nella disciplina della società in nome collettivo, non nella società
semplice, dove non c’è una disciplina del capitale.
Come abbiamo detto la riduzione del capitale è una modifica del contratto, ma non ci siamo soffermati sulle
norme che regolano le modifiche al contratto sociale.
Gli amministratori devono richiedere nel termine di trenta giorni all'ufficio del registro delle imprese
l'iscrizione delle modificazioni dell'atto costitutivo [2252] e degli altri fatti relativi alla società, dei quali è
obbligatoria l'iscrizione [2188, 2626].
Se la modificazione dell'atto costitutivo risulta da deliberazione dei soci, questa deve essere depositata in
copia autentica [2703].
Le modificazioni(1) dell'atto costitutivo, finché non sono iscritte, non sono opponibili ai terzi, a meno che si
provi che questi ne erano a conoscenza [2193].
Questo articolo non ci spiega cosa sia la modifica del contratto o se questa possa essere adottata
all'unanimità o a maggioranza etc. Dobbiamo ragionare sull’argomento in punto di principi: dato che
parliamo di un contratto è logico riconoscere che possano avere la necessità, nel corso del tempo, di
intervenire nel modificare qualcosa; la regola per modificare il contratto segue la disciplina generale del
contratto, quindi tutte le parti devono essere d’accordo (si richiede unanimità), ma nulla vieta che i soci si
accordino diversamente, e prevedano che le modifiche del contratto possono essere adottate anche a
maggioranza, a loro volta stabilendo quali siano le maggioranze.
Possiamo dire comunque che è tendenziale la proporzionalità tra conferimento e partecipazione agli utili e
sopportazione delle perdite, ma nulla vieta che a fronte di conferimenti diversi la ripartizione degli utili sia
uguale o viceversa.
Perché le modifiche di contratto nelle società di persone in linea di principio si fanno all'unanimità e solo se
espressamente previsto a maggioranza? La regola del principio unanimistico deriva, o è perfettamente
connesso, dal rilievo che le persone hanno nelle società di persone; questo è un rilievo di tipo organizzativo
e patrimoniale: sia perché nelle società di persone tutti possono fare tutto (sono tutti amministratori), sia
perché tutti i soci rischiano tutto il proprio patrimonio., quindi non c’è motivo che la parola di uno possa
valere più della parola di un altro. È il rilievo qualitativamente omogeneo delle persone dei soci a rendere
giusto che le modifiche del contratto possano avvenire di base all’unanimità.
Un ulteriore aspetto di una certa rilevanza è la partecipazione dei soci agli utili e alle perdite (2295 n. 8 +
2263). In linea di principio, dunque, nella società di persone, se non è previsto diversamente, c'è una regola
di simmetria tra partecipazione agli utili, sopportazione delle perdite e di proporzionalità rispetto al capitale
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conferito. Ovviamente i soci si devono muovere nel perimetro stabilito dall’art 2247, che stabilisce che ci
debba essere una sopportazione comune del saldo, la causa del contratto di società non si può violare.
Da questi principi se ne ricavano due regole, sicuramente applicabili nel silenzio dell’atto costitutivo:
NB L’atto costituivo può disporre diversamente, in linea con le possibilità di deroga concesse dal legislatore.
Si privilegia il massimo grado di operatività della società. Il legislatore riconosce a ciascun amministratore il
diritto di opposizione (di veto): diritto di manifestare il proprio dissenso rispetto all’operazione, prima che
essa sia realizzata; l’opposizione acquista efficacia negativa rispetto ai poteri positivamente riconosciuti a
ciascun amministratore se viene esercitata tempestivamente (art. 2257, comma 2) → il comma 3 dell’art.
2257 prevede che sull’opposizione decida la maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a
ciascun socio agli utili (sono inclusi nel perimetro dei votanti i soci non amministratori), questo è il sistema
di superamento dei conflitti nell’amministrazione disgiuntiva.
La norma è intelligente perché non si vota sull’atto da compiere ma si vota sull’opposizione, perché
potrebbe tranquillamente essere che votando si sia comunque in parità. Pensiamo alle due ipotesi: se non
c’è una maggioranza e l’oggetto del voto è l’atto da compiere, la società va in stallo; mentre se l’oggetto del
voto è l’opposizione, l’opposizione non passa e la società procede. L’opposizione paralizza l’azione, tutti gli
altri soci sono poi chiamati a pronunciarsi sulla fondatezza della preclusione o meno dell’atto (questo serve
a evitare stalli decisionali che possano ledere l’operatività sociale).
Si parla di partecipazione agli utili perché si guarda agli effetti della decisione. In linea di principio la
sopportazione delle perdite è simmetrica alla partecipazione agli utili. Nelle SS si ricorderà che la quota di
partecipazione agli utili e alle perdite può tranquillamente non essere proporzionale alla quota di capitale
sottoscritto.
A ciascun amministratore si concede il potere di veto, da non confondere con quello dell’amministrazione
disgiuntiva: nel secondo caso, ciascun amministratore ha potere decisionale fintantoché un altro si
opponga; in questo primo caso nessun amministratore può esercitare da solo il potere decisionale senza
aver consultato gli altri.
L’art. 2258 comma 3 stempera la rigidità di tale sistema asserendo che il singolo amministratore può
compiere individualmente atti di gestione qualora vi sia urgenza di evitare un danno alla società.
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NB L’atto costitutivo può combinare questi modelli organizzativi (es. amministrazione disgiuntiva per atti di
valore inferiore a una certa soglia e poi congiuntiva a maggioranza).
Il potere di gestione, di decidere delle operazioni sociali da compiere per realizzare l’oggetto sociale va
distinto dal potere di rappresentanza, ovvero il potere di esternare la volontà della società nei rapporti tra la
S.n.c. ed i terzi che ne entrano in contatto. Occorre individuare per il potere di rappresentanza chi sia
titolato a spendere il nome della società.
L’individuazione dei rappresentanti e il modo in cui operano devono risultare dall’atto costitutivo, in
alternativa il potere di rappresentanza è simmetrico a quello di gestione. L’art. 2298 diche che
l’amministratore che abbia potere di rappresentanza può compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto
sociale, salve le limitazioni che risultano dall’atto costituivo o dalla procura (opponibili ai terzi solo se
iscritti); inoltre, esso ricomprende il potere di rappresentanza giudiziale (art. 2266, comma 1).
L’autonomia statutaria può dar luogo ad ipotesi di dissociazione tra il potere di gestione e il potere di
rappresentanza: sia dal punto di vista soggettivo (solo alcuni amministratori sono rappresentanti), sia dal
punto di vista delle regole di funzionamento (atti di ordinaria e atti di straordinaria amministrazione con
diversi sistemi).
L’atto costitutivo deve indicare i soci che hanno l’amministrazione e la rappresentanza della società. Si parla
di nomina nell’atto costitutivo, in contrapposizione alla nomina con atto separato (tendenzialmente a
maggioranza).
Alla revoca è data una norma più articolata (art. 2259). Anzitutto dobbiamo distinguere tra:
• Revoca negoziale nel caso di amministratori nominati nell’atto costitutivo - serve sia la giusta causa
che l’unanimità dei consensi (o alla regola per la modifica dell’atto costitutivo)
• Revoca negoziale nel caso di amministratori nominati con atto separato – la revoca è ammessa
secondo quanto disposto in tema di mandato, anche senza giusta causa (ma in questo caso con
rischio risarcimento danno).
• Revoca giudiziale per giusta causa - in capo a ciascun socio, produce effetto solo dopo la pronuncia
del tribunale
Gli amministratori hanno il compito (potere e dovere) di gestire l’impresa sociale. Circa la posizione degli
amministratori occorre muovere dall’art. 2260 (comma 1), ai sensi del quale diritti ed obblighi degli
amministratori sono regolati dalle norme sul mandato, con alcune differenze: per gli amministratori non
vale la differenza tra ordinaria e straordinaria amministrazione, inoltre in regime di amministrazione
disgiuntiva ciascun amministratore ha l’obbligo generale di vigilanza sull’operato degli altri e eventualmente
l’obbligo di intervento.
Gli amministratori devono seguire anche altre regole: l’obbligazione generale degli amministratori di gestire
l’attività è un’obbligazione di mezzi, quindi sono tenuti a svolgere le loro funzioni con la diligenza del buon
padre di famiglia (art. 1710); gli amministratori non rispondono di eventuali perdite derivanti dalla normale
alea connaturata ad ogni attività d’impresa, rispondono se non hanno adempiuto ai loro doveri. Gli
amministratori, nelle scelte gestorie godono di un ampio margine di discrezionalità e, in sede di
accertamento della responsabilità, non sarà possibile sindacare l’opportunità o la convenienza delle
decisioni assunte.
Gli amministratori sono solidamente responsabili verso la società per l’adempimento degli obblighi ad essi
imposti dalla legge e dal contratto sociale; la responsabilità non si estende a quelli che dimostrino di essere
esenti da colpa (art. 2260).
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È precisato il parametro degli obblighi rilevanti attraverso un rinvio a quelli fissati direttamente dalla
disciplina societaria, è sancita la solidarietà passiva di amministratori coinvolti nella trasgressione di tali
obblighi. Si tratta di un’azione di risarcimento danni.
Può esserci un amministratore non socio? Tre ipotesi: no, si ma in realtà è un institore, sì (tesi prevalente,
per estensione dall’arbitraggio gestionale).
Che ruolo hanno i soci non amministratori? L’art. 2261 riconosce a tali soci penetranti poteri di controllo:
• Diritto di informazione – diritto di avere, dagli amministratori, notizia dello svolgimento degli affari
sociali
• Diritto di ispezione – diritto di consultare i documenti relativi all’amministrazione
• Diritto al rendiconto – diritto di ottenere il rendiconto quando gli affari per cui è costituita la società
sono stati compiuti
NB Tali diritti presuppongono la qualità di socio, ma non può escludersi che vengano esercitati anche dopo
la perdita della stessa con riferimento a informazioni riguardanti la responsabilità dell’ex socio o
determinazione del valore della sua quota.
Il potere di rappresentanza risponde alla domanda: chi ha il potere di firma? il potere di spendere il nome
della società? In linea di principio potere di gestione e potere di rappresentanza nelle società di persone
vanno di pari passo.
La società acquista diritti e assume obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e sta in
giudizio nella persona dei medesimi [2278](1).
Immediatamente capiamo leggendo questo articolo che la società è centro d’imputazione diverso dei soci.
La società assume i diritti e assume obbligazioni, acquista diritti e assume obblighi per il tramite dei soci che
ne abbiano potere di rappresentanza. Il potere di rappresentanza, l'abbiamo visto la volta scorsa, è il potere
di spendere il nome della società, vincolando la società.
Il successivo comma risponde alla domanda: ma chi sono i soci che hanno il potere di rappresentanza? Chi
sono i soci che possono validamente vincolare la società?
NB Nel testo non viene distinta la disciplina in tema di rappresentanza tra SNC e SS, nonostante la disciplina
sia diversa.
• I soci possono indicare nel contratto quelli che sono i soci dotati del potere di rappresentanza. Il
primo principio è quindi la competenza e libertà dei soci di indicare i rappresentati nell’atto
costitutivo nel contratto.
• Poi abbiamo una regola suppletiva (che interviene quando la regola principale non opera). In
mancanza di previsione pattizia la rappresentanza spetta ciascun socio amministratore. Quindi se i
soci hanno indicato gli amministratori, e nulla più han detto, quegli amministratori hanno anche il
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potere di rappresentanza; ma se non hanno indicato neanche gli amministratori, tutti sono
amministratori e tutti hanno rappresentanza. (norma dispositiva)
• Nella seconda parte della norma si detta altra regola che riguarda la ampiezza del potere di
rappresentanza. L’ampiezza del potere di rappresentanza è indicata da una disposizione derogabile
e suppletiva: i soci possono disporre dei limiti al potere di rappresentanza? Sì, il contratto può
prevedere, ad esempio che la rappresentanza spetti disgiuntamente ai soci amministratori fino a
50.000€, mentre oltre servano due firme.
La regola di base è che il potere di rappresentanza segue il potere di gestione. Se lo statuto prevede che
tutti quanti i soci siano amministratori, e non prevede nulla in punto di rappresentanza, allora tutti quanti i
soci hanno il potere di rappresentanza. Il potere di rappresentanza spetta a tutti congiuntamente o
disgiuntamente? Non è specificato, ma l’opinione più diffusa è che per evitare incongruità o cortocircuiti, il
potere di rappresentanza segua pedissequamente il potere di gestione. Questo può essere trascurabile in
caso di decisione congiunta e firma disgiunta; mentre al contrario creerebbe dei problemi (neutralizzerebbe
il vantaggio della decisione disgiunta) –> la seconda opinione dice che in linea di principio la rappresentanza
è sempre disgiunta rispetto a tutti gli amministratori, a meno che lo statuto non preveda diversamente.
Il terzo comma rinvia al 1396, articolo che tratta della modifica o dell’estinzione della procura:
Le modificazioni e la revoca della procura(1) devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi
idonei(2). In mancanza, esse non sono opponibili ai terzi, se non si prova che questi le conoscevano al
momento della conclusione del contratto.
Le altre cause di estinzione del potere di rappresentanza conferito dall'interessato non sono opponibili ai
terzi che le hanno senza colpa ignorate(3).
Da queste disposizioni si deve già accendere il warning sulla rappresentanza commerciale del diritto delle
imprese. Poi dobbiamo chiederci: quando e come è costituito il potere rappresentativo? Qual è la sua
portata?
Il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell'interesse del rappresentato(1), nei limiti delle facoltà
conferitegli(2), produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato [1398] .
Il terzo che contragga col rappresentante può(1) sempre(2) esigere che questi giustifichi i suoi poteri e, se la
rappresentanza risulta da un atto scritto, che gliene dia una copia da lui firmata.
Il potere di spendere il nome sorge ed è perimetrato dalla procura. Il terzo può chiedere copia della procura
e colui che ha contrattato come rappresentante (falsus procurator) o eccedendo i limiti delle facoltà
conferitegli, è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per aver confidato senza sua colpa
nella validità del contratto.
Quindi, sono sempre opponibili i limiti originari, mentre i limiti o le modificazioni successive sono opponibili
solo se portate a conoscenza. Anche nel caso di limitazioni successive il rappresentante si comporta da falso
procurato, perché se valica i limiti in realtà agisce senza poteri. Il problema è che questa limitazione non è
più opponibile al terzo se non dopo, se non lo ha portato a conoscenza.
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Il 2266 ci dice che le modificazioni e le limitazioni dei poteri di rappresentanza sono opponibili solo se
portati a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. Si noti che se è previsto originariamente che
l’amministratore abbia potere fino a 50.000€, il problema di capire entro quali termini l'amministratore ha
potere di rappresentanza è un problema di accertamento che grava sul terzo.
Essendo la società semplice pensata per l’attività agricola, la sua disciplina in materia di rappresentanza
tende a tutelare il patrimonio della società (e non i traffici, come in tema di società che svolgono attività
commerciali), mutuando le disposizioni di diritto privato.
Veniamo adesso alla disciplina delle SNC. Innanzitutto, dobbiamo ricordare l’articolo 2293.
L'atto costitutivo della società deve indicare [2328, 2475, 2518]: […]
Diversamente dalla società semplice l’atto costitutivo delle SNC deve espressamente indicare i soci cha
hanno il potere di amministrare e la rappresentanza della società.
Nella società semplice, c'è una norma suppletiva come principio e non c'è una pubblicità di base, nella
società in nome collettivo lo statuto deve dire quando si fa il contratto chi è amministratore e chi ha potere
di rappresentanza. Se questo non è detto tutti sono amministratori e tutti hanno il potere di
rappresentanza.
L'amministratore che ha la rappresentanza della società [2295 n. 3, [2463, n. 8, 2475, n. 7; l.f. 157] può
compiere tutti gli atti(1) che rientrano nell'oggetto sociale [2384], salve le limitazioni che risultano dall'atto
costitutivo o dalla procura [19, 2204]. Le limitazioni non sono opponibili ai terzi, se non sono iscritte nel
registro delle imprese [34, 2188] o se non si prova che i terzi ne hanno avuto conoscenza [19, 2193, 2206,
2207](2).
Come si evince da questo comma la prospettiva cambia. In queto caso abbiamo non più un’attribuzione di
potere, ma una limitazione di potere che hanno. Nel caso di SNC, se A, B e C stipulano un contratto in cui è
previsto che gli amministratori sono A e B, e che oltre 50.000€ sia necessaria firma congiunta, se questa
limitazione non è pubblicizzata nel registro delle imprese questa non è opponibile.
Gli amministratori investiti del potere di rappresentanza, cioè quelli che sono indicati nello statuto come
rappresentanti, possono fare tutto a meno che non ci siano delle limitazioni pubblicate. Questo è coerente
con il fatto che se sono indicati nel Registro imprese come amministratori e rappresentanti dell'impresa, chi
contratta con loro deve essere sicuro che loro possano impegnare la società.
NB si rimanda alla disciplina della pubblicità commerciale: sono opponibili, e si presume la conoscenza di
tutto ciò che è iscritto; si presume l’ignoranza di tutto ciò che non è iscritto.
È chiaro che questo sistema è orientato non a tutelare il patrimonio, bensì a tutelare i traffici.
[Gli amministratori che hanno la rappresentanza sociale devono, entro quindici giorni dalla notizia della
nomina, depositare presso l'ufficio del registro delle imprese le loro firme autografe](3).
L’art 2297 interviene a modificare la disciplina che si applica quando la disciplina della SNC manchi, in
concreto, dell’elemento fondamentale della pubblicità, quindi parliamo di SNC non iscritta (ad esempio,
costituzione della SNC per fatti concludenti).
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Art. 2297 – mancata iscrizione nel registro delle imprese
Fino a quando la società non è iscritta nel registro delle imprese [33, 2188, 2200, 2296, 2949] i rapporti tra
la società e i terzi(1) ferma restando la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci [29, 38, 41, 2291,
2331, 2508], sono regolati dalle disposizioni relative alla società semplice [2251].
Tuttavia, si presume [2727] che ciascun socio che agisce per la società abbia la rappresentanza sociale(2),
anche in giudizio. I patti che attribuiscono la rappresentanza ad alcuno soltanto dei soci o che limitano i
poteri di rappresentanza non sono opponibili ai terzi, a meno che si provi che questi ne erano a conoscenza
[2193].
Il secondo comma diversifica la disciplina della SNC non iscritta dalla SS. Mentre nella SS i patti originari che
limitano la rappresentanza, sono sempre opponibili ai terzi (perché sono i terzi che si devono attivare); nella
SNC non iscritta si applicano le disposizioni per la SS, con la differenza che per quanto attiene al potere di
rappresentanza la disciplina è dettata dalla legge: si presume che tutti quelli che agiscono per conto della
società hanno la rappresentanza, al netto di patti che limitano la rappresentanza di cui i terzi si possa
provare che ne fossero a conoscenza.
Nelle società di persone convivono diversi criteri di scelta per quanto attiene alle decisioni dei soci:
Nessun procedimento da applicare alle decisioni,, anche se la dottrina tenta di colmare la lacuna invocando
il rispetto delle fasi tipiche del procedimento collegiale. Anche alla disciplina applicabile all’impugnativa
della decisione viziata ci sono controversie (applicazione disciplina delle S.r.l.).
Per modificazioni dell’atto costitutivo serve l’unanimità dei soci, sia per modifiche di elementi oggettivi
(art.2295), sia per modifica di mutamenti soggettivi (trasferimenti delle quote di partecipazione inter vivos e
mortis causa). Generalmente disposizioni derogate tramite clausole di maggioranza e clausole di libera
trasferibilità (per le partecipazioni).
Si presti particolare attenzione alla trasformazione delle società di persone in società di capitali o di fusioni e
scissioni; per esse vale il principio della maggioranza per partecipazione agli utili (soci non d’accordo hanno
il diritto di recesso), tale principio si estende generalmente per le modifiche dell’atto costitutivo collegate e
strettamente necessarie. Ovviamente tutto derogabile.
Si parli dello scioglimento del rapporto sociale, morte del socio – recesso – esclusione (facoltativa o di
diritto) – opposizione all’esclusione – liquidazione della quota [pag.369-377]
Rilevante è il tema dello scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio e le cause che possono
portare a questo scioglimento.
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• di una manifestazione di volontà (recesso del socio);
• della presa d’atto di un fatto (esclusione di diritto);
• della manifestazione di volontà degli altri soci (esclusione). L’effetto è sempre lo stesso: la
cessazione del rapporto.
Lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio può avere un effetto estremamente
rilevante su una società che, per qualsiasi ragione, sia costituita da soli due soci, perché, se cessa il
rapporto con uno, viene meno la pluralità dei soci. È possibile avere una società con una sola persona? Non
è possibile costituire una società personale da soli.
È però possibile che la società, originariamente costituita da due persone veda rimanere nell'ambito del
rapporto sociale una sola persona. La società può continuare ad operare per un semestre dal verificarsi
della vicenda che comporta lo scioglimento limitatamente ad un socio; entro questi 6 mesi il socio
superstite deve ricostituire la pluralità della compagine sociale, se questo non accade la società entra
automaticamente in stato di scioglimento e liquidazione.
La società può entrare in stato di liquidazione non solo a fronte di un evento come questo, ma può anche
accadere che per le varie ragioni che hanno portato allo scioglimento del rapporto
(recesso/morte/esclusione), può essere che i soci superstiti decidano di non procedere senza il socio
uscente. A fronte della cessazione del rapporto sociale limitatamente ad un socio, gli altri soci possono
anche decidere di mettere in liquidazione la società; in ipotesi di questa scelta, il pagamento della quota al
socio, il cui rapporto è venuto meno, avverrà insieme a quello di tutti gli altri soci.
Il maturare di una causa di scioglimento non concreti una immediata cessazione di tutti i rapporti con la
società: quando abbiamo parlato dell’inizio e della cessazione dell’attività d’impresa abbiamo parlato anche
del caso in cui la morte del socio porti alla cessazione dell’attività d’impresa (l’imprenditore defunto può
essere dichiarato fallito entro un anno dalla morte); anche in questo caso l’imprenditore uscente, se la
società, all'esito anche di questa risoluzione dei rapporti, va in una situazione di insolvenza, può essere
anche egli dichiarato fallito entro un anno dall’iscrizione nel registro delle imprese della cessazione del
rapporto.
Inoltre, per la liquidazione della quota, l’ex socio o gli eredi devono attendere il termine (fino a 6 mesi) per
vedersi liquidato il valore della quota (art. 2289). In caso di socio uscente, nei confronti dei terzi, egli non
risponderà più delle obbligazioni sociali, a partire dal momento in cui questa cessazione divenga
opponibile ai terzi, dunque nel momento in cui venga iscritto nel registro delle imprese la modifica del
contratto sociale o nel momento in cui i terzi siano portati a conoscenza effettiva della cessazione del
rapporto.
L’art. 2284: Salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono
liquidare la quota agli eredi [2289, 2322], a meno che preferiscano sciogliere la società [2272 n. 3] ovvero
continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano(1) [2323, 2479].
La disposizione può sembrare abbastanza chiara, ma dietro questa chiarezza ci sono una pluralità di vicende
che devono essere affrontate. Partiamo dall’ipotesi di default: Tizio muore, gli altri soci liquidano la quota
agli eredi.
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• I soci predispongano lo scioglimento della società, quindi gli eredi devono avere la pazienza di
aspettare il compimento delle procedure di liquidazione.
• I soci possono essere disposti a continuare l’attività d’impresa con gli eredi. Questa ipotesi è una
decisione dei soci di aprire il contratto agli eredi (a cui dovrebbe seguire una decisione degli eredi
di entrare nel contratto).
A monte abbiamo la possibilità di avere 3 clausole che stabiliscono prima quello che i socio dovranno fare a
seguito della morte di uno di loro:
1. clausola di consolidamento –> alla morte del socio le quote si consolidano in capo agli altri eredi e
agli altri soci. Alla morte di Tizio la società continuerà tra Caio e Sempronio, l’1/3 di Tizio va a Caio e
Sempronio e diventa 50/50.
Non trasferisce il valore della quota ma semplicemente l’obbligo degli altri soci di liquidare la quota agli
eredi per le quote prestabilite; altrimenti sarebbe una disposizione di ultima volontà di Tizio calata in un
contratto sociale in violazione del divieto di patti successori.
NB I patti successori sono stigmatizzati con la sanzione della nullità da parte dell’ordinamento, quando si
testa si può disporre solamente della parte di patrimonio disponibile e non per la quota di legittima, che
spetta per legge a eventuali eredi.
Quindi i soci possono decidere ora per allora nel contratto sociale che continueranno la società con i soci
superstiti e quindi si precludono da disposizione contrattuale la possibilità di continuare con gli eredi, e
quindi dovranno per forza liquidare il valore della quota agli eredi. Eventualmente, i soci possono sempre
cambiare idea e modificare il contratto, quindi nulla vieta che adottino una decisione all'unanimità in senso
diverso.
2. clausola di continuazione obbligatoria –> alla morte del socio la società continuerà con gli eredi (se
gli eredi hanno la facoltà di dire di no allora parliamo di continuazione facoltativa). Nel caso di
continuazione obbligatoria viene previsto che alla morte del socio la società continuerà con gli eredi
i quali saranno obbligati in tal senso.
Questa è una clausola valida o invalida (non produce effetti)? Per l’opinione più diffusa questa è una
clausola valida perché prevede da un lato semplicemente delle disposizioni assolutamente legittime di
volontà dei soci che si obbligano fin da ora a continuare con gli eredi; dall’altro l’obbligo degli eredi di
subentrare, che non è altro che un debito (una promessa) del fatto che gli eredi subentreranno. Se gli eredi
dicono di no, vuol dire che c’è una promessa non mantenuta in capo al patrimonio del defunto –> se gli
eredi non sono d'accordo vorrà dire che, oltre a prendersi il valore della quota, si prendono anche il carico
non negativo di questa di questo debito inadempimento (come se fosse un risarcimento del danno).
3. clausola di successione –> alla morte del socio gli eredi diventano eo ipso soci.
In genere si ritiene che le clausole di successione siano invalide per violazione della ratio dei patti
successori (diversità dell’intensità del vincolo che grava sugli eredi) e per coartazione della volontà del terzo
sul se accettare o meno (non è più questione di debiti e crediti ma di responsabilità illimitata).
L’art. 2285: Ogni socio può recedere dalla società quando questa è contratta a tempo indeterminato o per
tutta la vita di uno dei soci [1373, 2292]. Nei casi previsti nel primo comma il recesso(1) deve essere
comunicato agli altri soci con un preavviso di almeno tre mesi(2) [24].
Può inoltre recedere nei casi previsti nel contratto sociale ovvero quando sussiste una giusta causa [2289].
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Il recesso è l’esito di una scelta volontaria di un socio che, ricorrendone i presupposti, può così decidere di
sciogliersi dal rapporto sociale.
Qual è la differenza tra annullamento e recesso? Il contratto invalido è il contratto che non produce effetti
(viola delle prescrizione di legge) perché presenta un vizio genetico (sulla formazione della volontà/violenza
etc.); il contratto annullabile ha efficacia ex tunc, ma con la possibilità di annullarne gli effetti su richiesta di
una particolare parte (Io sono vincolato, ma l'ordinamento mi dà il diritto di riportare indietro le lancette e
di rimuovere gli effetti del contratto). Il recesso è lo scioglimento di un rapporto valido, che rimane tale
finché uno dei soggetti decide di volerne uscire, il recesso del socio è la possibilità che il socio ha di
sciogliersi dai contratti di durata.
In caso di società contratta a tempo indeterminato o per tutta la vita di uno dei soci lo scioglimento del
contratto può essere sollevato senza alcuna ragione particolare (ad nutum). Questo scioglimento ha
efficacia tre mesi dopo la dichiarazione.
Possono esserci sia clausole legali che clausole statutarie di recesso. Una particolare clausola legale di
recesso è il recesso per giusta causa: questo principio è la declinazione nell’ambito societario di un principio
immanente nell’ambito del diritto dei contratti, il contratto vincola le parti fino a quando subentrano delle
situazioni per cui non è possibile continuare oltre a stare insieme (dottrina ≠ interpretazione
giurisprudenza). Rilevano anche le ipotesi con riguardo ai soci che non abbiano concorso alle decisioni di
trasformazioni in società di capitali, fusioni e scissioni (in generale per qualsiasi modifica particolarmente
incisiva a maggioranza).
Quali effetti ha il recesso? Gli stessi effetti della morte: il rapporto cessa e sorge l’obbligo di liquidare la
quota al recedente (salvo seguenti ipotesi) – entro 6 mesi dall’avviso di recesso.
E che succede se passa il termine entro il quale occorre dar corso alla liquidazione della quota, la società
non paga il recedente? Il socio recedente procede con la richiesta coattiva di pagamento; al termine legale
utile per la liquidazione della quota il socio diventa un semplice creditore sociale, al pari di tutti i creditori
(non sopporta più il saldo dell’attività).
NB La società è obbligata a liquidare la quota al valore che essa ha al momento dell'efficacia del recesso,
eventuali utili o perdite successivi non hanno influenza.
Case study: A, B e C fanno una società. C con preavviso di 90 giorni decide di uscirne con valore della sua
quota pari a 100. Allo scadere del 90° giorno B e A non pagano, quindi C va dall’avvocato e gli intima il
pagamento, ma ancora una volta senza risultato (la quota viene maggiorata di spese legali e interessi). C
prova a pignorare il patrimonio sociale ma non trova nulla, può chiedere i soldi ad A e B?
I soci sono illimitatamente responsabili delle obbligazioni sociali, ma attenzione, la responsabilità per le
obbligazioni sociali è nei confronti dei terzi, non nei confronti dei soci. I soci non rispondo nei confronti dei
consoci per questi aspetti.
Al più, se il suo mancato soddisfacimento dipende in qualche modo dal ritardo nel pagamento (parliamo di
ritardo colpevole), potremmo essere considerati responsabili per danni ma non per debito. Ma C dovrebbe
fare un’atra causa in cui dimostra che è stato l’inadempimento volontario da parte dell’amministratore A
che ha cagionato l’infruttuosità e l’incapienza del patrimonio sociale.
C. Esclusione
L’art. 2286: L'esclusione di un socio può avere luogo per gravi inadempienze(1) [24, 1455] delle obbligazioni
che derivano dalla legge o dal contratto sociale [2253], nonché per l'interdizione [414], l'inabilitazione [415]
del socio o per la sua condanna ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici
uffici [2287; 19 n. 1, 28, 29, 32 c.p.](2).
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Il socio che ha conferito nella società la propria opera o il godimento di una cosa [2254] può altresì essere
escluso per la sopravvenuta inidoneità(3) a svolgere l'opera conferita o per il perimento della cosa dovuto
a causa non imputabile agli amministratori.
Parimenti può essere escluso il socio che si è obbligato con il conferimento a trasferire la proprietà di una
cosa, se questa è perita prima che la proprietà sia acquistata alla società (4) [1465, 2254, 2287, 2524].
Abbiamo già accennato l’esclusione di diritto. L’esclusione facoltativa è una cessazione del rapporto sociale
che non muove dalla volontà del socio ma dalla volontà degli altri soci e può essere deliberata al ricorrere
delle cause previste dallo statuto o in ogni caso, quando ci sia giusta causa.
L’esclusione viene deliberata dagli altri soci, a maggioranza, per teste (non per quote di interesse), a
testimoniare il valore personale dell’atto. Naturalmente colui che è escluso, al quale viene comunicata la
decisione di esclusione, ha diritto di difendersi e quindi può opporsi all'esclusione in sede giurisdizionale.
L’efficacia dell’esclusione decorre dopo 30 giorni dalla comunicazione al socio, il quale ha il diritto di
opporsi. Il socio che si oppone tempestivamente può chiedere che venga sospesa l’efficacia della decisione
in attesa che si concluda il giudizio sulla validità dell’esclusione. Nel caso di società con due soli soci, ciascun
socio può chiedere l’esclusione dell’altro direttamente al tribunale.
Nelle società di persone l'esclusione facoltativa si giustifica sulla base di fatti gravi che rompano o che
rendano intollerabile la prosecuzione del rapporto. Questi fatti sono riconducibili a due gruppi:
L’altra ipotesi è l’esclusione di diritto, che scatta in due ipotesi (disciplina immodificabile):
NB Nel caso in cui il presupposto per tale esclusione venga meno il socio ca reintegrato con efficacia ex tunc.
Si parli dello scioglimento della società, cause di scioglimento – effetti dello scioglimento (cancellazione,
estinzione della liquidazione giudiziale). [pag. 378-383]
La prima ipotesi è automatica. I soci possono tuttavia decidere di prorogare il termine originario prima che
lo stesso spiri (proroga espressa), oppure limitarsi a proseguire la propria attività come se il termine non
fosse mai decorso (proroga tacita).
L’art. 2273: La società è tacitamente prorogata(1) a tempo indeterminato [2285] quando, decorso il tempo
per cui fu contratta, i soci continuano a compiere le operazioni sociali [2272, n. 1, 2307].
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Cosa accade con questa trasformazione? Fin quando dura la società il terzo non può chiedere la liquidazione
della quota, quindi può compiere effetti conservativi sugli utili ma non chiedere la liquidazione. Nella società
semplice si può chiedere la liquidazione della società se si dimostra che gli altri beni sono insufficienti; nella
SNC no, bisogna aspettare la scadenza del termine. Se la società passa da tempo determinato a tempo
indeterminato, anzitutto il socio avrà il diritto di recesso e inoltre il suo creditore particolare potrà chiedere
la liquidazione della quota. Il terzo che si vede liquidata la quota viene quindi escluso.
Parliamo di impossibilità assoluta (es. viaggio sul sole – mi revocano l’appalto per il ponte sullo stretto),
oppure impossibilità giuridica (es. la cannabis diventa illegale – impossibilitato commercio con l’Iraq).
L’oggetto deve essere lecito se diviene illecito è automaticamente impossibile perseguirlo. Si noti come
possa ricorrere anche il caso di impossibilità soggettiva: ad esempio nel caso del venir meno di una
partecipazione essenziale o insanabile dissidio tra i soci etc.
Il verificarsi di una causa di scioglimento determina automaticamente l'ingresso della s.n.c. in stato di
liquidazione. Attraverso tale espressione si indica che l'attività residua deve essere preordinata a liquidare
il patrimonio sociale, a pagare creditori della società ed a ripartire l'eventuale residuo attivo tra i soci. Solo
dopo il compimento di tali operazioni, che possono protrarsi anche per anni, potrà pervenirsi alla
cancellazione della s.n.c. dal registro delle imprese e alla conseguente estinzione della stessa.
Questa fase è scandita dalla limitazione dei poteri degli amministratori: (art.2274) avvenuto lo scioglimento
della società [2272] i soci amministratori conservano il potere di amministrare, limitatamente agli affari
urgenti(1), fino a che siano presi i provvedimenti necessari per la liquidazione [29, 2275, 2449].
I poteri degli amministratori cambiano perché cambia l’obiettivo, prima c’era un fine speculativo (dividere gli
utili), ora si tratta di vendere gli asset che sono all’attivo per pagare i creditori e ripartire il risultato tra i soci.
Subentriamo in una fase di exit dal mercato, una gestione conservativa del patrimonio funzionale a passare
il testimone ai liquidatori. Si noti come si debba applicare il successivamente illustrato divieto di nuove
operazioni.
Gli amministratori devono avviare con la massima tempestività il procedimento formale di liquidazione:
nomina dei liquidatori, passaggio di consegne, pagamento delle passività, riparto delle attività e
cancellazione della s.n.c. Il procedimento di liquidazione legale svolge un ruolo residuale e trova
applicazione solo in assenza di diverse statuizioni pattizie al riguardo.
In primo luogo, occorrerà nominare all'unanimità uno più liquidatori, i quali succedono agli amministratori
della società nella gestione del patrimonio dell'attività sociale. Obblighi responsabilità dei liquidatori sono
individuati mediante il rinvio alle disposizioni in tema di amministratori; sul piano dei poteri ai liquidatori è
consentito il compimento degli atti necessari per la liquidazione, ovvero di quegli atti che consentono di
trasformare in denaro il patrimonio netto della società.
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L’art. 2278: I liquidatori possono compiere gli atti necessari per la liquidazione e, se i soci non hanno disposto
diversamente, possono vendere anche in blocco i beni sociali [2280](1) e fare transazioni e compromessi.
Essi rappresentano la società anche in giudizio.
NB Compromesso = patto per devolvere una controversia in arbitrato. Accordo di deroga alla giurisdizione
ordinaria e di devoluzione alla competenza arbitrale. Abbiamo arbitrato secondo diritto oppure irrituale. Si
parla ogni tanto di clausola compromissoria –> qualunque lite dovesse insorgere tra i soci, tra loro, tra i soci
e la società, tra i soci e gli amministratori della società sarà devoluta alla competenza di un collegio arbitrale
nominato dal presidente del Tribunale.
Si noti come per il pagamento dei debiti sociali i liquidatori debbano attingere innanzitutto ai fondi
disponibili della società e solo successivamente chiedere ai soci versamenti ancora dovuti sulle rispettive
quote e le somme necessarie, nei limiti della rispettiva responsabilità, e in proporzione della parte di
ciascuno nelle perdite (nella stessa proporzione si ripartisce il debito del socio insolvente). Al contrario
un'eccedenza dell'attivo verrà ripartita tra i soci in proporzione della parte di ciascuno nei guadagni
fissata nell'atto costitutivo.
Il bilancio di liquidazione e il piano di riparto vengono considerati approvati se non vengono impugnati nel
termine di due mesi dal ricevimento della comunicazione (silenzio assenso).
Con la cancellazione della società abbiamo la chiusura del procedimento di liquidazione e l’estinzione della
società. Eventuali creditori insoddisfatti possono rivalersi sui soci ed eventualmente sui liquidatori (se
colpevoli di omissioni), mentre i soci non possono più far valere in giudizio diritti che la società avrebbe
potuto avere prima dell’estinzione.
L’art 2313: Nella società in accomandita semplice(1) [2498, 2643, n. 10] i soci accomandatari rispondono
solidalmente [1292] e illimitatamente per le obbligazioni sociali [2318, 2471] e i soci accomandanti(2)
rispondono limitatamente alla quota conferita [2330, 2324, 2740].
La società in accomandita semplice si caratterizza per la previsione di due categorie di soci: accomandanti
e accomandatari; tale articolazione è un tratto ineludibile, al punto che al venir meno di una delle due
categorie segue lo scioglimento della società. Le due categorie si distinguono per il diverso regime di
responsabilità: gli accomandanti rispondono limitatamente alla quota conferita, mi accomandatari
rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali (come i soci della s.n.c.)
La limitazione di responsabilità opera in ragione della circostanza di essere indicati come accomandanti
nell'atto costitutivo, parte integrante e ineludibile dello statuto della società in accomandita semplice; tale
limitazione opera a prescindere dallo stato soggettivo dei creditori sociali, infatti gli accomandanti
rispondono limitatamente alla loro quota anche quando la società versa in condizioni di irregolarità (non
sia iscritta nel registro delle imprese).
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Ovviamente seguendo il principio per cui, nelle società di persone, la gestione non è mai scissa dalla
responsabilità, ne segue che gli unici soci che possano ricoprire la carica di amministratore siano i soci
accomandatari (e non necessariamente tutti).
L’art. 2314: La società agisce sotto una ragione sociale costituita dal nome di almeno uno dei soci
accomandatari, con l'indicazione di società in accomandita semplice(1), salvo il disposto del secondo comma
dell'articolo 2292(2) [2326, 2463, 2473, 2515, 2564, 2567].
L'accomandante, il quale consente che il suo nome sia compreso nella ragione sociale, risponde di fronte ai
terzi illimitatamente e solidalmente [1292] con i soci accomandatari per le obbligazioni sociali [2320].
La ragione sociale della società deve fare riferimento almeno ad un accomandatario. Quindi, se
l’accomandante ha acconsentito che il proprio nome fosse compreso nella ragione sociale, egli perde nei
confronti dei terzi la responsabilità limitata. Questo perché, se entro in contatto con qualcuno che spende il
proprio nome nella ragione sociale, la cosa naturale è che faccia affidamento anche sul patrimonio di questo
qualcuno.
Per l’accomandatario la circolazione delle partecipazioni soggiace alla medesima disciplina dettata per la
s.n.c. (consenso unanime salvo diversa pattuizione); per la partecipazione della accomandante si seguono
le regole relative alla partecipazione del socio capitalista (mortis causa - liberamente mi favore dei soggetti
designati, inter vivos - secondo il principio maggioritario anche se è ammessa diversa pattuizione).
L’art 2320: I soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione(1), né trattare o concludere
affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari [2318]. Il socio
accomandante che contravviene a tale divieto(2) assume responsabilità illimitata e solidale [1292] verso i
terzi per tutte le obbligazioni sociali [38, 41, 2291] e può essere escluso a norma dell'articolo 2286 [2313,
2314, 2317, 2318].
I soci accomandanti possono tuttavia prestare la loro opera sotto la direzione degli amministratori(3) e, se
l'atto costitutivo lo consente, dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni e compiere atti di
ispezione e di sorveglianza. In ogni caso essi hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del
conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne l'esattezza, consultando i libri [2261, 2489] e gli altri
documenti della società [2623, n. 3](4).
Qui ci sono norme che scandiscono in progressione poteri e divieti che caratterizzano la posizione
dell’accomandante, consacrando in qualche modo il rapporto tra potere e responsabilità. Il socio
accomandante non può ingerirsi motu proprio (di propria iniziativa) → questa disposizione viene anche
indicata come matrice foriera del divieto di immistione. La disposizione, in punto di principio, mira a solcare
le differenze tra accomandatario e accomandante. La gestione spetta solo agli accomandatari, gli
accomandanti non possono ingerirsi, se lo fanno perdono la responsabilità limitata.
Ciò non toglie che possano esserci delle situazioni in cui la società possa trarre vantaggio da un apporto
operativo del socio accomandante, come ad esempio nel nome che meglio di altri può esprimere la volontà
sociale. Quindi la legge ci dice che il socio accomandante può trattare singoli affari, ma non in quanto
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socio, bensì sulla base di una procura. Il socio non spende il nome della società in quanto socio
(esercitando poteri gestori e proprie proprietà), ma spende il nome della società come rappresentante della
società su base volontaria → assume una posizione contrattuale e non organica. Il socio accomandante può
inoltre essere chiamato a dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni, i quali deve ritenersi
abbiano carattere necessariamente consultivo e non vincolante.
Al socio accomandante possono spettare da atto costitutivo poteri di controllo sulla legittimità dell’operato
degli amministratori e spettano sempre poteri di informativa annuale sulle attività sociali.
NB Clausole come i soci accomandanti sono chiamati a rendere il loro parere su tutte le operazioni superiori
a 100.000€ comporterebbero un’alterazione dei rapporti tra i soci e delle posizioni e delle responsabilità e
concreterebbero una violazione del divieto di immistione.
Case study: F, B e C sono soci della F SAS, in cui B è solo accomandante. A un certo punto B conclude
direttamente con un terzo un affare nell’interesse della società. I patti originari erano che F e C
rispondessero per il 40% (a testa) degli utili e delle perdite, mentre B il 20% degli utili e nei limiti del suo
conferimento il 20% delle perdite. A un certo punto la società si rende inadempiente nei confronti della
controparte. La controparte, dopo aver escusso il patrimonio sociale che non è sufficiente –> quindi va da B
(in teoria socio limitatamente responsabile per 30) e chiede di pagare 30.
B può avere azione di regresso nei confronti della società? Se sì per quanto? Quello che avviene è che B
assume responsabilità illimitata nei confronti dei terzi, mentre nei rapporti interni è e resta un
accomandante con responsabilità limitata al conferimento effettuato. Quindi può chiedere i soldi a F e C,
che devono sopportare illimitatamente le perdite. Un conto è la responsabilità solidale nei confronti dei
terzi, altro conto è la responsabilità nei rapporti interni (è accomandante e resta accomandante → perde la
responsabilità limitata, quindi risponde illimitatamente ma le perdite se le sopportano anche gli
accomandatari).
In caso di atti esterni compiuti in assenza di procura essi non impegnano la società, ma determinano a
carico del comandante l'applicazione della disciplina sanzionatoria prevista per il falsus procurator. In caso
di trasgressione del divieto di immistione, la violazione comporta a carico dei soci accomandanti
l'assunzione di responsabilità illimitata per tutte le obbligazioni sociali. Il socio trasgressore può poi essere
escluso (a meno che ci fosse il pieno consenso dei soci accomandatari).
L’art. 2319: Se l'atto costitutivo non dispone diversamente, per la nomina degli amministratori e per la loro
revoca nel caso indicato nel secondo comma dell'articolo 2259(1) sono necessari il consenso dei soci
accomandatari e l'approvazione di tanti soci accomandanti che rappresentino la maggioranza del
capitale da essi sottoscritto.
Questa norma trova ragione in due aspetti: uno è quella della sopportazione comune del saldo, l’altro è
quello del particolare rilievo degli amministratori, che rispondono illimitatamente (quindi avere come
amministratore B rispetto ad A non è solo una questione di gestione ma anche patrimoniale). Oltre al
consenso di tutti gli accomandatari è previsto anche il voto per quota di capitale degli accomandanti →
emersione del principio capitalistico.
Scioglimento [pag.388-389]
L’art. 2323: La società si scioglie [2250, 2711], oltre che per le cause previste nell'articolo 2308, quando
rimangono soltanto soci accomandanti o soci accomandatari [2318], sempreché nel termine di sei mesi
non sia stato sostituito il socio che è venuto meno [2284](1).
Se vengono a mancare tutti gli accomandatari, per il periodo indicato dal comma precedente gli
accomandanti nominano un amministratore provvisorio(2) per il compimento degli atti di ordinaria
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amministrazione [2468]. L'amministratore provvisorio non assume la qualità di socio accomandatario [2272,
n. 4].
Diventa in questo caso molto più difficile sapere chi sia l’accomandatario e chi sia l’accomandante perché
non lo posso vedere dal registro delle imprese. Questo fa venire meno un carattere strutturale? No,
l'importante è che nel rapportarsi con i terzi si renda palese al terzo che Tizio non è accomandatario ma è
accomandante. In questo caso però c’è un divieto di immistione molto più rigido e stringente. I soci
accomandanti ci sono, possono esserci anche in accomandita irregolare, ma non possono minimamente
ingerirsi nella gestione (non possono operare come procuratori speciali per singoli affari).
La società semplice (art. 2249) è il tipo cosiddetto residuale, ovvero l'insieme delle disposizioni che
regolano l'attività di impresa collettiva esercitata nell'ambito dell'attività agricola, quindi nel settore
agricolo, laddove le parti non abbiano scelto altri modelli organizzativi. Se le parti non hanno scelto
espressamente un modello organizzativo il 2249 comma 2 ci diche che le norme di base che disciplinano
l'attività collettiva nel campo dell'impresa agricola, sono le norme della società semplice. La disciplina della
società semplice si trova negli articoli 2251 e seguenti.
Lo stesso discorso è reiterabile per l’ipotesi di un’attività di tipo commerciale. In questo caso anziché
società semplice parliamo di società in nome collettivo. Gli altri tipi sociali necessitano invece di una
specifica indicazione. La disciplina della società in nome collettivo si trova negli articoli 2291 e seguenti, per
terminare fino all’art. 2313.
Dal punto di vista normativo la società semplice è il prototipo normativo delle società di persone. La snc
non ha una disciplina autonoma, indipendente e autosufficiente, ma si risolve nel richiamo delle norme
dettate per la società semplice, alla quale si aggiungono in parte cumulativamente in parte in termini di
deroga o specializzazione le disposizioni previste negli articoli 2291 e seguenti.
Art. 2293: La società in nome collettivo è regolata dalle norme di questo capo e, in quanto queste non
dispongano, dalle norme del capo precedente [2251, 2315] → disciplina società semplice
Il 2251 apre la disciplina delle società di persone affermando il principio della residualità della disciplina.
Questo principio ci dice che nelle società semplice con il contratto non è soggetto a forme speciali, salvo
quelle richieste dalla natura dei beni conferiti.
La seconda norma ci diche che il contratto che non è soggetto a forme speciali, quindi si può stipulare
verbalmente, per forma scritta, per fatti concludenti (ovvero seguo le disposizioni di un contratto che ho
solo idealmente stipulato e che non ho formalizzato).
L'accesso al modello societario non richiede forme particolari, se non quelle necessarie per il conferimento
dei singoli cespiti. Come sappiamo i diritti sui beni mobili si conferiscono tramite il principio consensualistico
(all’esito dell’incontro delle volontà il diritto dominicale sul cespite è passato), dalla stipula di questo
contratto deriva l'effetto reale dell'immediato passaggio di proprietà e poi gli obblighi accessori
direttamente consequenziali. Questa regola accelera in maniera consequenziale il traffico, ma si possono
creare anche alcune incertezze (es. doppia alienazione); il legislatore ha deciso di tutelare la sicurezza dei
traffici con la scelta di allineare, in termini tendenziali, la realtà giuridica con quella fattuale (possesso vale
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titolo). Per i beni immobili la questione cambia: non è sufficiente il consenso manifestato verbalmente, ma il
consenso deve essere manifestato con la forma scritta.
Fino al 2253 il codice si occupa dell’immediata disciplina dei rapporti tra i soci. Ci dice che anzitutto i soci
sono obbligati ad eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale. Se i conferimenti non sono
determinati si presume che i soci si siano obbligati a conferire in parti tra di loro uguali quanto è necessario
per il conseguimento dell'oggetto sociale in parti uguali tra loro. Con questo capiamo che elemento
particolare, essenziale del contratto di società è il conferimento: dato che ci si mette insieme per dividersi gli
utili, che non sono altro che il maggior valore del patrimonio rispetto all'investimento iniziale, se non c’è
conferimento non c’è investimento. Come abbiamo detto non è neppure necessario che siano i soci a
prevedere cosa conferire. Se i soci non hanno previsto cosa, hanno implicitamente assunto che metteranno
ciò che è necessario per il raggiungimento dell'oggetto sociale in parti uguali tra loro.
Una norma del genere era stata concepita avendo in mente l’esercizio dell’attività agricola e dunque dal
punto di vista fenomenologico, di sostanza dei rapporti, si pensava a una fattispecie in cui Tizio e Caio
vogliono coltivare la terra se Caio ce l’ha e la vuole dare in dotazione deve andare dal notaio, se non vuole
conferire in proprietà magari la conferisce in godimento, e gli altri si obbligano a metterci il loro lavoro,
tanto lavoro quanto serve per fare funzionare la società. È ovvio che questo discorso potesse funzionare
proprio per queste ipotesi, non c’è bisogno di stabilire ex ante un capitale minimo, anche perché sia per la
natura dell’attività (non ci sono tendenzialmente grandi pretese creditorie), sia perché la garanzia principale
era la terra, non ce n’era alcun bisogno.
Quindi, possiamo dire che c’è tutta una disciplina di base che individua gli oggetti principali della normativa,
del fenomeno societario semplice e ne dettano la regolazione. Ora vedremo una serie di norme che
individuano gli elementi essenziali del contratto sociale e ne danno una regolazione di base.
NB Nel caso di società di persone il contratto sociale e l’atto costitutivo sono la stessa cosa.
Al 2253 seguono disposizioni che riguardano i conferimenti, vengono disciplinati la garanzia e i rischi dei
conferimenti (2254) e il conferimento di crediti (2255); successivamente, la legge getta subito luce sul fatto
che una volta che le cose sono conferite in società, i soci non possono farne uso per fini privati.
Art. 2256: Il socio non può servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle cose appartenenti al patrimonio
sociale per fini estranei a quelli della società [1102, 2248].
Questa norma è molto importante per i riferimenti che emergono dalla norma. Innanzitutto, troviamo il
riferimento del patrimonio sociale, da cui capiamo che i conferimenti non sono volti a creare una
patrimonio in comunione (art. 2248), ma un patrimonio sociale che è funzionalizzato a servire e a essere
impiegato per la realizzazione dei fini della società.
Mentre nella comunione i soci possono tutti servirsi dei beni comuni, in società non parliamo di cose
comuni in senso civilistico ma di cose messe insieme e destinate ad uno scopo che è quello della società.
Costituiscono un patrimonio funzionalizzato al raggiungimento dei fini della società. C’è un patrimonio
comune ma è destinato tutto all'attività d'impresa ed è centro di imputazione autonomo, rispetto al
patrimonio dei soci, dei risultati dell'attività di impresa; rispetto ad esso ogni socio ha una quota di
partecipazione.
La caratteristica del conferimento dei beni finalizzati all’esercizio di un’attività d’impresa, e dunque il
conferimento di beni sussumibile entro lo spettro di copertura del 2247, ha una rilevante conseguenza
giuridica, ovvero la creazione di un nuovo centro di imputazione che si distingue dal patrimonio dei singoli
soci. Questo fenomeno di destinazione patrimoniale all'attività di impresa provoca a livello di effetti, una
segregazione patrimoniale tra beni conferiti e patrimonio dei conferenti.
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Formalmente la legge non dice che la società semplice o la società in nome collettivo sono o siano persone
giuridiche, ma essi sono comunque autonomi soggetti di diritto, sono centri di imputazione diversi dalle
persone dei soci.
Art. 2267:
I creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale [2268, 2271]. Per le obbligazioni
sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della
società e, salvo patto contrario, gli altri soci.
Il patto deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in mancanza, la limitazione della
responsabilità o l'esclusione della solidarietà non è opponibile a coloro che non ne hanno avuto conoscenza.
Art. 2291:
Nella società in nome collettivo tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni
sociali. Il patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi.
Nella s.n.c. la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci è inderogabile, al contrario della società
semplice (v. 2267). Tuttavia, i soci possono limitare o escludere tale responsabilità per alcuni soci: tale patto
è inefficace nei confronti dei terzi verso i quali tutti i soci rimangono comunque solidalmente ed
illimitatamente responsabili, mentre è valido tra i soci (il socio che ha pagato il debito della società pur
godendo di responsabilità limitata potrà ottenere dagli altri soci il rimborso della somma versata).
Si rilevi come nella disciplina della società semplice sia omessa qualsiasi prescrizione di contenuto dell’atto
costitutivo (non è previsto che il contratto sociale indichi il capitale sociale o i conferimenti). Manca
completamente la nozione di capitale sociale, infatti è anche esclusa dalla tenuta delle scritture contabili e
dalla redazione annuale del bilancio. Il legislatore che interviene attraverso norme suppletive a colmare
l’eventuale silenzio delle parti.
Il beneficio di escussione opera in termini meno rigidi: il socio può essere destinatario diretto dell’azione
esecutiva promossa dai creditori sociali e può sottrarsene solo in via di eccezione, indicando i beni societari
su cui il creditore può agevolmente soddisfarsi. Nella società semplice il creditore personale del socio può
chiedere in ogni momento la liquidazione della quota del socio-debitore purché dimostri che gli altri beni
sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti (la quota va liquidata nel termine di 3 mesi).
Disciplina particolare concerne la rappresentanza della società: la società acquista diritti assume
obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e sta in giudizio nella persona dei
medesimi; in mancanza di diversa previsione contrattuale la rappresentanza spetta a ciascun socio
amministratore si estende a tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale. (guarda rappresentanza per
s.n.c.)
Il termine società di capitali era originariamente un'espressione dottrinale per indicare le società
organizzate secondo il principio capitalistico o plutocratico (principio della ricchezza). Oggi iniziamo lo studio
della società per azioni. Cominciamo introducendo il tema della distinzione tra plurilateralità e
pluripersonalità.
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Art. 2325:
Nella società per azioni per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio.
In caso di insolvenza della società, per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui le azioni sono
appartenute ad una sola persona, questa risponde illimitatamente quando i conferimenti non siano stati
effettuati secondo quanto previsto dall'articolo 2342 o fin quando non sia stata attuata la pubblicità
prescritta dall'articolo 2362.
Diversamente dalle disposizioni chiamate ad aprire i capi relativi alle società personali, questo articolo non è
rubricato nozione. Prima del 2003 anche questo era rubricato come nozione, ma con la radicale riforma del
diritto societario in ambito di società di capitali, le norme di apertura dei campi dedicati alle società di
capitali, società per azioni, società a responsabilità limitata, società in accomandita per azioni non si aprono
più con il termine nozione, bensì col termine responsabilità. In effetti il 2325 non parla di cosa sia la S.P.A.,
ma di un profilo di fattispecie/disciplina della S.P.A., che è il profilo della responsabilità per le obbligazioni
contratte nello svolgimento dell’attività d’impresa.
Il 2325 bis parla delle declinazioni dei tipi di società (chiuse o che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio), il 2326 parla della denominazione sociale che può essere liberamente formata, il 2327 del capitale
minimo (50.000€) mentre il 2328 parla dell’atto costitutivo e del suo contenuto; successivamente si parla di
condizioni per la costituzione, iscrizione, fino a quando non si entra nel merito della disciplina dei
conferimenti della società di capitali etc. Ma da nessuna parte troviamo una definizione di S.P.A..
Questo perché il legislatore detta la disciplina e individua le fattispecie in coerenza con la disciplina. Ma se
noi volessimo perimetrare la fattispecie S.P.A., cioè i caratteri identificativi del tipo S.P.A., che lavoro dovrei
fare? Spesso, si tende a portare l’attenzione su alcuni profili di disciplina, mentre si dovrebbe guardare più
alla fattispecie, cioè al modello astratto identificato il quale e al ricorrere del quale segue una determinata
disciplina.
Per descrivere la fattispecie S.P.A. si guarda e si evidenziano alcuni elementi caratterizzanti della S.P.A..
Uno di questi elementi è scritto nel 2325, cioè la limitazione di responsabilità per le obbligazioni sociali
alla quale i socio possono beneficiare eligendo/scegliendo il modello S.P.A., che è per altro l’effetto della
stipula di un contratto di S.P.A.; quindi il regime di responsabilità per le obbligazioni sociali presuppone
l’avvenuta integrazione di una fattispecie, quindi, possiamo vederlo come un elemento della disciplina.
Questo è vero ma si pensi al caso in cui io compro un macchina, il passaggio di proprietà presuppone un
contratto di compravendita ma io stipulo il contratto perché voglio diventare proprietario, quindi anche
elementi della disciplina possono essere oggetto del voluto e quindi della nozione: nel nostro caso chi
stipula un contratto di S.P.A. non vuole rischiare tutto il patrimonio. C’è da dire che questo elemento non è
esclusivo e quindi non è conclusivo della relativa fattispecie.
Con limitazione di responsabilità non si intende limitazione della responsabilità patrimoniale dell’impresa
nei confronti dei terzi (il patrimonio su cui si imputano gli effetti dell'esercizio dell'attività, risponde sempre
illimitatamente, cioè l’impresa risponde con tutto il proprio patrimonio delle obbligazioni sociali), ma si
intende limitazione del rischio d'impresa e delle implicazioni in punto di responsabilità patrimoniale dei
soci dell'impresa.
Qui dobbiamo fare una summa divisio tra le società di capitali e le società di persone: in quest’ultimo caso il
socio adempie al proprio obbligo di conferimento, ma anche quando abbia adempiuto comunque resta
esposto con il proprio patrimonio alle conseguenze di eventuali obbligazioni non adempiuti dalla società
(ciò che a livello di nozione è evidenziato nelle norme di apertura dei singoli tipi sociali); nel caso delle
società di capitali non c’è alcuna limitazione di responsabilità, perché non c’è alcuna responsabilità in capo
ai soci, che sono obbligati solo alla sottoscrizione del capitale (cioè a versare il conferimento) → i soci non
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rispondono mai oltre all'impegno sopportato con il conferimento delle obbligazioni sociali; quindi non è
corretto parlare di limitazione di responsabilità. L’espressione sta a indicare che i soci sopportano solo il
rischio legato a quanto conferito; per quanto riguarda invece i debiti dell'impresa, cioè i debiti della società,
questi sono irrilevanti per i soci.
Il primo elemento di rilevanza nella scelta della società di capitali è la possibilità di frazionare il rischio
imprenditoriale. L'attività di impresa collettiva imputata alla società non estende l'ombra del proprio 2740
(le pretese di attuabilità del credito sul patrimonio dei soci). Quindi nelle società di capitali si verifica un
fenomeno di autonomia patrimoniale perfetta, cioè si segregazione patrimoniale perfetta (fenomeno di
impermeabilità tra le obbligazioni che gravano sul patrimonio sociale e le vicende che riguardano il
patrimonio dei singoli soci).
Questo porta sicuramente a una distanza tra proprietà e gestione che non è di poco conto. Cosa può, in
qualche modo tentare di colmare questa distanza? Se c'è un ufficio che è destinato ad attuare il contratto e
se i soci invece si ritrovano in assemblea solo in specifici per specifiche ragioni, con specifiche competenze,
vorrà dire che chi amministra i soldi altrui sarà seguito da uno che controlla che quei soldi vengano
amministrati bene – cioè, ci sarà un organo di controllo che esercita i poteri di controllo nell’interesse dei
soci. Anche la funzione di controllo è anch’essa spersonalizzata e astratta in un ufficio.
Quella che abbiamo descritto a grandi linee come governance della società azionaria è convenzionalmente
indicata come organizzazione corporativa. Certamente non c'è dubbio che scegliere una società per azioni
significhi accettare e volere che l'investimento venga amministrato per il tramite di una struttura
organizzativa di questo tipo → l’organizzazione corporativa è sicuramente un elemento tipizzante per la
società per azioni. Anche in questo caso, non è un tratto che appartiene unicamente alla S.P.A. anche la SRL
può essere organizzata in questa maniera.
Allora un altro elemento che caratterizza e mi consente di distinguere la società per azioni dalla società a
responsabilità limitata, è l’organizzazione dell’investimento. Nella S.P.A. la partecipazione sociale è
rappresentata da azioni e le azioni sono il frutto di una suddivisione secondo un criterio astratto del
totale dell’investimento – le azioni sono un prius logico rispetto alla posizione del socio. Se ad esempio
siamo in 5 soci e decidiamo che il capitale verrà diviso in parti uguali, cioè ognuno di noi avrà una
partecipazione al capitale pari al 20%, possiamo procedere in due modi:
• Siamo 5 soci, quindi ci sono 5 quote di pari valore/valori diversi –> quindi il numero delle quote è
diretta conseguenza del numero dei soci; il socio è un prius logico rispetto alla quota.
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• Potremmo decidere di suddividere l’investimento di 100.00€ in 50 quote da 2.000€ –> il totale del
rapporto sociale viene frazionato per un numero di parti che è indipendente dal numero dei soci. Se
giro 3 delle mie azioni a Caio, il capitale sarà sempre diviso in 50 quote anche con 6 soci. Il capitale
resta sempre lo stesso e il suo frazionamento, quindi i diritti che esso attribuisce, tanto alla
partecipazione ai risultati, quanto alla partecipazione al funzionamento dell'impresa, resta sempre
lo stesso a prescindere dal numero dei soci.
Da questo punto di vista potremmo dire che quel contratto prevede, sotto il profilo della sua plurilateralità,
70 partecipazioni sociali, ma le persone sono solo 5 persone. Nella S.r.l. la persona del socio determina la
quota di capitale, nella S.P.A. il capitale è frazionato aprioristicamente in azioni che hanno tutte uguale
valore. Inoltre, nella S.p.a. le azioni possono essere incorporate in titoli di credito dei titoli di credito, questo
rende molto più facile far circolare il titolo, quindi diventa molto più facile comprare e vendere, quindi
investire.
L’investimento iniziale si chiama anche qui capitale, che ha però un valore storico e poi un valore
organizzativo. Il valore storico è quello che i soci hanno storicamente investito nell’attività*; nelle s.p.a. il
capitale ha ancora una sua funzione organizzativa, questo perché essere soci = avere delle azioni = avere
frazioni del capitale sociale. Il capitale sociale assume ulteriormente un ruolo fondamentale nella
determinazione della misura della partecipazione dei singoli soci all'attività ed all'organizzazione dell'ente
nel suo complesso: in ogni società, infatti, il capitale è ripartito in azioni o quote, queste altro non essendo
che frazioni del medesmo nella titolarità dei soci che ne costituiscono unità minime (e, per le azioni,
indivisibili). I diritti dei soci, salvo rare eccezioni, spettano normalmente in proporzione alla loro
partecipazione al capitale, che assume indi una fondamentale funzione di organizzazione della società in
generale e di regolazione dei rapporti reciproci fra i soci.
NB* anche nella SNC è prevista l’indicazione dell’ammontare dei conferimenti, quindi c’è un minimo di
funzione vincolistica del capitale (il rendiconto dà conto delle perdite e se il patrimonio della società è
inferiore al capitale originario non è possibile distribuire gli utili), però la partecipazioni agli utili e alle
perdite è presunta proporzionale ai conferimenti ma è possibile alterarla. Allo stesso tempo anche la
governance delle società di persone è molto differente (modifiche del contratto, opposizione, gestione
ordinaria etc.) → il capitale, quindi, non ha alcun ruolo organizzativo.
Ma questo frazionamento aprioristico del capitale, che vantaggi ha? Il vantaggio a valle è la possibilità di
scambiare le azioni più velocemente (grazie alla legge sulla circolazione dei titoli di credito); a monte il
vantaggio è tanto più facile investire quanto è più facile uscire, i tempi di liquidazione sono molto più brevi e
lo procedure molto più snelle → tutto questo consente di reperire più facilmente i capitali, di non
immobilizzare i capitali perché io possono liquidare agevolmente l’investimento senza intaccare il
patrimonio sociale.
È molto interessante notare come si parla di azioni quantomeno con tre significati diversi: nel senso di
partecipazione sociale (pezzo di contratto – sono azionista quindi partecipo all’organizzazione sociale), nel
senso di frazione di capitale (pezzo dell’investimento) e nel senso di titolo azionario.
Un’altra cosa da tenere presente è la radicale differenza tra capitale e patrimonio: il patrimonio è il
complesso di beni e di diritti e di obblighi che fanno capo alla società; il capitale è l’investimento iniziale dei
soci, quindi una frazione del patrimonio. Il netto in bilancio è la ricchezza di pertinenza dei soci, in cui c’è il
capitale sociale (quello che i soci hanno storicamente destinato all’attività d’impresa e che hanno deciso di
mantenere sempre e comunque investito), la riserva legale (cuscinetto del capitale), altre risorse che
rimangono in società (per scelta statuaria o perché così ha scelto l’assemblea ordinaria). Il patrimonio netto
è una grandezza che si modifica continuamente: perché, se i debiti salgono e se variano le attività, a parità
di debiti/crediti, automaticamente sale o scende il netto; il capitale invece resta fermo fino a quando i soci
non decidano con una delibera formale di modificare il valore statutario.
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Quello che caratterizza la società per azioni è, come vi dicevo, il fatto che essa abbia una dimensione
organizzativa molto più raffinata, articolata e complessa rispetto a quella delle società di persone nelle
società di persone. Nella S.P.A. l'attività di realizzazione dell'oggetto sociale non spetta a tutti i soci, ma
spetta a coloro che saranno nominati come preposti all'ufficio amministrativo. Nella disciplina della società
per azioni l'attuazione del contratto, cioè il perseguimento dell'oggetto sociale per la realizzazione dello
scopo fine della società, è mandato che grava sui preposti ad un ufficio nel quale sono astratte e riassunte
tutte le competenze amministrative.
Il contratto sociale non viene a comprimere o articolare una qualità che deriva dal fatto di essere soci, ma è
alla base dell’erezione di un organizzazione, che si compone di uffici: l’organo amministrativo, l’organo di
controllo e l’assise dei soci che delibera solo nelle materie previste dalla legge. Qui abbiamo
un’organizzazione burocratica, la burocrazia è una forma di spersonalizzazione nell’esercizio del potere e
serve a esercitare e controllare l’esercizio del potere.
PS Per la verità, tra le società di persone e questa dimensione pura delle società di capitali si pone la S.r.l.: la
S.r.l. può essere organizzata sia come ente che ricalca la S.p.a. (organizzazione per uffici) sia come struttura
che è più vicina alla deformalizzazione tipica della società di persone.
Possono esserci varie manifestazioni concrete della vicenda azionaria: società aperte/chiuse, con titolarità
diffusa presso privati o in mano pubblica, che fanno ricorso al capitale di rischio, medio grandi o piccole, etc.
Impianto normativo articolato: un regime comune a tutte le S.p.a. e due statuti speciali (società che fanno
ricorso al capitale di rischio e le società che non fanno ricorso al capitale di rischio).
È possibile immaginare che tutte le azioni appartengano ad un'unica persona che viene a detenere una
partecipazione totalitaria nella medesima società. Il legislatore ammette espressamente che si possa
strutturare e svolgere un'attività lucrativa nella forma di società per azioni unipersonale sin dal momento
della costituzione.
La presenza nella società di un solo azionista comporta il gravare di specifici oneri a carico di costui e degli
amministratori sia in tema di conferimenti sia in ambito pubblicitario.
L'azionista unico fondatore è sempre obbligato a prestare da subito l'intero apporto cui si è impegnato con
la sottoscrizione del capitale sociale. Gli amministratori devono tempestivamente a rendere pubblica la
circostanza, tramite una dichiarazione depositata presso il registro delle imprese.
Inoltre, i contratti della società con l'unico socio o le operazioni a favore dell'unico socio sono opponibili ai
creditori della società solo se risultano dal libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di
amministrazione o da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento; questo per evitare manovre
fraudolente.
Il momento iniziale della vicenda negoziale S.P.A. è il momento della costituzione della società: questo
momento si articola in un procedimento, che, muovendo dalle manifestazioni di volontà dei fondatori, e
passando attraverso una fase di controllo culmina con l’iscrizione nel registro delle imprese, grazie a cui la
società acquista la personalità giuridica.
L’atto che contiene la volontà dei fondatori di dare vita alla società e ne determina gli elementi essenziali è
l’atto costitutivo. Assieme ad esso vanno fissate qle regole dello statuto in senso stretto, previsioni relative
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al funzionamento dell’ente e allo svolgimento dell’attività e dunque concernenti la questione di come
questa è organizzata (sempre modificabili: modificazioni dello statuto).
L’atto costitutivo è il contratto stipulato da due o più persone per fondare una società per azioni e ha la
forma dell’atto pubblico. La costituzione di una SPA si fa per atto pubblico, o per contratto (atto costitutivo)
o per atto unilaterale.
L’atto costitutivo deve prevedere gli elementi dettagliati dal 2328, ma può anche prevedere anche altre
cose, anche si tende a scindere tra: gli elementi fondamentali essenziali del contratto nell’atto costitutivo,
e le regole che riguardano il funzionamento della società in un documento separato che si chiama statuto.
Lo statuto dal punto di vista notarile è un allegato dell’atto costitutivo e deve rivestire la stessa forma dello
stesso (atto pubblico): quindi anche per le modifiche dello statuto è necessario che il verbale assembleare di
modifica dello statuto sia ricevuto da un notaio.
NB in seguito alla nascita della S.p.a. al rapporto tra soci non è detto che possano applicarsi le regole
previste dal codice sui contratti in generale: una volta iscritta la società essa sarà destinataria della disciplina
solo ad essa specificatamente diretta.
Già il primo comma è di rottura rispetto alle società di persone. Una S.p.a. può essere costituita da una sola
persona: la sola persona costituirà il capitale che sarà diviso in almeno due quote (requisito essenziale la
plurilateralità e non la pluripersonalità). Il contratto ha una forma solenne, va redatto per atto pubblico,
quindi l’atto va ricevuto e convalidato da un notaio.
L'atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico [14, 1350, n. 13 2463, 2498, 2504, 2699] e deve
indicare:
2) la denominazione [2414, n. 1] e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi
secondarie;
Si indica solo il comune di modo che eventuali variazioni dell’indirizzo non concretizzino una modifica dello
statuto.
3) l'attività che costituisce l'oggetto sociale [2361, 2369, 2414, n. 1, 2437, 2445, 2484, n. 2];
NB Non necessariamente bisogna versare tutto il capitale sottoscritto, basta versare il 25% per i
conferimenti in denaro.
Il capitale sottoscritto è l'ammontare di ricchezza che i soci intendono stabilmente destinare o destinare
stabilmente all'attività di impresa, è quindi un valore storico di rilievo contrattuale. Il capitale versato è la
parte del capitale sottoscritto che è stato per l’appunto versato dai soci alla società.
5) il numero e l'eventuale valore nominale [2446] delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità di
emissione e circolazione;
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Si noti che le azioni possono anche non avere alcuna indicazione del valore nominale. Si dirà 1 azione di
1000 emesse per evitare di dover procedere al richiamo e alle modifiche dei titoli azionari quando si fanno
operazioni sul capitale: il valore nominale delle azioni in questo caso è CAPITALE/NUMERO DELLE AZIONI;
ma non è espresso come elemento del titolo.
6) il valore attribuito ai crediti [2255] e beni conferiti in natura [2342, 2343, 2643, n. 10];
8) i benefici eventualmente accordati ai promotori [2333, 2335, n. 3], 2337, 2348] o ai soci fondatori [2340,
2341];
Indicazioni (7-8) da apporre solo nel caso in cui ci siano deviazioni rispetto alle regole di default.
9) il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando quali tra
essi hanno la rappresentanza della società [2380 bis];
• un sistema tradizionale, che si applica in difetto di diverse previsioni delle parti – in cui è prevista
l’assemblea, l’organo amministrativo che al suo interno può nominare uno o più organi delegati, e il
collegio sindacale;
• il sistema dualistico, di ispirazione franco-tedesca, in cui si prevede il consiglio di sorveglianza e il
consiglio di gestione (al posto del consiglio amministrativo e del collegio sindacale). Mentre nel
sistema tradizionale l’assemblea nomina sia l’organo amministrativo, sia l’organo di controllo, qui
l’assemblea si limita a nominare il consiglio di sorveglianza (l’organo di controllo e di alta
amministrazione), poi è questo organo di controllo che nomina l’organo di gestione;
• il sistema monistico, in cui l’assemblea nomina il consiglio di amministrazione e questo, al suo
interno individua un comitato per il controllo sulla gestione. Le funzioni di controllo sono attratte
all’interno del consiglio di amministrazione e intestate in capo a degli amministratori indipendenti.
In pratica manca il collegio sindacale.
11) la nomina dei primi amministratori e sindaci ovvero dei componenti del consiglio di sorveglianza(2) e,
quando previsto, del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti(3);
12) l'importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico della società;
13) la durata della società [2484, n. 1] ovvero, se la società è costituita a tempo indeterminato, il periodo di
tempo, comunque non superiore ad un anno, decorso il quale il socio potrà recedere.
Lo statuto contenente le norme relative al funzionamento della società, anche se forma oggetto di atto
separato, costituisce parte integrante dell'atto costitutivo. In caso di contrasto tra le clausole dell'atto
costitutivo e quelle dello statuto prevalgono le seconde.
Accanto a queste previsioni minime, diciamo così, dell'atto costitutivo, c'è poi lo statuto che riprende il
contenuto dell'atto costitutivo e poi detta le regole per il funzionamento della società e il programma di vita
della società.
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• 5-8/10/12 = attengono alla struttura finanziaria e del capitale sociale, caratterizzano l’attività
comune sul piano dinamico (influenzano la remunerazione del capitale e le possibilità di stabile
approvvigionamento della società) – il loro inserimento è in realtà solo eventuale
• 9/10 e 1/11= previsioni incidenti sulla struttura di governo (a chi e con quale ordine spetterà stabile
come le risorse investite verranno gestite)
2) che siano rispettate le previsioni degli articoli 2342 e 2343 e 2343 ter relative ai conferimenti;
3) che sussistano le autorizzazioni e le altre condizioni richieste dalle leggi speciali per la costituzione della
società, in relazione al suo particolare oggetto [2328, n. 3, 2330](1).
Dopo l’indicazione del contenuto dell'atto costitutivo, il codice proietta la legge precedente al notaio, la
verifica della sussistenza delle condizioni per l'iscrizione della società. Questo perché l’iscrizione della
società ha efficacia costitutiva.
Il notaio, prima di fare firmare i soci, deve verificare che siano stati rispettati i presupposti per la
Costituzione, che sono tre:
È il c.d. principio di effettività in senso lato del capitale: il capitale non è un mero programma ma un’entità
reale ed attuale
Il legislatore si ispira alle regole di effettività in senso stretto e di integrità del capitale sociale: è necessario
che la società abbia immediata e sicura disponibilità delle risorse ad essa destinate e che il loro valore
corrisponda interamente a quanto sottoscritto.
• sussistano le autorizzazioni e le altre condizioni previste dalle leggi speciali per la stipula del
contratto sociale (per quelle società che possono iscriversi solo previa autorizzazione di una
pubblica autorità).
Le condizioni per la costituzione non individuano gli elementi del contratto di S.p.a., ma individuano dei
fattori, degli elementi, che si inseriscono nel procedimento di costituzione. Sono verifiche preliminari che il
notaio deve fare prima di procedere alla costituzione.
Si rilevi la duplice possibilità della costituzione istantanea (i soci fondatori sottoscrivono interamente il
capitale con la stipula dell’atto costitutivo), oppure per pubblica sottoscrizione. Questo secondo metodo, un
po’ meno ricorrente, discerne i momenti prima menzionati (programma, sottoscrizioni, formulazione di atto
costitutivo e statuto, stipula finale) e permette che la sottoscrizione sia sollecitata presso il pubblico, tra
investitori sconosciuti e non spontaneamente mossi a concorrere all’iniziativa, tramite la presentazione di
un progetto S.p.a. promosso da parte dei promotori che invitano gli interessati ad aderirvi e a sottoscrivere
quote di capitale.
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Iscrizione nel registro delle imprese e operazioni antecedenti all’iscrizione [pag. 409-411]
L’art. 2330:
Il notaio che ha ricevuto l'atto costitutivo deve depositarlo entro dieci giorni presso l'ufficio del registro
delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale, allegando i documenti comprovanti la
sussistenza delle condizioni previste dall'articolo 2329.
Se il notaio o gli amministratori non provvedono al deposito nel termine indicato nel comma precedente,
ciascun socio può provvedervi a spese della società.
Contestualmente al deposito si dovrà presentare la richiesta di iscrizione su cui l’ufficio del registro effettua
un mero controllo di regolarità formale della documentazione e a cui segue la vera e propria iscrizione.
Cosa succede con l’avvenuta iscrizione della società nel registro delle imprese? Quali sono gli effetti
dell’iscrizione?
L’Art. 2331:
Cosa significa che con l’iscrizione la società acquista la personalità giuridica? Significa che la società diventa
un soggetto con una propria autonoma personalità (questo avviene anche per le società di persone). In
punto di conseguenze, la trascrizione della personalità giuridica comporta una distinzione patrimoniale di
diritto, quindi c’è un’autonomia patrimoniale perfetta (tranne in alcuni casi: nell'ipotesi in cui il socio unico
non liberi tutti i conferimenti e non proceda alle pubblicità).
In realtà possiamo anche parlare di responsabilità per debito altrui, fatto che concreta il riconoscimento di
un patrimonio autonomo anche nel caso di solidarietà per le obbligazioni sociali. In altre parole, il
patrimonio della società è autonomo anche nel caso di solidarietà per le obbligazioni sociali. Quello che
accade nelle società di capitali è senz'altro una impermeabilizzazione e una segregazione di patrimoni molto
più marcata perché i soci normalmente non rispondono delle obbligazioni sociali.
Che ci sia un fenomeno di autonomia e di marcata distinzione patrimoniale, è dettagliato o si deduce anche
dai commi successivi del 2331 che trattano e regolano la responsabilità per le operazioni e le obbligazioni
contratte nell'interesse della costituenda società prima dell’iscrizione.
Per le operazioni compiute in nome della società prima dell'iscrizione(1) sono illimitatamente e solidalmente
responsabili verso i terzi coloro che hanno agito [29, 38, 41, 1292, 2279, 2317, 2338, 2485, 2486, 2509 bis,
2615]. Sono altresì solidalmente e illimitatamente responsabili il socio unico fondatore e quelli tra i soci che
nell'atto costitutivo o con atto separato hanno deciso, autorizzato o consentito il compimento
dell'operazione. […]
Dove incontriamo questo coloro che hanno agito nel Codice? Lo troviamo nelle norme relative
all’amministrazione della società semplice: è possibile praticamente limitare la responsabilità nella società
semplice, portando a conoscenza i terzi, ma non possono limitare la responsabilità coloro che hanno agito.
La responsabilità di coloro che hanno agito nei confronti dei terzi, è una responsabilità che riguarda quello
che materialmente ha avuto a che fare col terzo, anche se non ha speso il proprio nome, ma il nome della
costituenda società. Intanto i terzi possono rifarsi sul patrimonio di coloro che hanno agito spendendo in
nome del nascituro, ma accanto a questo profilo di responsabilità, c’è anche la responsabilità di coloro che
hanno deciso e autorizzato l’operazione.
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Sin dal momento della stipulazione dell’atto costitutivo ai produce un irrevocabile vincolo dei sottoscrittori ai
conferimenti, tale vincolo potrà sciogliersi solo se entro 90 giorni dalla stipula non è avvenuta l’iscrizione
della società.
Non risulta in modo evidente sia la riferita successiva approvazione da parte della società devono reputarsi
obbligata, né quale sia la sorte dei negozi compiuti nell'interesse della costituenda che non vengano
successivamente approvati. Equilibrata soluzione potrebbe essere la fattispecie della cosiddetta società in
formazione (dotata solo di soggettività – segue provvisoriamente la disciplina della società semplice).
È del tutto normale che dopo la costituzione possa prospettarsi l'opportunità di modifiche dell'assetto
regolamentare originario della società, il legislatore qualifica queste modifiche indistintamente come
modificazioni dello statuto e prevede una disciplina speciale.
L’art. 2436:
Il notaio che ha verbalizzato la deliberazione di modifica dello statuto, entro trenta giorni, verificato
l'adempimento delle condizioni stabilite dalla legge, ne richiede l'iscrizione nel registro delle imprese
contestualmente al deposito e allega le eventuali autorizzazioni richieste.
L'ufficio del registro delle imprese, verificata la regolarità formale della documentazione, iscrive la delibera
nel registro.
Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge, ne dà comunicazione tempestivamente,
e comunque non oltre il termine previsto dal primo comma del presente articolo, agli amministratori. Gli
amministratori, nei trenta giorni successivi, possono convocare l'assemblea per gli opportuni provvedimenti
oppure ricorrere al tribunale per il provvedimento di cui ai successivi commi; in mancanza la deliberazione è
definitivamente inefficace.
Il tribunale, verificato l'adempimento delle condizioni richieste dalla legge e sentito il pubblico ministero,
ordina l'iscrizione nel registro delle imprese con decreto soggetto a reclamo. La deliberazione non produce
effetti se non dopo l'iscrizione.
NB Se l’organo di gestione opta per il ricorso al tribunale si apre il c.d. procedimento di omologazione
(precedentemente era obbligatorio per legge).
Dopo ogni modifica dello statuto deve esserne depositato nel registro delle imprese il testo integrale nella
sua redazione aggiornata. → semplice pubblicità notizia
Le c.d. modifiche statutarie sono affidate alla competenza dell’assemblea straordinaria (che vedremo
dopo), con alcune eccezioni (in relazione alla natura non strategica ma tecnico-esecutiva della decisioni di
modifica – es. lo statuto può attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare in una o più volte il
capitale fino ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di cinque anni dalla data dell'iscrizione
della società nel registro delle imprese), in cui c’è la possibilità di delegare all’organo amministrativo o
anche al consiglio di sorveglianza.
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Cause ed effetti della nullità della S.p.a. (e nullità delle modifiche statutarie) [pag.413-416]
La creazione di un nuovo centro di imputazione ci mette un po’ in difficoltà con la logica dei contratti di
scambio, perché abbiamo qualcosa di più/diverso rispetto ai tradizionali contratti di scambio. Nel caso di
costituzione di una società l’interesse dei due o più soggetti è diverso dall’interesse di un contratto a
prestazioni corrispettive: gli interessi di tutti sono di portare a casa i soldi e trovano soddisfazione
dall’esercizio dell’attività che si svolge diacronicamente. Ma questa attività è retta da regole diverse da
quelle tipiche del diritto privato (regole del diritto societario) → le regole di disposizione dei danari sul conto
corrente della società seguono le regole dell’organizzazione sociale. Il soddisfacimento dell'interesse
scolpito nel contratto sociale, che è quello di esercitare l'attività (scopo-mezzo), al fine di dividerne gli utili
(scopo fine), trova soddisfazione dall’attività dell’organizzazione.
Mentre nei contratti a prestazioni corrispettive gli interessi delle parti si pongono su piani contrapposti, nei
contratti associativi, gli interessi delle parti sono sintetizzati e serviti da una comunione di scopo (l’esercizio
in comune dell’attività al fine di dividerne gli utili) e sono organizzati per il tramite dell’organizzazione
sociale.
Adesso prendiamo queste osservazioni e guardiamole sotto il punto di vista delle tecniche rimediali alle
patologie negoziali. Se un contratto di vendita resta inadempiuto da una delle parti, i rimedi sono
l’eccezione di inadempimento, la domanda di risoluzione del contratto e l’azione di risarcimento del danno.
In caso una persona stipuli un contratto sotto l’effetto di violenza fisica o perché indotta in errore abbiamo
l’azione di annullamento (possibilità di ritornare indietro). Se l’oggetto è illecito il contratto è nullo per
illiceità dell’oggetto.
Ma, nei contratti plurilaterali con comunione di scopo, queste regole come si applicano? In particolare,
ipotizziamo un caso di nullità della società, ma nel frattempo la società ha operato. Ovviamente non ci si
può permettere di dire che data la nullità della società, tutti gli atti da essa compiuti siano privi di effetti.
L’applicazione dei rimedi sinallagmatici, che caratterizzano i contratti a prestazione corrispettive, applicate
ad una diversa fattispecie (contratto associativo) comporterebbero delle conseguenze per nulla appaganti
→ nel caso della disciplina societaria, la legge tratta la causa di nullità come causa di scioglimento, quindi
la società verrà sciolta e liquidata.
Il 2332, che detta una regolamentazione specifica delle patologie dell’atto costitutivo, opera su due piani:
L’art. 2332:
Avvenuta l'iscrizione nel registro delle imprese, la nullità(1) della società può essere pronunciata soltanto nei
seguenti casi:
Ovviamente stiamo parlando in linea teorico-fantastica, perché è impossibile trovare iscritta nel registro
delle imprese una società che non sia stata stipulata per atto pubblico.
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Questo secondo comma riguarda invece gli effetti della nullità, dicendo che dice che una società nulla non è
una società inesistente:
La dichiarazione di nullità non pregiudica l'efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo
l'iscrizione nel registro delle imprese.
I soci non sono liberati dall'obbligo di conferimento fino a quando non sono soddisfatti i creditori sociali.
Si vuole che l’impegno fondamentale assunto dal socio con la sottoscrizione del capitale sociale, pure se
relativo a una società nulla, sia a sua volta efficace e irritrattabile.
La sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori. La nullità non può essere dichiarata quando la
causa di essa è stata eliminata e di tale eliminazione è stata data pubblicità con iscrizione nel registro delle
imprese.
Il dispositivo della sentenza che dichiara la nullità deve essere iscritto, a cura degli amministratori o dei
liquidatori nominati ai sensi del quarto comma, nel registro delle imprese.
Gli ultimi commi dicono che, se è tanto forte la volontà di limitare queste ipotesi di nullità della società,
anche la nullità non può essere dichiarata se la sua ragione è stata elisa/eliminata (c.d. convalida)→ qui
viene in crisi un’altra regola del diritto privato, ovvero che la nullità è insanabile. L’obiettivo del legislatore è
proprio quello di garantire la certezza e sicurezza dei rapporti giuridici.
È possibile che solo alcune clausole statutarie risultino viziate, in questo caso nulla esclude che esse
vengano dichiarate nulle (c.d. nullità parziale), ma questo non può comportare la nullità della società
(principio di tassatività).
Nel caso di invalidità di singola partecipazione (per vizio nella formazione del consenso), l’accertamento di
invalidità non può avere effetto retroattivo e si tramuterà dunque a un diritto al rimborso di una quota di
liquidazione pari al valore attuale della sua partecipazione.
Vale la regola per cui la nullità è imprescrittibile e la legittimazione spetta a chiunque ne abbia interesse.
Tale disciplina può essere estesa (non tutti concordano) a quanto attiene i vizi delle modifiche statutarie.
È ipotizzabile che gli azionisti abbiano pure interesse a definire tra loro i vincoli al proprio comportamento in
società, per meglio coordinare la propria azione e assicurarsi così reciprocamente in modo più efficace la
salvaguardia dell’interesse personale alla conservazione e valorizzazione dell’investimento.
Sono diffusi da lungo tempo accordi che si affiancano allo statuto nella regolamentazione delle posizioni
degli azionisti, i c.d. patti parasociali. Sono accordi negoziali, stipulati tra tutti o parte dei soci, con i quali si
impongono determinati vincoli in relazione all’esercizio dei diritti amministrativi (come i sindacati di voti: i
soci si impegnano a votare come verrà loro detto da un consulente designato nel patto; o sindacati di
blocco, che limitano la possibilità di disporre delle azioni).
Essi tipicamente producono effetti di carattere obbligatorio, essendo la causa non societaria, per cui ne
viene esclusa l’idoneità a incidere nei confronti della validità degli atti della S.p.a. o dei soci. Ne deriva che la
violazione degli accordi va trattata come un inadempimento contrattuale.
In relazione alla disciplina essa dedica attenzione solo ai riflessi e alle interferenze che essi possono
determinare nei confronti delle regole dell’attività. Si pone il problema di stabilire se ed entro quale misura
tale influenza possa essere consentita.
Il legislatore ha più volte fatto intuire la presupposizione di piena validità dei patti parasociali (sia nel TUF
che nel CC). Gli articoli di riferimento per la disciplina sono il 2341 bis e ter.
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L’art: 2431 bis:
I patti, in qualunque forma stipulati, che al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della
società:
a) hanno per oggetto l'esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano;
b) pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano;
c) hanno per oggetto o per effetto l'esercizio anche congiunto di un'influenza dominante su tali società, non
possono avere durata superiore a cinque anni e si intendono stipulati per questa durata anche se le parti
hanno previsto un termine maggiore; i patti sono rinnovabili alla scadenza.
Qualora il patto non preveda un termine di durata, ciascun contraente ha diritto di recedere con un
preavviso di centottanta giorni. […]
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio i patti parasociali devono essere
comunicati alla società e dichiarati in apertura di ogni assemblea. La dichiarazione deve essere trascritta nel
verbale e questo deve essere depositato presso l'ufficio del registro delle imprese.
In caso di mancanza della dichiarazione prevista dal comma precedente i possessori delle azioni cui si
riferisce il patto parasociale non possono esercitare il diritto di voto e le deliberazioni assembleari adottate
con il loro voto determinante sono impugnabili a norma dell'articolo 2377.
Introduzione agli elementi della struttura finanziaria S.p.a. [pag.419-420] → azioni, obbligazioni, strumenti
finanziari partecipativi
Lo svolgimento dell'attività di una società per azioni non soltanto comporta ma presuppone la raccolta di
risorse finanziarie a essa destinate. È previsto che siano operate contribuzioni a favore della società, a fronte
delle quali gli investitori che le hanno effettuate ricevono strumenti rappresentativi della posizione che essi
rivestono nell'ambito dell'organizzazione sociale: posizione che a sua volta dipende dal tipo di operazione a
cui va ricondotto l'investimento effettuato.
• Essenziale è la raccolta che interviene in occasione della creazione di quei particolari strumenti
finanziari costituiti dalle azioni, in questa circostanza la società riceve il capitale, cioè la provvista
primaria di rischio. Si identificano qui gli azionisti: i titolari dei diritti di tipo patrimoniale
amministrativo traenti causa dal conferimento effettuato.
Le azioni, in quanto strumenti finanziari diffusi nel mercato, sono destinate a circolare in modo da realizzare
quella possibilità di disinvestimento che costituisce connotato caratterizzante la società per azioni; è
stabilita quindi la normale emissione di titoli azionari.
• Eventuale è l'assegnazione dei cosiddetti altri strumenti finanziari partecipativi che attribuiscono i
loro titolari di diritti di tipo patrimoniale analoghi a quelli degli azionisti e, in misura ridotta,
prerogative di tipo amministrativo. Del pari eventuale, anche se ricorrente, è l’emissione di
obbligazioni, ossia strumenti con cui la s.p.a. si procura risorse a debito (attingendo dal mercato). È
stabilita tuttavia una disciplina per la tutela della posizione degli obbligazionisti nei confronti della
società estesa anche ai titolari degli strumenti finanziari assimilabili alle obbligazioni.
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Il capitale sociale (nominale e reale) [pag.420-424]
Con capitale sociale si può genericamente intendere l'insieme dei mezzi originariamente prestati dai soci e
corrispondenti a un vincolo di stabile destinazione alla società di risorse per un pari importo netto allo
svolgimento dell'attività produttiva che costituisce l'oggetto sociale.
Il concetto riguarda anzitutto un fatto, il capitale è ciò che è stato effettivamente prestato dai soci in un dato
momento storico e così posto disposizione dell'attività comune; in secondo luogo, risponde a una regola, la
prestazione del capitale avviene in osservanza di una parallela previsione dei soci, i quali stabiliscono che la
società debba avere un certo capitale.
Dal primo punto di vista il codice prevede quale condizione per la stessa costituzione che il capitale sia
integralmente sottoscritto. L’art. 2329 al primo punto recita: per procedere alla costituzione della società è
necessario: 1) che sia sottoscritto per intero il capitale sociale […]. Dal secondo punto di vista , occorre
sottolinearne la stabilità: la clausola statutaria del capitale impone alla società un vincolo di mantenimento
nel corso del tempo di risorse finanziarie di entità di pari ammontare netto; con la decisione di raccogliere
un certo numero di sottoscrizioni i soci vengono automaticamente ad adottare una regola di costante auto-
destinazione all'attività di mezzi per un importo almeno pari, al netto dei debiti sociali, alla cifra risultante
dalla somma delle sottoscrizioni medesime.
Si parla di fissità del capitale: la previsione dell’adozione di un dato capitale avviene con una clausola
statutaria, per modificarla serve una formale modifica dello statuto. Da tale regola discende un rigoroso
vincolo di non distribuzione presso gli azionisti di risorse in misura corrispondente (divieto di ripartizione
di utili fino al risanamento delle perdite e divieto di restituzione dei conferimenti se non con delibera di
riduzione del capitale sociale).
L’art. 2327: La società per azioni deve costituirsi con un capitale(1) non inferiore a cinquantamila euro(2).
L’art. 2447: se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito
dall'articolo 2327, gli amministratori o il consiglio di gestione e, in caso di loro inerzia, il consiglio di
sorveglianza devono senza indugio(1) convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale(2) ed
il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione
della società.
La cifra del capitale sociale coincide con quella risultante dalle sottoscrizioni dei soci. Con la dichiarazione
di sottoscrizione del capitale, chi la emette assume l’impegno ad effettuare una prestazione in favore della
s.p.a., il conferimento, il cui valore è determinato in modo espresso tenendo conto del capitale
rappresentato dalle azioni da emettere a nome del sottoscrittore, il quale a sua volta corrisponde a una
quota del complessivo capitale della società.
La disciplina dei conferimenti è articolata e contenuta tra l’art. 2432 e l’art.2343 quater, la quale forma il
sistema decritto come attinente al capitale reale: sono disposizioni intese alla realizzazione del c.d.
principio di effettività del capitale sociale.
L’art. 2342: se nell'atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in danaro.
Alla sottoscrizione dell'atto costitutivo deve essere versato presso una banca almeno il venticinque per
cento dei conferimenti in danaro o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare.
Per i conferimenti di beni in natura e di crediti si osservano le disposizioni degli articoli 2254 e 2255. Le
azioni corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della
sottoscrizione.
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Se viene meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere effettuati entro novanta giorni.
Non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni di opera o di servizi.
Inoltre, va rilevato che durante la fase di pendenza dell’obbligo al conferimento dei versamenti residui le
azioni possono comunque circolare, ma è previsto che l’alienante non è liberato dall’obbligo suddetto per il
periodo di tre anni dall’annotazione del trasferimento nel libro soci (art. 2356). Per il socio inadempiente la
società ha a disposizione un rimedio speciale. Il secondo comma dello stesso articolo ci dice che c’è un
beneficio ad ordine e non un beneficio ad escussione → il beneficio ad escussione implica una causa il
beneficio ad ordine no, basta che il creditore abbia chiesto al debitore di pagare e che egli si sia rifiutato.
Se il socio non esegue i pagamenti dovuti, decorsi quindici giorni dalla pubblicazione di una diffida nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica, gli amministratori, se non ritengono utile promuovere azione per
l'esecuzione del conferimento, offrono le azioni agli altri soci, in proporzione alla loro partecipazione, per
un corrispettivo non inferiore ai conferimenti ancora dovuti. In mancanza di offerte possono far vendere
le azioni a rischio e per conto del socio, a mezzo di una banca o di un intermediario autorizzato alla
negoziazione in mercati regolamentati.
Qualora la vendita non possa aver luogo per mancanza di compratori, gli amministratori possono
dichiarare decaduto il socio, trattenendo le somme riscosse, salvo il risarcimento dei maggiori danni.
Le azioni non vendute, se non possono essere rimesse in circolazione entro l'esercizio in cui fu pronunziata la
decadenza del socio moroso devono essere estinte con la corrispondente riduzione del capitale.
Come già accennato, in materia di conferimenti, se nulla viene specificato i conferimenti vanno fatti in
denaro (art. 2342); in particolare al momento della sottoscrizione deve essere versato in un c/c vincolato
almeno il 25% dei conferimenti.
La legge però prevede la possibilità di fare anche conferimenti di beni diversi dal denaro (beni in natura)
oppure di crediti; in relazione a questa possibilità il legislatore deve fare alcune precisazioni in modo da
garantire l’effettività e l’integrità del capitale sociale, in particolare è necessario fare riferimento ai principi:
• di effettività in senso stretto (le azioni corrispondenti ai conferimenti di beni in natura e crediti
devono essere integralmente liberate all’atto della sottoscrizione), che fa sì che la futura
acquisizione delle utilità connesse all’apporto non debba dipendere significativamente da fattori
esterni alla società. È possibile conferire un bene anche in godimento purché la società consegua
sin da subito la disponibilità reale, mentre non possono formare oggetto di conferimento la
prestazione di opera e servizi.
• di integrità del capitale, di cui si occupa l’art. 2343.
L’Art. 2343:
Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la relazione giurata di un esperto designato dal
tribunale nel cui circondario ha sede la società, contenente la descrizione dei beni o dei crediti conferiti,
l'attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del
capitale sociale e dell'eventuale soprapprezzo e i criteri di valutazione seguiti. La relazione deve essere
allegata all'atto costitutivo. L'esperto risponde dei danni causati alla società, ai soci e ai terzi. Si applicano le
disposizioni dell'articolo 64 del codice di procedura civile.
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Gli amministratori devono, nel termine di centottanta giorni dalla iscrizione della società, controllare le
valutazioni contenute nella relazione indicata nel primo comma e, se sussistano fondati motivi, devono
procedere alla revisione della stima. Fino a quando le valutazioni non sono state controllate, le azioni
corrispondenti ai conferimenti sono inalienabili e devono restare depositate presso la società.
Se risulta che il valore dei beni o dei crediti conferiti era inferiore di oltre un quinto a quello per cui avvenne
il conferimento, la società deve proporzionalmente ridurre il capitale sociale, annullando le azioni che
risultano scoperte. Tuttavia, il socio conferente può versare la differenza in danaro o recedere dalla
società; il socio recedente ha diritto alla restituzione del conferimento, qualora sia possibile in tutto o in
parte in natura. L'atto costitutivo può prevedere, salvo in ogni caso quanto disposto dal quinto comma
dell'articolo 2346, che per effetto dell'annullamento delle azioni disposto nel presente comma si determini
una loro diversa ripartizione tra i soci.
La legge, data l’onerosità del procedimento, prevede alcune ipotesi di esenzione dal suo rispetto, ritenendo
che la ricorrenza di particolari circostanza escluda il concreto verificarsi di rischi di errata valutazione del
conferimento. In particolare, dobbiamo fare riferimento all’art. 2343 ter:
Nel caso di conferimento di valori mobiliari ovvero di strumenti del mercato monetario non è richiesta la
relazione di cui all'articolo 2343, primo comma, se il valore ad essi attribuito ai fini della determinazione del
capitale sociale e dell'eventuale sovrapprezzo è pari o inferiore al prezzo medio ponderato al quale sono
stati negoziati su uno o più mercati regolamentati nei sei mesi precedenti il conferimento.
Fuori dai casi in cui è applicabile il primo comma, non è altresì richiesta la relazione di cui all'articolo 2343,
primo comma, qualora il valore attribuito, ai fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale
sovrapprezzo, ai beni in natura o crediti conferiti sia pari o inferiore:
a) al fair value iscritto nel bilancio dell'esercizio precedente quello nel quale è effettuato il conferimento a
condizione che il bilancio sia sottoposto a revisione legale e la relazione del revisore non esprima rilievi in
ordine alla valutazione dei beni oggetto del conferimento, ovvero;
b) al valore risultante da una valutazione riferita ad una data precedente di non oltre sei mesi il
conferimento e conforme ai principi e criteri generalmente riconosciuti per la valutazione dei beni oggetto
del conferimento, a condizione che essa provenga da un esperto indipendente da chi effettua il
conferimento, dalla società e dai soci che esercitano individualmente o congiuntamente il controllo sul
soggetto conferente o sulla società medesima, dotato di adeguata e comprovata professionalità.
NB è previsto inoltre che gli amministratori verifichino la permanenza dei requisiti di esenzione e depositino
presso il registro delle imprese un’apposita dichiarazione, contenente indicazioni sui beni conferiti e il
relativo valore.
Acquisti da soggetti correlati alla s.p.a nei primi due anni [pag.426] – per evitare l’annacquamento del
capitale sociale
L'acquisto da parte della società, per un corrispettivo pari o superiore al decimo del capitale sociale, di
beni o di crediti dei promotori, dei fondatori, dei soci o degli amministratori, nei due anni dalla iscrizione
della società nel registro delle imprese, deve essere autorizzato dall'assemblea ordinaria.
L'alienante deve presentare la relazione giurata di un esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha
sede la società ovvero la documentazione di cui all'articolo 2343 ter primo e secondo comma contenente la
descrizione dei beni o dei crediti, il valore a ciascuno di essi attribuito, i criteri di valutazione seguiti, nonché
l'attestazione che tale valore non è inferiore al corrispettivo, che deve comunque essere indicato.
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La relazione deve essere depositata nella sede della società durante i quindici giorni che precedono
l'assemblea. I soci possono prenderne visione. Entro trenta giorni dall'autorizzazione il verbale
dell'assemblea, corredato dalla relazione dell'esperto designato dal tribunale ovvero dalla documentazione
di cui all'articolo 2343 ter, deve essere depositato a cura degli amministratori presso l'ufficio del registro
delle imprese.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli acquisti che siano effettuati a condizioni normali
nell'ambito delle operazioni correnti della società né a quelli che avvengono nei mercati regolamentati o
sotto il controllo dell'autorità giudiziaria o amministrativa.
In caso di violazione delle disposizioni del presente articolo gli amministratori e l'alienante sono
solidalmente responsabili per i danni causati alla società, ai soci ed ai terzi.
NB Si vuole evitare che ci sia un accordo tra il privato e la società per la compensazione tra il debito della
società e un eventuale credito del socio, in violazione del divieto di compensazione.
Soprapprezzo, apporti fuori dal capitale, conferimento a capitale individualmente esuberante, prestiti dei
soci e azioni con prestazioni accessorie [pag. 427-429]
Non è necessario che ad ogni apporto del socio debba corrispondere l’imputazione in capo a questi di una
quota del capitale sociale. In particolare, possiamo individuare le ipotesi di:
PS Inoltre, l’art.2441 comma 6, ci dice che in caso di proposte di aumento di capitale sociale con esclusione o
limitazione del diritto di opzione la società è obbligata a chiedere un sovrapprezzo sulle azioni.
L’art. 2346 comma 4 prevede che : a ciascun socio è assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte
del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. Lo statuto può
prevedere una diversa assegnazione delle azioni.
Il seguente comma 5, a tutela dell’integrità del capitale sociale prevede che: in nessun caso il valore dei
conferimenti può essere complessivamente inferiore all'ammontare globale del capitale sociale.
• Prassi dei soci di effettuale versamenti a patrimonio – a conto capitale oppure a fondo perduto.
NB vanno tenuti distinti invece i prestiti che i soci eroghino alla società; si consideri che generalmente il
credito derivante da tali prestiti viene considerato assoggettato a una regola di postergazione rispetto al
pagamento degli altri creditori sociali.
Si rilevi la possibilità di prestazioni dei soci che siano aggiuntive rispetto ai conferimenti a capitale che si
evince dall’art. 2345 riguardante le c.d. azioni con prestazioni accessorie.
Oltre l'obbligo dei conferimenti, l'atto costitutivo può stabilire l'obbligo dei soci di eseguire prestazioni
accessorie non consistenti in danaro, determinandone il contenuto, la durata, le modalità e il compenso, e
stabilendo particolari sanzioni per il caso di inadempimento. Nella determinazione del compenso devono
essere osservate le norme applicabili ai rapporti aventi per oggetto le stesse prestazioni.
62
Le azioni alle quali è connesso l'obbligo delle prestazioni anzidette devono essere nominative e non sono
trasferibili senza il consenso degli amministratori. Se non è diversamente disposto dall'atto costitutivo, gli
obblighi previsti in questo articolo non possono essere modificati senza il consenso di tutti i soci.
L’art. 2466:
Se il socio non esegue il conferimento nel termine prescritto, gli amministratori diffidano il socio moroso ad
eseguirlo nel termine di trenta giorni.
Decorso inutilmente questo termine gli amministratori, qualora non ritengano utile promuovere azione per
l'esecuzione dei conferimenti dovuti, possono vendere agli altri soci in proporzione alla loro partecipazione
la quota del socio moroso. La vendita è effettuata a rischio e pericolo del medesimo per il valore risultante
dall'ultimo bilancio approvato. In mancanza di offerte per l'acquisto, se l'atto costitutivo lo consente, la
quota è venduta all'incanto.
Se la vendita non può aver luogo per mancanza di compratori, gli amministratori escludono il socio,
trattenendo le somme riscosse. Il capitale deve essere ridotto in misura corrispondente.
Il socio moroso non può partecipare alle decisioni dei soci. […]
In alternativa alla causa gli amministratori hanno una via più breve, vendere le azioni del socio in mora,
prima di tutto tra gli altri soci in proporzione alle partecipazioni già possedute (vendita in danno delle
azioni o della quota del socio in mora). Quello che accade è un’espropriazione e una messa in vendita delle
quote del socio in mora.
A quale prezzo queste partecipazioni vengono messe in vendita? La legge dice che non posso mettere in
vendita le partecipazioni a un valore inferiore all’obbligo di conferimento. In seguito alla vendita viene
trasferito al socio il valore del capitale, a cui vengono sottratte le eventuali spese collegate all’operazione
(spese per raccomandata, spese per l’avvocato, risarcimenti del danno eventuali etc.).
Se i soci non vogliono comprare le azioni del socio moroso allora gli amministratori provano una seconda
strada, quella di provare a piazzare le azioni sul mercato: la vendita sul mercato avviene a rischio e per
conto del socio → in questo caso la maggior prudenza che si richiama nella vendita a un valore non
inferiore all’obbligo di conferimento (il più possibile vicino al valore delle partecipazioni), perché già i
consoci hanno dimostrato a non essere interessati a quelle azioni, quindi gli amministratori possono
procedere alla vendita sul mercato a un prezzo ancora inferiore (in linea di principio un prezzo non inferiore
ai conferimenti ancora dovuti, ma non necessariamente).
Se non si trova nessuno sul mercato interessato a comprare le partecipazioni, gli amministratori possono
dire che il socio decade dalla partecipazione azionaria e perde anche quello che ha già versato → questo
perché è come se le azioni venissero vendute a 0. Gli amministratori, quindi, fanno decadere il socio e
trattengono le partecipazioni.
Il terzo comma del 2466 fa un passo in più: visto che le azioni non hanno trovato acquirenti sul mercato la
società non può procedere immediatamente al loro annullamento; si devono tenere le azioni ancora per
un anno nel quale si tenta di rivendere le partecipazioni a un prezzo che si ritiene adeguato, in caso non si
riescano a vendere a questo punto si può procedere con l’annullamento delle azioni e il capitale deve essere
corrispondentemente ridotto.
A questo punto però non è possibile ridurre il capitale semplicemente di quanto manca, perché le azioni
hanno tutte uguale valore nominale, quindi i soldi che sono stati versati a parziale liberazione di queste
azioni vengono trattenute dalla società in una riserva da capitale (parte di capitale che non viene più
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riflessa dalle partecipazioni azionarie). [L’alternativa sarebbe annullare le azioni, ed emettere azioni
integralmente liberate dalla cosiddetta riserva di capitale che restano in pancia alla società e che potrà
vendere quando vorrà.]
Quello che è certo è che, se vengono annullate le azioni, gli importi che erano stati conferiti, a fronte
dell'emissione di queste azioni, non diventano così disponibili, questo perché altrimenti ne deriverebbe un
pregiudizio nei confronti dei terzi. Le due opzioni sono quindi quelle della riduzione del capitale e quella
della riserva da capitale: tra le due sembra più coerente con l’impianto normativo la seconda, poiché nelle
ipotesi di riduzione del capitale ordinarie è necessario sempre il consenso dei creditori, mentre qui questo
non avverrebbe.
La previsione ha un significato complesso e contiene, secondo l’opinione comune, tre distinti precetti:
• l’assegnazione di azioni attesta e quantifica la partecipazione al capitale sociale dei diversi soci,
indicando quantità e diritti riferiti a ciascun socio – parliamo di partizioni del capitale sociale
• dal numero e dal tipo di azioni assegnate discendono peso e caratteri della partecipazione
all’attività sociale (come accade per i titolo di credito nei confronti dei diritti ad essi incorporati) – si
intendono come insieme di situazioni giuridiche soggettive
• il possesso o la disponibilità dei titoli azionari condiziona l’acquisto e l’esercizio dei diritti
partecipativi – l’azione è anche il documento destinato a consentire l’esercizio dei diritti
Le azioni indicano in che misura la collettività dei soci valuta il conferimento apportato dal singolo in
termini di risorsa produttiva. Le singole azioni devono considerarsi una misura prefigurata di investimento
e, in particolare, l’unità minima di apporto finanziario chiesta per partecipare all’iniziativa d’impresa con
essa organizzata.
Questo consente ai singoli investitori di decidere liberamente la quantità della propria partecipazione
individuale al programma sociale, inoltre, la medesima regola impone di considerare le partecipazioni del
tutto fungibili l’una sulle altre sul piano dell’esercizio dell’attività d’impresa. In questo modo si attua il
principio della essenziale spersonalizzazione della partecipazione.
La legge regola il valore nominale delle azioni, espressione con cui si intende la precisa porzione di capitale
corrispondente alla singola azioni. Esso ha un fondamentale significato organizzativo sul piano dei rapporti
tra la s.p.a. e i singoli azionisti perché misura i diritti spettanti a ciascuno di loro.
Il valore nominale deve rifarsi senza eccezioni a tutte le azioni emesse dalla società, non si può quindi
emettere azioni di diverso valore nominale. Si rilevi che il valore nominale non coincide necessariamente
con il valore reale, che dipende dal valore della s.p.a. in un dato momento storico (calcolabile secondo vari
parametri non sempre oggettivi).
Il valore nominale non è un dato essenziale dell’organizzazione formale della s.p.a. L’art. 2346 comma 3 ci
dice che: in mancanza di indicazione del valore nominale delle azioni, le disposizioni che ad esso si
riferiscono si applicano con riguardo al loro numero in rapporto al totale delle azioni emesse.
In ogni caso, il valore nominale delle azioni o il numero complessivo delle azioni emesse, nonché
l’ammontare del capitale sociale devono essere indicati nei titoli azionari.
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Azioni e articolo 2346 (appunti)
L’art 2346 è una norma cardine nell’ambito della disciplina della società azionaria che richiederebbe
un’attenzione molto particolare. Fino ad ora abbiamo parlato dei conferimenti, che si servono per formare il
capitale, una volta formato il capitale passiamo alla seconda fase che è quella di emissione delle azioni.
Mentre prima abbiamo visto le norme che regolano la formazione del capitale ora guardiamo la
dimensione organizzativa del capitale.
• funzione produttiva → è l’insieme dei conferimenti apportati dai soci per lo svolgimento
dell’attività. Il principio di effettività della formazione del capitale sta anche a suggellare la serietà
dell’investimento, il fatto che in società si possa entrare dotando la società stessa di un nucleo
minimo di risorse per attivarsi.
• funzione vincolistica → ci dice che una determinata aliquota del patrimonio netto della società è
stabilmente destinata all'attività d'impresa (il capitale sociale). Questo perché i soci non si possono
riprendere indietro il capitale ammenoché tramite una procedura che si chiama riduzione volontaria
del capitale.
• funzione di garanzia
• funzione organizzativa → questa funzione va almeno in due direzioni: da un lato parliamo di
funzione organizzativa del patrimonio netto e poi perché formato il capitale, questo capitale è la
base che viene ripartita in azioni e le azioni rappresentano i pezzi di contratto grazie ai quali si è in
società (partecipazioni sociali).
Noi stiamo cominciando proprio a studiare come è organizzata la partecipazione sociale, come sono
organizzati i soci nella s.p.a., cosa possono fare e non fare. Interrogarsi su questo significa interrogarsi
contemporaneamente sulla partecipazione sociale (complesso dei poteri e dei doveri dei soci) e capire qual
è l’architettura delle partecipazioni in società.
La partecipazione sociale indica l’essere parte del contratto di società: questo non si ferma alla
sottoscrizione del contratto, l’essere socio ha una rappresentazione materiale- reale, cioè il titolo azionario
che incorpora l’azione. Quest’azione è organizzativamente una frazione del capitale sociale.
Mentre nelle società di persone se ci sono dieci soci, ci sono dieci partecipazioni sociali, dieci parti del
contratto nella società per azioni le parti del contratto sono determinate attraverso un criterio astratto e
matematico (la fissazione di un determinato denominatore del capitale).
L’art. 2346:
La partecipazione sociale è rappresentata da azioni; salvo diversa disposizione di leggi speciali lo statuto
può escludere l'emissione dei relativi titoli o prevedere l'utilizzazione di diverse tecniche di legittimazione e
circolazione.
Se determinato nello statuto, il valore nominale di ciascuna azione corrisponde ad una frazione del
capitale sociale; tale determinazione deve riferirsi senza eccezioni a tutte le azioni emesse dalla società.
Questo comma ci dice semplicemente che il capitale è la somma delle partecipazioni sociali. Questo
significa che la partecipazione è rappresentata da azioni e se le azioni sono tutte frazioni di uguale valore
nominale del capitale sociale, vuol dire che il numero di azioni è fissato secondo un criterio matematico →
scissione tra plurilateralità e pluripersonalità.
In mancanza di indicazione del valore nominale delle azioni, le disposizioni che ad esso si riferiscono si
applicano con riguardo al loro numero in rapporto al totale delle azioni emesse.
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Questa disposizione ci dice che le azioni possono avere un valore nominale oppure posso organizzare le
partecipazioni senza guardare al valore del capitale e fissare quindi un numero totale di partecipazioni, tutti
i rapporti sono dati tra la partecipazioni che ti viene assegnata e il numero totale delle partecipazioni. In
questo modo le operazioni sul capitale non si riflettono in termini di necessità sul numero delle azioni.
A ciascun socio è assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritta e
per un valore non superiore a quello del suo conferimento. Lo statuto può prevedere una diversa
assegnazione delle azioni(2).
La diversa attribuzione delle partecipazioni può essere il frutto di accordi tra soci che valorizzino questioni
private, così come accordi tra soci che in realtà riflettano anche conferimenti che non possono trovare
evidenza sul capitale (es. know-how).
[Opinione: cosa non funziona in questo? Io posso diventar socio senza aver effettuato un conferimento
(violazione del 2247), ci sarebbe bisogno di una donazione delle partecipazioni e non un diversa
attribuzione rispetto ai conferimenti]
In nessun caso il valore dei conferimenti può essere complessivamente inferiore all'ammontare globale del
capitale sociale.
L’interesse della norma verte su questo comma: in nessun caso il valore dei conferimenti può essere
inferiore all’ammontare globale del capitale sociale. I conferimenti o la promessa di conferimento deve
essere necessariamente pari al capitale sociale.
Resta salva la possibilità che la società, a seguito dell'apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o
servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il
voto nell'assemblea generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di
emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la
legge di circolazione.
Il sesto comma introduce gli strumenti finanziari partecipativi, ovvero tecniche di partecipazione alla società
per azioni diverse dalle azioni. Questi strumenti chiamano i redattori dello statuto a disciplinare modalità e
condizioni di emissione, diritti e sanzioni, ma prima dobbiamo concentrarci sul contenuto della
partecipazione sociale.
Creazione delle azioni in sede di costituzione, in sede successiva (in via gratuita o a pagamento.
Azionariato dei dipendenti, formalità pubblicitarie. [pag.433-437]
La creazione delle azioni implica la formazione del c.d. capitale sociale e richiede che ne sia effettuata la
relativa sottoscrizione dei soci. La sottoscrizione del capitale può avvenire in diverse occasioni:
• in sede di costituzione
Essa ordinariamente richiede: sottoscrizione delle azioni rappresentative del capitale, stipula dell’atto
costitutivo e versamento presso di una banca del 25% dei conferimenti o disponibilità del bene in natura.
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Non è chiaro se mancando uno dei richiamati presupposti si possa produrre l’invalidità della singola
partecipazione sociale; la tesi prevalente è che la violazione determini la nullità della partecipazione ma
che non abbia efficacia retroattiva, quindi bisogna solo procedere alla liquidazione della quota.
Parliamo di aumento di capitale reale o a pagamento. Si tratta di raccogliere ex novo altri conferimenti per
l’attività. Si tratta di una modifica dell’atto costituivo, di competenza dell’assemblea straordinaria dei soci,
anche se tale decisioni può essere delegata all’assemblea degli amministratori, i quali avranno il potere di
stabilire, entro cinque anni dalla delega, l’aumento di capitale fino ad un ammontare massimo
statutariamente predeterminato.
È necessario che gli amministratori raccolgano nuove sottoscrizioni per la somma necessaria, tali
sottoscrizioni devono intervenire entro un termine finale stabilito nella delibera. Se l’aumento non viene
integralmente sottoscritto il capitale è aumentato di un importo parti alle sottoscrizioni raccolte soltanto
se la deliberazione medesima lo abbia espressamente previsto.
A fronte dell’apporto di nuovo capitale vengono emesse nuove azioni, successivamente a ciò gli
amministratori devono depositare il tutto presso il registro delle imprese, pubblicità con mera efficacia
dichiarativa.
• in sede di aumento di capitale realizzato tramite imputazione a capitale di altri fondi o di utili già
componenti il patrimonio netto della società.
Parliamo di aumento di capitale gratuito o nominale, si tratta di una mera operazione contabile di
imputazione a capitale di valori patrimoniali già in società senza che vi sia un incremento del patrimonio
della società. È necessario che la società possieda fondi propri in misura sufficiente e non abbia subito
perdite sul capitale (prima vanno risanate quelle). L’operazione si concreta in una deliberazione
dell’assemblea straordinaria.
L’art. 2442:
L'assemblea può aumentare il capitale, imputando a capitale le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio in
quanto disponibili.
In questo caso le azioni di nuova emissione devono avere le stesse caratteristiche di quelle in circolazione,
e devono essere assegnate gratuitamente agli azionisti in proporzione di quelle da essi già possedute.
L'aumento di capitale può attuarsi anche mediante aumento del valore nominale delle azioni in
circolazione.
NB l’unica eccezione al comma 2 è il caso del c.d. azionariato dei dipendenti: l'assemblea straordinaria può
altresì deliberare l'assegnazione ai prestatori di lavoro dipendenti della società o di società controllate di
strumenti finanziari, diversi dalle azioni, forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi,
escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti. (art. 2349)
Diritto di opzione
L’aumento di capitale tramite nuovi conferimenti è operazione dalla quale potrebbe, in astratto, derivare
un’alterazione delle precedenti percentuali di partecipazione in società degli azionisti.
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Per evitare il rischio di un’alterazione non concordata degli originari rapporti tra i soci, il legislatore
riconosce il c.d. diritto di opzione. L’art. 2441 al primo comma dice che le azioni di nuova emissione e le
obbligazioni convertibili in azioni devono essere offerte in opzione ai soci in proporzione al numero delle
azioni possedute. Se vi sono obbligazioni convertibili il diritto di opzione spetta anche ai possessori di queste,
in concorso con i soci, sulla base del rapporto di cambio.
La legge prevede in dettaglio le regole di un procedimento di raccolta delle nuove sottoscrizioni presso i
soci: l’offerta societaria va pubblicata presso il registro delle imprese ad opera degli amministratori e deve
essere resa nota tramite un avviso pubblicato sul sito internet della società. Per l’esercizio del diritto di
opzione deve decorrere un termine non inferiore a 14 giorni.
Inoltre, a scapito di strumentale utilizzazione dell’aumento di capitale per intervenire sugli assetti della
compagine sociale, le azioni c.d. inoptate non possono essere liberamente collocate dagli amministratori
ma bisogna seguire, a seconda della società, questo procedimento:
• per le non quotate si riconosce un diritto di prelazione sulle stesse a coloro i quali abbiano
esercitato tempestivamente il diritto di opzione
• per le quotate si prevede che i diritti di opzione non esercitati devono essere offerti nel mercato
regolamentato dagli amministratori, per conto della società, entro il mese successivo alla scadenza
del termine, per almeno due riunioni.
Per evitare di comprimere oltremodo il potere della maggioranza la legge stabilisce che il diritto di opzione
possa essere escluso, sebbene in casi tipicamente individuati: a) per le azioni di nuova emissione che
devono essere liberate mediante conferimenti in natura; b) quando l’interesse della società lo esige; c)
quando le azioni sono offerte ai dipendenti della società (o dipendenti della controllata, controllante). Si
rilevi come la deliberazione di aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione determina il prezzo
di emissione delle azioni in base al valore del patrimonio netto, se quotate, delle quotazioni dell’ultimo
semestre.
NB Nel caso delle quotate è previsto che il diritto di opzione possa escludersi, motivando adeguatamente,
nei limiti del 10% del capitale sociale.
Estinzione delle azioni – riduzione del capitale (nominale e per perdite, riduzione facoltativa) [pag.438-
442]
Operazione speculare a quella appena esaminata è quella della riduzione del capitale sociale. Anche qui
dobbiamo distinguere tra:
A questa corrisponde un impoverimento della società, con restituzione ai soci di parte delle risorse
precedentemente apportate. È di competenza esclusiva dell’assemblea straordinaria. La legge riconosce
ampia discrezionalità alla maggioranza: non è necessario che le risorse siano considerate giustificatamente
eccessive, infatti è legittimo che la società, con tale decisione, persegua unicamente scopi di parziale
liquidazione dell’azienda con seguente ridimensionamento.
L’art. 2445:
La riduzione del capitale sociale può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei
versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci, nei limiti ammessi dagli articoli 2327
e 2413(1).
L'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione. Nel caso di
società cui si applichi l'articolo 2357, terzo comma, la riduzione(2) deve comunque effettuarsi con modalità
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tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo la riduzione non eccedano la quinta parte del
capitale sociale.
La deliberazione può essere eseguita soltanto dopo novanta giorni dal giorno dell'iscrizione nel registro
delle imprese, purché entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all'iscrizione abbia fatto
opposizione.
Il tribunale, quando ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori oppure la società abbia
prestato idonea garanzia, dispone che l'operazione abbia luogo nonostante l'opposizione.
L’esecuzione dell’operazione comporta, a scelta dell’assemblea, la riduzione del valore nominale (espresso
o inespresso) delle azioni, oppure l’estinzione di alcune azioni, rispettando ovviamente il principio di parità
di trattamento tra i soci (dovrà riguardare ciascuno di essi proporzionalmente alla rispettiva partecipazione).
In questo caso la riduzione del capitale consegue al prodursi di perdite tali da intaccare il capitale stesso. Il
legislatore si preoccupa che ci sia un mantenimento effettivo dell’investimento (così come in sede di
formazione anche in sede di funzionamento dell’attività).
Si rilevi come tale situazione provochi immediatamente una conseguenza notevole: l’assemblea dei soci
non potrà delibera la distribuzione dell’eventuale, successivo utile d’esercizio, ove in concreto inferiore
alle perdite medesime (art. 2433, comma 3).
L’art. 2446:
Quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite , gli amministratori o il
consiglio di gestione, e nel caso di loro inerzia il collegio sindacale ovvero il consiglio di sorveglianza, devono
senza indugio convocare l'assemblea per gli opportuni provvedimenti. All'assemblea deve essere
sottoposta una relazione sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del collegio
sindacale o del comitato per il controllo sulla gestione. La relazione e le osservazioni devono restare
depositate in copia nella sede della società durante gli otto giorni che precedono l'assemblea, perché i soci
possano prenderne visione. Nell'assemblea gli amministratori devono dare conto dei fatti di rilievo avvenuti
dopo la redazione della relazione.
NB È nella facoltà dei soci non intervenire se giudicano l’anomalia temporanea e non strutturale.
Se entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l'assemblea ordinaria o
il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione
delle perdite accertate. In mancanza gli amministratori e i sindaci o il consiglio di sorveglianza devono
chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal
bilancio. Il tribunale provvede, sentito il pubblico ministero, con decreto soggetto a reclamo, che deve essere
iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori.
Nel caso in cui le azioni emesse dalla società siano senza valore nominale, lo statuto, una sua
modificazione ovvero una deliberazione adottata con le maggioranze previste per l'assemblea straordinaria
possono prevedere che la riduzione del capitale di cui al precedente comma sia deliberata dal consiglio di
amministrazione. Si applica in tal caso l'articolo 2436.
L’art. 2447:
Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dall'articolo
2327, gli amministratori o il consiglio di gestione e, in caso di loro inerzia, il consiglio di sorveglianza devono
senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo
aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società.
69
Va precisato inoltre che, là dove la perdita sia inferiore al limite del terzo l’assemblea può comunque
assumere tale decisione (riduzione facoltativa), per cui si ritiene si debba applicare la disciplina della
riduzione reale.
Altro fondamentale ruolo assegnato dalla legge alle azioni è quello di rappresentare la partecipazione
individuale all’attività sociale. Col termine azione si intende identificare l’ideale porzione unitaria che lega
l’azionista alla società: rapporto i cui contenuti sono rappresentati, cioè espressi e conformati, dai diritti e
dagli obblighi collegati alle azioni possedute.
Le azioni si caratterizzano in quanto unità minime indifferenziate dalla partecipazione individuale all’attività
sociale e ai suoi risultati, e ciò in conseguenza del fatto che la legge le disciplina come indivisibili, inscindibili
e uguali.
L’art. 2347:
Le azioni sono indivisibili. Nel caso di comproprietà di un'azione, i diritti dei comproprietari devono essere
esercitati da un rappresentante comune nominato secondo le modalità previste dagli articoli 1105 e 1106.
Se il rappresentante comune non è stato nominato, le comunicazioni e le dichiarazioni fatte dalla società a
uno dei comproprietari sono efficaci nei confronti di tutti. I comproprietari dell'azione rispondono
solidalmente delle obbligazioni da essa derivanti.
Si rilevi come questo non significa immutabilità di decisione statutaria sull’unità azionaria: è possibile che
l’assemblea ordinaria decida una riduzione o aumento del valore nominale unitario delle azioni, cui sarà
conseguenza rispettivamente il frazionamento oppure il raggruppamento delle medesime in funzione della
formazione di una nuova partecipazione maggiore.
Le azioni sono anche qualificate tradizionalmente come inscindibili: nel senso che non deve neppure
reputarsi ammissibile quel frazionamento, da parte dell'azionista, che consista nel disporre in modo parziale
del contenuto dell'azione a favore di altri soggetti, con l'attribuzione ai medesimi solo di uno o più diritti
azionari, separandoli rispetto alla titolarità dell'intera partecipazione. È inammissibile, ad esempio, la
vendita del voto.
L’art. 2348:
Le azioni devono essere di uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti.
Si possono tuttavia creare, con lo statuto o con successive modificazioni di questo, categorie di azioni
fornite di diritti diversi anche per quanto concerne la incidenza delle perdite. In tal caso la società, nei limiti
imposti dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle azioni delle varie categorie.
Si realizza così una spersonalizzazione della partecipazione: non è ammissibile che la diversità della
partecipazione azionaria dipenda, anziché dal tipo di azione posseduta, dalla persona che venga a
possederla; si rilevi come questo sistema non implica che tutte le azioni emesse siano identiche, così
ottemperando alle esigenze più diverse degli investitori, ma ottiene la spersonalizzazione della
partecipazione.
Si ricordi anche il principio della c.d. autonomia delle azioni, ovvero la possibilità di un esercizio
diversificato di prerogative sociali fondamentali da parte del medesimo socio (es. voto divergente), sempre
70
tenendo conto del principio di buona fede e di abuso del diritto. (c’è chi sostiene la tesi contraria: il risultato
produttivo è unitario e così deve essere il voto).
Diritti patrimoniali della partecipazione sociale e diritti amministrativi della partecipazione sociale [pag.
446 -449] – diritto agli utili, diritto di recesso (società quotate e non). Dalla titolarità delle azioni discende
Dalla titolarità delle azioni discende la spettanza di situazioni o prerogative soggettive: i c.d. diritti sociali
sia di tipo patrimoniale che di tipo amministrativo.
Appartengono al primo tipo il diritto agli utili e il diritto alla quota di liquidazione. Si tratta di prerogative che
derivano dall’inquadramento della s.p.a. nella più ampia fattispecie societaria, e del conseguente rispetto
del requisito dello scopo lucrativo (art. 2247). Ne consegue che sarebbe invalida una clausola che
escludesse tali diritti.
Quando al c.d. diritto al dividendo, esso è un diritto che matura ogni anno solo nella misura in cui la società
produca un utile di esercizio distribuibile e se ne decida effettivamente le distribuzione. Gli utili da
distribuire devono essere necessariamente realmente conseguiti e risultare dal bilancio regolarmente
approvato; inoltre, si ricordi che per distribuire gli utili è necessario che residui un patrimonio netto di valore
almeno pari al capitale sociale.
Un altro diritto, particolarmente rilevante nella fattispecie s.p.a., è il diritto di recesso. Come sappiamo, la
contemperazione tra l’esigenza che all’organizzazione vengano destinati stabilmente capitali di rischio e
l’interesse di chi li ha apportati a poterne operare il disinvestimento anche anteriormente alla fine di tale
attività, è realizzata grazie alla possibilità che il socio ha di trasferire ad altri, in tutto o in parte, la propria
partecipazione, in quanto rappresentata da azioni. Siffatto meccanismo funziona sono nel momento in cui le
azioni abbiano un mercato e quando questo sia in linea con le attese degli azionisti.
Queste circostanze non sempre, in concreto si realizzano, perciò viene assicurato agli azionisti il diritto di
recesso, ossia il potere di sciogliersi dalla società, per mezzo di una propria, unilaterale manifestazione di
volontà, e di ottenere anticipatamente la quota di liquidazione.
L’art. 2347:
Hanno diritto di recedere, per tutte o parte delle loro azioni, i soci che non hanno concorso alle
deliberazioni riguardanti:
e) l'eliminazione di una o più cause di recesso previste dal successivo comma ovvero dallo statuto;
Salvo che lo statuto disponga diversamente, hanno diritto di recedere i soci che non hanno concorso
all'approvazione delle deliberazioni riguardanti:
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Se la società è costituita a tempo indeterminato e le azioni non sono quotate in un mercato regolamentato
il socio può recedere con il preavviso di almeno centottanta giorni; lo statuto può prevedere un termine
maggiore, non superiore ad un anno.
Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere ulteriori
cause di recesso. Restano salve le disposizioni dettate in tema di recesso per le società soggette ad attività di
direzione e coordinamento.
NB è da ritenere che le ulteriori cause di recesso siano collegate a importanti mutamenti nel programma
organizzativo e non a mere vicende economiche della società.
È nullo ogni patto volto ad escludere o rendere più gravoso l'esercizio del diritto di recesso nelle ipotesi
previste dal primo comma del presente articolo.
Il diritto di recesso è esercitato mediante lettera raccomandata che deve essere spedita entro quindici
giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese della delibera che lo legittima, con l'indicazione delle
generalità del socio recedente, del domicilio per le comunicazioni inerenti al procedimento, del numero e
della categoria delle azioni per le quali il diritto di recesso viene esercitato. Se il fatto che legittima il recesso
è diverso da una deliberazione, esso è esercitato entro trenta giorni dalla sua conoscenza da parte del socio.
Le azioni per le quali è esercitato il diritto di recesso non possono essere cedute e devono essere depositate
presso la sede sociale. Il recesso non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia, se, entro
novanta giorni, la società revoca la delibera che lo legittima ovvero se è deliberato lo scioglimento della
società.
Immediatamente dopo (art. 2437 ter) viene trattato il tema del calcolo della quota di liquidazione: la legge
prefissa criteri volti a proteggere il valore dell’investimento azionario e il correlativo interesse del socio alla
sua monetizzazione al momento dell’uscita della s.p.a. Il valore di liquidazione deve essere stabilito dagli
amministratori: tenuto conto della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive
reddituali, nonché dell’eventuale valore di mercato delle azioni (bisogna guardare i valori attuali reali del
patrimonio e non quelli di bilancio). Per le società quotate tale valore è determinato facendo [esclusivo]
riferimento alla media aritmetica dei prezzi di chiusura nei sei mesi che precedono la pubblicazione ovvero
ricezione dell'avviso di convocazione dell'assemblea le cui deliberazioni legittimano il recesso.
Gli amministratori offrono in opzione le azioni del socio recedente agli altri soci in proporzione al numero
delle azioni possedute. Se vi sono obbligazioni convertibili, il diritto di opzione spetta anche ai possessori di
queste, in concorso con i soci, sulla base del rapporto di cambio.
Coloro che esercitano il diritto di opzione, purché ne facciano contestuale richiesta, hanno diritto di
prelazione nell'acquisto delle azioni che siano rimaste non optate.
Qualora i soci non acquistino in tutto o in parte le azioni del recedente, gli amministratori possono collocarle
presso terzi; nel caso di azioni quotate in mercati regolamentati, il loro collocamento avviene mediante
offerta nei mercati medesimi.
In caso di mancato collocamento ai sensi delle disposizioni dei commi precedenti entro centottanta giorni
dalla comunicazione del recesso, le azioni del recedente vengono rimborsate mediante acquisto da parte
della società utilizzando riserve disponibili. In assenza di utili e riserve disponibili, deve essere convocata
l'assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale, ovvero lo scioglimento della
società → in caso di opposizione dei creditori la società si scioglie o deve revocare la delibera originaria.
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Diritti amministrativi – della generalità dei soci (diritto di voto – regola generale e possibili deroghe), della
minoranza (fine e tipi principali). Pegno, usufrutto e sequestro di azioni. [pag. 449-453]
I diritti amministrativi possono essere intesi come le prerogative che esprimono modi e termini di
partecipazione del socio alla realizzazione dell’attività sociale.
Tra questi vanno anzitutto tenuti presenti i diritti rispondenti a un interesse riferibile alla generalità dei
soci (strumentali al concorso alla formazione delle delibere assembleari), tra cui diritti di intervento in
assemblea e diritto di voto.
Attraverso il diritto di voto, gli azionisti hanno la possibilità di concorrere nella determinazione della volontà
assembleare e incidere così sulla vita della società: sia direttamente, contribuendo all’organizzazione
dell’attività sociale, sia indirettamente, influendo nei confronti della gestione (es. nomina e revoca degli
amministratori).
Si rilevi che l’interesse individuale a incidere con il voto sull’iniziativa imprenditoriale non rappresenta un
profilo essenziale della partecipazione azionaria.
L’art. 2351:
Salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni senza diritto di
voto, con diritto di voto limitato a particolari argomenti, con diritto di voto subordinato al verificarsi di
particolari condizioni non meramente potestative. Il valore di tali azioni non può complessivamente
superare la metà del capitale sociale.
Lo statuto può altresì prevedere che, in relazione alla quantità di azioni possedute da uno stesso soggetto,
il diritto di voto sia limitato ad una misura massima o disporne scaglionamenti.
Salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni con diritto di voto
plurimo anche per particolari argomenti o subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente
potestative. Ciascuna azione a voto plurimo può avere fino a un massimo di tre voti. […]
NB Con le azioni a voto plurimo si riduce sensibilmente la possibilità che la società sia soggetta a periodici
cambi di maggioranza e si rafforzano le probabilità che l’operato degli amministratori sia soggetto a un serio
e continuo monitoraggio. Ad ogni modo, per effetto dei limiti generali imposti dalla legge all’autonomia,
accade che lo statuto non può, in alcun modo, far scendere la partecipazione minima di controllo al di
sotto del 12,5% del capitale. Il voto plurimo è espressamente vietato nelle società quotate e viene
mantenuto solo se presente anteriormente alla quotazione.
Per quanto attiene alla c.d. democrazia azionaria, è possibile stabilire che in relazione alla quantità delle
azioni possedute da uno stesso soggetto il diritto di voto sia limitato ad una misura massima o disporne a
scaglionamenti: in questo modo il possesso nelle mani di una sola persona di una certa percentuale di
azioni comporta la non spettanza del diritto in questione, la quale opera: o in relazione alla quota
posseduto al di sopra di una soglia data, o per salti tra uno scaglione e l’altro.
73
Agli azionisti detentori di quote minori del capitale sociale spettano i c.d. diritti di minoranza, con i quali
essi possono ottenere protezione adeguata contro eventuali abusi della maggioranza. Si possono
distinguere:
• le prerogative funzionali alla promozione della regolare attività dell’assemblea – quali la facoltà di
sollecitarne la convocazione, il rinvio della riunione per una maggiore preparazione della
discussione, la previsione del potere di impugnativa delle delibere (con particolare riguardo per il
socio minoritario di quotate: diritto integrazione dell’ordine del giorno e di presentazioni di
domande ante assemblea)
• le ipotesi in cui la tutela è accordata per comportamenti degli amministratori – possibilità di
sollecitare l’intervento degli organi di vigilanza e controllo (poteri di denunzia)
NB In quasi tutti i casi le prerogative attribuite dalla legge sono riconosciuta al socio (o gruppo di soci) solo
al possesso di particolari percentuali del capitale sociale.
Cosa succede nel caso le azioni siano sottoposte a vincoli di tipo reale o giudiziale? Bisogna conciliare
l’interesse del socio con l’interesse di terzi soggetti in favore dei quali questi vincoli (pegno, usufrutto,
sequestro) possono sorgere.
L’art. 2352:
Nel caso di pegno o usufrutto sulle azioni, il diritto di voto spetta, salvo convenzione contraria, al creditore
pignoratizio o all'usufruttuario. Nel caso di sequestro delle azioni il diritto di voto è esercitato dal custode.
Se le azioni attribuiscono un diritto di opzione, questo spetta al socio ed al medesimo sono attribuite le
azioni in base ad esso sottoscritte. Qualora il socio non provveda almeno tre giorni prima della scadenza al
versamento delle somme necessarie per l'esercizio del diritto di opzione e qualora gli altri soci non si offrano
di acquistarlo, questo deve essere alienato per suo conto a mezzo banca od intermediario autorizzato alla
negoziazione nei mercati regolamentati.
Nel caso di aumento del capitale sociale ai sensi dell'articolo 2442, il pegno, l'usufrutto o il sequestro si
estendono alle azioni di nuova emissione.
Se sono richiesti versamenti sulle azioni, nel caso di pegno, il socio deve provvedere al versamento delle
somme necessarie almeno tre giorni prima della scadenza; in mancanza il creditore pignoratizio può
vendere le azioni nel modo stabilito dal secondo comma del presente articolo. Nel caso di usufrutto,
l'usufruttuario deve provvedere al versamento, salvo il suo diritto alla restituzione al termine
dell'usufrutto.
Salvo che dal titolo o dal provvedimento del giudice risulti diversamente, i diritti amministrativi diversi da
quelli previsti nel presente articolo spettano, nel caso di pegno o di usufrutto, sia al socio sia al creditore
pignoratizio o all'usufruttuario; nel caso di sequestro sono esercitati dal custode.
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Categorie di azioni: azioni speciali (perché ci sono), le fattispecie (patrimoniali, amministrative, azioni di
godimento e limiti). Assemblee speciali per la tutela dei diritti di particolari categorie di azionisti.
[pag.453-457]
L’art. 2348:
Le azioni devono essere di uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti.
Si possono tuttavia creare, con lo statuto o con successive modificazioni di questo, categorie di azioni
fornite di diritti diversi anche per quanto concerne la incidenza delle perdite. In tal caso la società, nei
limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle azioni delle varie categorie.
Viene in questo modo consentito alle s.p.a. di emettere azioni speciali differenti rispetto alle azioni
ordinarie in quanto caratterizzate dall’attribuzione di diritti non coincidenti. La logica è quella della
diversificazione dell’offerta degli strumenti finanziari di raccolta del capitale, in considerazione alla varietà
degli interessi che possono esprimere gli investitore presenti sul mercato (es. soggetti interessati al controllo
della società, soggetti interessati al profitto e al risultato, speculatori o individui con un’ottica industriale di
lungo periodo).
Si concede perciò all’autonomia statutaria la ampia libertà di creazione di categorie di azioni, eccetto
alcune fattispecie disciplinate i soci hanno piena libertà di immaginare e conformare ogni categoria di azioni
senza dover seguire schemi predefiniti. Questi particolari diritti possono riguardare sia la dimensione
patrimoniale che la dimensione amministrativa.
Sotto il primo profilo possono crearsi azioni le quali attribuiscano ai relativi possessori un privilegio
patrimoniale, consistente nel diritto ad un utile maggiorato o maggiormente garantito rispetto agli altri
azionisti. Inoltre, il legislatore precisa che la diversità della posizione patrimoniale può riguardare anche
l’incidenza delle perdite: l’azionista speciale subisce l’imputazione delle eventuali perdite della società solo
dopo che le stesse abbiano colpito la partecipazione degli altri soci. Si considerino anche le c.d. azioni
correlate le quali si caratterizzano in quanto fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività
sociale in un certo settore. In caso di azioni correlate, comunque, non possono essere pagati dividendi se
non nei limiti degli utili risultanti dal bilancio della società. (art. 2350)
Dal punto di vista dei diritti amministrativi del socio l’art. 2351 consente con larghezza tanto il
potenziamento che la compressione della ordinaria posizione del medesimo: abbiamo già parlato delle
azioni a voto plurimo e delle azioni senza diritto di voto; inoltre, si possono figurare fattispecie come azioni
a voto limitato (ad es. a materie di competenza dell’assemblea straordinaria o alla materia
dell’approvazione del bilancio) o azioni a voto condizionato (diritto di voto subordinato al verificarsi di
determinate condizioni).
NB è dubbio se tali diritti si possano estendere ulteriormente (diritto di veto su determinati argomenti o
diritto di nomina di un membro del CDA). Generalmente prive del diritto di voto sono le c.d. azioni di
godimento.
Gli unici limiti inderogabili sono il divieto del patto leonino e del necessario rispetto di un equilibrio tra
rischio e potere nell’allocazione del diritto di voto.
La varietà di diritti rappresentati dalla compagine sociale implica una più complessa composizione degli
interessi degli azionisti, in vista del formarsi di un indirizzo, in relazione all'attività sociale, che possa dirsi
comune. Da un lato, c'è la necessità di proteggere la posizione dei portatori degli interessi della categoria,
contro l'eventualità di decisioni della maggioranza che non tengano conto delle particolari esigenze
espresse dai primi; dall'altro, è fondamentale che la maggioranza possa assumere decisioni opportune
75
nell'interesse sociale, senza essere oltremodo ingessata dalla necessità di adeguarsi alle attese dei singoli
soci di categoria.
Il legislatore prevede l'istituzione di un organo particolare: l’assemblea speciale degli azionisti di categoria,
per il cui funzionamento è prevista l'applicazione delle regole dettate in materia di assemblea straordinaria.
Se le deliberazioni dell'assemblea pregiudicano i diritti di una categoria di azioni, esse devono essere
approvate anche dall'assemblea speciale degli appartenenti alla categoria interessata, a pena di inefficacia
di tali medesime deliberazioni.
L’art. 2376:
Se esistono diverse categorie di azioni o strumenti finanziari che conferiscono diritti amministrativi, le
deliberazioni dell'assemblea, che pregiudicano i diritti di una di esse, devono essere approvate anche
dall'assemblea speciale degli appartenenti alla categoria interessata.
Alle assemblee speciali si applicano le disposizioni relative alle assemblee straordinarie. […]
Le s.p.a. si possono avvalere di un particolare strumento: l’emissione dei titoli azionari, la cui trasmissione
è regolata dalle regole sui titoli di credito, di cui abbiamo già parlato.
L’Art 2354:
I titoli possono essere nominativi o al portatore, a scelta del socio, se lo statuto o le leggi speciali non
stabiliscono diversamente. Finché le azioni non siano interamente liberate, non possono essere emessi
titoli al portatore.
2) la data dell'atto costitutivo e della sua iscrizione e l'ufficio del registro delle imprese dove la società è
iscritta;
3) il loro valore nominale o, se si tratta di azioni senza valore nominale, il numero complessivo delle azioni
emesse, nonché l'ammontare del capitale sociale;
I titoli azionari devono essere sottoscritti da uno degli amministratori. È valida la sottoscrizione mediante
riproduzione meccanica della firma.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche ai certificati provvisori che si distribuiscono ai soci prima
dell'emissione dei titoli definitivi.
Sono salve le disposizioni delle leggi speciali in tema di strumenti finanziari negoziati o destinati alla
negoziazione nelle sedi di negoziazione → nominatività e dematerializzazione obbligatoria
Lo statuto può assoggettare le azioni alla disciplina prevista dalle leggi speciali di cui al precedente comma.
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Va detto inoltre che la documentazione dell’azione in forma cartacea o scritturale non è senz’altro
obbligatoria, lo statuto può escludere l’emissione dei relativi titoli, ma in questo caso la circolazione non è
soggetta alle regole cartolari e non viene dunque favorita la creazione di un mercato secondario delle
partecipazioni.
L’emissione è intesa a permettere di dare velocità e certezza a due momenti fondamentali della vita
dell’organizzazione: l’esercizio dei diritti sociali e la circolazione delle azioni. Il possesso dei titoli azionari
consente di riconoscere la c.d. legittimazione attiva dell'esercizio dei diritti attribuiti dalle azioni possedute.
La legittimazione riguarda l'individuazione del soggetto a cui compete in fatto il potere di esercitarlo
efficacemente nei rapporti coi terzi.
Ai sensi dell'art. 1992 è legittimato all'esercizio delle relative pretese il possessore del titolo: il possesso
non gli attribuisce di per sé la titolarità del diritto ma il potere di pretendere la prestazione dal debitore
senza dover provare altrimenti la titolarità del diritto stesso. Questo permette certezza e rapidità nello
svolgimento dell'attività sociale e nella circolazione delle azioni.
Infatti, chi acquista un titolo azionario ne può prontamente assumere la legittimazione e dunque con essa la
possibilità di un'efficiente esercizio delle prerogative; inoltre, chi ha acquistato in buona fede il possesso di
un titolo di credito, in conformità delle norme che ne disciplinano la circolazione, non è soggetto a
rivendicazione (tutela rafforzata dell'acquisto o autonomia reale – art. 1994). A questa tutela va aggiunta
quella garantita dall'acquirente dall'articolo 1993, in virtù del quale al possessore del titolo sono imponibili
solo le eccezioni reali e le eccezioni a lui personali, non invece quelle fondate sui rapporti personali con i
precedenti possessori.
Oggi vige una generale obbligatorietà delle azioni nominative, la quale si comprende tenendo presenti i
possibili svantaggi dell'anonimato azionario. Le emissioni di titoli al portatore è prevista unicamente per le
azioni di risparmio e per le azioni delle sicav (società di gestione del risparmio).
Per quanto attiene alle modalità di trasferimento abbiamo due possibilità: transfert e girata autenticata,
entrambe già adeguatamente trattate. L'unica deroga rispetto a quanto previsto in generale per i titoli
nominativi e che il giratario che si dimostri possessore in base a una serie continua di girate e comunque
legittimato ad esercitare i diritti sociali, mentre secondo l'articolo 2021 il possessore consegue alla
legittimazione per il effetto dell'intestazione a suo favore contenuto nel titolo e nel registro dell'emittente.
Per quanto attiene alla dematerializzazione delle azioni (emissione e circolazione) non si rilevano grandi
differenze: è tutto fatto tramite un depositario centrale e scritturazioni contabili.
NB In caso di mancata emissione il trasferimento delle azioni ha effetto nei confronti della società dal
momento dell’iscrizione nel libro soci.
È principio generale dell'ordinamento della s.p.a. la libera circolazione delle azioni. Ciò non significa che
non sia ammesso e non possa essere giustificato che in un data società si adottino regole di limitazione
della circolazione delle azioni, solo laddove essa non faccia ricorso al mercato del capitale di rischio.
In ragione di quanto precede il legislatore prevede espressamente la possibilità che, nei casi di emissioni di
azione nominative e di mancata emissione dei relativi titoli, il ricordato principio di libera circolazione delle
azioni possa subire vincoli o condizionamenti ad opera dell'autonomia statutaria. Onde consentire
l'opponibilità delle limitazioni statutarie di terzi acquirenti è stabilito che le limitazioni del trasferimento
delle azioni devono risultare dal titolo.
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È anzitutto specificamente prevista la possibilità che via statuto si vieti del tutto il trasferimento delle azioni
(divieto di trasferimento); il divieto è tuttavia temporalmente contenuto con una durata massima di 5
anni dalla costituzione della società o dal momento in cui il divieto viene introdotto.
Ampia diffusione conoscono anzitutto le clausole statutarie di prelazione con le quali viene stabilito che il
socio che intenda trasferire le azioni è vincolato a offrirle prima agli altri soci i quali avranno diritto a essere
preferiti nell'acquisto, di regola a parità di condizioni (prelazione propria), oppure attraverso la
corresponsione di un prezzo, non liberamente stabilito dall'offerente, bensì determinato alla stregua di
criteri oggettivi predefiniti (prelazione impropria).
Vera e propria clausola di chiusura della compagine sociale quella c.d. di gradimento: il trasferimento delle
azioni viene subordinato al consenso degli organi sociali, non però di singoli socio di terzi. Sicuramente
valida la clausola che puntualizzi ex ante i criteri in base ai quali debba essere concesso il placet societario
l'aspirante acquirente (non mero gradimento); inefficace, se non previsto l'obbligo a carico della società o
degli altri soci di rilevare la quota, le clausole di mero gradimento (in cui i criteri non sono indicati ex ante).
La violazione di una di queste clausole determina l'inefficacia del trasferimento nei confronti della
società, conseguenza ben diversa da quella che avrebbe la violazione di un patto parasociale limitante la
libera trasferibilità delle azioni. Si rilevino infine le cosiddette azioni riscattabili, operazioni soggette alla
possibilità che, al verificarsi di circostanze predeterminate, la società o gli altri soci le riscattino senza che il
relativo titolare possa opporsi alla vendita.
Acquisto di azioni proprie da parte dell’emittente o della sua controllata: ragioni d’acquisto, vincoli e limiti
(esistenza di utili disponibili, solo azioni liberate, autorizzazione dell’assemblea, diritto di voto, limiti
all’acquisto) [pag. 467-469]. Divieto di auto-sottoscrizione, sottoscrizione reciproca, finanziamento per
l’acquisto di azioni proprie e garanzie. Assunzione di partecipazioni sociali qualificate e modifica
dell’oggetto sociale, acquisto partecipazioni comportanti la responsabilità illimitata [pag. 469-472].
Rientra certamente nella capacità giuridica della società per azioni l'idoneità ad acquistare la titolarità di
azioni a seguito dell'acquisto delle medesime da terzi investitori o dalla relativa sottoscrizione in sede di
altrui emissione, sia nell'ambito di un'operazione di tipo finanziario, sia nell'ambito di un'eventuale
decisione di segmentazione del programma industriale. L'assunzione di partecipazioni sociali non può non
obbedire al generale principio di libertà dell'iniziativa economica: tuttavia nel codice sono stabilite alcune
norme che pongono significativi limiti e condizioni in relazione a particolari ipotesi di acquisto di azioni e,
più in generale, di assunzione di partecipazione.
La società per azioni può avere interesse per varie ragioni ad acquistare e detenere azioni di propria
emissione: all'acquisto di azioni proprie può essere sotteso un interesse di tipo organizzativo (come ad
esempio la previsione di attribuire in futuro delle azioni agli amministratori); oppure la società può avere
interesse a stabilizzare i valori di quotazione, attraverso il ritiro di una certa quantità di flottante in periodi di
speculazione; o ancora le azioni proprie possono rappresentare per la società oggetto di business finanziario
(considera l'acquisto conveniente sul piano economico). Gli stessi fini appena evidenziati possono essere
perseguiti attraverso un acquisto di azioni cui proceda, anziché la stessa società che le ha emesse, un'altra
società dalla medesima controllata.
Le fattispecie sopra passate in rassegna obbediscono interessi astrattamente degni di tutela e sono dunque
soggetti al generale principio di libertà che vale per ogni acquisto di partecipazione da parte della s.p.a. È
tuttavia preoccupazione sentita dal legislatore quella di evitare che per il tramite dell'acquisto dei titoli in
parola si realizzino risultati pregiudizievoli rispetto a vari interessi coinvolti nell'organizzazione sociale:
s’intacchi il capitale e la struttura finanziaria su cui l'attività della società regge; si alterino i concreti equilibri
di governance. Vengono perciò introdotti una serie varia di vincoli e limiti alle operazioni in questione,
salve rimanendo solo alcuni ipotesi particolari di esenzione.
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L’art. 2357:
La società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve
disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere acquistate soltanto
azioni interamente liberate. → ond’evitare la restituzione dei conferimenti
L'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea, la quale ne fissa le modalità, indicando in particolare il
numero massimo di azioni da acquistare, la durata, non superiore ai diciotto mesi, per la quale
l'autorizzazione è accordata, il corrispettivo minimo ed il corrispettivo massimo.
Il valore nominale delle azioni acquistate a norma del primo e secondo comma dalle società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio non può eccedere la quinta parte del capitale sociale, tenendosi
conto a tal fine anche delle azioni possedute da società controllate.
Le azioni acquistate in violazione dei commi precedenti debbono essere alienate secondo modalità da
determinarsi dall'assemblea, entro un anno dal loro acquisto. In mancanza, deve procedersi senza indugio
al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale. Qualora l'assemblea non provveda, gli
amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia disposta dal tribunale secondo il
procedimento previsto dall'articolo 2446, secondo comma.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli acquisti fatti per tramite di società fiduciaria o
per interposta persona.
______________________________________________________________________________________
Gli amministratori non possono disporre delle azioni acquistate a norma dei due articoli precedenti se non
previa autorizzazione dell'assemblea, la quale deve stabilire le relative modalità. A tal fine possono essere
previste, nei limiti stabiliti dal primo e secondo comma dell'articolo 2357, operazioni successive di acquisto
ed alienazione.
Finché le azioni restano in proprietà della società, il diritto agli utili e il diritto di opzione sono attribuiti
proporzionalmente alle altre azioni. Il diritto di voto è sospeso, ma le azioni proprie sono tuttavia
computate ai fini del calcolo delle maggioranze e delle quote richieste per la costituzione e per le
deliberazioni dell'assemblea. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il computo
delle azioni proprie è disciplinato dall'articolo 2368, terzo comma(1)(2).
L'acquisto di azioni proprie comporta una riduzione del patrimonio netto di eguale importo, tramite
l'iscrizione nel passivo del bilancio di una specifica voce, con segno negativo.
_______________________________________________________________________________________
La società controllata non può acquistare azioni o quote della società controllante se non nei limiti degli
utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono
essere acquistate soltanto azioni interamente liberate.
L'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea a norma del secondo comma dell'articolo 2357(1)
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In nessun caso il valore nominale delle azioni acquistate a norma dei commi primo e secondo può eccedere
la quinta parte del capitale della società controllante qualora questa sia una società che faccia ricorso al
mercato del capitale di rischio, tenendosi conto a tal fine delle azioni possedute dalla medesima società
controllante o dalle società da essa controllate(2).
Una riserva indisponibile, pari all'importo delle azioni o quote della società controllante iscritto all'attivo
del bilancio deve essere costituita e mantenuta finché le azioni o quote non siano trasferite.
La società controllata da altra società non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee di questa. Le
disposizioni di questo articolo si applicano anche agli acquisti fatti per il tramite di società.
Fino ad ora abbiamo trattato l'ipotesi in cui l'acquisto di azioni avvenga a titolo derivativo; una diversa più
rigorosa disciplina è prevista dal legislatore con riferimento all'eventualità in cui la società intende invece
procedere con un acquisto a titolo originario, attraverso una sottoscrizione di azioni.
Salvo quanto previsto dall'articolo 2357 ter, secondo comma, la società non può sottoscrivere azioni
proprie.
Le azioni sottoscritte in violazione del divieto stabilito nel precedente comma si intendono sottoscritte e
devono essere liberate dai promotori e dai soci fondatori o, in caso di aumento del capitale sociale, dagli
amministratori. La presente disposizione non si applica a chi dimostri di essere esente da colpa.
Chiunque abbia sottoscritto in nome proprio, ma per conto della società, azioni di quest'ultima è considerato
a tutti gli effetti sottoscrittore per conto proprio. Della liberazione delle azioni rispondono solidalmente, a
meno che dimostrino di essere esenti da colpa, i promotori, i soci fondatori e, nel caso di aumento del
capitale sociale, gli amministratori.
Questa norma è posta a tutela dell'effettività del capitale sociale: attraverso la sottoscrizione di azioni
proprie la società farebbe figurare un incremento di capitale, cui non corrisponderebbe alcun ingresso di
nuove risorse finanziarie nel suo patrimonio, oltre che ha il carattere intrinsecamente contraddittorio
dell'operazione, che si risolverebbe nell'investimento nel programma sociale di risorse in realtà a esso già
destinate.
Una fattispecie da analizzare quella della sottoscrizione reciproca di azioni, ex art. 2360:
È vietato alle società di costituire o di aumentare il capitale mediante sottoscrizione reciproca di azioni,
anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona.
NB il rischio sotteso è che tramite la reciproca sottoscrizione, due società moltiplichino i propri capitali
nominali, senza che si realizzi alcun incremento delle rispettive dotazioni di mezzi destinati al servizio delle
rispettive attività.
Per quanto attiene al finanziamento (erogazione di un prestito) e alla concessione di garanzie (fideiussione)
da parte della società nei confronti di soggetti intenzionati all'acquisto a titolo derivativo alla sottoscrizione
di azioni emesse dalla stessa la legge prevede: in primo luogo, la necessità di una delibera di autorizzazione
della concessione del finanziamento delle garanzie, reso dall'assemblea straordinaria in seguito allo
svolgimento di un'attività istruttoria da parte degli amministratori (dettagliatamente regolata dal
legislatore), al fine di assicurare la razionalità e sostenibilità dell'operazione. Inoltre, per il finanziamento si
ricorre a fondi tratti da utili distribuibili e riserve disponibili non destinate a fungere da copertura nei
confronti del capitale sociale. Si rammenti che è del tutto vietata l'accettazione di azioni proprie in garanzia.
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Ora consideriamo l'assunzione di partecipazioni in altre società, operazione che rientra sovente nel novero
degli atti di gestione straordinaria che le società per azioni si trovano a compiere nel corso della loro
esistenza.
L’art. 2361:
L'assunzione di partecipazioni in altre imprese, anche se prevista genericamente nello statuto [2328, n. 3],
non è consentita, se per la misura e per l'oggetto della partecipazione ne risulta sostanzialmente
modificato l'oggetto sociale determinato dallo statuto.
NB nel caso in cui si violi una di queste disposizione gli amministratori saranno responsabili per i danni
eventualmente occorsi ed eventuale revoca sarebbe sorretta da giusta causa. Il secondo comma si applica
solo in riferimento alle ipotesi per cui la responsabilità illimitata sia conseguenza ordinaria della
partecipazione del socio a una data organizzazione, si escludono i casi in cui la responsabilità deriva da
comportamenti (socio unipersonale) o inadempimenti.
Il reperimento di risorse finanziarie nel mercato che una società è destinata a effettuare, per sua natura, in
vista della canalizzazione degli investimenti nell'organizzazione di impresa, può avvenire anche con
strumenti diversi dalle azioni: è in particolare prevista la possibilità di emettere obbligazioni.
Con l'emissione di obbligazioni la società riceve, a fronte dell'attribuzione al sottoscrittore dei relativi titoli,
risorse finanziarie a debito, col conseguente impegno a restituire una data scadenza alla somma
originariamente ricevuta più gli eventuali interessi. Le obbligazioni sono titoli di massa, presuppongono la
creazione contestuale di una pluralità di strumenti finanziari aventi eguale valore nell'ambito di un'unica,
complessiva operazione finanziaria. Si tratta in particolare di titoli di credito appartenenti al genere dei titoli
di debito, che incorporano i diritti di credito delle obbligazionista la restituzione delle somme prestate al
pagamento degli interessi. A differenza delle azioni le obbligazioni hanno il solo rischio dell'insolvenza del
proprio debitore.
• con diversi tipi di contenuti economici - a struttura semplice, indicizzate, a premio, partecipative (in
cui i tempi e l'entità del pagamento degli interessi possono variare in dipendenza dell'andamento
economico della società)
• con diversi tipi di contenuti giuridici - obbligazioni postergate, nelle quali il rimborso del prestito è
condizionato alla preventiva soddisfazione dei diritti di altri creditori della società; obbligazioni
convertibili in azioni, caratterizzate dal diritto dell'obbligazionista, a determinate condizioni e
seguendo particolari procedure, all'assegnazione di azioni in cambio delle obbligazioni possedute
sulla base di un dato rapporto di cambio.
Data l'essenzialità della forma cartolare, la loro esistenza presuppone che si segua un articolato
procedimento, il quale consta della delibera, con cui si definisce la creazione e il contenuto dei titoli da
emettere, e la successiva materiale emissione, contestuale alla sottoscrizione da parte degli investitori.
La delibera è di competenza degli amministratori, ma ciò solo se la legge o lo statuto non dispongono
diversamente. La decisione deve risultare in ogni caso da verbale redatto da un notaio e deve essere
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depositata iscritta nel registro delle imprese secondo quanto previsto dall'articolo 2436 (modificazioni
statutarie).
L’art. 2410:
In ogni caso la deliberazione di emissione deve risultare da verbale redatto da notaio ed è depositata ed
iscritta a norma dell'articolo 2436.
L'emissione di titoli si ha con la successiva sottoscrizione secondo le formalità stabilite nel bando, cui segue
la consegna agli investitori dei titoli cartacei. I titoli possono essere nominativi o al portatore.
L’art. 2421, al punto 2 prevede come scritture obbligatorie: il libro delle obbligazioni, il quale deve indicare
l'ammontare delle obbligazioni emesse e di quelle estinte, il cognome e il nome dei titolari delle obbligazioni
nominative e i trasferimenti e i vincoli ad esse relativi.
Occorre rilevare che la creazione di obbligazioni comporta un aumento dell'esposizione finanziaria della
società verso l'esterno, tenuto presente anche il tipico orizzonte di medio lungo periodo caratteristico del
prestito. Sono stati posti dei limiti, con le dovute eccezioni.
L’art 2412:
La società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma complessivamente non
eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo
bilancio approvato. I sindaci attestano il rispetto del suddetto limite.
Il limite di cui al primo comma può essere superato se le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate
alla sottoscrizione da parte di investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi
speciali. In caso di successiva circolazione delle obbligazioni, chi le trasferisce risponde della solvenza della
società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali.
Non è soggetta al limite di cui al primo comma, e non rientra nel calcolo al fine del medesimo, l'emissione di
obbligazioni garantite da ipoteca di primo grado su immobili proprietà della società, sino a due terzi del
valore degli immobili medesimi. Al computo del limite di cui al primo comma concorrono gli importi relativi a
garanzie comunque prestate dalla società per obbligazioni emesse da altre società, anche estere.
I commi primo e secondo non si applicano all'emissione di obbligazioni destinate ad essere quotate in
mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione ovvero di obbligazioni che danno il diritto di
acquisire ovvero di sottoscrivere azioni. (obbligazioni convertibili)
L'assemblea degli obbligazionisti (che segue le regole dell'assemblea straordinaria) è l'organo deputato ad
assumere tutte le decisioni che riguardino il prestito obbligazionario e la posizione dei relativi
sottoscrittori, in considerazione dell'interesse comune degli stessi.
L’art. 2415:
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1) sulla nomina e sulla revoca del rappresentante comune;
4) sulla costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela dei comuni interessi e sul rendiconto
relativo;
La disposizione al punto 2 è dettata nell'interesse degli obbligazionisti a non veder mutare le caratteristiche
dell'investimento senza il loro consenso, ma anche nell'interesse della società, che così può realizzare la
modifica anche senza dover ricercare il consenso di tutti gli obbligazionisti, essendo sufficiente quello della
maggioranza di essi.
Fuori dai casi in cui è coinvolto l'interesse comune degli obbligazionisti, la tutela della posizione affidata alla
loro iniziativa individuale: la possibilità di una tale iniziativa trova un limite esplicito nella circostanza che il
comportamento della società eventualmente oggetto di contestazione sia stata approvata dall'assemblea.
Unico tipo particolare di obbligazioni qui la legge dedica un'apposita disciplina di dettaglio è quello delle
obbligazioni convertibili in azioni. La conversione rappresenta per l’obbligazionista una facoltà e non un
obbligo. Questo fa scaturire un problema di disciplina in considerazione della nascita di una serie di
partecipazioni inizialmente solo potenziali.
Intuitivamente, le obbligazioni convertibili devono essere offerte prima in opzioni agli azionisti. Per i casi
in cui la società voglia o debba deliberare medio tempore ulteriori operazioni sul capitale anche i titolari
delle obbligazioni convertibili sono titolari del diritto di opzione. L'aumento o la diminuzione gratuita incide
sul rapporto di cambio, mentre la riduzione reale è ammessa solo se agli obbligazionisti è data la possibilità
di esercitare preventivamente la conversione.
È possibile immaginare che la società possa avere interesse nel rivolgersi al pubblico degli investitori per:
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In coerenza con l'articolo 41 della costituzione, che sancisce il principio costituzionale di libertà
dell'iniziativa economica privata, il legislatore da inserito una serie di norme intesa consentire alla s.p.a.,
per quanto più possibile, un'autonoma articolazione della propria struttura finanziaria.
Viene espressamente disposta, così, l'ammissibilità del ricorso strumenti finanziari atipici. È precisata dalla
legge, secondo l'articolo 2346, la possibilità di immaginare altre forme di partecipazione all'impresa, diverse
dalle azioni e dalle obbligazioni. Il sesto comma precisa che resta salva la possibilità delle società di
emettere altri strumenti finanziari partecipativi: ciò, a fronte di apporti non destinati a formare il capitale, e
con l'attribuzione di diritti patrimoniali o amministrativi escluso il voto nell'assemblea degli azionisti.
L'articolo 2411 al terzo comma precisa che la società è pure legittimata ad emettere strumenti che da tale
modello (quello obbligazionario) si discostino sensibilmente, nella misura in cui prevedano un rimborso del
capitale che possa essere condizionato, sia quanto a tempi sia per l'entità, all'andamento economico della
società. Si consente in tale modo una possibilità di ricorso a strumenti finanziari di credito c.d. ibridi,
strumenti caratterizzati da una propensione al rischio molto diversa dal prestito obbligazionario.
La disciplina è assai scarna. L'emissione di tali strumenti deve essere espressamente prevista dallo statuto,
e in quanto alla determinazione della prestazione il codice si limita a stabilire la necessità che sia operato in
favore della società un apporto (non necessariamente monetario). Possono essere attribuite ai portatori di
tali strumenti sia prerogative di tipo patrimoniale che prerogative di tipo amministrativo. Inoltre, diverrà
necessaria la formazione di un'assemblea speciale, quale sede nella quale il diritto di voto andrà esercitato
(in caso di attribuzione su specifiche materie) e competente all'approvazione delle delibere della società che
pregiudichino i diritti degli strumenti finanziari.
C'è la possibilità di emissione di strumenti finanziari atipici di debito, caratterizzati dalle circostanze che il
rimborso della somma fornita dagli investitori alla sottoscrizione degli stessi non è senz'altro assicurato,
bensì ll'andamento economico della società. Il regime che giuridico richiamato da tale previsione non
solleva particolari questioni: viene stabilito l'integrale applicabilità agli strumenti ora in esame delle norme
dettate in tema di obbligazioni societarie.
Sorgono interrogativi con riguardo alla precisazione degli esatti contorni della fattispecie cui quel regime va
applicato e soprattutto sulla delimitazione rispetto a quella, appena descritta, degli strumenti finanziari
partecipativi. Le due fattispecie non si devono considerare alternative: è possibile che ai possessori di
strumenti finanziari partecipativi venga riconosciuto un diritto al rimborso, sempre che il patrimonio netto
disponibile sia capiente rispetto a una tale restituzione. In siffatta eventualità, le previsioni in tema di
obbligazioni verranno ad applicarsi a integrazione di quelle specificatamente previste per gli strumenti
finanziari partecipativi. Non sembra invece potersi ammettere l'eventualità opposta.
Come abbiamo già più volte ripetuto nella società per azioni la struttura organizzativa è articolata in uffici
che svolgono determinate funzioni, caratteristica molto differente rispetto alle società di persone. In
particolare, le s.p.a. Sono caratterizzate dalla presenza di una struttura organizzativa complessa, organizzata
in tre distinti organi sociali, ai quali la legge assegni specifiche funzioni, e le cui competenze sono
tendenzialmente inderogabili da parte dello statuto.
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contabili, anche nell'interesse della minoranza e dei terzi: funzione assegnate, la prima a un organo di
controllo (collegio sindacale), la seconda di regola revisore.
Il ruolo dell'assemblea, in generale, si esplica nell'ambito di quelle che abbiamo definito le decisioni di tipo
organizzativo, non invece sul piano della gestione dell'impresa sociale. L'assemblea decide secondo la
regola della maggioranza, sulla base di aliquote che sono fissate in misura variabile a seconda della materia
(quorum deliberativi e costitutivi), in tal modo si assicura che i soci di controllo, abbiano non solo la
possibilità di indirizzare in modo coerente la gestione, ma anche quella di adattarne nel tempo la struttura
organizzativa tramite eventuali modificazioni statutarie.
Art. 2364:
1) approva il bilancio;
2) nomina e revoca gli amministratori; nomina i sindaci e il presidente del collegio sindacale e, quando
previsto, il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti;
3) determina il compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito dallo statuto;
5) delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell'assemblea, nonché sulle
autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori, ferma
in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti;
L'assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta l'anno, entro il termine stabilito dallo
statuto e comunque non superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale. Lo statuto può
prevedere un maggior termine, comunque non superiore a centottanta giorni, nel caso di società tenute alla
redazione del bilancio consolidato ovvero quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed
all'oggetto della società; in questi casi gli amministratori segnalano nella relazione prevista dall'articolo
2428 le ragioni della dilazione.
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ricevere il consenso preventivo dell'organo assembleare prima di eseguire l'operazione. Autorizzando
l'operazione l'assemblea non ne può mai imporre il complimento. Si ritiene invece che in caso di diniego da
parte dell'assemblea, gli amministratori siano del tutto carenti di legittimazione al compimento
dell'operazione. È da ritenersi che lo statuto possa definire l'ambito di applicazione del meccanismo
autorizzatorio in modo anche ampio, individuando categorie di atti, secondo caratteri di tipo quantitativo o
di tipo analitico, o anche più generico, ferma restando la riserva per cui l’assemblea non può ingerirsi nella
c.d. gestione corrente.
_______________________________________________________________________________________
Art. 2365:
L'assemblea straordinaria delibera sulle modificazioni dello statuto, sulla nomina, sulla sostituzione e sui
poteri dei liquidatori e su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua competenza.
Fermo quanto disposto dagli articoli 2420 ter, 2443, lo statuto può attribuire alla competenza dell'organo
amministrativo o del consiglio di sorveglianza o del consiglio di gestione le deliberazioni concernenti la
fusione nei casi previsti dagli articoli 2505 e 2505 bis, l'istituzione o la soppressione di sedi secondarie, la
indicazione di quali tra gli amministratori hanno la rappresentanza della società, la riduzione del capitale in
caso di recesso del socio, gli adeguamenti dello statuto a disposizioni normative, il trasferimento della sede
sociale nel territorio nazionale. Si applica in ogni caso l'articolo 2436.
Tali articoli distinguono innanzitutto tra assemblea ordinaria e assemblea straordinaria: non si tratta di due
organi distinti, ma dello stesso organo, che, a seconda delle materie trattate si riunisce e delibera con
maggioranze secondo regole formali diverse.
Ci sono poi numerose ipotesi in cui, tramite apposita clausola statutaria, può prevedersi una delega agli
amministratori per la deliberazione di modificazioni statutarie che presentino carattere minore
(trasferimento della sede legale, rappresentanza degli amministratori, aumento di capitale a pagamento ed
emissione di obbligazioni convertibili).
L'assemblea è un tipico organo collegiale il cui funzionamento è caratterizzato dal necessario rispetto di
tutte le fasi tipiche dei procedimenti collegiali. I momenti essenziali del procedimento collegiale sono i
seguenti: convocazione dell'organo (con relativo ordine del giorno), costituzione e riunione, discussione,
votazione e relativa deliberazione, proclamazione, verbalizzazione. Il rispetto delle regole legali e di quelle
statutarie (per gli aspetti derogabili o integrabili) è condizione di validità delle deliberazioni (la non
conformità è causa di annullabilità della delibera).
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Procediamo ad analizzare le singole fasi:
Al verificarsi di talune circostanze la convocazione diviene obbligatoria: perdite superiori ad 1/3 del
capitale sociale o verificarsi di una causa di scioglimento della società; inoltre è obbligatoria la convocazione
dell'assemblea ordinaria almeno una volta l'anno per l'approvazione del bilancio (il termine per la relativa
delibera non può essere superiore a 120 giorni, 180 per i gruppi, dalla chiusura dell'esercizio); è obbligatoria
la convocazione allorché venga richiesta dalla minoranza con la necessaria indicazione degli argomenti da
trattare (il rifiuto è legittimo solo se fondato su ragioni di illegittimità della richiesta ovvero abuso del diritto
da parte della minoranza).
L'avviso di convocazione deve contenere tutte le indicazioni relative alla data, all’ora e al luogo della
riunione, non che l'ordine del giorno. Le modalità di emanazione variano a seconda delle caratteristiche
della società:
• nelle società non quotate esso deve essere pubblicato per legge sulla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica almeno 15 giorni prima di quello fissato per l'adunanza (lo statuto può prevedere la
pubblicazione su un quotidiano);
• nelle società chiuse lo statuto può prevedere modalità di convocazione più semplici, sempre tali da
garantire la prova dell'avvenuto ricevimento dell'avviso almeno 8 giorni prima dell'assemblea (es.
raccomandata con ricevuta di ritorno);
• Nelle società quotate l'assemblea è convocata almeno 30 giorni prima mediante avviso pubblicato
sul sito Internet.
L'ordine del giorno ha la funzione di informare i soci sulle materie in merito alle quali si dovrà discutere e
deliberare. Può essere sintetico purché non generico. Per le società quotate è previsto un obbligo
generalizzato degli amministratori di predisporre una relazione sulle materie dell'ordine del giorno.
Le delibere eventualmente assunte da un'assemblea che fosse stata convocata senza il rispetto di queste
regole sarebbero annullabili. L'assemblea si reputa in ogni caso validamente costituita quando tutti i soci
aventi diritto al voto sono presenti alla riunione (assemblea totalitaria).
Per il calcolo del quorum costitutivo non devono computarsi le azioni normativamente prive del diritto di
voto, vanno computate le azioni occasionalmente prive di tale diritto (es. socio in conflitto di interesse); se ci
sono azioni a voto plurimo la base di calcolo sarà computata non sul capitale aventi diritto di voto, bensì sul
numero di voti esercitabili dei soci nel loro complesso.
Per il calcolo del quorum deliberativo non vanno computate nelle azioni prive del diritto di voto né le azioni
occasionalmente prive di tale diritto; inoltre, la legge ricorre di volta in volta a due parametri, in alcuni casi
esso è computato sul capitale sociale complessivo della società, in altri casi sul capitale concretamente
presente in assemblea (contando anche i presenti non votanti).
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Tali quorum sono fissati dalla legge in misura differenziata a seconda della materia, del tipo di convocazione
e del tipo di società.
NB Per specifiche materie è richiesta una maggioranza qualificata pari almeno a 1/3 del capitale sociale.
Inoltre, si possono chiedere maggioranze più elevate in seconda convocazione tranne per l’approvazione del
bilancio e la nomina/revoca delle cariche sociali.
Nelle società aperte l'assemblea si tiene in convocazione unica con applicazione immediata dei quorum
previsti per l'assemblea di seconda convocazione in sede ordinaria (maggioranza semplice dei presenti);
Mentre l'assemblea straordinaria voi siete ancora un costitutivo pari a 1/5 del capitale e un deliberativo dei
2/3 del capitale intervenuto.
3. L’intervento
Il diritto di intervento in assemblea spetta a tutti gli azionisti titolari del diritto di voto. Il diritto di
intervento ha carattere puramente strumentale e non gode di tutela autonoma rispetto al diritto di voto,
non hanno diritto di intervento, di conseguenza, gli azionisti privi del diritto di voto.
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Per essere ammesso alla singola assemblea, l'azionista deve dimostrare la propria legittimazione, esibendo
i titoli azionari. Lo statuto può tuttavia subordinare l'intervento del socio ad una prenotazione, da effettuare
mediante e deposito dei titoli azionari presso la sede della società o presso banche indicate nell'avviso di
convocazione.
Per le società con azioni soggette al regime di dematerializzazione, il controllo della legittimazione è
demandato agli intermediari presso cui si sono registrate le azioni, i quali effettuano un'apposita
comunicazione alla società. Per le società quotate la legittimazione all'esercizio dei diritti di intervento e di
voto in assemblea è legata alla detenzione delle azioni ad una data antecedente l'assemblea (data di
registrazione o record date), figurandosi così la possibilità del c.d. empty voting, situazione in cui ad
intervenire a votare un soggetto non più titolare delle azioni. In particolare, la comunicazione deve essere
effettuata dall'intermediario in base alle evidenze risultanti al settimo giorno di mercato antecedenti alla
data fissata per la prima o unica convocazione.
4. Rappresentanza in assemblea
La disciplina della rappresentanza in assemblea non è particolarmente lineare, essendo previsti tre diversi
regimi: uno per le società chiuse, uno per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, uno
per le società quotate. Abbiamo alcune regole di carattere generale:
• la delega deve essere sempre conferita per iscritto (forma ab subsantiam) e relativi documenti
devono rimanere conservati in società. Possono prevedersi requisiti ulteriori.
• è prescritta la nullità della delega in bianco, cioè priva di indicazione del nome del delegato.
• la procura è revocabile, anche se si è conferita in rem propriam e cioè nell'interesse del delegato. È
da mettersi anche la revoca tacita, mediante presentazione personale dell'azionista in assemblea.
• La norma prevede un divieto di subdelega discrezionale da parte del delegato, il nome del
subdelegato deve essere direttamente contenuto nell'atto di delega.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la procura può essere solo per singole
assemblee (per evitare la cosiddetta incetta di deleghe), si presume che la procura che valga per tutte le
convocazioni. Nelle società chiuse la delega è ammessa per più assemblee, con revocabilità ad nutum
della procura da parte del socio.
Alcune regole valgono per le sole società chiuse e per quelle colazioni diffuse (non si applicano alle
quotate):
• è previsto che la società debba designare un rappresentante designato dalla società a cui ciascun
socio potrà conferire la delega, impartendo istruzioni di voto cui il rappresentante dovrà attenersi
• è prevista una particolare procedura di agevolazione della rappresentanza assembleare denominata
sollecitazioni di deleghe
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Chiunque si rivolga al pubblico dei soci (almeno 200) richiedendo il conferimento di una delega su una
specifica proposta, oppure accompagnando la richiesta con raccomandazioni, dichiarazioni o altre
indicazioni idonee ad influenzare il voto è soggetto ad uno specifica disciplina. La sollecitazione è effettuata
dal promotore, mediante la diffusione di un prospetto contenente le proprie indicazioni di voto, e di un
modulo per il rilascio della procura. Non costituisce sollecitazione la richiesta di deleghe da associazioni di
azionisti.
Il presidente dell'assemblea ha una serie di funzioni: controllo sulla regolare costituzione dell'organo
(accertamento dell'identità e della legittimazione dei presenti), direzione dei lavori, scrutinio e
proclamazione dei risultati, verbalizzazione.
Il presidente rappresentato dalla persona indicata nello statuto o da quella eletta con il voto della
maggioranza dei presenti (voto per teste), ed è coadiuvato da un segretario eletto nelle stesse modalità. Le
funzioni segretarie possono essere assorbite dal notaio al quale si è affidata la verbalizzazione. La carica di
presidente esprime una funzione propria e non delegata, di conseguenza, le decisioni dello stesso non sono
sindacabili o revocabili da parte dell'assemblea.
Un punto molto delicato è costituito dall'esercizio del diritto di informazione da parte degli azionisti,
tendenzialmente domande rivolte ad amministratori o sindaci. Costoro hanno il dovere di rispondere,
purché la domanda sia pertinente la materia di cui si tratta non sia coperta da segreto aziendale.
Varie norme prevedono una specifica informazione sotto forma di deposito comunicazione di progetti
documenti e relazioni: i soci hanno il diritto a prendere visione ed ottenere copia, a proprie spese, di tali
documenti ed in genere di tutti gli atti depositati presso la sede sociale per assemblee già convocate.
È previsto poi un diritto di rinvio, attribuito a coloro i quali raggiungono la quota di 1/3 del capitale e
dichiarino di non essere sufficiente informati sugli argomenti di discussione. L'assemblea non può essere
rinviata di oltre 5 giorni.
In ordine alla votazione, deve essere anzitutto scelto il relativo sistema: dichiarazioni verbali, per alzata di
mano, acclamazione, schede precompilate. Varie ragioni portano a ritenere che non sia ammissibile il
sistema del voto segreto che è incompatibile con la disciplina del conflitto di interessi. Subito dopo la
votazione deve essere accertato il risultato dei lavori e il presidente deve effettuare la c.d. proclamazione.
6. La verbalizzazione
Le deliberazioni devono infine constare da un verbale che ha carattere obbligatorio e necessario, la sua
assoluta mancanza determina la nullità della deliberazione, mentre una sua irregolarità determina
l'annullabilità della delibera.
In caso di assemblea ordinaria il verbale redatto insieme e sottoscritto dal presidente e dal segretario; in
caso di assemblea straordinaria il verbale deve essere redatto da un notaio, che assume il ruolo di
segretario, ferma la sottoscrizione anche da parte del presidente.
La presenza del notaio si spiega in ragione della funzione di controllo in ordine alla legalità della
deliberazione. Il notaio che ravvisi nella decisione concretamente adottato un profilo di nullità è tenuto
comunque alla redazione, ma successivamente non procederà all'iscrizione nel registro delle imprese
bloccando l'operatività della delibera.
Quanto al contenuto l'articolo 2375 prevede che il verbale deve essere analitico e devono essere riassunte,
su richiesta degli intervenuti, le relative dichiarazioni. In ordine ai tempi di redazione non è richiesta
contestualità, purché sia redatto senza ritardo in tempo utile per gli obblighi di deposito e pubblicazione.
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Altro argomento da trattare è il conflitto di interessi in assemblea e l'abuso del diritto di voto.
L'esercizio del diritto di voto nella società per azioni costituisce l'espressione di un diritto di
partecipazione del singolo ed è pertanto rimesso in linea dei principi al libero apprezzamento del socio.
Ne consegue che in caso di impugnazione delle deliberazioni assembleari, l'autorità giudiziaria non può
sindacare il merito della deliberazione, ma può verificare solamente se la delibera presenti profili di
illegittimità.
Mentre la regola di funzionalizzazione del voto vale senz'altro per le deliberazioni dell'organo
amministrativo (gli amministratori hanno il dovere di perseguire l'interesse sociale), per quanto riguarda il
voto dell'azionista si afferma di regola che esso incontra nel medesimo interesse solo un limite esterno,
costituito dalla disciplina del conflitto di interessi.
L’art. 2373:
La deliberazione approvata con il voto determinante di coloro che abbiano, per conto proprio o di terzi, un
interesse in conflitto con quello della società è impugnabile a norma dell'articolo 2377 qualora possa
recarle danno.
Gli amministratori non possono votare nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità. I componenti
del consiglio di gestione non possono votare nelle deliberazioni riguardanti la nomina, la revoca o la
responsabilità dei consiglieri di sorveglianza.
Un tale conflitto si verifica quando l'interesse personale del socio, che deve essere di natura patrimoniale,
si è contrapposto a quello della società; quindi, il socio è posto nella condizione di privilegiare o l'interesse
sociale o quello personale.
La legge interviene solo nel caso di conflitto, ma secondo un certo orientamento la disciplina del conflitto
sarebbe applicabile anche in caso di eccesso di potere, cioè nel caso di decisioni dannose per la società,
anche in assenza di un comprovato interesse personale della maggioranza.
Il legislatore non sancisce tuttavia un obbligo generale di astensione, disponendo solamente che il suo
voto costituisce causa di annullabilità della deliberazione a ricorrere di determinate condizioni. La disciplina
normativa rimette pertanto al socio la decisione se astenersi o votare. La disciplina non incide tanto sul
piano procedimentale, quanto sul piano sostanziale: ciò che rileva è che la decisione sia oggettivamente
conforme con l'interesse sociale e non con l'interesse esterno del socio.
L'unica ipotesi in cui il codice vieta in via preventiva ed assoluta il voto è quella per i soci amministratori
nelle deliberazioni riguardanti la propria responsabilità.
Situazioni diversa è quella che si può determinare se una deliberazione viene assunta dalla maggioranza per
danneggiare non la società, ma i soci di minoranza: la deliberazione assembleare, non rispettando il
principio di buona fede, è annullabile per non conformità alla legge in caso di sua violazione. In caso la
rimozione dell'atto non basti c'è l'obbligo di risarcimento del danno a carico dell'azionista a favore dei soci
danneggiati.
Allo stesso modo sussiste un problema nel momento in cui l'adozione della delibera è impedito dal
comportamento ostruzionistico di alcuni soci. Rispetto a tali situazioni, deve certamente riconoscersi la
responsabilità civile dell'azionista che abbia tenuto la condotta abusiva. Quanto all’annullamento della
delibera negativa, il problema è che tale rimedio non rappresenta il risultato particolarmente utile per la
società, occorrerebbe quindi ottenere un provvedimento giudiziale di approvazione della proposta
sostenuta dal voto degli altri azionisti, tuttavia la giurisprudenza richiede un simile rimedio non esperibile.
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Il legislatore cerca di assicurare un adeguato livello di tutela all'esigenza di stabilità degli atti societari,
cercando di trovare un equilibrio tra questa istanza e quella di assicurare il rispetto della disciplina
societaria, la forma generale di invalidità (annullabilità), deve essere fatta valere entro 90 giorni, la nullità
entro il termine più ampio di tre anni; per lo stesso motivo la legittimazione di impugnare l'annullabilità
spetta (solo a chi detenga almeno l'aliquota del 5% del capitale sociale (limite riducibile).
NB Si rilevino le due possibilità di inesistenza, limitata l'inesistenza materiale, e di inefficacia delle delibere,
dovuta ha un vizio derivante dalla carenza di legittimazione.
Annullabilità e nullità
Annullabilità: è la categoria residuale, per tutti i casi non previsti dalla nullità; può scaturire da vizi di
contenuto o vizi di procedimento, ma il vizio deve superare in concreto una determinata soglia di rilevanza
sostanziale; la legittimazione ad impugnare spetta ai soci assenti, dissenzienti o astenuti che avevano il
diritto di voto, che raggiungano la soglia del 5% del capitale sociale (che può essere abbassata da statuto) –
inoltre spetta anche ad amministratori e sindaci. Se la deliberazione è annullata, l’annullamento ha effetto
rispetto a tutti i soci ed obblia gli amministratori a prendere i conseguenti provvedimenti, senza mai
pregiudicare i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della
deliberazione (NB terzi non azionisti).
• Illiceità dell’oggetto – per distinguere dalla non conformità della deliberazione alla legge di usa il
seguente criterio: il criterio di distinzione è quello dell’interesse tutelato dalla norma violata, se la
delibera viola norme poste a tutela dell’interesse generale allora è nulla, se è posta a tutela dei soli
soci è solo annullabile.
• Mancata convocazione
• Mancanza del verbale
La legittimazione dell’impugnazione spetta a chiunque abbia interesse nel termine di tre anni. Per ragioni
di tutela del mercato azionario, per tutte le s.p.a. è previsto un termine di 180 giorni per le deliberazioni di
aumento del capitale sociale, di riduzione facoltativa o di emissione delle obbligazioni; in caso di omessa
convocazione il termine è di 90 giorni dal decorrere del bilancio in cui la deliberazione nulla sia stata, anche
parzialmente, eseguita.
In ottica di certezza del traffico e tutela del mercato, se la società fa ricorso al mercato di rischio
l’impugnazione è del tutto preclusa, ove la delibera abbia avuto esecuzione anche parziale mediante
l’emissione o l’annullamento dei relativi titoli, fermo restando il diritto al risarcimento dei danni spettante ai
soci o ai terzi. Si rilevi la sanabilità di nullità e annullabilità con altra delibera assembleare.
Competenze
Gli amministratori hanno competenza esclusiva sulle attività di gestione, tale competenza è regola
inderogabile per l'organizzazione interna della società e può essere limitata solo nei casi espressamente
previsti dalla legge.
Come già visto, l'assemblea non ha potere decisionale in materia gestoria, essa può indirettamente incidere
soltanto grazie: potere di scelta degli amministratori; potere lato sensu di controllo (approvazione del
bilancio); potere normativo; eventuale potere autorizzativo su singoli atti.
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Questa regola di divisione dei poteri è dettata in modo imperativo. I soci possono scegliere fra diversi
modelli di governo, ma si tratta di modelli legalmente tipici, rispetto ai quali l'autonomia e statutaria
potere di scelta, ma non di varianti atipiche.
L'assemblea ordinaria nomina con propria deliberazione i preposti alla carica gestoria, il cui organo può
avere composizione monocratica (amministratore unico), oppure pluripersonale (consiglio di
amministrazione). Nelle società quotate è necessariamente pluripersonale.
La competenze assembleare per la nomina è un principio fondamentale e inderogabile dagli statuti, tuttavia
il codice fissa alcune deroghe, espresse e tassative, che prevedono possibilità di nomine separate:
Non sono stabilite norme generali a tutela delle minoranze, sicché la maggioranza assembleare può
legittimamente nominare l'intero consiglio di amministrazione. L'articolo 2368, al primo comma, stabilisce
che: per la nomina alle cariche sociali lo statuto può stabilire norme particolari. Gli statuti possono
stabilire, ad esempio, norme volte a garantire la rappresentanza delle minoranze (con varie tecniche).
L'elezione con voto di lista è invero la tecnica maggiormente diffusa nella pratica statutaria per consentire la
nomina di rappresentanti di minoranza, tanto da divenire obbligatoria nelle società quotate sia per l'organo
amministrativo che per quello di controllo. Tale tecnica, prevedendo la presentazione di più liste di
candidati, consente tipicamente di trarre gli amministratori da eleggere non soltanto dalla lista
maggiormente votata, ma in parte anche da quella seconda per numeri di voti ricevuti, purché si tratti di
una lista neppure indirettamente riconducibile al gruppo di maggioranza.
Possono essere nominati amministratori sia soci sia terzi, anche se lo statuto potrebbe scegliere di
limitare i soli soci l'eleggibilità. È dubbia la legittimità della nomina come amministratore di una persona
giuridica, anche se l'orientamento tradizionale è negativo, poiché la soluzione ammissiva rischia di
depotenziare la funzionalità dell'organo amministrativo.
Gli azionisti trovano comunque sicuri limiti imperativi nella scelta degli amministratori: l'ordinamento
prevede cause legali espresse di ineleggibilità e di decadenza della carica (incapacità legale, fallimento,
condanne penali che comportino interdizione dagli uffici pubblici o privati). Il modello legale non prevede,
in generale, requisiti di professionalità e onorabilità degli amministratori per tutte le società per azioni, ma
soltanto per le quotate, o per società statuto speciale. I requisiti possono essere ampliati dallo statuto
(professionalità, indipendenza). In tutte le società quotate i consigli di amministrazione devono
comprendere almeno un consigliere indipendente, o due se il consiglio è composto da più di 7 persone;
l'amministratore che sia indipendente deve rimanere tale per tutta la durata della carica.
L’art. 2390:
Gli amministratori non possono assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società
concorrenti, né esercitare un'attività concorrente per conto proprio o di terzi, né essere amministratori o
direttori generali in società concorrenti, salvo autorizzazione dell'assemblea.
Per l'inosservanza di tale divieto l'amministratore può essere revocato dall'ufficio e risponde dei danni.
Uno dei tradizionali divieti a carico degli amministratori è il divieto di concorrenza. Tale divieto viene in
rilievo non quando l'amministratore compia atti sporadici, ma il riferimento a una vera e propria attività
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svolta in un'altra impresa il rapporto di concorrenza attuale o potenziale con quella effettivamente svolta
dalla società. L'eventuale violazione del divieto espone l'amministratore a revoca per giusta causa e al
risarcimento danni.
L'assunzione della carica di amministratore non è automatica, ma richiede un atto di accettazione che può
essere anche tacito. Ci sono poi degli adempimenti pubblicitari della nomina nel registro delle imprese
entro il termine di 30 giorni dalla notizia della nomina, che decorrono dall'accettazione. Si rilevi la possibilità
della figura dell'amministratore di fatto: soggetto che pur privo di investitura formale si ingerisce
sistematicamente nella società.
Inderogabilmente, la durata massima della carica è di tre anni. Non è necessaria la contemporaneità della
data di cessione delle cariche, allo statuto può imporre la sincronicità dei mandati gestori, specie per
garantire l'effettività dei sistemi di nomina di amministratori di minoranza.
L'ordinamento stabilisce la regola dell’illimitata prorogatio dell'organo amministrativo, fino alla sua
sostituzione da parte dell'assemblea.
• rinunzia
Le dimissioni non richiedono forma scritta ab substantiam e hanno in linea di principio effetto immediato,
regola derogata quando essa comporterebbe una paralisi dell'organo amministrativo.
• Revoca
la revoca in generale di competenza della stessa assemblea che nomina gli amministratori, la quale può
procedervi ad nutum; la mancanza di giusta causa dà luogo al diritto di risarcimento danni a favore
dell'amministratore delegato.
Se, nel corso del mandato, vengono a mancare uno o più amministratori per cause diverse dalla revoca
assembleare, viene applicata, per integrare l'organo, la disciplina della sostituzione degli amministratori,
sempre improntata alle esigenze di evitare soluzioni di continuità della funzione amministrativa.
In particolare, in caso di cessazione di uno o più consiglieri, se rimane in carica la maggioranza degli
amministratori di nomina assembleare, è previsto il potere di cooptazione dei membri del c.d.a., con
deliberazione del consiglio stesso, la quale deve essere approvata dai sindaci. L'amministratore cooptato
dura in carica sino all'assemblea immediatamente successiva alla sua nomina, la quale potrà confermarlo,
anche implicitamente.
Il componente che sia cooptato, in mancanza di diverse disposizione, decade dalla carica
contemporaneamente alla scadenza del mandato di quei consiglieri che si trovano in carica all'atto della sua
nomina. In caso vengano meno tutti gli amministratori, sarà il collegio a dover convocare urgentemente
l'assemblea e a potere nel frattempo esercitare i poteri di amministrazione ordinaria.
I soci possono introdurre in statuto la clausola simul stabunt simul cadent: qualora vengano mancare nel
corso del mandato uno più amministratori cesserà l'intero consiglio (o con effetto immediato, o con
illimitata prorogatio).
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Struttura e funzionamento dell’organo di amministrazione
Fondamentale per il buon funzionamento dell'organo è la figura del presidente del consiglio di
amministrazione, il quale può essere nominato direttamente dall'assemblea o essere eletto dal consiglio
stesso, sempre fra i suoi componenti. Il presidente ha le seguenti competenze: convocazione dell'organo;
fissazione dell'ordine del giorno; direzione della discussione la sottoposizione a votazione delle
deliberazioni; proclamazione dei risultati della votazione; verbalizzazione ovvero non sia previsto
l'intervento del notaio; deve infine curare la corretta informazione di tutti i componenti dell'organo, per
garantire la ponderata adozione delle deliberazioni.
L’art. 2388:
Per la validità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione è necessaria la presenza della
maggioranza degli amministratori in carica, quando lo statuto non richiede un maggior numero di presenti.
Lo statuto può prevedere che la presenza alle riunioni del consiglio avvenga anche mediante mezzi di
telecomunicazione.
Le deliberazioni del consiglio di amministrazione sono prese a maggioranza assoluta dei presenti, salvo
diversa disposizione dello statuto. Il voto non può essere dato per rappresentanza.
Le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono essere impugnate
solo dal collegio sindacale e dagli amministratori assenti o dissenzienti entro novanta giorni dalla data
della deliberazione; si applica in quanto compatibile l'articolo 2378. Possono essere altresì impugnate dai
soci le deliberazioni lesive dei loro diritti; si applicano in tal caso, in quanto compatibili, gli articoli 2377 e
2378. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione
delle deliberazioni.
Le funzioni amministrative sono suscettibili di delega da parte del consiglio ad uno o più dei propri
componenti (amministratori delegati), o ad un collegio ristretto composto sempre da propri componenti
denominato comitato esecutivo.
Questa opzione organizzativa corrisponde ad evidenti esigenze della prassi. A tale organo delegato è
affidata non solo la gestione complessiva, a cominciare dal day by day management, ma anche la
predisposizione delle linee strategiche dell'impresa, che però dovranno essere oggetto di esame da parte
del consiglio.
La delega attribuisce all'amministratore delegato il potere di gestione sulle materie delegate, mentre il
plenum del consiglio avrà comunque il dovere di vigilare sull'operato del delegato e di intervenire ove
occorra.
Alcune competenze rimangono però non delegabili (redazione del progetto di bilancio, aumento del
capitale delegato dall'assemblea). Gli organi delegati hanno comunque alcune competenze attribuite
automaticamente dalla legge, ex art. 2381: gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo,
amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa.
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Nella cura dell'obbligo di adeguatezza organizzativa, come pure nella valutazione del suo adempimento da
parte degli amministratori, è senz'altro decisiva la razionalità del processo decisionale: essa presuppone la
previa mappatura dei rischi e la conseguente scelta di quali presidi organizzativi siano da approntare per
prevenirli, con apposite previsioni documentali. L'organo delegato è pure competente a deliberare sui piani
strategici e industriali che il consiglio esamina quando elaborati.
Il consiglio mantiene una competenza concorrente e sovraordinata sulle materie delegate, che fonda il
potere del consiglio stesso di impartire direttive e delegati e di avocare a sé la decisione su singole
operazioni rientranti in materie delegate, come pure di disporre la revoca della delega in qualsiasi momento
senza necessità di giustificazione.
Il consiglio nel suo insieme conserva i seguenti poteri: indirizzo, avocazione (sospensione della delega per
singoli atti), sostituzione e controllo. L'articolo 2381 sancisce la regola di corretta circolazione delle
informazioni all'interno del consiglio, al fine di valorizzarne le funzioni di controllo.
Gli amministratori delegati hanno anzitutto l'obbligo di fornire regolarmente le informazioni essenziali agli
altri organi sociali con periodicità non inferiore a sei mesi (tre nelle quotate) sul generale andamento della
gestione sulla prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o
caratteristiche, effettuati dalla società e dalle sue controllate. Si tratta di un obbligo di reporting, che ogni
delegato deve riempire nell'ambito dell'area gestionale affidata alla sua cura.
L'obbligo di vigilanza del consiglio è fissato dalla disposizione per cui il consiglio valuta sulla base della
relazione degli organi delegati il generale andamento della gestione. La disciplina impone a tutti gli
amministratori un più generale obbligo di agire in modo informato e li rende responsabili per non aver
assunto le iniziative opportune: non è mai giustificabile un atteggiamento passivo da parte del singolo
consigliere. Il codice assegna a ciascun consigliere il potere individuale di ispezione e il diritto di chiedere
agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società.
La delega può essere anche fatta ad un organo collegiale, che assume il nome di comitato esecutivo; non è
esclusa la previsione di più comitati interni che formalmente non sono titolari di deleghe amministrative,
ma hanno funzioni istruttorie e prodromiche all'attività deliberativa consigliare.
Gli amministratori, diversamente dai soci, non sono titolari dell'interesse gerito, bensì gestori di un
interesse altrui, e come tali sono soggetti a regole di comportamento che nella funzione amministrativa
attengono fondamentalmente all'obbligo di diligente gestione e all'obbligo del perseguimento
dell'interesse sociale.
Al fine di prevenire distorsioni nell'esercizio della discrezionalità amministrativa l'ordinamento espone una
disciplina che impone: obblighi di trasparenza a carico degli amministratori, che dovranno informare sia
tutti gli altri componenti l'organo di gestione, sia i sindaci, in tutti i casi in cui siano portatori di interessi
personali, per conto proprio di terzi, interferenti in una data operazione della società; l'obbligo di
comunicazione diviene vero e proprio obbligo di astensione quando la situazione si presenti in capo ad un
amministratore delegato.
Ove, l'amministratore portatore di interesse sia amministratore unico, questo non è obbligato ad astenersi
ma soltanto a comunicare ai sindaci le situazioni in cui versa per poi darne notizia anche alla prima
assemblea utile. Il consigliere latore dell'interesse, oltre all'obbligo di informare, avrà poi quello di votare in
modo non pregiudizievole all'interesse della società. Una volta informato il consiglio ha l'obbligo di
adeguata motivazione della deliberazione esplicitando ragioni e convenienza della deliberazione per la
società.
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La delibera assunta in violazione di tale disciplina è invalida. La delibera è soggetta ad impugnazione entro
90 giorni ma solo qualora possa recare danno alla società. L'accertamento dell'idoneità danneggiare la
società non è requisito previsto in generale per l'impugnazione delle delibere consiliari, ma è qui
contemplato in una logica di stabilità delle decisioni dell'organo amministrativo.
È ferma la tutela risarcitoria per la violazione della disciplina sugli interessi degli amministratori, anche per il
danno da lucro cessante.
Per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio c'è un obbligo di informazione al mercato,
non che un obbligo di istruttoria, per i casi in cui maggiore è il rischio di decisioni in conflitto di interessi;
rischio che ricorre tutte le volte in cui l'organo amministrativo deliberi di realizzare una certa operazione
economica che abbia come controparti soggetti particolarmente prossimi alla società, e che la disciplina
qualifica come parti correlate. Tali parti correlate sono soggetti che appartengono all'area di controllo e del
collegamento societario, quindi ai dirigenti con responsabilità strategiche e i soggetti vicini ai precedenti per
legami personali.
L'articolo 2391 bis si limita a sancire che tali operazioni devono avvenire secondo principi di trasparenza e
correttezza sostanziale e procedurale; la concretizzazione finale delle regole avviene con un regolamento
interno dello stesso organo amministrativo approvato previo parere motivato favorevole di un comitato
composto soltanto da amministratori indipendenti.
Il sistema procedurale è l'aspetto saliente della disciplina. Esso prevede obblighi di approfondite istruzione
sull'interesse della società di compimento dell'operazione nonché sulla convenienza e sulla correttezza
sostanziale delle relative condizioni. Alle sole operazioni di maggiore rilevanza, riservate alla competenza
del consiglio di amministrazione, le decisioni devono avvenire previo parere motivato favorevole da parte
di un comitato composto solo da amministratori indipendenti.
L'esercizio delle funzioni gestorie avviene normalmente a titolo oneroso. In mancanza di diversa clausola
statutaria, la competenza a determinare i compensi è così ripartita:
L'assemblea è dunque comeptente a determinare i compensi del presidente e degli amministratori delegati.
È però espressamente ammessa una clausola statutaria che attribuisce all'assemblea del potere di
stabilire un tetto per la remunerazione di tutti gli amministratori, compresi quelli investiti di particolari
cariche.
La giurisprudenza però ha ritenuto che soltanto le remunerazioni palesemente eccessive (rispetto a società
di analoghe dimensioni) siano illegittime per lesione dell'interesse sociale, con la conseguenza che la
relativa deliberazione, se presa con il voto determinante dell'amministratore interessato, sarà annullabile
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per conflitto di interessi, in quanto la determinazione del compenso sia irragionevole o sproporzionata, e
sarà oggetto di risarcimento danni per danno potenziale alla società.
La materia, all'evidenza, esige un pregnante grado di trasparenza: nelle società non quotate bisogna
indicare nella nota integrativa all'ammontare cumulativo dei compensi degli amministratori, nelle società
quotate il consiglio deve approvare una relazione sulla remunerazione messa a disposizione del pubblico.
L’art. 2389:
I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti
all'atto della nomina o dall'assemblea.
Essi possono essere costituiti in tutto o in parte da partecipazioni agli utili o dall'attribuzione del diritto di
sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione
La rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita
dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea
può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli
investiti di particolari cariche.
La rappresentanza
• La rappresentanza volontaria è eventuale, disciplinata dalle mere regole civilistiche generali, può
essere conferita tramite una procura speciale e se la società è anche titolare di impresa
commerciale c'è la possibilità di rappresentanza derivante dalla preposizione institoria o dalle altre
regole relative alla rappresentanza commerciale.
• La rappresentanza organica è invece necessaria, per poter la società agire nel traffico giuridico, e
deve essere attribuita ad uno o più amministratori con indicazioni inserite statuto (in via congiuntiva
o disgiuntiva).
Per i rappresentanti organici vige una disciplina di particolare tutela dei terzi contraenti, secondo
l'evoluzione normativa caratterizzata da una tutela sempre più estesa dell'affidamento dei terzi. Secondo la
regola vigente il rappresentante legale è necessariamente un rappresentante generale (anche processuale)
e può compiere qualsiasi tipo di atto in nome della società.
Lo statuto può introdurre eventuali limitazioni ai poteri degli amministratori. Gli eventuali limiti statutari
dell'ambito della rappresentanza che fossero violati non sono opponibili ai terzi che abbiano contrattato
con la società, ancorché tali limiti siano stati previamente pubblicati nel registro delle imprese. Vi è una sola
eccezione: la violazione di tali limiti potrà sempre essere opposto soltanto a quel terzo che abbia
intenzionalmente agito a danno della società (exceptio doli).
Non è applicabile tale disciplina al diverso caso del difetto di titolarità del potere individuale del
rappresentante, che derivi da una clausola che attribuisca congiuntamente a diversi amministratori l'intero
potere di rappresentanza. Se lo statuto fissa la titolarità del potere di rappresentanza legale, per tutti gli atti,
congiuntamente, in capo sia al presidente del consiglio di amministrazione sia all'amministratore delegato,
l'inefficacia dell'atto compiuto da parte del solo presidente o del solo delegato sarà sempre opponibile al
terzo.
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Rientra nella regola del l'inopponibilità della violazione il caso in cui l'atto compiuto dal rappresentante si
ponga non in violazione di espressi precisi limiti e statutari, ma addirittura estraneo all'oggetto sociale.
L'estraneità all'atto dell'oggetto sociale potrà in ogni caso essere determinata solo in concreto e non in
astratto: non è escluso che un tipo di operazione economica, pur estraneo all'attività di impresa indicata
nello statuto come oggetto sociale, sia collegato a quest'ultimo secondo un criterio di funzionalità.
La medesima regola è da ritenere applicabile non solo nel caso di vizio del potere rappresentativo derivante
dalla violazione di clausole statutarie (o deliberazioni assembleari), ma anche nel caso in cui
l'amministratore abbia speso il nome della società senza osservare i limiti legali. La stessa regola è da
ritenere poi parimenti applicabili ai casi di dissociazione tra potere gestorio e di rappresentanza.
Art. 2384:
Il potere di rappresentanza attribuito agli amministratori dallo statuto o dalla deliberazione di nomina è
generale.
Le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dallo statuto o da una decisione degli organi
competenti non sono opponibili ai terzi, anche se pubblicate, salvo che si provi che questi abbiano
intenzionalmente agito a danno della società.
Art. 1394
Il contratto concluso dal rappresentante in conflitto d'interessi col rappresentato può essere annullato su
domanda del rappresentato, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo.
L'atto compiuto dal rappresentante in situazioni di conflitto di interessi subisce un duplice trattamento:
nel caso abbia agito in conflitto senza il supporto di una delibera autorizzativa del consiglio, l'atto è
immediatamente efficace ma sempre annullabile su domanda del rappresentato; laddove una delibera
esista, ed abbia predeterminato gli elementi essenziali dell'atto compiuto in conflitto di interessi, si dovrà
applicare la ben più favorevole (per il terzo) disciplina dell'articolo 2391 (impugnabile dalla società entro 90
giorni).
Le regole generali sulla responsabilità civile degli amministratori per violazione di obblighi inerenti al proprio
ufficio sono dettati dagli articoli 2392 e seguenti. Lo schema tradizionale della disciplina prevede tre ipotesi
di responsabilità civile degli amministratori: verso la società, verso i creditori sociali, verso singoli soggetti
(soci o terzi).
La responsabilità verso la società è sicuramente la più importante, anche perché può spesso assorbire le
altre, nella misura in cui il danno dei creditori o dei terzi si configuri come danno indiretto.
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legge (es. apertura della liquidazione se ricorre una causa di scioglimento della società). La distinzione ha
immediate ricadute in ordine all'onere della prova in giudizio.
La colpa dell'amministratore nella violazione dell'obbligo generale di diligenza va dunque valutata secondo i
tre criteri tradizionali:
• Imperizia
Con riguardo alla perizia professionale, l'amministratore deve anzitutto possedere attitudini adeguate alla
natura dell'incarico, al di là di requisiti particolari di professionalità. La responsabilità è poi commisurata alle
specifiche competenze dell'amministratore, egli ha l'obbligo di mettere a frutto la perizia di cui è dotato,
senza che la natura dell'incarico possa valergli da esimente (ad es. la funzione di semplice componente del
consiglio privo di delega).
Quanto alla diligenza in senso stretto (misura dell’impegno versato nell’adempimento), l'espressione natura
dell'incarico, da un lato consente di ritenere necessaria una certa preparazione professionale, dall'altro
permette anche di graduare la misura dell'impegno richiesto, in relazione all'eventuale diversità di specifici
compiti ripartiti all'interno del consiglio.
• Imprudenza
L’ obbligo di diligente gestione si dirà violato soltanto allor che possa imputarsi all'amministratore di aver
fatto scelte assolutamente irrazionali, ed incomprensibili con qualsivoglia logica di impresa. Come già
detto, valutazioni di merito sull'esercizio della discrezionalità gestoria sono precluse sul piano giudiziale
(business judgement rule).
Se viene in rilievo la violazione dell'obbligo generale di diligenza degli amministratori, la prova della colpa
deve essere data dalla società attrice, essendo la diligenza il criterio di determinazione dello stesso oggetto
dell'obbligazione gestoria, e dunque misura dell'inadempimento.
Se viene in rilievo la violazione di un obbligo specifico, l'onere della prova resterà facilitato. Sempre salva la
prova dell'errore scusabile, ove si dimostri una causa che abbia reso impossibile l'adempimento, o in altri
termini, un fatto impeditivo dell'inadempimento.
La responsabilità degli amministratori è solidale per espressa indicazione di legge e si estende anche ai
cosiddetti amministratori di fatto. La disciplina distingue in proposito tra una responsabilità diretta di
ciascun consigliere di amministrazione, che può sorgere per gli atti di competenza del consiglio di cui è
componente, ma anche per atti imputabili al singolo amministratore; ed una responsabilità per omessa o
difettosa vigilanza, rispetto a dati di competenza di amministratori delegati. A riguardo, a ciascun
amministratore è imposto un obbligo di intervento tutte le volte in cui si è a conoscenza di fatti
pregiudizievoli, obbligo che grava anche sui nuovi amministratori, che dovranno adoperarsi per la rimozione
delle conseguenze derivanti dalle irregolarità compiute dai loro predecessori.
Il singolo amministratore però può riuscire a sottrarsi al vincolo di solidarietà: gli amministratori non sono
solidalmente responsabili in caso di funzioni in concreto attribuite ad uno o più di essi. La regola di
solidarietà nella responsabilità vale solo come criterio presuntivo, il singolo amministratore potrà sempre
dare la prova contraria.
L’amministratore dispone di un mezzo per separare la propria posizione rispetto agli atti produttivi di
responsabilità: la procedura di dissociazione.
L’art. 2393, al comma 3: la responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a
quello tra essi che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro
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delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del
collegio sindacale.
Tale deliberazione comporta la revoca ope legis degli amministratori, purché approvata con il voto
favorevole di una maggioranza dei presenti, rappresentanti almeno 1/5 del capitale. E nella piena
disponibilità dell'assemblea deliberare la rinunzia all'azione o una transazione con gli amministratori (tale
delibera è soggetta al diritto di veto da parte di minoranza qualificata).
L'azione sociale di responsabilità può essere esercitata anche dai soci che rappresentino almeno un quinto
del capitale sociale o la diversa misura prevista nello statuto, comunque non superiore al terzo.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, l'azione di cui al comma precedente può
essere esercitata dai soci che rappresentino un quarantesimo del capitale sociale o la minore misura prevista
nello statuto.
La società deve essere chiamata in giudizio e l'atto di citazione è ad essa notificato anche in persona del
presidente del collegio sindacale. I soci che intendono promuovere l'azione nominano, a maggioranza del
capitale posseduto, uno o più rappresentanti comuni per l'esercizio dell'azione e per il compimento degli
atti conseguenti.
In caso di accoglimento della domanda, la società rimborsa agli attori le spese del giudizio e quelle
sopportate nell'accertamento dei fatti che il giudice non abbia posto a carico dei soccombenti o che non sia
possibile recuperare a seguito della loro escussione. I soci che hanno agito possono rinunciare all'azione o
transigerla; ogni corrispettivo per la rinuncia o transazione deve andare a vantaggio della società.
Si applica all'azione prevista dal presente articolo l'ultimo comma dell'articolo precedente. → La società può
rinunziare all'esercizio dell'azione di responsabilità e può transigere, purché la rinunzia e la transazione
siano approvate con espressa deliberazione dell'assemblea, e purché non vi sia il voto contrario di una
minoranza di soci che rappresenti almeno il quinto del capitale sociale o, nelle società che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio, almeno un ventesimo del capitale sociale, ovvero la misura prevista nello
statuto per l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità ai sensi dei commi primo e secondo dell'articolo
2393 bis.
L’aspetto più critico dell’istituto è rappresentato dall'accesso alle informazioni necessarie per avviare e
supportare, sul piano probatorio, l'azione da parte delle minoranze stesse. Il sistema non consente agli
azionisti indagini esplorative all'interno dell'organizzazione societaria, il che rende spesso questo rimedio a
favore della minoranza un'arma sostanzialmente spuntata.
101
Responsabilità verso i creditori sociali
L’art. 2394:
Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla
conservazione dell'integrità del patrimonio sociale.
L'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al
soddisfacimento dei loro crediti.
La rinunzia all'azione da parte della società non impedisce l'esercizio dell'azione da parte dei creditori
sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l'azione revocatoria quando
ne ricorrono gli estremi.
È discusso se l'azione di responsabilità dei creditori sociali abbia natura di azione diretta, ovvero
surrogatoria (esperibile solo in caso di inerzia della società ad agire contro gli amministratori), oppure a
carattere autonomo (opinione favorevole). Questo perché gli amministratori sono chiamati a rispondere di
una diminuzione imputabile del patrimonio sociale, ma per questo danno gli amministratori non possono
essere chiamati a rispondere due volte. Se gli si riconosce natura autonoma, ne segue l'inopponibilità ai
creditori delle eccezioni che gli amministratori potrebbero invocare verso la società; ne segue che il risultato
utile dell'azione non verrà acquisito dal patrimonio della società, ma solo a quello di chi agisce.
La prescrizione decorrerà dalla dichiarazione di fallimento che fa presumere che il deficit patrimoniale si
sia in quel momento rivelato, con possibilità degli amministratori di provare l’anteriore insufficienza del
patrimonio (procedura di concordato preventivo).
L’azione del curatore costituisce una sintesi delle azioni di cui agli articoli precedenti. Al curatore è
consentito avvalersi della disciplina più favorevole, anche di quella delle due azioni che sarebbe preclusa. Il
curatore, in termini di onere della prova, ha gli stessi oneri relativamente ad allegazione e prova degli
specifici fatti su cui si fonda la responsabilità dell’amministratore (nesso causale e danno risarcibile).
• Criterio della differenza dei netti patrimoniali → il danno risarcibile si presume pari alla differenza
tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o alla data di apertura
della procedura concorsuale e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una
causa di scioglimento. (presunzione relativa)
• Criterio del deficit → in caso di mancanza o inattendibilità delle scritture contabili, l’ammontare del
danno corrisponderà alla differenza tra l’attivo e il passivo accertati nella procedura concorsuale.
(presunzione assoluta)
Infine, l’ordinamento attribuisce al singolo azionista o a terzi che siano stati direttamente danneggiati dagli
amministratori, la legittimazione a promuovere contro di essi un’azione di responsabilità. L’azione riguarda i
casi in cui gli azionisti o i terzi siano stati direttamente danneggiati (no danni riflessi che l’azionista può
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subire per la perdita di valore delle sue azioni a seguito di atti di mala gestio degli amministratori che
abbiano depauperato il patrimonio sociale).
Il codice, inoltre, considera la figura del direttore generale, al fine di estenderle il regime speciale di
responsabilità civile dettato per gli amministratori, sempre che questi sia nominato dall’assemblea o
dall’organo di amministrazione sulla base di autorizzazione statutaria.
Per essere assoggettati a tale regime, occorre che ricorrano i connotati tipologici propri della figura: per
direttore generale si intende un funzionario dirigente, posto al vertice della struttura aziendale, che opera in
relazione diretta con l’organo amministrativo. Tale figura non è obbligatoria ma è sempre presente nelle
imprese di dimensioni medio-grande, che posson averne anche più di uno, con mansioni sia di alta gestione
che più limitate alla gestione esecutiva quotidiana.
103
ui, i aso di falli e to della so ietà, l azio e del u ato e ostituis e la sintesi delle azioni di cui agli artt.
2393 e 2394. Quindi al curatore è consentito avvalersi della disciplina più favorevole per la curatela, e la
p es izio e dell azio e de o e à dal o e to della o os i ilità pe i edito i dell i suffi ie za
patrimoniale.
Se o do i p i ipi dell onere della prova, il curatore ha gli stessi oneri di allegazione e prova dei fatti su cui
si fonda la responsabilità degli amministratori, il nesso causale e il danno risarcibile.
I fi e, l o di a e to att i uis e al si golo azio ista o a te zi he sia o stati direttamente danneggiati dagli
amministratori, la legittimazione a promuovere o t o di essi u azione diretta di responsabilità. Quindi
non può avere ad oggetto i da i iflessi , he l azio ista può su i e pe la pe dita di valo e delle sue azio i
a seguito di atti di mala gestio degli amministratori che hanno impoverito il patrimonio sociale. In questo
aso, i fatti, l o di a e to sott ae a uesti ulti i l azio e he fi i e e pe espo e gli a i ist ato i alla
duplice riparazione dello stesso danno.
Il o po ta e to doloso o olposo dell a i ist ato e he ha ausato p egiudizio al terzo, è di solito la
comunicazione di informazioni false. Altri fatti produttivi di danno risarcibile possono essere eventuali
azioni discriminatorie compiute dagli amministratori a danno di un singolo azionista.
Nell azio e i dividuale di espo sa ilità, a a i o dell atto e fo i e la prova specifica del fatto colposo o
doloso dell a i ist ato e, e del nesso di causalità con il danno direttamente subito dal terzo.
Il codice, inoltre, considera la figura del direttore generale, al fine di estenderle il regime speciale di
responsabilità civile dettato pe gli a i ist ato i, se p e he uesti sia o i ato dall asse lea o
dall o ga o di a i ist azio e sulla ase di auto izzazio e statuta ia a t. .
Per essere assoggettati a tale regime, occorre che ricorrano i connotati tipologici propri della figura: per
direttore generale si intende un funzionario dirigente, posto al vertice della struttura aziendale, che opera
i elazio e di etta o l o ga o a i ist ativo. Tale figura non è obbligatoria ma è sempre presente nelle
imprese di dimensioni medio-g a di, he posso o ave e a he più di u o, o a sio i sia di alta
gestio e he più li itate alla gestio e ese utiva uotidia a.
La funzione di controllo interno è propria di ogni organizzazione imprenditoriale che mira all effi ie za e,
nelle s.p.a., il legislatore assegna tale funzione sia ad organi o uffici interni all o ga izzazio e della so ietà,
sia a soggetti esterni.
Nel modello di amministrazione tradizionale, la funzione di controllo è suddivisa tra un organo sociale,
ossia il collegio sindacale, e un soggetto esterno, ossia il revisore legale dei conti.
Il ollegio si da ale pe ò se p e l o ga o al ve ti e dei siste i di o t ollo, il uale, a o a dell a t.
, a zitutto vigila sull’osse va za della legge e dello statuto .
Il controllo di legalità è sostanziale, i ua to il ollegio deve vigila e a he sul ispetto dei principi di
corretta amministrazione , e o p e de la vigila za sull adeguatezza dell assetto a i ist ativo,
organizzativo e contabile adottato dalle so ietà e el suo fu zio a e to a t. , o. .
Si tratta di un controllo non censorio su atti, ma di una vigilanza complessiva sull’attività, che si estende
fi o alla valutazio e dell adeguatezza te i o-produttiva, finanziaria, del personale e che può implicare la
eazio e di uffi i ido ei al o t ollo i te o. Il o t ollo o igua da, i fatti, solo l attività degli
a i ist ato i, a tutta l attività so iale e ui di si i hiedo o sistemi formalizzati di controlli interni su cui
il collegio sindacale è chiamato a vigilare, anche in relazione alla verifica della corretta attuazione di
eventuali regolamenti interni.
L attività di vigila za dei si da i sulla o ettezza dell a i ist azio e o può pe ò igua da e a he u
controllo di merito, quindi è estranea dal controllo del collegio sindacale ogni valutazione circa la
o ve ie za, l oppo tu ità e sul livello di is hio delle de isio i di gestio e; ispetto a tali de isio i i si da i
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104
devono solo rilevare se la scelta gestionale non presenti una violazione delle regole di comportamento.
La funzione di controllo dei sindaci deve essere, inoltre, continuativa ed esse do u o t ollo sull attività,
non necessita la verifica di ogni singolo atto.
Al collegio sindacale è quindi assegnata una posizione di alta sorveglianza rispetto al sistema di controlli
i te i, la ui u a di volta i volta de a data o all o ga o di a i ist azio e o al eviso e legale
esterno.
Al collegio sindacale della società quotata i testato il pote e di vigila za sia sull adeguatezza
o ga izzativa dei siste i di o t ollo i te o, sia sull attività di evisio e legale dei o ti.
Ai sindaci però non spettano funzioni dirette di controllo contabile che è rimesso ai revisori legali dei conti,
pur restando in capo al collegio sindacale compiti di supervisione sulla regolarità della loro funzione.
Tuttavia, solo gli statuti delle s.p.a. hiuse che non sono tenute alla redazione del bilancio, possono
operare una scelta diversa, assegnando al collegio sindacale anche la funzione di controllo contabile; ma in
tal caso i sindaci dovranno tutti possedere la qualifica di revisori legali dei conti.
Olt e all attività di o t ollo, il ollegio si da ale ha compiti di info azio e dell’asse lea e o sultivi
obbligatori, sop attutto o igua do alla elazio e he deve esse e depositata ai se si dell a t. i
occasione della redazione del bilancio.
Tale elazio e e t ale pe l i fo azio e dei so i, i ua to il ollegio si da ale deve ife i e: a l attività
svota ell ade pi e to dei p op i dove i; sulla valutazio e dei isultati dell ese izio so iale; su
osservazioni e proposte in ordine al bilancio e alla sua approvazione.
Fermo il dovere di segnalare eve tuali i egola ità o iti ità is o t ate ell ese izio delle p op ie fu zio i
di o t ollo sull attività so iale, il ollegio si da ale ella elazio e o esp i e pe ò u giudizio te i o-
p ofessio ale i ua to esso ise vato al eviso e legale esterno.
Tutti gli altri poteri sono tipizzati dalla legge. Rimangono eccezionali quelli di amministrazione attiva, di
approvazione di atti degli amministratori e la legge tipizza i casi in cui il collegio sindacale deve rendere
pareri obbligatori; non è però escluso che questi possano esprimere pareri facoltativi, igua do all esige za
di una leale cooperazione tra organi societari.
L o ga o di o t ollo ha composizione numerica rigida, infatti lo statuto può scegliere solo fra due
alternative: 3 o 5 membri effettivi. Devono essere comunque nominati due supplenti. Solo nelle società
uotate o se tita u a de oga ve so l alto.
I sindaci devono godere di determinati requisiti di professionalità: almeno uno di essi deve essere revisore
legale dei conti, mentre occorre che gli altri siano iscritti in appositi albi professionali individuati da
regolamento o scelti fra professori universitari in materie economiche o giuridiche.
Tali requisiti sono a pena di nullità della nomina, o di successiva decadenza in caso di perdita sopravvenuta
(art. 2399, ult.co).
Solo nelle società che abbiano potuto scegliere di attribuire, per statuto, le funzioni di controllo contabile al
ollegio si da ale, l o ga o deve esse e o posto esclusivamente da revisori legali dei conti.
La nomina del collegio sindacale è di o pete za i de oga ile dell’asse lea ordinaria, secondo la regola
di maggioranza: l o issio e della o i a o po te à lo s iogli e to della so ietà pe i possi ilità di
egola e fu zio a e to dell asse lea della società.
Le cause di cessazione del rapporto, oltre al decesso, sono: a) scadenza del termine; b) decadenza; c)
rinuncia; d) revoca per giusta causa.
a) Quanto al termine, i si da i esta o i a i a pe t e ese izi, e s ado o alla data dell asse lea
o vo ata pe l app ovazio e del ila io elativo al te zo ese izio della a i a. La s ade za
si ulta ea pe l i te o ollegio, a he là dove u o o più dei suoi o po e ti sia stato sostituito
durante il mandato. Fino alla nomina del nuovo collegio, i precedenti sindaci rimangono in carica in
regime di prorogatio, senza limitazioni di potere (art. 2400, co.1).
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b) Le cause di decadenza si suddividono a seconda che riguardino la sopravvenuta perdita del
e uisito di eleggi ilità, o all i ade pi e to di u dove e dei si da i.
Queste ultime cause di decadenza necessitano di un accertamento circa la carenza di giustificazione
dell asse za e va o di hia ate o u p ovvedi e to di accertamento costitutivo.
c) La rinuncia è sempre ammissibile in ogni momento, senza che la società possa avanzare pretese
risarcitorie verso il sindaco dimissionario: per integrarsi è sufficiente che sia comunicata al
presidente del collegio sindacale, e il supplente subentrerà automaticamente.
I aso di ve i e o di u o po e te, a salvagua dia dell i teg ità dell o ga o so iale, p evisto
per i sindaci il sistema appunto della supplenza, ferma però la regola per la quale, nella prima
assemblea possi ile, deve p ovvede si a i o po e l o ga o ollegiale, o la o i a dei si da i
effettivi e dei supplenti necessari.
L effettività della funzione di o t ollo affidata a due a atte isti he dell o ga o so iale: l indipendenza e
l inamovibilità dei componenti.
Il p i ipio dell’i dipe de za ricade sia sul piano dei requisiti di eleggibilità alla carica, sia sul piano
dell eve tuale rimozione dalla carica stessa.
Qua to ai p i i, l a t. fissa ipotesi he fa o p esu e e la a e za del e uisito di indipendenza, con
conseguente nullità della delibera di nomina; o, in caso di loro sopravvenienza, di decadenza dalle funzioni.
Sono cause legali di ineleggibilità e decadenza, non derogabili dallo statuto:
a) quelle previste per gli amministratori (incapacità legale, fallimento, pene accessorie);
b) il o iugio, la pa e tela o l affi ità e t o il ua to g ado o a i ist ato i della so ietà o di alt e
società del gruppo;
c) i rapporti di lavoro di carattere continuativo con la società o con altre società del gruppo;
d) gli alt i appo ti di atu a pat i o iale he e o p o etta o l i dipe de za .
Alt a egola a salvagua dia dell i dipe de za del si da o uella sull invariabilità dei compensi: essi
devo o esse e fissati o testual e te alla o i a da pa te dell asse lea, i isu a e ua el quantum, e
a scadenza periodica annuale, senza che possano essere modificati nel corso del mandato. Il diritto al
compenso è irrinunciabile.
A salvagua dia dell i dipe de za del si da o, vi la egola he egli sia revocabile solo per giusta causa con
deli e azio e dell asse lea o di a ia, la uale, pe ave e effi a ia, deve poi esse e approvata con decreto
del Tribunale.
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uso di strumenti residuali di reazione individuali.
La fase reattiva può concretizzarsi in diverse iniziative.
Per quanto riguarda i poteri da esercitarsi collegialmente, i sindaci possono e devono direttamente
o vo a e l’asse lea in caso di omissione o di ingiustificato ritardo degli amministratori nella
o vo azio e o ligato ia dell asse lea.
Il ollegio si da ale o vo he à l asse lea pu e pe l adozio e di p ovvedi e ti u ge ti, i aso di fatti
censurabili di rilevante gravità , o essi dagli a i ist ato i o ilevati all i te o di uffi i della so ietà i
violazione dei rispettivi doveri.
I aso di gravi irregolarità nella gestione , i si da i posso o p ese ta e denuncia al Tribunale e alla
Consob per le quotate.
Il collegio sindacale è anche legittimato ad impugnare le deliberazioni assembleari o consiliari illegittime,
dove ritenga che esse siano da eliminare. Quindi ha il potere/dovere di p o uove e l’ese izio dell’azio e
sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori, con la maggioranza dei due terzi dei
componenti.
Al singolo sindaco è dato comunque di reagire individualmente rispetto ad accertate irregolarità.
L i te ve to dei si da i può esse e poi solle itato dagli azio isti, t a ite apposita denuncia.
Ad ogni socio è dato, infatti, la possibilità di spingere il collegio sindacare ad indagare su fatti censurabili,
he il ollegio av e e dovuto già ileva e ell ese izio delle fu zio i di o t ollo .d. denuncia semplice).
In tal caso, il collegio stesso dovrà tener co to di tale de u ia ella elazio e a uale all asse lea.
Se la denunzia proviene da una minoranza qualificata, il collegio sindacale, dopo aver indagato senza
ritardo, dovrà riferirne alla prima assemblea utile.
In ogni caso, i sindaci dovranno convo a e l asse lea là dove, a seguito dell i dagi e, ha o ilevato fatti
censurabili di gravità e vi sia urgenza di provvedere.
I sindaci devono adempiere ai propri doveri con lo standard della diligenza professionale. Un punto di
riferimento di tale standard di comportamento dovuto dai sindaci si ritrova nei Principi di comportamento.
I sindaci sono solidalmente responsabili con gli amministratori colpevoli di mala gestio, se il danno non si
sarebbe prodotto se avessero vigilato in conformità dei propri doveri (art. 2407, co.2).
All azio e di espo sa ilità ei o f o ti dei si da i si appli a la dis ipli a sull azio e o t o gli
amministratori.
Si tratta di una responsabilità per fatto proprio, in modo che il sindaco non risponde automaticamente in
caso di accertata responsabilità degli amministratori, ma solo là dove gli possa essere imputata la violazione
degli obblighi di vigilanza della carica, e sempre che si dia prova del nesso di causalità fra il comportamento
del sindaco in violazione dei suoi dove i, e la p oduzio e dell eve to da oso a seguito del o po ta e to
di mala gestio degli amministratori.
La funzione di controllo contabile, è stata sottratta dal collegio sindacale e attribuita ad un revisore esterno.
Essa trova la propria regolamentazione nel d.lgs. 39/2010 della direttiva CE. Il decreto istituisce un Registro
dei revisori legali i ui so o is itti, sotto la vigila za del Mi iste o dell E o o ia, i soggetti abilitati alla
revisione legale dei conti.
La funzione di controllo contabile ha o e o te uto tipi o il o pito di ve ifi a e la regolare tenuta
della contabilità sociale e la corretta rilevazione nelle scritture contabili dei fatti di gestione .
Ulteriore compito del revisore è il giudizio sul ila io d’ese izio e, dove presente, del bilancio consolidato.
Ovvia e te il eviso e o deve ga a ti e he il ila io sia ve o , a ha l o ligo di i e a e
l esiste za di possi ili f odi o ta ili.
Il revisore deve quindi formulare un giudizio sul bilancio che presenta uatt o fo e a se o da dell esito:
positivo, positivo con rilievi, negativo, o con impossibilità di emettere giudizio.
Se il giudizio è positivo, il revisore attesta non solo la conformità del bilancio alle norme che ne disciplinano
la redazione, ma anche se il bilancio rappresenta in modo veritiero e corretto, sia la situazione patrimoniale
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e fi a zia ia della so ietà, sia il isultato e o o i o d ese izio.
Il o t ollo o ta ile deve ese ita si el o so dell ese izio e ui di con continuità.
Al fine di ottimizzare i controlli, sia il revisore sia il collegio sindacale hanno obblighi di tempestiva e
reciproca informazione riguardo informazioni rilevanti per lo svolgimento delle relative funzioni. Quindi il
revisore dovrà segnalare al collegio sindacale eventuali fatti censurabili e sulla regolarità contabile.
La vigente disciplina sulla revisione legale dei conti mira a rimuovere le principali criticità per un efficienza
dei eviso i, pu ta do su egole he dov e e o a e tua e l indipendenza.
In punto di nomina del revisore, si tenta di non lasciare al gruppo di maggioranza una completa autonomia
sulla scelta del revisore, infatti essa è su proposta otivata dell’o ga o di o t ollo; l asse lea, pe ò,
rimarrà libera di non nominare il soggetto desig ato dall o ga o di o t ollo, a o può o u ue
procedere alla nomina di un revisore diverso da quello proposto.
La durata dell i a i o di t e ese izi.
Sotto il profilo del corrispettivo, esso deve esse e adeguato all i a i o, p evisto i sede di nomina e non è
variabile.
La revoca del eviso e, i ve e, può esse e deli e ata dall asse lea solo per giusta causa, ma è soggetta a
pa e e dell’organo di controllo.
L a t. , d.lgs. / i t odu e u a lausola ge e ale sull indipendenza del revisore, il quale non deve
essere coinvolto in alcun modo nei processi decisionali della società revisionata (c.d. obiettività del
revisore).
Il legislato e pu ta sull autoresponsabilità del revisore, il quale deve adottare tutte le misure atte ad
ovviare ai fatti he posso o i a e l i dipe de za e a o effettua e la evisio e legale dove i o o o
i osta za pe le uali l i dipe de za può appa i e o p o essa.
Tuttavia, il legislatore non richiama per il revisore la disciplina delle cause di ineleggibilità e decadenza
o e pe i si da i, e i via all autodis ipli a dettata dalle asso iazio i p ofessio ali.
Per adempiere alle funzioni di controllo contabile, il revisore esterno gode di poteri informativi, avendo il
diritto ad ottenere dagli amministratori documenti e notizie utili all attività di evisio e legale, a a he
poteri ispettivi, potendo procedere ad accertamenti, controlli ed esame di atti e documentazione.
La responsabilità del revisore è solidale con gli amministratori verso la società, i soci e i terzi per i danni
cagionati in violazione dei propri doveri, secondo i criteri di diligenza professionale.
Nel caso in cui il revisore legale sia una società di revisione, responsabili in solido sono anche il responsabile
della revisione e i dipendenti he ha o olla o ato all attività di evisio e.
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partecipazione per la legitti azio e pot a o ui di ivolge e la de u zia all o ga o di o t ollo pe
sollecitare il ricorso.
La procedura prende avvio dalla denuncia presentata da uno dei legittimati presso il Tribunale civile nella
cui circoscrizione ha sede la società. Il Tribunale convoca innanzitutto in camera di consiglio gli
amministratori e i sindaci, per verificare la fondatezza della denuncia stessa, fissando un termine per la
notifica.
Il T i u ale pot à de ide e, ui di, l a hiviazio e pe i fo datezza della de u ia, o di sospendere la
p o edu a pe u te po dete i ato, a seguito di u ravvedimento operoso della so ietà he ha
sostituito gli a i ist ato i e i si da i o alt i soggetti di adeguata p ofessio alità he si impegnano a
procedere in autotutela in base a un dettagliato programma di risanamento.
In mancanza di tale ravvedimento, e sempre che la denuncia abbia fondatezza, il Tribunale può ordinare
l ispezione giudiziale della società, nominando un ispettore.
Al termine di tale ispezione, se sussistono le irregolarità denunciate, il Tribunale adotta gli opportuni
provvedimenti provvisori e la o vo azio e dell’asse lea per le conseguenti deliberazioni.
Nei casi più gravi, verrà nominato un amministratore giudiziario, in sostituzione degli amministratori e dei
sindaci, che verranno così revocati giudizialmente.
L attività della società deve essere documentata in un complesso di scritture, chiamate a dare evidenza
sto i a ed u a app ese tazio e osta te dei dive si aspetti della vita dell e te. Esse posso o esse e
suddivise in diversi gruppi, a seconda del loro oggetto.
Le scritture contabili e i libri sociali sono documenti interni, che i soci non possono consultare, se non in
minima parte, avendo diritto di esaminare e trarre estratti solo del libro soci e di quello delle adunanze
assembleari.
La funzione informativa del mercato è svolta invece dal bilancio, il quale va depositato presso il registro
delle imprese. Esso, infatti, è l’u i o st u e to att ave so ui i so i e i te zi posso o a oglie e dati e
formare giudizi sulla situazio e pat i o iale e fi a zia ia della so ietà e sull’a da e to e o o i o della
gestione.
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Il ila io l insieme dei documenti, edatti o pe iodi ità a uale dall o ga o a i ist ativo ed
app ovati dall asse lea. Si defi is e bilancio d’ese izio perché va redatto dopo la chiusura di ciascun
pe iodo i ui, pe legge, vie e s a dita l attività e he deve ave e durata inderogabilmente annuale.
Esso si articola in stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa: i primi due sono documenti
contabili, cioè sequenze di voci e dei relativi valori numerici; il terzo invece è un documento descrittivo e
illustrativo. Lo stato patrimoniale (art. 2424) rappresenta una situazione statica, in quanto illustra le
attività e le passività che co po go o il pat i o io della so ietà alla hiusu a dell ese izio e e i di a il
valore; non si tratta però di un inventario in quanto gli elementi non vengono elencati singolarmente, ma
raggruppati per voci e sottovoci, distinte in base alla natura e alla desti azio e dei e i all i te o della
società. Il conto economico (art. 2425), invece, è la sintesi di un processo dinamico, i quanto riepiloga i costi
e i i avi soste uti e ealizzati el o so dell ese izio, ed evide zia pe sott azio e il isultato, positivo o
negativo, dello stesso. La nota integrativa (art. 2427), infine, contiene dati numerici e notizie in forma
narrativa che completano o illustrano le informazioni ricavabili dai primi due documenti.
Il legislatore regola con dettaglio la struttura del bilancio, i principi di redazione e valutazione delle poste
contabili e il procedimento di formazione approvazione e pubblicità.
Le ragioni di tale attenzione riguardano le due funzioni fondamentali assolte dal bilancio: essenziale è la
funzione informativa, accessibile a chiunque in quanto esso è depositato presso il registro delle imprese, e
si rivolge a tutti gli attori del mercato.
Non meno importante è la fu zio e esti ativa dei isultati dell’attività e ad essa si affianca la funzione
organizzativa, in quanto i suoi dati fungono da parametro di riferimento e limite per la legittimità di certe
operazioni.
La atu a degli i te essi he il ila io deve soddisfa e spiega l inderogabilità della relativa disciplina.
Questa ha u a ti olazio e di tipo piramidale: a) al vertice vi sono le clausole generali, o principi
fondamentali, che rappresentano i pilastri su cui poggia il bilancio: verità, chiarezza e correttezza (art. 2423,
co.2); b) i principi di redazione (art. 2423-bis) che contiene i criteri generali di iscrivibilità e valutazione
degli elementi patrimoniali; c) disposizioni attuative che delineano la struttura e la composizione del
bilancio (artt. 2424, 2425, 2427) e dettano le regole di valutazione dei singoli tipi di beni (art. 2426).
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nessuna compensazione tra voci di segno opposto sono legittimi. Deve però essere fornita ogni
informazione complementare che risulti rilevante ai fini della chiarezza: attraverso una ulteriore
sottodistinzione delle voci o una specifica indicazione su ulteriori aspetti rispetto a quello di legge, nella
nota integrativa.
Il principio della chiarezza impone anche di rispettare l’o di e delle vo i e la collocazione delle
informazioni previsti dalla legge, per favorirne la lettura e la comparazione tra bilanci diversi.
La chiarezza esigibile è circoscritta alle funzioni cui il bilancio deve assolvere, perciò non impone di fornire
prospetti contabili aggiuntivi ad altre esigenze. Infine, essendo un documento contabile, la chiarezza va
misurata sulla base della sua leggibilità tecnica, non in base alla sua comprensibilità da parte di un lettore
ignaro del linguaggio in cui è formulato.
Terzo è il principio di correttezza che funge da corollario agli altri. Un bilancio è vero quando adotta i
corretti criteri contabili e le corrette regole, quindi in questo caso correttezza equivale ad adeguatezza
tecnica. Inoltre un bilancio è chiaro quando i dati siano forniti in modo trasparente, quindi in questo caso
correttezza equivale a buona fede oggettiva.
I tre principi sono strumento di interpretazione e sono sovraordinati rispetto alle disposizioni attuative, al
pu to he ua do i asi e ezio ali, l appli azio e di u a di esse i o pati ile o la app ese tazio e
ve itie a e o etta, la disposizio e o vie e appli ata .
Idonei a garantire la verità e la correttezza del bilancio sono i criteri valutativi ed è a questi che si riferisce il
p i ipio della disappli azio e, he p esuppo e il o figu a si di u aso e ezio ale : si deve t atta e di
circostanze straordinarie riguardanti uno specifico elemento del patrimonio sociale (ad es. un anonimo dipinto
acquistato per pochi soldi e che successivamente si scopre essere di Van Gogh, dovrà essere iscritto non al costo di acquisto, ma al
valore di stima). L’i e e to di valo e deve dis e de e dalle a atte isti he fisi he o giu idi he del e e.
L a t. -bis enuncia i c.d. principi di redazione del bilancio, ossia i criteri tecnici generali cui ci si deve
attenere nella sua elaborazione. Essi rispettano per definizione le clausole generali e sono sovraordinati
rispetto alle disposizioni attuative che li seguono: hanno anche valenza percettiva autonoma e fungono da
criterio interpretativo.
a) Il principio di prudenza i ide sull is ivi ilità degli ele e ti dell attivo e del passivo e sulla lo o
valutazione, dovendosi procedere evitando di far risultare il patrimonio non certo. Esso è alla base
di importanti disposizioni e di altri principi fondamentali di redazione.
Il principio di realizzazione, pe ui si posso o i di a e solo gli utili ealizzati alla data di
hiusu a dell ese izio; gli i e e ti pat i o iali so o is ivi ili solo se giuridicamente
conseguiti dalla società, non se sono meramente attesi o sperati, per quanto alte siano le
probabilità della loro futura effettiva realizzazione.
Il principio di dissimmetria, per cui le diminuzioni patrimoniali devono essere iscritte non
solo al momento della loro concretizzazione, ma anche quando sono solo temute e
probabili.
Il principio di prudenza impone infine di scegliere, quando due valutazioni sono di pari grado di
attendibilità, quella inferiore.
b) Il p i ipio di o ti uità dell’attività incide sui criteri di valutazione degli elementi patrimoniali,
orientandola non tanto verso la determinazione del loro valore corrente, quanto verso quello che
essi ha o pe la so ietà ella p ospettiva della o ti uazio e dell attività .
Tale principio va rispettato comunque, anche quando la società ha in progetto di cedere in futuro
un determinato cespite o di li uida e l i te o pat i o io.
c) Il principio di competenza costituisce il criterio temporale di selezione degli elementi patrimoniali
da is ive e. Il ila io d ese izio u ila io per competenza e non per cassa, cioè che le poste
attive e passive va o is itte el ila io elativo all ese izio a ui so o giu idi a e te ed
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e o o i a e te i puta ili, i dipe de te e te dalla data dell effettivo i asso o paga e to ad
es. il o ispettivo della ve dita di u e e va is itto el ila io d esercizio in cui si è prodotto il trasferimento della
p op ietà del e e della so ietà all a ui e te, a he se il paga e to avve à ell ese izio su essivo ). Tale principio
non è in contrasto con quello di realizzazione, poiché per incremento realizzato non si intende
quello incassato, ma quello giuridicamente certo.
Il bilancio è composto, come si è detto, da stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa (art.
2423, co.1).
Lo schema dello stato patrimoniale (art. 2424) è articolato in due blocchi: attivo e passivo.
All attivo vanno iscritti gli elementi patrimoniali positivi, ripartiti per macrovoci e sottovoci. Esso distingue
le immobilizzazioni dall attivo circolante. Le immobilizzazioni sono i beni utilizzati durevolmente dalla
società i o ili, a hi a i, e i i ate iali, e i fi a zia i ; e t e l attivo i ola te fo ato da
rimanenze, crediti, liquidità e disponibilità finanziarie non immobilizzate.
Al passivo invece vanno iscritti gli elementi patrimoniali negativi, sempre per voci, vale a dire i debiti e i
fondi per rischi e oneri.
Al passivo va anche iscritto il patrimonio netto della società. Questo è costituito dalla differenza tra il valore
dell attivo e gli ele e ti egativi. Di pe s esso o ostituis e u a o po e te negativa del patrimonio,
ma la sua iscrizione al passivo è puramente convenzionale e consente la chiusura contabile del bilancio con
un pareggio tra attivo e passivo.
Importante però è la valutazione del patrimonio netto. Il netto è un numero che non rappresenta il valore
di singoli beni, ma è il risultato di una sottrazione tra attivo e passivo; esso viene ripartito tra una pluralità
di voci.
Il capitale è la porzione del netto soggetta al vincolo di indisponibilità. Se il netto è inferiore, la sottovoce
apitale sa à ila iata da u is izio e o seg o e o, alla vo e pe dite d ese izio e/o pe dite
po tate a uovo . Se il etto aggio e del apitale, a uesto si affia a o is izio i a ise va o a utili.
Le riserve rappresentano ricchezza superiore al capitale, che la società conserva nel proprio patrimonio.
Esse possono essere diverse:
Anche gli utili di bilancio rappresentano ricchezza superiore al capitale, ossia incrementi del patrimonio
non apportati a riserva: tale voce può risultare dalla non imputazione a riserva di risultati positivi degli
ese izi p e ede ti utili po tati a uovo , a ui può aggiu ge si il isultato positivo dell ese izio attuale
utile d ese izio . Quest ulti o se pli e e te il isultato positivo del o to e o o i o dell ese izio e
rappresenta una ricchezza superiore al capitale solo se il patrimonio netto di partenza era almeno pari al
apitale; ualo a i ve e vi fosse stata u a pe dita i iziale, l utile d ese izio ei teg e à il apitale.
Le perdite gravano prima di tutto sugli utili di bilancio e successivamente sulle riserve facoltative, statutarie
e legale, e solo alla fine sul capitale.
Il conto economico (art.2425) è un conto a scalare il cui risultato si forma attraverso la somma progressiva
dei ricavi, dei costi, degli altri proventi ed one i, e dete i a il isultato e o o i o dell ese izio.
Le prime due macrovoci riguardano il valore della produzione e i costi della stessa. Anche questo
do u e to ela o ato o il ite io della o pete za, pe ui i i avi e i osti d ese izio o
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necessariamente coincidono con gli incassi e gli esborsi. Inoltre, il conto rappresenta il valore integrale della
produzione del periodo e o solo della p oduzio e ve duta, pe iò ai i avi va aggiu to l eve tuale
incremento delle rimanenze di magazzino. Allo stesso modo, i costi da iscrivere sono quelli riferibili alla
produzione del periodo.
Le altre macrovoci riguardano i p ove ti e gli o e i dive si da uelli as e ti dall’ese izio dell’attività. Al
risultato della somma algebrica delle diverse voci va o det atte le i poste, pe otte e e l utile etto
dell ese izio.
L a t. detta i criteri di valutazione dei beni, suddivisi per tipi.
a) Le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione. Questo criterio deriva dal
principio di conti uità dell attività, i ua to o se te di ileva e il valo e d uso del e e, e t e
ne trascura il valore corrente; discende pure dal principio della prudenza, perché, anche se il bene
si fosse nel tempo rivalutato nel mercato, solo se lo si cedesse si realizzerebbe e si potrebbe
iscrivere la plusvalenza. Se invece il bene si è durevolmente svalutato, va iscritto il minor valore e se
il bene a natura limitata nel tempo dal valore di costo deve essere detratta anno per anno una
quota di ammortamento fino all azze a e to ua do l utilità essa.
b) Gli incrementi di produttività derivanti da ricerche, pubblicità ecc. sono iscrivibili al costo; ma,
p ude za, dal o e to he o isu a ile l utilità effettiva e te i avata della so ietà, devo o
essere in essa a te ute ise ve tali da op i e il lo o valo e. A he l avvia e to is ivi ile solo
se a uisito a titolo o e oso; a se la so ietà ve de l azie da ealizza do u a plusvale za, uesta
verrà iscritta.
c) I crediti devono essere iscritti al valore di presumibile realizzo, tenendo conto cioè delle eventuali
contestazioni riguardo al suo ammontare e della possibile incapienza del patrimonio del debitore.
d) Le rimanenze e le attività finanziarie circolanti vanno iscritte al costo o al presumibile valore di
realizzo, desu to dall a da e to del e ato.
Il terzo documento componente il bilancio è la nota integrativa (art.2427), che raccoglie una serie di
informazioni illustrative dei dati contabili, utili per una più completa conoscenza della situazione societaria.
Le informazioni contenute nella nota sono in parte numeriche e in parte narrative, e sono prescritte dalla
legge se za es lude e he il p i ipio di hia ezza esige l i se i e to di ulte io i otizie. Si t atta di dati
relativi alla composizione delle voci contabili, alle loro variazioni, ai criteri di valutazione applicati e ad
alcuni aspetti riguardanti la struttura finanziaria della società.
Non appartiene al bilancio invece la relazione degli amministratori (art.2428). Si tratta di un resoconto,
narrativo e u e i o, he o tie e u a alisi della situazio e della so ietà e dell a da e to e del isultato
della gestio e el suo o plesso e ei va i setto i i ui ha ope ato. Ad essa segue l ele azio e di u a
serie di informazioni che la relazione deve for i e e t a le uali ileva o l evoluzio e della gestio e e i fatti
di ilievo avve uti dopo la hiusu a dell ese izio. A he ui la elazio e deve off i e u a alisi fedele,
e uili ata ed esau ie te, oe e te o l e tità e la o plessità degli affa i della so ietà . Essa i a e
este a al ila io i odo he la violazio e di uesti p e etti o l o issio e delle i fo azio i o lo e de
falso, e non è neanche soggetta ad approvazione assembleare.
Il progetto di bilancio edatto dall o ga o gesto io i fo a ollegiale. Esso poi sottoposto all o ga o di
controllo e al soggetto incaricato della revisione legale, il primo deve redigere una propria relazione con la
des izio e dell attività svolta e le osse vazio i elative al p ogetto; il se o do i ve e deve formulare il
proprio giudizio sulla verità e sul rispetto della disciplina che presiede la sua relazione.
Su essiva e te l’asse lea o di a ia app ova il ila io.
L asse lea può modificare il progetto e solo o l app ovazio e il ila io a uista rilevanza giuridica e
deve essere depositato presso il registro delle imprese, con le relazioni che lo accompagnano.
Il bilancio è inoltre oggetto della delibera assembleare, e come ogni altra, anche questa può essere invalida
e quindi può essere impugnata.
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I vizi procedimentali e dete i a o l a ulla ilità o la ullità. Se il ila io o o fo e alla dis ipli a
che presiede alla sua redazione, la delibera è nulla per contrarietà a norme imperative, e quindi per illiceità
dell’oggetto. Il bilancio è nullo anche se non è conforme a verità e questo accade quando si omettono
elementi patrimoniali esistenti o se ne indicano di fittizi o si procede a valutazioni contrarie ai criteri legali.
Nullo è anche il bilancio vero ma non conforme al principio di chiarezza.
La nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse (art.2379). Con la riforma del 2003, il
legislatore ha apposto dei limiti alla possibilità di impugnazione. Innanzitutto un termine di decadenza
flessi ile: l i pug azio e, io , o può esse e p oposta o t o u ila io dopo l app ovazio e di uello
successivo. In sostanza non è più utile impugnare bilanci precedenti, o perché quello più recente ha
eliminato il vizio, o perché lo riproduce e quindi si agirà contro di esso.
In secondo luogo, un requisito di legittimazione: se il revisore non ha formulato rilievi sul bilancio,
l i pug azio e può esse e p oposta dai so i he app ese ta o al e o il % del apitale.
La società a responsabilità limitata risulta uno dei tipi societari più diffusi nella prassi. Tale circostanza
dipende dalla sua adattabilità e dalla sua utilizzabilità sia in contesti molto ristretti, come le società
familiari, sia in contesti più ampi, come le società. Lo stesso vale per quanto riguarda le sue dimensioni, in
quanto le s.r.l. possono essere sia piccole imprese, che medio-grandi e questo è reso possibile dalla stessa
normativa che non prevede una soglia massima di capitale sociale o altri parametri che possano delimitare
l a ea di appli azione di tale modello.
L attuale dis ipli a volta sop attutto ad enfatizzare la figura dei singoli soci e ad attribuire ad essi ampi
poteri. Infatti i soci delle s.r.l. sono di norma un numero limitato e soprattutto sono interessati a
partecipare attivamente alla vita della società (c.d. soci imprenditori) e ad interloquire in relazione ad
aspetti riguardanti la gestione, differenziandosi quindi dalla s.p.a. in cui la compagine sociale può essere
anche molto ampia e la gestione spetta esclusivamente agli amministratori. Si comprendono così quelle
norme che da un lato impediscono che le partecipazioni dei soci siano rappresentate da azioni e possano
costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, e contestualmente attribuiscono ai soci ampi
poteri di controllo e di intervento nella gestione societaria.
Inoltre, le regole introdotte nel 2003 accentuano il uolo dell’auto o ia egoziale e dei rapporti
o t attuali t a i so i. L a pia auto o ia i o os iuta alle pa ti t ova solo dei limiti in alcune norme
imperative poste a tutela dei terzi, in considerazione del fatto che la s.r.l. è dotata di autonomia
patrimoniale perfetta, e in specifiche disposizioni che possono fissare gli elementi distintivi della s.r.l.
rispetto ad altri tipi societari, così che pur restando una società di capitali e mantenendo un regime di
autonomia patrimoniale perfetta, può presentare, in diversi casi, diversi elementi che la distinguono ed
avvicinarsi alla società di persone: come ad es. la facoltà di adottare i sistemi di amministrazione
disgiu tivi o o giu tivi, o la possi ilità di i t odu e ell atto ostitutivo delle lausole di es lusio e pe
giusta ausa, o o fe i e ti di p estazio i d ope a o se vizi.
Proprio tale vicinanza con la società di persone, talvolta, può rendere difficile accertare la disciplina
applicabile in caso di lacune nella medesima normativa. Se da u lato la a a za di u apposita o ativa
in relazione ad uno specifico tema non sempre viene interpretata come una lacuna, in quanto può essere
he il legislato e a ia de iso auto o a e te di o dis ipli a lo, dall alt o, i p ese za di u a e tata
lacuna, non appare corretto rinviare alle norme della s.p.a. essendo in alcuni casi più opportuno rivolgersi
alla disciplina posta in essere per le società di persone.
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La s.r.l. può essere costituita unicamente mediante costituzione simultanea, a differenza della s.p.a. per la
quale è possibile anche una costituzione attraverso pubblica sottoscrizione.
Essa può essere costituita, ai sensi dell a t. , o u o t atto o o atto u ilate ale; i fatti pe essa
la ostituzio e di u a s. .l. u ipe so ale. Data pe ò la possi ilità he l u i ità del so io possa app ese ta e
u aspetto egativo sop attutto pe i te zi, il legislato e p evede alcune disposizioni volte appunto a
tutelare i creditori.
Si tratta di principi che coincidono con quelli delle s.p.a.
In caso di violazione di tali obblighi, il socio risponde personalmente ed illimitatamente delle obbligazioni
sociali sorte nel periodo in cui è stato unico socio, sempre se la società risulti i solve te. Questa l u i a
deroga prevista alla regola generale della responsabilità limitata, in forza della quale per le obbligazioni
sociali risponde solo la società con il suo patrimonio.
Per dare vita ad una s.r.l. occorre, innanzitutto, redige e l atto ostitutivo i fo a di atto pu li o. L atto
ostitutivo deve e essa ia e te o te e e, se o do l a t. , tali aspetti, olt e ad alt e p evisio i he le
parti possono decidere di inserire:
Non è dedicata nessuna norma ai patti parasociali posti in essere dai soci: tale mancanza può dipendere dal
fatto he il legislato e o fida he i so i p efe is o o i t odu e già ell atto ostitutivo og i p evisio e
circa le loro negoziazioni, dando così ad esse efficacia reale e rendendole così opponibili ai terzi. Questo
però non toglie che pure nella s.r.l. i soci stipulino un patto parasociale; in questo caso è difficile capire
quale sia la normativa applicabile e quindi se sia possibile ricorrere alle regole previste per la s.p.a. o la
disciplina generale in tema di contratti.
Ai se si dell a t. e essa io he il apitale so iale sia sottos itto pe i te o, he sia o ispettate le
previsioni relative ai conferimenti e sussistano le autorizzazioni e le altre condizioni richieste dalle leggi
speciali per la costituzione della società in base al suo particolare oggetto.
Il otaio, u a volta p edisposto atto ostitutivo ed effettuato u o t ollo di legalità, deve deposita lo
entro venti gio i p esso l uffi io del egist o delle i p ese, allega do i va i do u e ti e o testual e te
i hiede e l is izio e della so ietà el edesi o egist o. L uffi io del egist o, ve ifi ata la egola ità
formale della documentazione, iscrive la società e con essa questa acquista personalità giuridica.
Pe le ope azio i o piute i o e della so ietà p i a dell is izio e so o illi itata e te e solidal e te
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responsabili verso i terzi coloro che hanno agito e a he l u i o so io fo dato e e uelli t a i so i che
ell atto ostitutivo o o atto sepa ato ha o de iso, auto izzato o o se tito il o pi e to
dell ope azio e; se su essiva e te all is izio e la so ietà app ovi l ope azio e, essa sa à allo a
responsabile in sostituzione dei soci.
Come nella s.p.a. anche in questo caso il legislatore limita i casi che possono dare luogo a nullità della
so ietà, u a volta avve uta l is izio e el egist o delle i p ese.
I fo za dell a t. , la ullità della so ietà può esse e p o u iata solo i aso: a di ancata stipulazione
dell atto ostitutivo ella fo a di atto pu li o; illi eità dell oggetto so iale; a a za ell atto
ostitutivo di og i i di azio e he igua da la de o i azio e della so ietà, i o fe i e ti, l a o ta e del
capitale sociale o l oggetto so iale.
Si appli a poi la dis ipli a p evista pe egola e gli effetti della ullità, dettata dall a t. volta a ga a ti e
la tutela dei terzi e la stabilità degli atti posti in essere dalla società.
Le odifi azio i dell atto ostitutivo sono riservate generalmente alla competenza dei soci che devono
necessariamente esprimersi in assemblea, con voto favorevole di tanti soci in grado di rappresentare
almeno la metà del capitale sociale.
Al u e odifi he dell atto ostitutivo, i o side azio e degli effetti he p odu o o sull o ga izzazio e,
danno luogo al diritto di recesso per il socio non consenziente.
Il verbale trascritto nel libro delle decisioni dei soci, deve essere redatto da un notaio il quale deve, previo
controllo di legalità, deposita lo e i hiede e l is izio e el egist o delle i p ese.
L uffi io del egist o, ve ifi ata la egola ità fo ale della do u e tazio e, is ive la deli e a el egist o. E
solo o l’is izio e he la deli e a odifi ativa dell’atto ostitutivo acquista efficacia.
Nel 2012 il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento la società a responsabilità limitata
semplificata (art. 2463-bis) che può avere un capitale minimo addirittura pari a un euro. Questo è uno
strumento volto ad incentivare la nascita di nuove iniziative imprenditoriali che non necessitano di un
capitale sociale minimo elevato e con costi di costituzione ridotti.
La scelta di tale sub-modello non è irreversibile in quanto la società può evolvere verso la s.r.l. ordinaria, o
trasformarsi in qualsiasi altro tipo di società, o partecipare ad operazioni di fusione e scissione con società
diverse.
La s.r.l. semplificata, in origine, era stata pensata solo per i soggetti persone fisiche non aventi 35 anni
d età; oggi i ve e può esse e costituita da chiunque, purché persona fisica.
La costituzione della società semplificata avviene mediante contratto o atto unilaterale redatto dal notaio a
titolo gratuito, in conformità ad un modello standard, non modificabile dalle parti, introducendo quindi un
fo te li ite all auto o ia pat i o iale.
Per permettere ai terzi di conoscere lo status di uesta so ietà, ell atto ostitutivo o o e i di a e he la
società è una s.r.l. semplificata e tale indicazione deve anche apparire negli atti e nella corrispondenza della
so ietà e ello spazio elett o i o desti ato alla o u i azio e, assie e all a o ta e del apitale
sottos itto e ve sato, la sede della so ietà e l uffi io del egist o p esso ui is itta.
Essa, come si è detto, deve avere un capitale sociale sottoscritto e interamente versato pari a un euro ed
i fe io e a . €. Il o fe i e to deve fa si i de a o ed esse e ve sato all o ga o a i ist ativo.
Sotto il profilo finanziario essa non è una società senza capitale, quindi deve provvedere, per sopravvivere,
all au e to del apitale o alla t asfo azio e i u a so ietà di pe so e.
P op io la possi ilità di ostitui e u a so ietà dotata di u auto o ia pat i o iale pe fetta e o u
apitale i iso io ha posto delle iti he. I particolare si segnala come questo possa rendere difficoltoso
per la società il ricorso al credito e soprattutto può creare problemi per i creditori sociali.
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Con riferimento al capitale sociale e i conferimenti, il legislatore introduce per la s.r.l. una disciplina
apposita volta a garantire che la società operi in una situazione di equilibrio economico-finanziario.
Il capitale sociale minimo (art. 2463) non può esse e i fe io e a . €, a diffe e za della s.p.a. dove esso
o può esse e i fe io e a . €.
Altre differenze possono riscontrarsi per quanto riguarda le entità conferibili. Innanzitutto il legislatore
prevede (art. 2464) che possono essere conferiti tutti gli ele e ti dell’attivo sus etti ili di valutazio e
economica. Questo permette di ritenere che i conferimenti effettuabili sono molteplici purché dotati di un
valore misurabile secondo parametri oggettivi.
Inoltre, a differenza della s.p.a. sono ammesse anche le p estazio i d’ope a o di se vizi. In questo caso,
pe ò, il legislato e p evede, a tutela dei te zi e al fi e di ga a ti e l effettiva fo azio e del apitale so iale,
che il soggetto conferente debba fornire alla società una polizza di assicurazione o una fideiussione
a a ia o ui devo o esse e ga a titi gli o lighi assu ti, pe l i te o valo e asseg atogli.
Per quanto riguarda i conferimenti in denaro, devo o esse e ve sati agli a i ist ato i o i ati ell atto
costitutivo già al o e to della sottos izio e, al e o il % e l i te o sov app ezzo, salvo il aso
dell u i o so io pe il uale il ve sa e to deve avve i e pe i te o. Pe ò p evisto, e ui sta la p i ipale
differenza rispetto alla s.p.a., che il versamento possa essere sostituito dalla stipula, per un importo
analogo, di una polizza assicurativa o di fideiussione bancaria. Il socio, inoltre, può cambiare in ogni
o e to la polizza o la fideiussio e o il ve sa e to dell i po to i de a o.
Riguardo, invece, al conferimento di beni in natura e di crediti, il legislatore, dopo aver chiarito che le
partecipazioni corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della
sottoscrizione, si limita a richiedere una relazione giurata predisposta da un revisore legale o da una società
di evisio e legale is itti ell apposito egist o e s elti dal so io stesso e o o i ati, o e elle s.p.a., al
tribunale (art. 2465). Nella relazione deve essere contenuta una descrizione dei beni o crediti conferiti,
o h l i di azio e dei ite i di valutazio e adottati e l attestazio e he il lo o valo e al e o pa i a
uello ad essi att i uito ai fi i della dete i azio e del apitale so iale e dell eve tuale sov app ezzo.
Inoltre non è richiesto un controllo da parte degli amministratori in relazione alle valutazioni contenute
ella elazio e e o so o, ui di, i di ate le o segue ze he de iva o da u eve tuale diffe e za t a
valore accertato e valore effettivo. Questo non ha impedito però di ritenere comunque necessario un
controllo di merito da parte degli amministratori e, anche, di ipotizzare, in presenza di una differenza di
valo e a e tato ed effettivo, l appli a ilità della dis ipli a i te a di so io o oso o dell appli a ilità della
disciplina prevista dalla s.p.a.
Il valore complessivo dei o fe i e ti effettuati o può esse e i fe io e all a o ta e glo ale del
capitale sociale. Può però avvenire che esso risulti superiore, data la presenza di eventuali sovrapprezzi
versati dai soci che non vengono imputati a capitale ma iscritti in riserva.
Qualo a il so io isulti i ade pie te ispetto all o ligo di effettua e i o fe i e ti p o essi, si appli a la
disciplina relativa al socio moroso (art. 2466) che dispone che nel caso in cui il socio non esegua il
conferimento nel termine prescritto, gli amministratori devono diffidarlo ad adempiere entro trenta giorni.
Decorso inutilmente tale termine, gli amministratori possono vendere la partecipazione agli altri soci, in
proporzione alla loro partecipazio e, pe il valo e isulta te dall ulti o ila io app ovato. Se la ve dita
non avviene per mancanza di compratori, gli amministratori escludono il socio, trattenendo le somme
riscosse e il capitale sociale deve essere ridotto in misura corrispondente.
Una volta costituita la società, il capitale sociale nominale può subire delle modifiche nel corso del tempo
Possono, infatti, verificarsi degli aumenti o delle riduzioni dello stesso.
A. Iniziando dei primi, è possibile distinguere due tipi di aumento del capitale: un aumento nominale e
gratuito ed uno reale o oneroso.
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i. L aumento nominale consiste nel semplice passaggio delle riserve e/o altri fondi iscritti in
bilancio a capitale, dando così alla società maggiore solidità patrimoniale. In questo caso la
quota di partecipazione di ciascun socio deve restare immutata.
ii. L aumento di capitale reale o siste, i ve e, i u effettivo i e e to dell attivo
patrimoniale, dato che il capitale viene aumentato mediante nuovi conferimenti dai soci o
da soggetti terzi. La decisione di aumentare il capitale non può essere attuata, però, fino a
quando i precedenti conferimenti dovuti non siano stati eseguiti integralmente, così da
evitare che la società possa ottenere nuovo capitale di rischio fino a quando non ha
interamente ricevuto quello già promesso. I conferimenti devono essere effettuati con le
odalità p eviste pe la ostituzio e, e l au e to deve esse e i te a e te sottos itto, a
meno che la decisione abbia consentito un aumento scindibile: in questo caso, il capitale è
innalzato di un importo pari alle sottoscrizioni raccolte.
Ai soci spetta il diritto di sottoscrivere il capitale in proporzione alle partecipazioni
possedute, osì da pote a te e e i va iata la p op ia posizio e all i te o della
compagine sociale.
L atto costitutivo può tuttavia p evede e he l au e to possa esse e attuato a he
mediante offerta di partecipazioni di nuova emissione a terzi e senza che sia necessario
introdurre un sovrapprezzo. Date le conseguenze che l esclusione del diritto di
sottoscrizione può determinare per i soci, i quali possono vedere modificati i precedenti
equilibri partecipativi, è riconosciuto il diritto di recesso per coloro che non hanno
consentito alla decisione.
B. Per quanto riguarda invece la riduzione del capitale sociale, si può distinguere tra riduzione reale e
riduzione nominale.
i. La riduzione reale o po ta u effettiva iduzio e del pat i o io so iale e può ave si
edia te i o so ai so i delle uote pagate o edia te li e azio e dall o ligo dei
versamenti ancora dovuti.
Il legislatore prevede che tale decisione può essere eseguita solo dopo novanta giorni
dall is izio e el egist o delle i p ese della stessa, pu h e t o tale te i e essu
edito e so iale a te io e all is izio e a ia fatto opposizione. In caso di opposizione il
tribunale può comunque disporre che la riduzione abbia luogo quando ritiene infondato il
pe i olo di p egiudizio pe i edito i o la so ietà a ia p estato u ido ea ga a zia.
ii. Per quanto riguarda, invece, la riduzione nominale, essa consiste in una semplice
operazione contabile attraverso la quale si procede ad un adeguamento del capitale sociale
a fronte di una perdita che si è già verificata.
Vi possono essere dei casi di riduzione del capitale per perdite facoltativi e altri obbligatori.
Per quelle obbligatorie, il legislatore prevede due ipotesi di riduzione caratterizzate da una
gravità e una conseguente disciplina differente.
La prima si ha quando si verifica una perdita superiore ad un terzo del capitale sociale: in
uesto aso gli a i ist ato i devo o o vo a e l asse lea dei so i e sottopo li ad u a
elazio e sulla situazio e pat i o iale della so ietà. L asse lea assu e poi gli oppo tu i
provvedimenti, anche se non è tenuta per forza a ridurre immediatamente il capitale
so iale. Se pe ò, e t o l ese izio su essivo, la pe dita o isulta di i uita a e o di u
te zo, l asse lea deve esse e uova e te o vo ata pe l app ovazio e del ila io e pe
la riduzione del capitale in proporzione alle perdite accertate. In mancanza, gli
amministratori ed, eventualmente nominati, il sindaco o il soggetto incaricato della
revisione legale, devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale a
seguito delle perdite risultanti dal bilancio. Il tribunale provvede con decreto da iscriversi
nel registro delle imprese a cura degli amministratori.
95
118
Nella seconda ipotesi di riduzione obbligatoria prevista dal legislatore, invece, la perdita
deve averlo ridotto al di sotto del minimo legale. In questo caso gli amministratori devono
se za i dugio o vo a e l asse lea pe deli e a e la iduzio e del apitale e il
contemporaneo aumento dello stesso ad una cifra non inferiore al minimo, o la riduzione
del capitale e la trasformazione, o ancora la nomina dei liquidatori e ogni altro
provvedimento relativo allo scioglimento della fase di liquidazione.
In tutti i casi di riduzione del capitale per perdite, è esclusa ogni modifica delle quote di
partecipazione e dei diritti spettanti ai soci: le perdite devono, pertanto, incidere
p opo zio al e te su tutti i so i i odo tale he og u o possa o se va e l o igi a io
valore della quota di partecipazione e i diritti connessi.
Con la l.99/2013 il legislatore ha riconosciuto che pure la s.r.l. ordinaria può essere costituita con un
capitale sociale inferiore a diecimila euro, purché pari almeno ad un euro. In questa ipotesi i conferimenti
devono essere effettuati esclusivamente in denaro ed essere versati per intero alle persone cui è affidata
la i ist azio e. Tale disciplina trova applicazione sia in sede di costituzione che in sede di aumento di
capitale.
Viene anche prevista una disciplina più rigorosa rispetto a quella generale riguardo la riserva legale. In base
all a t. i hiesto he dagli utili etti annuali sia dedotta una somma corrispondente almeno alla
ventesima parte di essi, così da costituire una riserva legale, fino a che questa non abbia raggiunto il quinto
del capitale sociale.
La normativa del 2013 impone, invece, di dedurre dagli utili netti risultanti in bilancio una somma pari
almeno ad un quinto degli stessi, fino a che tale riserva e il capitale sociale non abbiano raggiunto
l’a o ta e di die i ila eu o. U a volta aggiu to tale a o ta e, all a a to a e to si appli he à la
disciplina ge e ale dell a t. . . La ise va può poi esse e utilizzata solo pe i pug azio e a apitale e
per copertura di eventuali perdite con obbligo di reintegrazione laddove essa sia diminuita. Non sono
invece stati introdotti un termine di scadenza entro il quale la società è obbligata a raggiungere tale soglia
della ise va legale, l obbligo di imputare a capitale quanto accantonato.
I ase all a t. , o. , le partecipazione dei soci nella s.r.l. non possono essere rappresentate da azioni:
da questo deriva che esse non possono essere suddivise in frazioni omogenee di capitale, né incorporate in
titoli. Ciascun socio, quindi, deve considerarsi titolare di una sola partecipazione, rappresentativa di un
complesso di situazioni giuridiche, qualunque sia l a o ta e, il ui peso all i te o della so ietà si
determina o in percentuali (ad es. una partecipazione del 10%), o in termini assoluti (ad es. una partecipazione di mille
euro). In caso di comproprietà della partecipazione, i diritti sociali devono essere esercitati da un
rappresentante comune.
Le partecipazioni dei soci non possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, in
questo modo impedendo alla s.r.l. di ricorrere al mercato dei capitali di rischio.
Le partecipazioni dei soci sono determinate in misura proporzionale al conferimento effettuato, anche se
possi ile i t odu e u a dive sa disposizio e ell atto ostitutivo: osì le ito he i so i si a o di o e
i t odu a o ell atto ostitutivo una previsione in base alla quale, ad es., due soci conferiscono entrambi la
stessa somma, ma ad uno di essi è attribuita una partecipazione maggiore in ragione del suo ruolo
privilegiato e, soprattutto, dai suoi intensi rapporti con i possibili clienti e fornitori.
La regola della proporzionalità vale anche in relazione ai diritti sociali: più p e isa e te, ell a t. ,
co.2, si riconosce che i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione posseduta
da ciascuno, fermo restando che vi possono essere dei diritti sociali che competono ai soci
i dipe de te e te dall e tità della pa te ipazio e dete uta ad. es. il diritto di impugnativa delle decisioni dei soci
spetta a ciascun socio).
L atto ostitutivo può a he p evedere l attribuzione ai singoli soci di diritti particolari. L asseg azio e di
tali di itti può se vi e a p e ia e al u a a atte isti he del so io, e essa ie o oppo tu e alla lu e delle
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esigenze societarie. Si pensa ad esempio ad un diritto particolare attribuito ad un socio finanziatore o ad un socio in grado di
apportare alla società competenze e conoscenze specifiche in un determinato settore.
Il legislato e spe ifi a he i di itti pa ti ola i posso o igua da e l amministrazione della società o la
distribuzione degli utili.
I elazio e all amministrazione, possono essere attribuiti particolari privilegi per quanto riguarda: i) la
facoltà di scelta di alcuni amministratori o di esprimere il proprio gradimento in base alle persone indicate
dagli altri soci; ii) la riserva a favore del socio stesso della funzione di amministratore; iii) il diritto di veto o
anche di decisione su determinati atti gestori.
Per quanto riguarda i privilegi riguardanti la distribuzione degli utili, è possibile prevedere clausole che
riservano ad uno o più soci percentuali qualificate, non legate alla misura della partecipazione.
Il privilegio sulla distribuzione degli utili può consistere in una priorità nel prelievo del dividendo.
Il legislatore ha voluto assegnare direttamente al socio i di itti pa ti ola i. L asseg azio e di tali di itti al
socio e non alla partecipazione comporta che, in caso di trasferimento di uest ulti a, i di itti pa ti ola i
non circolano con essa, ma si estinguono.
La dottrina inoltre esclude la possibilità di creare nella s.r.l. delle categorie di quote e quindi delle serie di
partecipazioni, dotate di diritti diversi da quelli spettanti ad altre partecipazioni e attributive di questi diritti
i odo i diffe e ziato a hiu ue ve ga ad a uista le. Nell a ito dell a t. , o. , si p evede he tali
diritti possano essere direttamente modificati solo con il consenso unanime dei soci. La stessa regola deve
appli a si a he al aso di i t oduzio e degli stessi ell atto ostitutivo, fatta salva dive sa disposizio e i
uest ulti o. I uesto odo i so i posso o ei t odu e pe le modifiche dirette la regola maggioritaria.
E poi i o os iuto he, i p ese za di u a modifica indiretta, cioè attuata non attraverso una formale
va iazio e dell atto ostitutivo, a edia te il o pi e to di u ope azio e gesto ia app ovata dai so i a
maggioranza, capace di incidere indirettamente sul diritto particolare (si pensi al caso in cui venga costituita una
joint venture con altre imprese, con cui si programma un coordinamento o una combinazione delle azioni amministrative, da
ridurre così in modo significativo il diritto di veto riconosciuto ad un socio), spetti al socio non consenziente il diritto di
recesso.
Le partecipazioni nella s.r.l. sono liberamente trasferibili per atto tra vivi e per successione a causa di
morte, salvo contraria disposizione dell atto ostitutivo. Quest ulti o può li ita e il t asfe i e to delle
partecipazioni introducendo clausole di gradimento o di prelazione, o escludendo del tutto la loro
trasferibilità. Questo fa sì che la s.r.l. possa caratterizzarsi come società chiusa nell a ito del uale le
partecipazioni non risultano liberamente trasferibili.
Per quanto riguarda gli altri tipi di clausola, nella s.r.l. il potere di pronunciarsi sul gradimento può essere
concesso non solo ai singoli soci, ma anche a terzi estranei.
Il legislato e, a tutela dell i te esse del so io a o esta e p igio ie o ella so ietà, p evede he ualo a
l atto ostitutivo i t odu a l i t asfe i ilità della pa te ipazio e o e su o di i il t asfe i e to al
gradimento di organi sociali, di soci o di terzi, o ponga condizioni o limiti che ne impediscono il
trasferimento a causa di morte, il socio o i suoi eredi possono esercitare il diritto di recesso. L atto
costitutivo può solo stabilire un termine non superiore a due anni dalla costituzione della società o dalla
sottoscrizione della partecipazione prima del quale il recesso non può essere esercitato.
La disciplina relativa al trasferimento della partecipazione o te uta ell a t. . I a zitutto o o e
stipula e l atto di t asfe i e to per iscritto con sottoscrizione autenticata da parte di un notaio. Esso, per
essere efficace nei confronti della società, deve essere depositato a cura del notaio autenticante presso
l uffi io del egist o delle i p ese ella ui i os izio e sta ilita la sede della società.
Dal momento del deposito il trasferimento della partecipazione ha effetto di fronte alla società, quindi essa
e de possi ile l a uisto della ualità di so io a o p i a he si sia o pletato il p o esso di is izio e. E
stata invece abolita la precedente disposizione contenuta nello stesso art. 2470 la quale dava rilevanza
all is izio e el li o dei so i.
L atto di t asfe i e to deve poi esse e iscritto nel registro delle imprese e in caso di contrasto tra più
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acquirenti a fronte della doppia alienazione della stessa, è preferito colui che per primo ha effettuato in
buona fede la suddetta iscrizione nel registro delle imprese, anche se il suo titolo è di data posteriore.
Anche nella s.r.l. i soci possono procedere spontaneamente ai versamenti erogando alla società somme
che, pur non venendo imputate a capitale, incrementano il patrimonio netto, e alla loro effettuazione non
si accompagna un obbligo di restituzione, se non per quello che residua una volta pagati i creditori sociali, al
termine della vita stessa della società. Questi versamenti rappresentano, quindi, per i soci operazioni di
i vesti e to ell attività a titolo di apitale di is hio.
I finanziamenti rappresentano, invece, operazioni effettuate a titolo di capitale di credito, con diritto al
rimborso pieno, a favore del socio finanziatore, alla scadenza pattuita. In questo modo il socio assume la
veste di puro creditore della società.
Nelle s.r.l. era prassi costituire la società con un capitale sociale pari al minimo legale, anche se inadeguato
ispetto all oggetto so iale, e dota la osì di iso se fi a zia ie att ave so finanziamenti rimborsabili elargiti
dai soci stessi, i quali, in questo modo, fornivano alla società capitale di credito, piuttosto che capitale di
rischio. In questo modo la società veniva a trovarsi in una situazione di sottocapitalizzazione nominale.
Questo fenomeno, però, poteva determinare dei pregiudizi per i creditori sociali che si trovavano a
concorrere con i soci per quanto riguardava i finanziamenti da questi ultimi effettuati, vedendosi ridotte
così le prospettive di soddisfacimento nei confronti della società stessa.
Per arginare tale situazione, il legislatore del 2003 ha previsto, con una norma imperativa a tutela degli
interessi delle parti, che il rimborso dei finanziamenti effettuati dai soci a favore della società, sono
postergati rispetto alla soddisfazione degli altri creditori.
Tale postergazione opera solo quando i finanziamenti sono stati elargiti dal socio in un momento in cui
risultava un eccessivo s uili io dell’i de ita e to ispetto al pat i o io etto o in una situazione
finanziaria nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento piuttosto che un finanziamento.
Viene infine previsto che, se la so ietà fallis e e il fi a zia e to stato già i o sato ai so i ell a o
precedente alla dichiarazione di fallimento, esso deve essere restituito.
Tale disciplina si applica ai fi a zia e ti i ualsiasi fo a effettuati e può essere applicata alle altre
società di capitali o ase azio a ia ist etta e o so i pa te ipi all attività e o o i a.
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p evisio e ell’atto ostitutivo, il quale deve individuare a chi spetta decidere sull e issio e e o he
odalità e aggio a ze e essa ie, olt e he a dete i a e eve tuali li iti all e issio e, he a diffe e za
di ua to a ade elle s.p.a. o so o i di ati dalla legge a i essi all auto o ia delle pa ti.
Spetta poi al soggetto individuato ell atto ostitutivo sta ili e le condizioni del prestito e le modalità del
rimorso. La stessa decisione di emissione deve essere iscritta a cura degli amministratori presso il registro
delle imprese. Per la modifica delle condizioni del prestito e delle modalità di rimborso, la società deve
ottenere il consenso di tutti i possessori dei titoli, a meno che la stessa decisione di emissione non preveda
come sufficiente il consenso della maggioranza.
In questo tipo societario, il legislatore prevede che i titoli di debito devono essere sottoscritti unicamente
da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali (SIM; SGR; SICAV;
banche), i quali però, possono una volta sottoscritti i titoli, immetterli nel mercato secondario, vendendoli ad
altri soggetti. Al fine di tutelare i successivi acquirenti dei titoli contro il rischio che la società risulti
insolvente e non sia in grado di rimborsare il debito contratto, si riconosce che, in caso di successiva
circolazione, chi li trasferisce debba rispondere della solvenza della società. Tale garanzia opera purché
l a ui e te o sia a h esso u i vestito e p ofessio ale o u so io della so ietà stessa.
L us ita del so io di s. .l. dalla so ietà può adi a si elle ause di estinzione del rapporto tipiche dei sistemi
societari, ossia il recesso e l esclusione.
Il recesso egolato dall a t. . Esso svolge sop attutto la fu zio e di ila ia e il pote e della
maggioranza e gli interessi della minoranza dissenziente, di fronte alle scelte più radicale assunte dalla
prima. A questo si deve la presenza di cause inderogabili di e esso. L atto ostitutivo, pe ò può a plia e le
ipotesi i ui al so io o se tito po e fi e alla sua pe a e za i so ietà; l i t oduzio e di cause
statutarie di recesso consente di dare rilevo così a circostanze che i soci reputano fondamentali per il
mantenimento del vincolo con la società.
Le cause legali e inderogabili di e esso so o i di ate ella p i a pa te dell a t. . Il e esso
permesso ai soci che non hanno acconsentito a:
a) a ia e to sig ifi ativo dell’oggetto so iale, cioè tale da dete i a e u alte azio e del is hio
dell i vesti e to;
b) cambiamento del tipo di società;
c) fusione o scissione;
d) revoca dello stato di liquidazione;
e) t asfe i e to della sede all’este o;
f) eliminazione di una o più cause di recesso statutarie;
g) compimento di ope azio i gesto ie he o po ta o u a sosta ziale odifi a dell’oggetto so iale
statutario o una rilevante modifica dei diritti particolari dei soci (ad es. conversione della società da ente
ope ativo a holdi g, edia te essio e dell azio e a so ietà controllate);
h) se la società è costituita a tempo indeterminato, ciascun socio può recedere in qualsiasi momento
con un preavviso di 180 giorni.
La legittimazione all ese izio del di itto spetta, ua do la ausa o siste i u a de isio e dei so i, a uelli
non consenzienti e a qualunque socio per il recesso dalla società a tempo indeterminato o le cui quote
sia o i t asfe i ili. No es luso pe ò he, ispetto a dete i ate fattispe ie, l atto ostitutivo la
attribuisca solo ad alcuni soci, come diritto particolare.
Anche in relazione alle modalità di esercizio del diritto, l a t. i a da all atto ostitutivo. Questo
quindi è libero di definire i termini e le forme entro cui la dichiarazione di recesso deve essere comunicata
alla società. Nel silenzio dell atto ostitutivo, si i a da all a t. -bis (dichiarazione mediante raccomandata
spedita alla so ietà e t o gio i dall is izio e el egist o delle i p ese della deli e a legitti a te, o dalla sua t ascrizione nel
libro delle decisione dei soci, se non è prevista iscrizione; entro 30 giorni dalla conoscenza del fatto legittimante diverso da una
decisione dei soci).
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Anche le modalità di attuazione del disi vesti e to e di i o so del e ede te so o affidate all atto
costitutivo. Si procede in primis attraverso la cessione della quota ad altri soggetti che possono essere gli
altri soci in proporzione alle rispettive partecipazioni, o anche uno o più terzi, individuati dai soci. In
mancanza di interessati, la quota è liquidata ricorrendo alle riserve disponibili della società. Solo qualora
esse non siano sufficienti, si riduce il capitale, estinguendo la partecipazione; ma poiché si tratta di una
iduzio e eale i edito i posso o oppo si; se pe effetto dell opposizio e, la iduzio e e il imborso
ve go o i pediti, la so ietà vie e posta i li uidazio e. Questa pe ò l ipotesi est e a pe o ilia e
l i te esse del e ede te o la tutela dei edito i: il p i o pa te ipa o gli alt i alla li uidazio e, e vie e
rimborsato solo al termine di questa, non più secondo il valore che la sua quota aveva nel momento in cui il
recesso è divenuto efficace, ma secondo il valore che essa ha al termine della procedura di liquidazione.
Il termine entro cui si deve procedere al rimborso è 180 giorni dalla comunicazione del recesso.
Il valore della somma che spetta al recedente deve essere determinato proporzionalmente al patrimonio
sociale, applicando criteri di valutazione non contabili, ma tali da riflettere il valore reale del patrimonio
stesso nel momento in cui il recesso diviene efficace.
Ai se si dell a t. - is l atto ostitutivo può p evede e spe ifi he ipotesi di es lusio e pe giusta ausa
del so io . A diffe e za delle so ietà di pe so e ui di lo strumento espulsivo qui è previsto come
eventuale e i esso all auto o ia statuta ia: i asse za di u apposita disposizio e dell atto ostitutivo,
nessun socio può essere escluso, neanche in presenza di gravi motivi.
Qui di o pete all auto o ia egoziale l i dividuazio e delle ause di es lusio e e i uesto o li ite
se non quello della giusta causa. I fatti l es lusio e legitti a solo al ve ifi a si di fatti relativi alla persona
di uno dei soci, che rendono oggettivamente non più opportuna la sua permanenza in società.
La giusta causa può consistere:
a) nella violazione, da parte del socio, degli obblighi nascenti dal rapporto sociale, diversi da quello di
conferimento (ad es. abuso del diritto di voto in assemblea, della divulgazione di notizie riservate);
b) in comportamenti del socio, eputati i o pati ili o l’attività so iale (ad es. l ese izio di u i p esa
concorrente, stipulazione di contratti con soggetti o categorie di soggetti sgraditi alla società);
c) nella perdita, da parte del socio, di alcuni requisiti soggettivi (iscrizione a un albo);
d) nel sopravvenire di altri fatti relativi alla sua persona (fallimento personale, interdizione, condanne penali
ecc).
il requisito della giusta causa è condizione di legittimità della clausola dell atto ostitutivo: o o e he
l espulsio e del socio persegui un interesse obiettivamente meritevole dei soci. Inoltre quando la fattispecie
prevista non si riferisca ad una vicenda di cui basti verificare se si è o no verificata, ma richiede una
valutazione discrezionale, la giusta causa opera anche come criterio di valutazione della gravità e rilevanza
del fatto in concreto verificatosi.
L a t. -bis pone inoltre un secondo requisito di validità, in quanto esige che le ipotesi di esclusione
sia o spe ifi he , io e u iate ell atto ostitutivo in modo preciso e non generico: il requisito di
specificità tutela l i te esse di ias u so io a pote o os e e ex ante le conseguenze del proprio
comportamento o dei fatti che lo riguardano. Proprio la presenza di questo requisito fa sì che l’ele azione
statutaria sia da considerarsi tassativa.
E i essa all auto o ia statuta ia a he la dete i azio e della procedura di esclusione. L atto
costitutivo potrà prevedere così ipotesi di esclusione automatica o facoltativa, attribuendo alla collettività
dei soci o agli amministratori, il potere di decidere se escludere o no il socio in relazione a cui si sia
ealizzato l eve to he legitti a l est o issio e.
I og i aso, l es luso ha diritto di opporsi davanti al Tribunale, potendo anche richiedere la sospensione
dell ese uzio e.
I o di e all attuazio e dell’es lusio e, io alle fo a att ave so ui l es luso vie e p ivato della titola ità
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123
della uota e i eve la li uidazio e del suo valo e, l a t. -bis rinvia alla disciplina del recesso. Il valore
della quota di liquidazione è determinato secondo il valore reale della partecipazione.
La disciplina riguardante la struttura organizzativa della s.r.l. si sviluppa, negli artt. 2475 ss., secondo due
direttrici: a) l’est e a flessi ilità del siste a di gove o dell’i p esa; b) l’att i uzio e ai so i di u uolo
attivo e centrale nella vita della società.
Il modello legale, io uello he ope a se l atto ostitutivo o dispo e dive sa e te, si sviluppa se o do
uno schema che pare analogo al sistema di governance tradizionale delle s.p.a., con soci chiamati a
decide e sulle odifi he dell atto ostitutivo e a o i a e gli a i ist ato i; o u o ga o
a i ist ativo, u ipe so ale o ollegiale, ui affidata la gestio e dell i p esa; e u o ga o pe il
controllo contabile e amministrativo. Ma nella s.p.a. la struttura organizzativa è caratterizzata da una forte
igidità i ua to l azio ista o ha pote i gesto i, di o t ollo di etto ed ade is e o disapp ova le
st ategie i p e dito iali adottate dall o ga o a i ist ativo.
Invece, nelle s.r.l., i soci sono parte attiva dell o ga is o e uesto ispe hia l autonomia negoziale, che
può avvenire sia attraverso una diversa distribuzione delle competenze e dei poteri, sia introducendo
fo e e p o edu e de isio ali più agili. Sotto il p i o aspetto, l atto ostitutivo può arricchire le
competenze gestorie della collettività dei soci o anche dei singoli. Sotto il secondo aspetto, invece,
l auto o ia statuta ia può s elli e le p o edu e ollegiali e pe fi o adotta e i egi i di a i ist azio e,
disgiuntiva o congiuntiva, tipici delle società di persone.
Il ruolo della collettività dei soci è centrale all i te o della st uttu a o ga izzativa della s. .l. Essi i fatti
ha o o pete ze i og i a po della gestio e i p e dito iale he l auto o ia statuta ia può affo za e
ma non ridurre, se non a favore di prerogative riconosciute a singoli soci. Le competenze della collettività
dei soci si distinguono in:
A. Competenze necessarie (art. 2479) affidate inderogabilmente alla decisione del gruppo dei soci e
o sisto o o ella ileva za delle ate ie stesse, i ua to igua da o l assetto fo da e tale
dell e te, o nella necessità di rispettare il normale equilibrio di poteri e funzioni tra gli organi.
B. Competenze normali, ma derogabili. Si tratta della nomina degli amministratori e della
distribuzione degli utili. Riguardo la prima, l atto ostitutivo può attribuire ai singoli soci un diritto
particolare che, investendoli individualmente della carica di amministratore o del potere di nomina,
es lude la o pete za del g uppo, i pa te o total e te, a se o da he l o ga o gesto io osì
formato debba o meno essere integrato da componenti designati da gruppo stesso. Quanto alla
dist i uzio e degli utili, l atto ostitutivo può asseg a e a si goli so i u di itto di pe epi e gli utili
che risultano dal bilancio, o parte di essi. Anche la revoca degli amministratori spetta alla
collettività.
C. Competenze legali eventuali. Si tratta di una competenza gestoria illimitata, concorrente con quella
degli amministratori, ma eventuale in quanto si attiva solo su richiesta dei soggetti indicati.
D. Competenze esclusive statutarie. L atto ostitutivo può attribuire ai soci ulteriori e rafforzate
competenze in ambito gestorio. L a t. p evede he ad essi possa spetta e il pote e di
emissione dei titoli di debito. Nella s.r.l. l’auto o ia statuta ia o i o t a al u li ite di ateria:
la clausola può assegnare ai soci il potere decisionale, vincolate per gli amministratori, su qualsiasi
argomento.
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Il coinvolgimento dei soci nella gestione nella s.r.l. è istituzionalizzato. Questo ruolo si rispecchia nella
disciplina della responsabilità per gli atti di mala gestio, per i quali rispondono in solido con gli
amministratori, i soci che li hanno decisi e autorizzati.
Il procedimento attraverso cui la collettività dei soci assume le proprie decisioni non ha necessariamente
natura assembleare. L a t. , o. , o se te i fatti all atto ostitutivo di p evede e he le de isio i dei
so i sia o adottate edia te o sultazio e s itta o sulla ase del o se so esp esso pe is itto .
La decisione indica ogni atto del gruppo dei soci, mentre la deliberazione costituisce solo una specie della
atego ia delle de isio i, ide tifi a do uelle adottate dall asse lea; a a to ad esse, ui di, posso o
affiancarsi le decisioni non assembleari.
Il metodo assembleare resta il modello principale in quanto è il più adatto, attraverso il dibattito e il
o f o to t a i so i, all assu zio e di s elte po de ate ed e uili ate. Pe uesto otivo le ate ie di
maggiore importanza devono essere inderogabilmente trattate in assemblea.
I procedimenti non assembleari perseguono obiettivi di efficienza da un punto di vista diverso: consentono
di assu e e de isio i o aggio e agilità e e se plifi a o l iter di formazione. La norma li identifica
o e o sultazio e s itta e o o se so esp esso pe is itto ; le te i he o se tite so o oltepli i,
dalla sottoposizione ai soci di una proposta, inviata loro con qualsiasi mezzo, sollecitandoli ad una
dichiarazione di voto inviata con un mezzo analogo, fino alla circolazione tra i soci stessi di un documento
che contiene la proposta di decisione, che viene sottoscritto da coloro che vi aderiscono.
Tuttavia a he ua do so o p evisti dall atto ostitutivo, uesti etodi so o o o dava ti alla i hiesta,
avanzata da uno o più amministratori o dai soci che rappresentano almeno un terzo del capitale, di
sottopo e l a go e to alla dis ussio e i asse lea.
i. La convocazione avvie e elle fo e i di ate ell atto ostitutivo, tali da assi u a e la te pestiva
informazione di tutti i soci sugli argomenti da trattare. Nel silenzio dell atto ostitutivo, si p o ede
mediante la lettera raccomandata spedita almeno otto giorni prima della riunione. Queste è svolta
presso la sede della società. La norma non indica chi sia legittimato a procedere alla
convocazione. Si ritiene che lo siano gli a i ist ato i ed eve tual e te l o ga o di o t ollo, se
o i ato. E i ve e du io se spetta a he ai so i he app ese ta o il te zo del apitale, o se
i ve e, ua do i te da o sottopo e all asse lea u a go e to, de a o i hiede e la
convocazione agli amministratori.
ii. Hanno diritto di intervenire tutti i soci. Il principio è inderogabile, pertanto non è ammessa nelle
s.r.l. la creazione di quote senza diritto di voto o con diritto di voto condizionato o limitato a
particolari argomenti.
iii. L asse lea, p esieduta dalla pe so a i di ata ell atto ostitutivo o desig ata dagli i te ve uti,
validamente costituita se sono presenti tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale
(quorum costitutivo). Essa delibera con voto favorevole della maggioranza del capitale presente o,
elle ate ie i di ate ei . e dell a t. odifi he dell atto ostitutivo e ope azio i
gestorie fondamentali) con una maggioranza rafforzata, che rappresenti almeno la metà del
capitale sociale (quorum deliberativo). Il voto espresso da ciascun socio ha un peso proporzionale
alla sua partecipazione.
No du ue p evista elle s. .l., u a ti olazio e dell asse lea i o di a ia e st ao di a ia, a,
come nella s.p.a., le deliberazioni più importanti richiedono maggioranze più elevate e sono
soggette a regole più rigide. Non è neanche prevista una divisione in prima e seconda
102
125
convocazione. Infatti se non si raggiunge il quorum costitutivo nella prima e unica riunione
prevista, è necessario avviare ex novo l ite p o edi e tale o u a uova o vo azio e. L atto
ostitutivo può pe ò i t odu e u asse lea di se o da o vo azio e, idu e do l ali uota di
capitale prevista dalla norma.
iv. Anche per le assemblee della s.r.l. deve essere redatto il verbale, da trascrivere nel libro dei soci. Il
o te uto e i te pi della sua edazio e so o dis ipli ati dall a t. : esso ui di deve esse e
fo ato se za ita do e deve i di a e, i allegato, l ide tità dei pa te ipa ti e il voto esp esso da
ciascuno di essi.
v. Una volta adottate, le deli e e so o i ediata e te effi a i, t a e uelle odifi ative dell atto
ostitutivo he a uista o effi a ia o l is izio e el egist o delle i p ese.
Non è dedicata nessuna norma alle tecniche non collegiali. Si tratta quindi di formule generiche che
lasciano ampia li e tà ella dete i azio e dell’ite p o edi e tale. Ciò che caratterizza questi
e a is i de iso i, l asse za di ollegialità.
La procedura può comunque essere scandita da fasi prestabilite e regolamentate nelle forme e nei tempi,
o e el aso i ui si p eveda l i vio ai so i, da pa te degli a i ist ato i e o u ezzo spe ifi o, della
sollecitazione a pronunciarsi su una determinata proposta, ed un termine entro il quale i soci devono far
prevenire presso la sede della società il proprio voto scritto o copia di esso.
Sono però anche previste forme destrutturate, come nel caso in cui si preveda che chiunque possa
assu e e l i iziativa di edige e u do u e to s itto o te e te la de isio e, da sottopo e poi
all app ovazio e s itta e sepa ata da pa te di ias u o dei so i. L atto ostitutivo li e o di de ide e pe
l u a o l alt a fo a.
Alcuni principi risultano tuttavia inderogabili. Tutti i so i devo o esse e i fo ati i te po utile dell avvio
del procedimento e tutti devono poter prendervi parte, non basterebbe quindi raccogliere i soli consensi
della maggioranza, senza interpellare la minoranza. Infatti ogni voto resta revocabile fino alla chiusura del
p o edi e to e fi o a uesto o e to può hiede si l i terruzione della procedura e della convocazione
dell asse lea, da pa te di ias u a i ist ato e o del te zo del apitale.
E a he p evisto u quorum disti to ispetto a uello pe l assu zio e delle deli e e asse lea i: la
decisione è presa con il voto favorevole della maggioranza che rappresenta almeno la metà del capitale, ma
lo statuto può disporre diversamente, sia innalzandolo che riducendolo.
L a t. -te dis ipli a l i validità delle de isio i, se za disti zio e t a uelle asse lea i e uelle non
collegiali. Vale lo stesso sistema delle s.p.a. per cui risulta totalmente autonomi rispetto allo schema di
ullità/a ulla ilità, i ua to si i o e all impugnazione. Infatti, mentre la disciplina del contratto si
focalizza esclusivamente sul rispetto delle norme e sulla libera determinazione della volontà nella
o lusio e del o t atto, l o di a e to so ieta io, pu p esidia do la o fo ità dell azio e alla legge e
all atto ostitutivo, deve assi u a e la sta ilità delle ope azio i e o o i he, nel predisporre i rimedi in
presenza di vizi.
Come nella s.p.a. i vizi invalidanti si dividono in due categorie: quella della non conformità alla legge o
all’atto ostitutivo e quella che comprende l’asse za assoluta di i fo azio e e l’illi eità o l’i possibilità
dell’oggetto. I olt e, l a t. -ter non ricorre alle nozioni di annullabilità e nullità, ma in entrambi i casi la
decisione è impugnabile, e diversi sono i soggetti legittimati e i termini.
a) L assenza assoluta di informazione consiste nella mancata comunicazione ad uno o più soci
dell avvio del p o edi e to de isio ale e o ispo de al vizio di a ata o vo azio e . L illiceità
o i possi ilità dell’oggetto dis e do o dalla o t a ietà a o e i pe ative, all o di e pu li o e
al buon costume, o dall i possi ilità ate iale o giu idi a del o te uto della de isio e.
b) Ogni altro vizio rientra nel difetto di o fo ità alla legge o all’atto ostitutivo come: ogni
irregolarità procedimentale compresa la mancata verbalizzazione della delibera assembleare; il
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conflitto di interessi del so io il ui voto sia stato dete i a te pe l assu zio e di u a de isio e
da osa pe la so ietà e l a uso del di itto di voto a da o degli alt i so i.
Legitti ato all’i pug azio e è ciascun socio che non ha consentito alla decisione, ciascun amministratore
e l o ga o di o t ollo. P op io pe h la legitti azio e del so io o dipe de dalle di e sio i della sua
partecipazione, non è prevista la tutela risarcitoria.
La decisione va impugnata negli stretti termini di novanta giorni e di tre anni, decorrenti dalla trascrizione
della de isio e el li o delle de isio i dei so i. E i pug a ile se za li iti di te po, i ve e, la deli e a he
introduce un oggetto sociale impossibile o illecito.
Per quanto riguarda le forme di esercizio del potere gestorio, possiamo dire che questo può essere affidato
ad un amministratore unico o ad una pluralità di soggetti, secondo la previsione statutaria o la decisione
dei soci al momento della nomina. In caso di pluralità di amministratori, il modello legale prevede che
l ese izio delle fu zio i avve ga edia te ostituzio e di u consiglio di amministrazione, come nelle
s.p.a. Tuttavia l atto ostitutivo può a he opta e pe siste i propri alle società di persone come
l amministrazione disgiuntiva o congiuntiva, o per un sistema misto. L u i o li ite i posto dall a t.
, ult. o. igua do la edazio e del p ogetto di ila io, di uelli di fusio e e s issio e, e pe l au e to
di capitale delegato che devono essere decisi in forma collegiale.
Il passaggio dall’u o all’alt o siste a possi ile i og i o e to a i hiede u a odifi a dell atto
costitutivo.
La rappresentanza legale è attribuita agli amministratori secondo i criteri i di ati ell atto ostitutivo a
anche qui, come nelle s.p.a., tale rappresentanza è generale e i relativi limiti, a he se isulta o dall atto
costitutivo iscritto nel registro delle imprese, non sono opponibili ai terzi, a meno che non si provi che essi
hanno agito intenzionalmente a danno della società.
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Gli a i ist ato i so o solidal e te espo sa ili ve so la so ietà dei da i de iva ti dall i osse va za dei
lo o dove i ad essi i posti dalla legge e dall atto ostitutivo a t. , o. .
Il principio consacra l’o ligo degli a i ist ato i di gesti e diligentemente l’i p esa pe l attuazio e
dell oggetto so iale. Nell a ito della discrezionalità tecnica che ogni attività imprenditoriale presenta, gli
amministratori sono liberi di determinare i tempi, le strategie e le modalità del suo esercizio, definendo e
realizzando tutte le operazioni in cui essa si articola: richiede che la gestione si svolga secondo il criterio
della diligenza professionale i hiesta dalla atu a dell i a i o.
La responsabilità degli amministratori è solidale, i ua to ias u o ispo de dell i te o da o ei
confronti della società, salvo il diritto di regresso nei confronti degli altri nella misura e secondo il grado
della rispettiva colpa. Tuttavia la responsabilità non si estende a chi sia immune da colpa e, conoscendo il
fatto dannoso, abbia fatto constatare il proprio dissenso.
Qui di pe hi i te da sott a si all o ligo isa ito io, vi l o e e di seg ala e la p op ia o t a ietà
all ope azio e di ui sia a o os enza. Il dissenso non richiedere il rispetto di precise formalità, ma nei
diversi sistemi di governo adottabili da una s.r.l., variano le modalità della sua comunicazione e le funzioni
che esso deve assolvere: per il consiglio di amministrazione è sufficiente il voto negativo, mentre, in caso di
a i ist azio e disgiu tiva, e essa ia l opposizio e al o pi e to dell atto, e ell a i ist azio e
o giu tiva si i hiede all u a i ità l ese izio del pote e di veto. Tuttavia la legge i hiede he
la i ist ato e sia a he i u e da olpa ed g ava o su di esso l obbligo di agire in modo informato e
l obbligo di intervento; pe ta to, ispo de dei da i a he hi o ha avuto o os e za dell atto lesivo pe
aver violato il dovere di vigilanza e chi, conosciutolo, non si sia attivato per impedirne il compimento o
attenuarne gli effetti.
La responsabilità, inoltre, grava senza distinzioni a prescindere dal titolo e quindi anche sul socio il cui
potere gestorio sia accordato come diritto particolare, in quanto tale diritto è anche dovere di
amministrare con la diligenza professionale e ell’i te esse della so ietà.
L azione di responsabilità p opo i ile i dividual e te da ualu ue so io, a p es i de e dall e tità della
sua partecipazione; essa però non esclude he a he la so ietà possa p o uove e l azio e.
Il singolo socio può anche richiedere la revoca cautelare dell a i ist ato e i aso di g avi i egola ità, sia
unitamente alla proposizione della domanda di risarcimento, sia anticipatamente o indipendentemente da
questa.
I olt e, la espo sa ilità o oi volge solo gli a i ist ato i, a l a t. , o. , sa is e la
responsabilità solidale dei soci che abbiano intenzionalmente deciso o autorizzato il fatto dannoso.
Tale disposizione trova applicazione nei confronti di tutti i soci che consentono il compimento di
u ’ope azio e da osa pe la so ietà, i edito i e i te zi ell’ese izio, a he o asio ale, del pote e
gestorio di cui essi dispongono.
L esiste za di u organo di vigilanza nelle s.r.l. è meramente casuale e diviene obbligatoria solo se si
ve ifi a o le o dizio i fissate ell a t. .
Il controllo è affidato a ciascuno dei soci non amministratori, anche quando sia presente il sindaco, che
ha o il di itto di ave e dagli a i ist atori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare,
a he t a ite p ofessio isti di lo o fidu ia, i li i so iali e i do u e ti elativi all a i ist azio e . Si
determina così una sorta di internazionalizzazione del controllo.
Il loro contenuto è ampio in quanto riguarda le informazioni e i dati relativi alle singole operazioni, alle
li ee st ategi he o all a da e to ge e ali dell i p essa; i documenti consultabili sono tutti quelli che
riguardano le vicende della gestione, senza eccezione e senza che gli amministratori possano respingere la
i hiesta del so io pe agio i di ise vatezza e seg eto azie dale, esse do l u i o li ite uello dell ese izio
del di itto se o do uo a fede e i odo da o i t al ia e la o duzio e dell i p esa.
Si tratta di un diritto non eliminabile né comprimibile dall atto ostitutivo, pe h appa tie e a uegli
elementi che caratterizzano la s.r.l. e come tratto che coinvolge i so i alla vita dell i p esa. L atto
costitutivo resta però libero di accrescere i diritti di controllo, come di regolarne le modalità di esercizio.
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Solo al superamento di determinate soglie si rende obbligatoria l attivazio e di u a funzione di controllo
svolta da un soggetto indipendente e professionalmente qualificato.
Le condizioni e essa ie alla o i a so o: a l esse e la so ietà o ligata a edige e il ila io o solidato
e l esse e al ve ti e di u g uppo; l esse e o t olla te di u altra società obbligata alla revisione legale
dei o ti; il supe a e, pe due ese izi o se utivi, due li iti elativi all a o ta e dell attivo e dei i avi
e al u e o dei dipe de ti fissati ell a t. -bis.
Al verificarsi di queste circostanze l i te esse alla o etta gestio e dell i p esa o più solo u a
uestio e i te a all i p esa a deve esse e este alizzata.
Per quanto riguarda il tipo di controllo o ligato io, l a t. , o. , i hiede la o i a di u o ga o di
controllo o di un revisore: esso deve riguardare irrevocabilmente sia il profilo gestorio che quello contabile.
L o ga o di ui i hiesta la o i a monocratico, se l atto ostitutivo o dispo e dive sa e te e ad
esso si applica la disciplina sui sindaci di s.p.a. Pertanto poteri e doveri del soggetto a cui è affidato il
controllo so o uelli sta iliti dagli a t. ss. e dall’a t. d.lgs. 9/ ma essa va coordinata con
l a t. , poi h deve ite e si he og i so io sia legitti ato ad agi e ei suoi o f o ti.
Il rinvio alla disciplina della s.p.a. consente di sancire automaticamente anche per la s.r.l. l’i odifi a ilità
delle funzioni e dei poteri attribuiti al titolare del controllo. Tale soggetto ha il compito di vigilare
sull osse va za della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e
sull adeguatezza dell assetto o ga izzativo, a i ist ativo e o ta ile adottato dalla so ietà . I olt e ha il
o pito di ve ifi a e osta te e te la egola e te uta della o ta ilità so iale e la corretta rilevazione dei
fatti di gestio e elle s ittu e o ta ili , o h di esp i e e i u apposita elazio e il giudizio sul
bilancio.
Al di fuo i delle ipotesi di o i a o ligato ia, l atto ostitutivo può o u ue p evede e la p ese za di un
o ga o di o t ollo o o ati o o plu ipe so ale, e/o di u eviso e, pote do e dete i a e a he le
competenze con una certa libertà (controllo facoltativo).
L affida e to dei pote i di vigila za a soggetti este i, i dipe de ti e ualifi ati, svolge sia la funzione di
i e e ta e le ga a zie pe i so i o a i ist ato i he di favo i e l i agi e della so ietà sul e ato,
in quanto la presenza di un ufficio deputato al controllo suscita nei terzi un affidamento che limita
pa zial e te l auto omia dei soci per quanto riguarda le sorti ed ai poteri di tale ufficio. La legge affida
all atto ostitutivo il o pito di defi i e i pote i, a la li e tà egoziale deve ispetta e il ite io della
oe e za ispetto alle fu zio i tipi he dell’uffi io stesso: cioè al sindaco potranno essere attribuiti solo i
poteri di controllo sulla gestione e contabile ma non funzione di revisione dei conti, mentre al revisore
pot à esse e affidata uest ulti a fu zio e a o alt e.
L auto o ia statuta ia o può i tervenire sulla competenza alla nomina, né sui requisiti necessari per
assumere la carica, e non è lecita neanche la revoca delle presone già designate, in assenza di giusta causa
i uesto aso se l asse lea vo à i uove e il si da o o il eviso e, pot à fa lo a ella do l uffi io .
Il codice civile, dagli art. 2484 al 2496, disciplina unitariamente, per tutte e tre le società di capitali, quella
fase della vita della società che, dal verificarsi di una causa di scioglimento e passando attraverso la
liquidazione del patrimonio sociale, conduce alla sua estinzione.
Con lo scioglimento, la società prosegue e mantiene la propria personalità giuridica, infatti lo scioglimento
in sé non incide sui rapporti giuridici in essere che fanno capo alla società e ciò vale anche per quei rapporti
he p esuppo go o l ese izio di u attività d i p esa ad es. consorzi, associazione, agenzia ecc.)
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Le ause di s iogli e to delle so ietà di apitali so o ele ate ell a t. a he se o si tratta di
u ele azio e o pleta i ua to il o. i via ad alt e ause p eviste dalla legge . I olt e alle ause di
s iogli e to legali si posso o affia a e a he uelle convenzionali p eviste dallo statuto.
a) Il decorso del termine. Questa causa di scioglimento oggi, per effetto della possibilità di costituire
anche una società a tempo indeterminato, è divenuta una causa destinata ad operare solo per
quelle società il cui atto costitutivo prevede una scadenza.
Ovviamente, anche quando è prevista una scadenza, prima che questa subentri, è possibile
prorogare il termine per mezzo di una modifica statutaria. Per la s.p.a. e la s.a.p.a., la deliberazione
dell asse lea st ao di a ia di proroga del termine deve essere assunta con il quorum deliberativo
rafforzato, mentre non è prevista alcuna eccezione ai quorum stabiliti per le s.r.l. Inoltre va
sottoli eato he ella s.p.a. e ella s.a.p.a., il so io he o ha o o so all app ovazio e della
delibera di proroga del termine ha diritto di recedere dalla società. Nella s.r.l., invece, visto che la
proroga del termine non rientra tra le cause per cui viene attribuito il diritto di recesso, questo
spetta solo se p evisto ell atto ostitutivo. La p o oga del te i e deve o u ue essere
deliberata.
b) Il o segui e to dell’oggetto so iale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo. Il suo
o segui e to può avve i e solo là dove esso o siste i u attività desti ata a o lude si ad es.
la ealizzazio e di u ope a).
Qua to all impossibilità, questa può essere sia materiale che giuridica, come nel caso in cui lo
svolgimento di una determinata attività economica, prima consentito, sia successivamente vietato
ai privati per effetto di un intervento legislativo. Essa inoltre deve essere assoluta e definitiva e
avere carattere oggettivo, quindi senza dipendere da una mera impossibilità soggettiva della
società.
In questa ipotesi gli amministratori sono o ligati a o vo a e l’asse lea per eventuali modifiche
statutarie, prima di procede e all a e ta e to del ve ifi a si della ausa di s iogli e to. Nella
o alità dei asi, l asse lea pe evita e lo s iogli e to, dov à odifi a e l oggetto so iale,
a he se ge e al e te si fa ife i e to alle opportune modifiche statutarie pe h , a fronte di
u i possi ilità sop avve uta, il i edio pot e e a he o siste e pe es. i u a deli e a di
trasformazione o in un aumento di capitale.
c) L impossibilità di funzionamento o la o ti uata i attività dell’asse lea. Le due fattispecie sono
accomunate in quanto si riferiscono entrambe a una situazio e patologi a dell’o ga o
assembleare, ma mentre la prima comporta una definitiva e irreversibile paralisi, la seconda
prevede che sia sufficiente una prolungata inerzia. La pa alisi dell o ga o deve, per essere
considerata causa di scioglimento, i pedi e l’adozio e di deli e e e essa ie ed esse ziali per il
fu zio a e to della so ietà, o e l app ovazio e del ila io d’ese izio e il rinnovo degli organi
sociali.
d) La riduzione del capitale al di sotto del minimo legale. Non tutte le riduzioni al di sotto del minimo
legale costituiscono causa di scioglimento, ma solo quella che si realizza per effetto di una perdita
di oltre un terzo del capitale, cioè una perdita che rende obbligatoria la riduzione del capitale.
e) Il recesso del socio può determinare causa di scioglimento quando per il rimborso della
partecipazione è necessaria la riduzione del capitale, ma questa operazione risulta impedita
dall opposizio e di u o o più edito i so iali.
f) La delibe azio e dell’asse lea. La possibilità di deliberare lo scioglimento della società prima
della scadenza del termine o siste ell appo ta e u a odifi a all atto ostitutivo. La de isio e
deve esse e assu ta dall asse lea st ao di a ia ella s.p.a. e dall asse lea ella s. .l.
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Tra le cause legali di scioglimento p eviste i o e dive se dall a t. , va i o data sop attutto uella
che si determina per effetto della dichiarazione di nullità della società già iscritta nel registro delle imprese.
Il n. dell a t. p evede he sia las iata all auto o ia p ivata la possi ilità i se i e ei do u e ti
costitutivi della società cause di scioglimento ulteriori (convenzionali) rispetto a quelle legali (ad es. per
mancato superamento di certe soglie di fatturato ad una certa data). Qualora ciò si verifichi è necessario effettuare gli
adempimenti pubblicitari richiesti.
L a t. , o. , defi is e he gli effetti dello scioglimento di producono solo con l’is izio e el egist o
delle imprese della deli e azio e asse lea e o della di hia azio e o ui l organo di gestione ha
accertato il verificarsi di una delle altre cause previste.
I vista degli ade pi e ti pu li ita i p evisti i tale a ti olo, l o ga o di gestio e deve p o ede e se za
i dugio all accertamento della causa di scioglimento e convocare, dove necessario, l’asse lea per le
deliberazioni relative alla liquidazione.
In caso di omissione da parte degli amministratori, spetta al tribunale, su istanza dei singoli soci, sindaci o
a i ist ato i, di p ovvede e o de eto da is ive si el egist o delle i p ese, all a e ta e to del
verificarsi di una causa di scioglimento.
Al di là degli obblighi loro imposti, al verificarsi di una causa di scioglimento gli amministratori subiscono un
ridimensionamento del loro potere di gestione. I fatti, l a t. sta ilis e he essi o se va o il pote e
di gestire ma solo ai fi i della o se vazio e dell’i teg ità e del valo e del pat i o io so iale.
Se eccedano nella gestione o omettano di compiere atti di gestione finalizzati alla conservazione del
patrimonio sociale, gli amministratori assumono responsabilità per gli eventuali danni arrecati alla società,
ai soci, ai creditori sociali e ai terzi.
Il procedimento di liquidazione delle società di capitali è complesso, che si apre con la nomina dei
liquidatori, ed inderogabile anche quando manchino le attività e le passività da liquidare.
Ai se si dell a t. , o. , la nomina dei liquidatori spetta all’asse lea che delibera con le maggioranze
p eviste pe le odifi azio i dello statuto o dell atto ostitutivo. Non è sempre necessaria però una
deliberazione ad hoc i ua do la legge p evede l eve tualità he le disposizio i i te a di li uidazio e
sia o o te ute già ello statuto o ell atto ostitutivo he pot e e o a he i di a e o i ativa e te i
liquidatori).
A he se ella s.p.a. spetta all asse lea st ao di a ia p ovvede e alla o i a, l a ti olo si ife is e i
modo generale a tutti i tipi di società di capitali in modo indifferente.
La deliberazione ha un contenuto complesso perché alla nomina dei liquidatori si accompagna:
l’i di azio e dei ite i in base ai quali deve svolgersi la liquidazione; la definizione dei poteri dei
li uidato i o igua do alla essio e dell azie da e dei e i so iali; la li uidazio e degli atti e essa i pe la
conservazio e del valo e dell’i p esa, o p eso l eve tuale esercizio provvisorio della stessa.
L asse za ella deli e azio e di o i a di ulte io i i di azio i può pe ò po e u a se ie di p o le i
applicativi e con riferimento al fu zio a e to dell’o ga o e ai poteri esercitabili dai liquidatori.
Dove vi sia o più li uidato i, i asse za di i di azio i da pa te dell asse lea, uesti devo o ope a e
secondo il metodo collegiale, mentre, sempre in assenza di indicazioni assembleari, la rappresentanza
dovrebbe spettare disgiuntamente a ciascuno dei liquidatori. Inoltre, non essendo previsto dalla legge un
termine per la durata in carica di questi, essi, in assenza di indicazioni contrare nella deliberazione di
nomina o nei documenti costitutivi, rimangono in carica per tutto il corso della liquidazione.
Dopo ave p evisto l i te ve to sostitutivo del t i u ale i aso di i e zia degli a i ist ato i
ell a e ta e to del ve ifi a si u a ausa di s iogli e to, ell a t. , o. , so o dis ipli ati a he alt i
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due i te ve ti dell auto ità giudizia ia: pe il aso di a ata o vo azio e dell’asse lea per la nomina
dei liquidatori e per il caso di mancata costituzione o di mancata deliberazione dell asse lea.
L ult. o a dell a t. el dis ipli a e la revoca dei liquidatori, non riserva tale potere alla
maggioranza assembleare, anche se ricorra solo una giusta causa.
Quanto alla revoca assembleare è da ritenere che, in assenza di una giusta causa, spetta ai liquidatori il
risarcimento del danno.
Quanto alla revoca giudiziale, invece, la legittimazione è attribuita al pubblico ministero.
Ai se si dell a t. -bis, co.1, la pubblicità di nomina dei li uidato i e l eve tuale dete i azio e dei lo o
poteri si realizza mediante iscrizione nel registro delle imprese.
Se p e o l i te to di fo i e u adeguata i fo azio e ai te zi, la legge p es ive a he l o ligo di
aggiungere alla denominazione sociale l i di azio e he si t atta di u a so ietà i li uidazio e. Questa
aggiunta, non essendo considerata come una modifica della denominazione, non necessita di essere
ealizzata edia te odifi a dell atto ostitutivo o dello statuto, e va effettuata solo al seguito
dell avve uta pu li ità.
L is izio e della o i a dei li uidato i el egist o delle i p ese non è importante solo ai fini pubblicitari,
ma anche perché segna il momento in cui cessano dalla carica gli amministratori e avviene il passaggio dei
poteri in capo ai liquidatori. A questo fine gli amministratori consegnano ai liquidatori i libri sociali e u a
situazione dei conti alla data effettiva dello scioglimento, insieme ad un rendiconto sulla loro gestione
elativo al pe iodo su essivo all ulti o ila io app ovato .
L a t. si dedi a alla dis ipli a dei poteri e degli obblighi dei liquidatori, ma è necessario considerare
a he l a t. he dis ipli a al u i pote i e dove i pa ti ola i e le o e i te a di ila i i fase di
li uidazio e e uella elativa alla a ellazio e della so ietà dal egist o delle i p ese di ui all a t. 5.
A differenza di quanto previsto per la società di persone, qui non è previsto per i liquidatori il divieto di
o pie e uove ope azio i, a zi lo o i o os iuto il pote e di o pie e tutti gli atti utili per la
li uidazio e della so ietà salvo i li iti e e ge ti dall atto ostitutivo o dallo statuto o dalla deli e azio e
di nomina.
Il tema più delicato è quello della o ti uazio e dell’attività d’i p esa in quanto si richiede se la decisione
di p osegui e l attività può esse e f utto di u auto o a scelta dei liquidatori. Questa è consentita solo se
dete i a u utilità pe la li uidazio e e può esse e li itata solo se p evisto dallo statuto o dell atto di
nomina.
Per quanto riguarda gli obblighi dei li uidato i, l a t. o. , affe a he essi devono agire
ell ade pi e to dei lo o o lighi o la professionalità e la diligenza i hieste dalla atu a dell’i a i o.
I fatti, ell a t. si p evedo o: il pote e dei li uidato i di hiede e ai so i i versamenti ancora dovuti
circa i conferimenti promessi; il divieto di ripartire tra i soci acconti sul risultato della liquidazione e una
responsabilità dei liquidatori per illecita ripartizione di tali acconti.
Riguardo la possibilità di chiedere ai soci di completare i versamenti, i liquidatori hanno il potere di
richiederli solo se i fondi disponibili risultano insufficienti per soddisfare i creditori.
Riguardo il divieto di distribuzione ai soci di acconti sul risultato della liquidazione, va sottolineato che i
liquidatori hanno la possibilità di de oga e il divieto og i volta he dai ila i isulti he la ipa tizio e o
i ide sulla dispo i ilità di so e ido ee all i teg ale e te pestiva soddisfazio e dei edito i so iali .
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L a t. o fe a la continuità della struttura organizzativa della società anche nel corso della fase di
liquidazione, mentre meno evidenti sono, da un lato, individuare quali sono in concreto le decisioni dei soci
o le deliberazioni assembleari da ritenere compatibili con la liquidazione e assumibili quindi anche in
uesta fase, e dall alt o, il sig ifi ato da att i ui e al ife i e to alla o ti uità delle disposizio i sugli
o ga i a i ist ativi, ella p evisio e della lo o essazio e all atto dell is izio e el egist o delle i p ese
della nomina dei liquidatori.
Rigua do l i dividuazio e delle decisioni sociali compatibili con la liquidazione, la disciplina non incontra
molti ostacoli, infatti durante la liquidazione è possibile deliberare una fusione, una scissione o una
trasformazione. Vi è maggiore libertà anche riguardo alle deliberazioni delle operazioni sul capitale.
Anche nella fase di liquidazione vi è la regola della redazione periodica del ila io d’ese izio, cui sono
te uti i li uidato i e he deve esse e p ese tato pe l app ovazio e all asse lea o ai so i .
Esso, nella liquidazione, ha la stessa struttura di uello di fu zio a e to e ui di si o po e di stato
patrimoniale, conto economico e nota integrativa.
Soprattutto con riferimento ai criteri di valutazione delle diverse poste, il bilancio nella fase di liquidazione
si fonda su un sistema contabile flessibile, che può subire modifiche nel progredire della liquidazione e che
deve trovare adeguata motivazione nella nota integrativa. Assume particolare rilievo informativo la
relazione che a o pag a il ila io, ella uale, ai se si del o. , a t. , i li uidato i devo o illust a e
l a da e to, le p ospettive della li uidazio e e i p i ipi e i ite i adottati pe ealizza la .
Ai liquidatori compete poi di dare continuità ai bilanci e quindi è posta particolare attenzione al primo
bilancio di competenza dei liquidatori, nel quale questi, allegandovi i due documenti contabili (situazione
dei conti alla data dello scioglimento e rendiconto sulla gestione relativo al periodo successivo all ulti o
bilancio approvato), devono dare conto delle va iazio i ei ite i di valutazio e adottati ispetto all’ulti o
bilancio predisposto dagli amministratori e delle ragioni e conseguenze di tali variazioni.
La so ietà può evo a e i og i o e to lo stato di li uidazio e o deli e azio e dell asse lea p esa
o le aggio a ze i hieste pe le odifi azio i dell atto ostitutivo a t. -ter. co.1).
Il ito o della so ietà all o di a ia ope atività o u ue o dizio ato dalla rimozione della causa di
scioglimento he aveva dete i ato l ape tu a della li uidazio e delle eve tuali alt e ause i so te el
corso di questa. In questo contesto occorre verificare la sussistenza di un capitale minimo richiesto per il
tipo di società e quindi si impone la redazione di un bilancio straordinario.
La decisione di revoca attribuisce inderogabilmente al socio non consenziente il diritto di recedere dalla
so ietà ed ga a tita l opposizione a tutela dei creditori sociali.
Una volta che è stato approvato il bilancio finale, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società
dal registro delle imprese. Disposta la cancellazione, dove permangono creditori sociali non ancora
compiutamente soddisfatti, questi avranno azione esclusivamente nei confronti dei soci o anche nei
confronti dei liquidatori se il mancato pagamento sia dipeso da loro colpa.
Questo disposto dall a t. , o. , fe a esta do l estinzione della società o segue te alla sua
a ellazio e. L aggiu ta di tale i iso i posta dal legislatore della Riforma per contrastare
l o ie ta e to della giu isp ude za, fo atosi p i a del , he egava l effetto esti tivo alla
cancellazione ogni qual volta fossero residuati rapporti giuridici non estinti.
Pe effetto dell i te ve to del ifo ato e oggi p evale la tesi dell efficacia costitutiva della cancellazione.
Tuttavia gli i te p eti si divido o sull irreversibilità o meno della cancellazione, in relazione non tanto
all esiste za di passività insoddisfatte, quanto in relazione alla sussistenza di attività non distribuite ai soci.
Al igua do, e t e u a pa te della dott i a i a e fe a el soste e e l effetto esti tivo della
cancellazione affermando che le eventuali sopravveniente attive andranno regolate secondo la disciplina
della o u io e t a ex so i, l alt a pa te itie e utilizza ile lo st u e to della a ellazio e d uffi io dal
egist o delle i p ese, pe ezzo del uale pot e e otte e si la a ellazio e della a ellazio e della
so ietà , i uove do osì i suoi effetti.
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133
A ti ola e il is hio d i p esa sig ifi a adotta e st u e ti giu idi i he, ell ese izio di u a plu alità di
attività produttive o nello svolgimento di una pluralità di affari, consentono di esporre al rischio di un loro
insuccesso solo una parte del patrimonio.
A uesto p oposito oto il p i ipio ge e ale defi ito ell a t. i fo za del uale il de ito e ispo de
dell ade pi e to delle o ligazio i o tutti i suoi e i p ese ti e futu i .
Lo stesso p i ipio ope a a he o ife i e to alle so ietà, il he sig ifi a he il is hio d i p esa esteso
a tutto il pat i o io. E pe ò possi ile deli ita e uesto is hio e il legislato e itie e uesto i te esse
e itevole di tutela, fo e do degli st u e ti giu idi i atti a o se ti e l articolazione del rischio
d’i p esa.
Alla realizzazione di questo obiettivo vi è innanzitutto la creazione di un gruppo di società. S.p.a. e s.r.l.
possono essere partecipate anche da un unico socio, perciò è consentito ad un soggetto dare vita ad una
pluralità di società unipersonali che a loro volta potrebbero essere socie di altre società, in modo da
esercitare una pluralità di attività he so o ife i ili a soggetti disti ti l u o dall alt o, a he
e o o i a e te ha o u u i o e t o di ife i e to. Così possi ile svolge e u attività o plessa
articolandola in più attività settoriali. Il legislatore regola questo fenomeno per assi u a e he l i teg azio e
t a le dive se so ietà del g uppo o o po ti u u io e di i te essi tale da p egiudi a e la sa a gestio e
delle diverse attività, determinando così danni ai creditori e ai soci di minoranza.
Altro strumento giuridico per realizzare effetti simile è la creazione di patrimoni destinati ad uno specifico
affare. Le società azionarie possono cioè individuare e destinare determinate risorse allo svolgimento di
u ope azio e e o o i a, isola dole dal esto del pat i o io. Questo destinato è un patrimonio separato
a ui vie e li itato il is hio d i p esa elativo all affa e.
A differenza di altri paesi dove sono diffuse le c.d. public companies (cioè quelle società nelle quali le azioni
sono di titolarità di molteplici soggetti e manca un socio che detiene una percentuale rilevante), in Italia la
proprietà è spesso concentrata in capo a pochi soggetti ed è possibile individuare un socio di controllo.
Il soggetto che si trova in una posizione di controllo è spesso contraddistinto da un interesse
pa te ipativo ei o f o ti della so ietà, io spesso ese ita u i fluenza dominante che può sfociare in
u attività di direzione e coordinamento nei confronti delle società controllate. Questo fenomeno
caratterizza i gruppi di società, cioè quelle strutture organizzative cui il legislatore, con la riforma del 2003,
ha dedicato apposite norme contenute negli art. 2497 ss. che sono suddivise in norme fisiologiche, tese a
ga a ti e t aspa e za sull esiste za del g uppo e alle ope azio i poste i esse e da uesto, e le norme
patologiche, che invece si occupano degli abusi della capogruppo e dei finanziamenti elargiti a società
sottocapitalizzate. Complessivamente le norme sono volte a tutelare i soci di minoranza e i creditori sociali
delle società soggette ad attività di direzione e coordinamento, mentre risultano del tutto trascurati i
creditori sociali e gli eventuali soci di minoranza della capogruppo.
L a t. i dividua t e disti te forme di controllo: i) il controllo di diritto; ii) il controllo di fatto; iii) il
controllo contrattuale.
Si ha controllo di diritto quando una società dispone della maggioranza dei voti ese ita ili ell’asse lea
o di a ia di u ’alt a so ietà; mentre si ha controllo di fatto quando una società detiene, non la
maggioranza dei voti, ma voti sufficienti per esercitare u ’i flue za do i a te ell’asse lea o di a ia.
Infine si ha controllo contrattuale ua do u a so ietà isulta sotto l i flue za do i a te di u alt a in virtù
di particolari vincoli contrattuali (ad es. è il caso di una società A che ha come unico cliente la società B e si trova ad essere
i u a situazio e di dipe de za e o o i a ispetto ad essa dato he il ve i e o dell a o do contrattuale potrebbe
o p o ette e la p ose uzio e dell attività i p e dito iale della p i a).
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La posizione di controllo esprime una possibilità di ese ita e l i flue za do i a te. La possi ilità he u a
so ietà possa ese ita e tale i flue za su u alt a dà luogo all appli azio e di u apposita e o plessa
disciplina vota a tutelare una molteplicità di esigenze ed interessi.
Le finalità a cui è volta questa disciplina sono: a) accentuare gli obblighi di vigilanza da parte degli organi
a i ist ativi e di o t ollo della o t olla te sull attività della so ietà o t ollata; fo i e a tutti gli
interessati una corretta ed adeguata informazione i e ito alla sussiste za del o t ollo e all a da e to
generale della controllante e delle controllate; c) garantire la conservazione del capitale sociale delle
società controllante e controllata ed evitare delle alterazioni nei meccanismi di formazione delle
maggioranze assembleari.
I gruppi di società sono delle forme organizzative ell a ito delle uali vi u soggetto capogruppo) che
ese ita u ’attività di di ezio e e oo di a e to nei confronti di altre società, che mantengono comunque
la loro autonomia giuridica e patrimoniale.
L ele e to he a atte izza tale fe o e o, ui di, l’attività di di ezio e e oo di a e to: qui si passa
da una situazione di possibilità di influenza dominante, ad una situazione di effettività dell ese izio di
u attività di di ezio e e oo di a e to.
I benefici de iva ti dall appa te e za ad u g uppo pe le si gole so ietà so o oltepli i ad es. la possibilità di
usare un marchio di gruppo assai noto, di ricorrere a prestiti intragruppo a condizioni più favorevoli rispetto a quelle di mercato, di
disporre di maggior potere contrattuale), anche se non possono essere trascurati i rischi (ad es. l eve tualità he la
capogruppo, del dare attuazione ad una politica di gruppo, impartisca direttive pregiudizievoli nei confronti di alcune società a
vantaggio di altre). In questi casi, i soggetti più esposti al verificarsi di eventi patologici sono i soci di minoranza
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135
e i creditori sociali delle società sottoposte ad attività di direzione e coordinamento.
P e ede te e te alla ifo a del o e a p ese te ell o di a e to italia o u a o ativa spe ifi a
pe i g uppi di so ietà, o a i ve e vi u apposita dis ipli a he aff o ta uesti te i, egli a t. ss. No
è specificato a quali tipi devono appartenere la società coinvolte nella direzione e nel coordinamento, così
nel silenzio della legge si ritiene che la disciplina si applica a tutti i tipi di società.
P esupposto pe l appli a ilità della dis ipli a l’ese izio da parte della capogruppo di u attività di
direzione e coordinamento. Essa o siste el fatto he la apog uppo svolge u attività di pia ifi azio e
delle principali scelte imprenditoriali attinenti alle società del gruppo e una conseguente attività di
coordinamento e di indirizzo mediante direttive impartite alle diverse società.
Prima della riforma del diritto societario del 2003, la dottrina e la giurisprudenza si erano più volte
interrogate sulla liceità o e o dell ese izio di tale attività, i o side azio e dell auto o ia he
dov e e a atte izza e l ope ato delle so ietà. Il g uppo pe ò, el da e vita ad u o ga izzazio e
complessa, non fa venire meno la distinta soggettività delle singole società coinvolte, quindi questo
determina, con le norme fissate egli a t. ss., u ge e alizzato a ogli e to della li eità dell attività
purché non leda i principi generali fissati dalle norme stesse.
Il legislato e al fi e di agevola e l o e e della p ova, i t odu e u a presunzione relativa, in merito
all esiste za e all ese izio di u attività di di ezio e e oo di a e to. L a t. -sexies afferma, infatti,
he si p esu e, salvo p ova o t a ia, he l attività sia ese itata dalla so ietà o dall’e te te uto al
consolidamento dei bilanci o dal soggetto in posizione di controllo.
Le norme fisiologiche hanno come obiettivo quello di garantire la massima trasparenza ed informazione in
ordine:
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Le norme patologiche, i ve e, so o di ette ad a gi a e le possi ili disto sio i ell ese izio dell attività di
di ezio e e oo di a e to. I fo za dell a t. , possi ile pe i soci e i creditori di una società
ete odi etta ese ita e u azione di responsabilità nei confronti della capogruppo.
a) La legittimazione attiva è attribuita ai soci e ai creditori della so ietà soggetta all attività di
direzione e coordinamento, ai quali spetta il risarcimento eventualmente riconosciuto. La
responsabilità nei confronti dei soci sussiste se si è verificato un pregiudizio alla redditività ed al
valore della partecipazione sociale; invece quella nei confronti dei creditori sociali sussiste nel caso
di lesio e agio ata all’i teg ità del pat i o io della so ietà ete odi etta.
b) Pe pote o figu a e u a espo sa ilità ai se si dell a t. , o. , e essa io he i o rano i
seguenti presupposti: i sia stata posta i esse e u attività di di ezio e e oo di a e to da pa te
di una società o di un ente, li ita do l a ito appli ativo della o a ai soli soggetti dive si dalle
persone fisiche; ii) la capogruppo abbia agito ell’i te esse i p e dito iale p op io o alt ui e in
violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale; iii) la violazione dei
suddetti principi abbia determinato un pregiudizio.
i. Per quanto riguarda il primo requisito, il legislato e, pe agevola e l o e e della p ova, ha
introdotto le presunzioni e la pubblicità che però non rappresenta una condizione
e essa ia pe l ese izio dell azio e di espo sa ilità.
ii. Il legislato e i hiede poi he la so ietà o l e te a ia o agito ell i te esse i p e dito iale
proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria o imprenditoriale.
iii. Il pregiudizio, i ve e, o siste i u da o patito dalla so ietà ete odi etta e dall atto e. La
responsabilità per abusivo esercizio dell attività di di ezio e e oo di a e to o sussiste
quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell’attività di
direzione e coordinamento o sia integralmente eliminato. I fatti ell a ito dei g uppi di
società è necessario utilizzare un criterio valutativo che non si fermi al singolo atto ma che
gua di all attività ese itata e he te ga o to dei oltepli i appo ti i esse e el g uppo e
dei possi ili va taggi he u a so ietà può t a e dall appartenenza al gruppo o da altre
operazioni in grado di compensare un pregiudizio precedentemente subito (c.d. vantaggi
compensativi).
c) Al o. dell a t. si p evede he il so io e il edito e so iale possa o agi e o t o la so ietà o
l e te apog uppo, solo se non sono stati soddisfatti. Se infatti il danno per cui il socio richiede il
risarcimento è quello subito in primis dalla società eterodiretta, questa non solo subisce un
p egiudizio da u alt a, a te uta a isa i e di tale p egiudizio i p op i so i.
d) Ai sensi del co.2 dello stesso art. sono responsabili, in solido con la capogruppo, coloro che abbiano
preso parte al fatto lesivo e quanti ne abbiano tratto beneficio consapevolmente. Grazie a tale
previsione è possibile estendere la responsabilità a una molteplicità di soggetti, anche non
appartenenti al gruppo di società e sarà possibile configurare una responsabilità in capo: i) agli
a i ist ato i e/o i si da i della apog uppo e della so ietà soggetta all attività di di ezio e e
coordinamento; ii) ai soci della società capogruppo; iii) alle società sorelle; iv) a soggetti terzi che
hanno preso parte al fatto lesivo o ne hanno tratto beneficio.
Per quanto riguarda coloro che non hanno partecipato al fatto lesivo, ma ne hanno tratto
consapevolmente beneficio, la responsabilità è limitata dalla legge al vantaggio conseguito.
e) Discussa infine è la natura della responsabilità dalla quale possono derivare importanti
o segue ze elative, ad es. all o e e della p ova, al te i e di p es izio e appli a ile e al da o
risarcibile.
114
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gruppo.
Per evitare che una determinata forma di finanziamento pregiudichi gli altri creditori, il legislatore ha
i t odotto elle s. .l. u apposita o a i hia ata a he ei g uppi di so ietà. Pe effetto di uesto
richiamo, il rimborso dei finanziamenti effettuati a favore di una società appartenente ad un gruppo deve
essere postergato ispetto alla soddisfazio e degli alt i edito i e, se già avve uto ell a o p e ede te la
dichiarazione di fallimento, deve essere restituito.
Tale regola si applica ai finanziamenti effettuati dal soggetto che esercita attività di direzione e
coordinamento, e dalle altre società sottoposte a tale attività. Non risultano, invece, sottoposti a tale
disciplina i finanziamenti posti in essere dalle società eterodirette a favore della capogruppo.
Affinché operi la postergazione e la restituzione, è necessario che il finanziamento sia stato effettuato in un
momento in cui la società beneficiaria dello stesso risultasse avere un eccessivo squilibrio
dell’i de ita e to rispetto al patrimonio netto.
L a t. fa ife i e to ai fi a zia e ti i qualsiasi forma effettuati, così che possono rientrarvi anche
quelli in natura (ad es. concessione di beni in godimento), le fideiussioni e le garanzie.
Al fine di tutelare i soci di minoranza delle società soggette ad attività di direzione e coordinamento davanti
ad eve ti i g ado di odifi a e le o dizio i di is hio dell i vesti e to, il legislato e i t odu e, ell a t.
2497-quarter, alcuni casi di recesso che si sommano a quelli previsti con riferimento ai diversi tipi societari.
i. I a zitutto l a t. -quarter prevede che il socio della società eterodiretta possa recedere
quando la capogruppo abbia deliberato una trasformazione che implica un mutamento del suo
scopo sociale (ad es. il caso in cui la capogruppo – società lucrativa – si trasformi in società cooperativa). Questa
circostanza, pur riguardando la capogruppo è considerata dal legislatore ipotesi rilevante e
legittimante il diritto di recesso per il socio della società soggetta ad attività di direzione e
coordinamento.
ii. Il recesso spetta anche nel caso in cui venga odifi ato l’oggetto so iale della capogruppo. Il
recesso è anche in questa ipotesi, collegato ad una circostanza che coinvolge la società che esercita
l attività di direzione e coordinamento. In questo caso però il socio che intende recedere deve
di ost a e he tale i osta za p odu a delle o segue ze a he ell a ito della so ietà
soggetta a tale attività di direzione.
iii. Il socio può inoltre recedere quando sia stata pronunciata una condanna a suo favore da chi
esercita attività di direzione e coordinamento. Al socio della società eterodiretta, in presenza di
abusi da parte della capogruppo, è concesso non solo uno strumento di tutela risarcitoria ma quindi
anche un diritto di recesso. La condanna, per dare luogo alla possibilità di recesso, deve essere
adottata con decisione esecutiva.
iv. I fi e, i o os iuta al so io la possi ilità di e ede e all inizio ed alla cessazione dell attività di
direzione e coordinamento.
La fa oltà di e ede e pe ò legata i uest ulti o aso alla sussiste za di dive se o dizio i. I a zitutto
non si deve trattare di una società con azioni quotate nei mercati regolamentati. In secondo luogo, non
deve esse e stata p o ossa u offerta pubblica di acquisto. In altre parole il recesso è accordato solo
quando non sussistono altre forme di exit in capo al socio.
I fi e, affi h il e esso possa esse e ese itato, e essa io he si ve ifi hi u alterazione delle
o dizio i di is hio dell’investimento. In definitiva, il socio che intende recedere deve dimostrare che
l i izio o la essazio e dell attività di di ezio e e oo di a e to a ia dete i ato u uta e to del
livello di is hio dell i vesti e to.
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Le società cooperative as o o ella età dell pe eagi e alle p ofo de disuguaglia ze ge e ate dalla
ivoluzio e i dust iale. I uel pe iodo sto i o si avve tiva l esige za di u odello d i p esa
de o ati o , ido eo ad i e e ta e il e esse e dei eti e o p ivilegiati, offrendo loro beni primari e
soprattutto occasioni di lavoro in un mercato caratterizzato da forte disoccupazione.
Questa funzione sociale dell i p esa oope ativa a a atte e di utualità se za fi i di spe ulazio e
p ivata o siste el e de e possibile ai soci cooperatori la realizzazione dei loro bisogni ed economie
individuali attraverso la riduzione dei costi ed il miglioramento dei servizi. La funzione sociale è
salvagua data dalla Costituzio e a t. he i vita il legislato e a favo i e l incremento della cooperazione
a carattere mutualistico e non speculativo, con i mezzi più idonei ad assicurarne le finalità, anche mediante
gli opportuni controlli. Quindi alle società cooperative viene dedicato un trattamento riservato che si
concretizza in rilevanti benefici ed agevolazioni tributarie, previdenziali e finanziarie.
La disciplina delle società cooperative è molto articolata e consiste in un nucleo di norme generali collocate
nel codice civile (art. 2511-2545), modificate dalla riforma del 2003, e di numerose disposizioni contenute
nelle leggi speciali: alcune applicabili a tutte le società cooperative, altre invece relative a cooperative che
operano in determinati settori produttivi (agricole, di credito ecc.).
Le eventuali lacune della disciplina delle società cooperative vanno colmata con il richiamo al regime
residuale delle disposizioni delle società per azioni a t. , o. . Tuttavia l atto ostitutivo può
prevedere che trovino applicazioni, in quanto compatibili, anche le norme sulle società a responsabilità
limitata, a o dizio e he il u e o di so i oope ato i sia i fe io e a ve ti o he l attivo pat i o iale o
sia superiore ad un milione di euro (art.2519, co.2).
Qualunque sia il modello adottato dalla cooperativa, per le obbligazioni sociali risponde esclusivamente la
società con il suo patrimonio (art. 2518).
Il codice civile qualifica le società cooperativa in base a due requisiti fondamentali: lo scopo mutualistico ed
il capitale variabile (art. 2511).
Tuttavia il codice non prevede alcuna definizione di scopo mutualistico, ma per determinarne i tratti
a atte isti i si fa ife i e to all o igi a ia elazio e del . . se o do ui l attività di i p esa prevalente
delle società cooperative consiste, a seconda del settore d attività, nel fornire beni o servizi o occasioni di
lavo o di etta e te ai e i dell’o ga izzazio e a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero
sul mercato .
Questo obiettivo viene raggiunto in quanto la cooperativa rinuncia al proprio profitto imprenditoriale a
beneficio dei soci fruitori dei suoi servizi: in questo modo essi riescono a conseguire un determinato bene o
servizio (nelle cooperative di consumo) ad un prezzo inferiore a quello di mercato, in quanto la società si
accontenta di coprire i costi di produzione. Allo stesso modo nelle cooperative di lavoro, i soci lavoratori
riescono a conseguire un salario maggiore rispetto a quello di mercato in quanto la società distribuisce loro
l i te o i avo t atto dalla ve dita a te zi dei suoi prodotti, anche qui rinunciando a trattenere il proprio
profitto.
Quindi, diversamente dalle società lucrative, lo scopo-fine perseguito dai soci di una società cooperativa
consiste nel soddisfacimento di un particolare bisogno economico e non dalla più elevata remunerazione
del capitale investito in società.
Dal punto di vista dell’i p esa lo scopo mutualistico non incide sugli elementi tipici del contratto di società,
o e l ese izio i o u e dell’attività e o o i a; né vieta che i criteri di gestione della società tendano a
massimizzare la produzione di utili (lucro oggettivo : l asse za di spe ulazio e p ivata, i fatti, o po ta
solo l’asse za di lu o soggettivo. Infatti, a beneficio dei soci ciò che conta non è che la società ceda loro direttamente beni
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o servizi a prezzo di costo, potendo cederli a prezzo di mercato e conseguendone un profitto, purché poi questo non venga
dist i uito ai so i i agio e del apitale posseduto e ui di o e e u e azio e dell i vesti e to lu o soggettivo , a venga
loro restituito in ragione della natura e della quantità di beni e servizi mutualistici acquistati da ciascun socio .
L a t. , o. , o se te all atto ostitutivo di u a oope ativa di p evede e he la so ietà svolga la
propria attività anche con terzi. Questa attività può essere fonte di utili consistenti che, reinvestiti
ell i p esa, posso o assi u a le ezzi fi a zia i ido ei a ga a ti e ai so i l effettivo soddisfa i e to del
loro bisogno economico.
Dal punto di vista dei soci, la mutualità comporta che il rapporto associativo sia qualificato dalla c.d.
gestione di servizio, cioè dalla tendenziale destinazione ai soci dei beni e servizi prodotti dalla cooperativa. I
soci, pertanto, devono essere i fruitori delle prestazioni mutualistiche. La realizzazione della gestione di
se vizio e de e essa ia la p evisio e, ell atto ostitutivo della so ietà oope ativa, di requisiti soggettivi
pe l’a issio e di uovi so i a t. . Qui di l a esso alla oope ativa o ape to a hiu ue, a
solo a coloro che sono potenzialmente idonei ad intrattenere il rapporto mutualistico con la società o che
nutrono effettivo interesse ad ottenere quella prestazione.
La gestio e di se vizio pe ò o i pli a l esiste za di u diritto soggettivo del socio alle prestazioni
mutualistiche, i fatti il so io dispo e solo di u a legittima pretesa di esse e p efe ito a te zi
ell e ogazio e della prestazione mutualistica che si traduce in un potere di controllo indiretto sull attività
mutualistica svolta dalla società.
Inoltre, le prestazioni mutualistiche conseguite dai soci non discendono direttamente dal rapporto sociale,
ma nascono da autonomi contratti di scambio stipulati tra la cooperativa ed i suoi soci. Quindi è dalla
stipulazio i degli s a i utualisti i e i p opo zio e all’e tità di uesti che il socio trae il suo vantaggio.
Va anche sottolineato che il socio è libero di scegliere se e in che quantità avvalersi delle prestazioni
mutualistiche: ciò è vero nelle cooperative di consumo ma non in quelle di lavoro o in quelle che si
avvalgo o, pe la p op ia attività, dei p odotti dei so i, elle uali vi l esiste za di u obbligo del socio a
giovarsi degli scambi mutualistici.
La mutualità comporta anche una reciprocità di prestazioni tra la cooperativa ed i suoi soci, poiché
o dizio e esse ziale pe la ealizzazio e dell ese izio utualisti o dell i p esa la sussiste za di u a
pluralità di scambi: da qui la previsione di un numero minimo di soci.
I rapporti economici alla base delle prestazioni mutualistiche devono però rispettare la disciplina contenuta
nei regolamenti he dete i a o ite i e egole di svolgi e to dell attività mutualistica tra la società e i
so i. Essi ua do o ostituis o o pa te i teg a te dell atto ostitutivo, so o p edisposti dagli
a i ist ato i ed app ovati dall asse lea a t. , o. .
Lo scopo mutualistico ha notevole incidenza anche sulla struttura della società cooperativa. Sono infatti
previste regole specifiche che valorizzano la partecipazione personale del socio il quale, con il suo apporto,
rende possibile la realizzazione della gestione di servizio. Viene quindi a considerarsi la struttura aperta
della cooperativa, basata sul principio della porta aperta, secondo cui coloro che possiedono i requisiti
soggettivi di pa te ipazio e sa iti dall atto ostitutivo della oope ativa, e ita o u a spe ifi a tutela
ell a issio e alla so ietà e deve esse e i e tivato l a esso; allo stesso odo o o e agevola e l us ita
dalla società dei soci non più interessati alla fruizione della prestazione mutualistica.
Questo p i ipio o esso all alt a fo da e tale a atte isti a st uttu ale, io la variabilità del capitale.
Ciò i ua to l us ita e l e t ata dei so i dalla oope ativa o po ta u auto ati o uta e to del apitale
se za la e essità di u a fo ale odifi a dell atto ostitutivo. Questa a atte isti a del apitale si t adu e
anche ell assenza di limiti minimi alla sua entità, sia che la società adotti il regime della s.p.a., sia della
s.r.l.
F a i p i ipi fo da e tali dell i p esa oope ativa va i o dato il suo carattere democratico, contenuto
nel voto capitario: cioè ad ogni socio spetta un solo voto qualunque sia il valore della quota o il numero
delle azioni possedute. Al fine di evitare che alcuni soci acquisiscano comunque situazioni di predominio, è
anche stabilito un limite massimo al possesso di quote e azioni.
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La disciplina codicistica introduce una distinzione tra cooperative a mutualità prevalente e cooperative
dive se , finalizzate a limitare i benefici fiscali alle prime. Anche queste però, come quelle a mutualità
prevalente, possono godere di agevolazioni finanziarie, creditizie, previdenziali e di privilegi sui crediti.
La distinzione tra le due categorie, in sostanza, assume rilevanza esclusivamente fiscale.
Sono cooperative a mutualità prevalente quelle che, in ragione del tipo di scambio mutualistico praticato,
svolgono prevalentemente la loro attività in favore dei soci, consumatori o utenti di beni e servizi, o si
avvalgono prevalentemente delle prestazioni lavorative dei soci, o degli apporti di beni o servizi da parte dei
soci.
Al fine di godere di benefici fis ali devo o esse e is itte i u a spe ifi a sezio e dell Albo delle
cooperative, tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico, nel quale depositano annualmente i
propri bilanci.
Il codice civile prevede dei criteri legali per la definizione della prevalenza e requisiti statutari di prevalenza
(art. 2514).
I criteri legali sono legati a parametri basati sul tipo di scambio mutualistico praticato dalla cooperativa e
devono essere documentanti dagli amministratori e dai sindaci nella nota integrativa al bilancio della
società.
Le cooperative a mutualità prevalente devono inoltre prevedere nei propri atti costitutivi quattro clausole
statutarie antilucrative: a il divieto di dist i ui e divide di i isu a supe io e all i teresse massimo dei
buoni fruttiferi postali aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato; b) il
divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore
al due percento rispetto al limite massimo previsto per i dividendi; c) il divieto di distribuire riserve tra i soci
oope ato i; d l o ligo di devoluzio e, i aso di s iogli e to della so ietà, dell i te o pat i o io so iale.
Il mancato rispetto, per due esercizi consecutivi, dei criteri legali di prevalenza o la modifica, con delibera
adottata o le aggio a ze dell asse lea st ao di a ia, delle lausole statuta ie a tilu ative
comportano la perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente.
Il procedimento di costituzione delle società cooperative richiama quello previsto per le s.p.a. e le s.r.l.,
a he se il o te uto dell atto ostitutivo e il o t ollo ota ile p ese ta o al u e pe ulia ità o esse agli
specifici caratteri della cooperativa.
L atto costitutivo, redatto per atto pubblico a pena di nullità, deve stabilire la disciplina dei rapporti
utualisti i e defi i e le egole pe lo svolgi e to dell attività, il ui o te uto può esse e spe ifi ato ei
regolamenti mutualistici. Esso deve contenere: i) le generalità dei soci, il cui numero non può essere
inferiore a nove se la cooperativa ha forma di s.p.a. o a tre se adotta lo schema delle s.r.l.; ii) la
de o i azio e so iale he deve o te e e l i di azio e di so ietà oope ativa; iii la uota di capitale
sottoscritta da ciascun socio deve essere contenuta nei limiti legali.
Le particolarità più significative però riguardano:
a) l’i di azio e spe ifi a dell’oggetto so iale con riferimento ai requisiti e agli interessi dei soci .
L oggetto so iale assume un ruolo centrale poiché consente di individuare lo scopo mutualistico
programmato e di selezionare i soggetti effettivamente interessati a quel bisogno economico che la
cooperativa si prefigge di soddisfare;
b) l i di azio e ell atto ostitutivo dei e uisiti, o dizio i e p o edu a pe l’a issio e dei so i, e
del modo e del tempo in cui devono essere eseguiti i conferimenti. I criteri di ammissione devono
risultare non discriminatori e coerenti con lo scopo mutualistico.
Ulteriori indicazioni tipi he dell atto ostitutivo delle oope ative so o le o dizio i pe l eve tuale recesso
o pe l esclusione dei soci, le regole per la ripartizione degli utili e i criteri per la distribuzione dei ristorni.
Il otaio he ha i evuto l atto ostitutivo deve depositarlo e t o ve ti gio i p esso l uffi io del egist o
delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede della società a o a dell’a t. 0.
Al o e to del deposito il otaio deve allega e i do u e ti attesta ti l esiste za delle condizioni per la
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costituzione: i soci quindi sono tenuti a versare il 25% dei conferimenti in denaro presso una banca ed
occorre una relazione giurata di stima per i conferimenti in natura.
L iscrizione presso il registro delle imprese ha efficacia costitutiva in quanto è grazie ad essa che la società
acquista personalità giuridica e viene ad esistenza come soggetto di diritto distinto dai soci.
Alle società cooperative si applicano le cause tassative e gli effetti della nullità della s.p.a., con la
conseguenza che la dichiarazione di nullità non ha carattere retroattivo ma opera come causa di
scioglimento ed è sanabile.
Anche le odifi he dell’atto ostitutivo devo o esse e deli e ate dall asse lea, sottoposte al controllo
notarile ed iscritte nel registro delle imprese.
Le cooperative, tuttavia, sono società a capitale variabile, i ua to l au e to e la iduzio e di apitale
o o po ta o odifi he dell atto ostitutivo. Resta pe ò la fa oltà della so ietà di deli e a e au e ti di
capitale a pagamento con conseguente riconoscimento ai soci del diritto di opzione sulle azioni di nuova
e issio e; i uesto aso, l i g esso di uovi so i i pli a u es lusio e o u a li itazio e di tale di itto, he
può esse e auto izzata dall asse lea solo su p oposta otivata degli amministratori.
Come già detto le società cooperative sono regolate dalle disposizioni sulla s.p.a. in quanto compatibili e
dalle norme sulla s.r.l., ma tale facoltà è delimitata da due limiti legali: a) essa si trasforma in un obbligo
quando il numero dei soci è inferiore a nove; b) al contrario, le norme sulla s.r.l. non possono applicarsi se la
cooperativa ha un u e o di so i supe io i a ve ti e l’attivo pat i o iale supe a u ilio e di eu o.
Si deduce quindi che solo se la cooperativa, per legge o per statuto, abbia adottato lo schema della s.r.l., la
partecipazione sociale deve essere necessariamente rappresentata da quote; al contrario se la cooperativa
è modellata secondo le norme della s.p.a., le partecipazioni devono essere rappresentate da azioni.
Al fine di rispettare il principio della porta aperta e di evitare deviazioni allo scopo mutualistico, la legge
prevede limiti massimi al valore delle azioni e delle quote detenibili da un socio: in assenza di diversa
disposizione normativa, nessun socio può avere una quota superiore a centomila euro, né azioni il cui
valo e supe i tale a o ta e. L atto ostitutivo delle oope ative o più di cinquecento soci può elevare
tale limite fino alla soglia del due per cento del capitale.
Inoltre è possibile creare categorie di azioni fornite di di itti dive si i ase all’oggetto della p estazio e
mutualistica o, in caso di cooperativa modellata sulla s.r.l., attribuire ad alcuni soci diritti particolari.
La rappresentazione della partecipazione sociale in quote o in azioni non ha alcuna incidenza sul
trasferimento della partecipazione sociale. Questo è inefficace nei confronti della società se la cessione
non è autorizzata dagli amministratori.
E a he possi ile p evede e ell atto ostitutivo un divieto di circolazione della quota o delle azioni. In
questo caso il socio può esercitare, dopo il decorso di due anni dal suo ingresso in società, il diritto di
recesso con un preavviso di novanta giorni.
Come già detto, uno degli elementi fondamentali della società cooperativa consiste nel principio della
porta aperta, se o do ui l i g esso di uovi so i avvie e se o do u a p o edu a se plifi ata he o
i pli a al u a odifi a dell atto ostitutivo.
Questa procedura oggi è molto articolata, allo scopo di li ita e la dis ezio alità dell’o ga o
amministrativo e garantire trasparenza sulle modalità di accesso praticate dalle singole cooperative.
L ammissione di un nuovo socio è deliberata dagli amministratori su do a da dell i te essato. La deli e a
di a issio e deve esse e o u i ata all i te essato e a otata el li o dei so i a u a degli
amministratori. Il consiglio di amministrazione, entro sessanta giorni, deve motivare l eve tuale
deliberazione di rigetto della domanda di ammissione e comunicarla agli interessati, i quali, entro sessanta
gio i da tale o u i azio e del di iego, posso o hiede e he si p o u i l asse lea ella p ossi a
iu io e. La de isio e dell asse lea vi ola te pe gli a i istratori.
Il singolo rapporto sociale si sciogli per recesso, esclusione e morte del socio.
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a) Il recesso del so io oope ato e stato visto o sfavo e dal legislato e pe ti o e he u e essiva
li e tà las iata al so io potesse i e tiva e l us ita dalla società in caso di squilibri economici,
ge e a do osì u a isi di li uidità tale da ette e i pe i olo la sop avvive za stessa dell i p esa.
Nell attuale dis ipli a vi so o delle disposizio i volte a o p i e e i te ti spe ulativi dei so i,
come il divieto di recesso parziale che mira appunto a scongiurare comportamenti opportunistici
dei soci.
Il socio cooperatore può recedere nei asi p evisti dalla legge e dall’atto ostitutivo. L u i a ipotesi
di recesso legale la p ese za ell atto ostitutivo di un divieto di cessione della quota; altre
fattispecie legali di recesso si ricavano dalla disciplina della s.p.a. o della s.r.l. a seconda del modello
adottato.
E p evisto u procedimento articolato per la dichiarazione di recesso. Essa deve essere comunicata
alla società con raccomandata che deve poi essere esaminata dagli amministratori entro sessanta
giorni dalla ricezione: la loro valutazione si limita ad accertare i presupposti del recesso; se questi
non sono ritenuti sussistenti, gli amministratori ne devono dare immediata comunicazione al socio
che, entro sessanta giorni, può proporre opposizione al tribunale.
Per quanto riguarda gli effetti del recesso, quelli che incidono sul rapporto sociale (diritto di voto,
agli utili ecc.) si producono dal giorno della comunicazione del provvedimento di accoglimento della
domanda; per contro, quelli sui rapporti mutualistici tra socio e società vengono differiti alla
hiusu a dell’ese izio i o so, se comunicato tre mesi prima o, in caso contrario, alla chiusura
dell ese izio su essivo.
b) L esclusione del socio dalla cooperativa può essere disposta per cause legali e convenzionali
previste dallo statuto.
Le fattispecie legali di esclusione sono: a) l’i ade pi e to totale o pa ziale, dei o fe i e ti
relativi alle azio i o uote sottos itte. Il so io può esse e es luso solo i seguito all i ti azio e
degli a i ist ato i ad ade pie e e ad u a su essiva deli e a dell o ga o a i ist ativo o
dell asse lea; pe gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dal contratto
sociale, dal regolamento o dal rapporto mutualistico; c) la mancanza o perdita dei requisiti
soggettivi di partecipazione alla società; d) interdizione, inabilitazione o condanna ad una pena del
so io he po ta all i te dizione dai pubblici uffici; e) sopravvenuta inidoneità ad eseguire il
conferimento per cause non imputabili ad esso; f) fallimento del socio.
L atto ostitutivo può p evede e a he ulte io i asi di es lusio e fattispecie convenzionali) che
possono sempre igua da e l i ade pi e to degli o lighi p evisti dal o t atto so iale o dal
rapporto mutualistico, più specifiche di quelli previsti dalla legge.
L es lusio e deve esse e deliberata dagli a i ist ato i e può esse e de isa dall asse lea solo
quando è previsto espressamente in una clausola statutaria. Il provvedimento di esclusione
comporta obbligatoriamente una motivazione congrua e specifica e deve essere comunicato al
socio, il quale entro sessanta giorni può proporre opposizione al tribunale.
L esclusione del socio determina lo scioglimento immediato anche dei rapporti mutualistici
pendenti, salva diversa disposizione dello statuto.
c) Per la morte del socio è previsto che il rapporto sociale si scioglie e gli eredi hanno diritto alla
liquidazione della quota o al rimborso delle azioni. Tuttavia è consentita una previsione statutaria
che consenta agli eredi provvisti dei requisiti soggettivi, di subentrare nella partecipazione del socio
deceduto, nominando un rappresentante comune, se la quota non è divisibile.
Il a atte e de o ati o della oope ativa i flue za la dis ipli a dell asse lea, a ifesta do a zitutto
nella regola del voto per teste; esso incide anche sulle modalità di calcolo delle maggioranze per la
costituzione e per la validità delle deliberazioni, che sono calcolate secondo il numero dei voti spettanti ai
soci.
La legittimazione al voto spetta esclusivamente ai soci iscritti da almeno novanta giorni nel libro dei soci, al
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fi e di i pedi e he gli a i ist ato i de ida o l a issio e di u o siste te u e o di so i i vista di
una certa assemblea per influenzarne gli esiti.
Un altro aspetto del carattere democratico della coope ativa l istituto delle assemblee separate, previsto
pe agevola e l attiva pa te ipazio e dei so i alla vita so iale, sop attutto elle oope ative di g a di
dimensioni. Per effetto di questo sistema applicabile alle sole società con azioni non quotate nei mercati
regolamentati, la formazione della volontà sociale avviene per gradi: le assemblee separate vengono
convocate nei luoghi, indicati dallo statuto, in cui risiede un certo numero di soci per deliberare su tutte le
ate ie oggetto dell o di e del gio o dell asse lea ge e ale e pe elegge e i so i delegati. L asse lea
generale è costituita dai soci delegati designati nelle assemblee separate e delibera sugli argomenti indicati
ell o di e del gio o.
Le pa ti ola ità dell organo amministrativo riguardano soprattutto i requisiti soggettivi. Infatti è previsto
che la maggioranza degli amministratori debba essere scelta tra i soci cooperatori o tra le persone indicate
dai soci cooperatori persone giuridiche. L atto ostitutivo può a he p evede e he uno o più
a i ist ato i sia o s elti t a gli appa te e ti alle dive se atego ie di so i i p opo zio e all i te esse he
ias u a atego ia ut e ell attività so iale. Ai possesso i di st u e ti fi a zia i può esse e att i uito dallo
statuto il diritto alla nomina degli amministratori ed è anche possibile che la designazione di alcuni
amministratori sia riservata allo Stato o ad enti pubblici.
Il collegio sindacale, invece, è necessario nelle società cooperative nei casi in cui sia obbligatoria la nomina
del si da o ella s. .l., e ua do la so ietà ha e esso st u e ti fi a zia i o pa te ipativi titoli di
debito, obbligazioni).
Le agevolazioni tributarie e di altra natura concesse alle cooperative giustificano la loro sottoposizione a
vigilanza amministrativa, fi alizzata a ve ifi a e l effettivo e o etto pe segui e to dello s opo
mutualistico e la tutela della funzione sociale della cooperativa.
Oggi è poi esteso a tutte le società cooperative il controllo giudiziario sulla gestione in quanto assicura una
vigila za più i isiva e u a tutela dei so i di i o a za, osì aggio e te i e tivati all i vesti e to i
cooperativa.
In particolare, se vi è il fondato sospetto che gli amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità nella
gestione che possono arrecare danno alla società, i soci titolari di almeno un decimo del capitale possono
farne denunzia al tribunale.
Lo scopo mutualistico delle società cooperative non determina alterazioni nel procedimento di formazione
del bilancio, che richiama quello già visto per le società per azioni; impone solo quale informazione
supplementare, da fornire ai soci, circa le modalità di gestione praticate, negli allegati di bilancio da parte
dei sindaci e degli amministratori.
Un tratto caratteristico dello scopo mutualistico è la presenza di limiti legali e statutari alla distribuzione
dei dividendi nelle società cooperative.
Tali società possono perseguire uno scopo di lucro oggettivo, ma quanto allo scopo di lucro soggettivo,
ossia alla distribuzione del profitto conseguito in proporzione alla quote posseduta, è limitato
dall o di a e to, allo s opo di p ese va e la fu zio e tipica della cooperativa.
La variabilità del capitale comporta anzitutto, a tutela dei creditori sociali, che le cooperative non quotate
possono distribuire dividendi ai soci cooperatori solo a condizione che il rapporto tra il patrimonio netto e il
complessivo indebitamento della società sia superiore a un quarto. Questo vincolo impone quindi alle
cooperative eccessivamente indebitate di destinare gli utili generati ad autofinanziamento.
L atto ostitutivo poi i di a le egole, le odalità e la pe e tuale massima di ripartizione dei dividendi tra i
soci cooperatori. La nuova disciplina non prevede una soglia massima per la ripartizione degli utili per le
cooperative a mutualità non prevalente, mentre quelle a mutualità prevalente, al fine di comprimere il
lu o soggettivo, devo o osse va e il divieto di dist i ui e i divide di i isu a supe io e all i te esse
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massimo dei buoni fruttiferi postali, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale versato.
La tecnica con la quale i soci della cooperativa conseguono a determinate scadenze il vantaggio
mutualistico è il ristorno. I ristorni, anche se sono pur sempre una o po e te dell’ava zo di gestio e in
quanto possono essere distribuiti ai soci se il bilancio si è chiuso in perdita, devono distinguersi dagli utili
per i criteri di loro ripartizione che sono proporzionali alla quantità e alla qualità degli scambi
mutualistici e non al capitale conferito da ciascun socio.
Ai fini di una loro corretta determinazione, le cooperative devono riportare separatamente in bilancio i dati
elativi all attività svolta o i so i, disti gue do le dive se gestio i utualisti he.
No si appli a o ai isto i i li iti p evisti pe la dist i uzio e degli utili i ua do o vi l esige za ui di
limitare un lucro soggettivo, ma si tratta di consentire ai soci di trarre il beneficio tipico relativo agli scambi
mutualistici posti in essere.
La società cooperativa si scioglie, oltre che per le cause previste per le società di capitali, per l’i teg ale
perdita del capitale sociale e per mancata reintegrazione del numero minimo dei soci entro un anno da
quando è sceso al di sotto del limite legale.
Nel caso di insolvenza della società, l auto ità gove ativa ui o pete il o t ollo sulla so ietà dispo e la
liquidazione coatta amministrativa. Se la società svolge attività commerciale può anche essere soggetta a
fallimento, ma la determinazione della procedura concorsuale da applicare segue il criterio della
prevenzione, nel senso che la dichiarazione di fallimento preclude la possibilità di applicare la liquidazione
coatta amministrativa e viceversa.
La differenza più grande tra società cooperativa e società lucrativa risiede nella quota di liquidazione.
I fatti e t e elle so ietà lu ative l esito fi ale della li uidazio e la ipa tizio e t a i so i dell eve tuale
residuo attivo, le società cooperative sono obbligate per legge a destinare il residuo attivo di liquidazione ai
fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (c.d. devoluzione disinteressata) per
evitare che le risorse finanziarie accumulate dalla società grazie alle agevolazioni fiscali vengano sottratte
alle cooperazioni (c.d. proprietà cooperativa).
Le mutue assicuratrici ostituis o o u tipo di so ietà oope ative po o diffuso el uale l a uisto e la
permanenza della qualità di socio è subordinato alla stipulazione di un contratto di assicurazione con la
so ietà, o la o segue za he il si golo appo to so iale si s ioglie o l esti gue si dell assi u azio e.
L i te dipe de za t a appo to so iale e appo to assi u ativo se ve a disti gue e le utue assicuratrici
dalle cooperative di assicurazione in cui, i soci cooperatori, non hanno alcun diritto di ottenere le
prestazioni assicurative, a meno che non stipulino con la società un eventuale contratto di assicurazione
che però resta totalmente autonomo e distinto dal rapporto sociale. Per contro, i soci delle mutue
assicuratrici devono necessariamente essere assicurati.
Queste so ietà so o pe u ve so egolate dalla dis ipli a ge e ale delle oope ative, dall alt o so o
soggette ai controlli stabiliti dalle leggi spe iali sull ese izio dell assi u azio e e dal odi e delle
assicurazioni.
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