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STORIA

Il documento analizza il contesto storico dell'inizio del Novecento, evidenziando lo sviluppo industriale e sociale in Europa, l'emergere della società di massa e il nazionalismo aggressivo. Viene descritto l'andamento della Prima Guerra Mondiale, innescata dall'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, e le conseguenze politiche ed economiche del conflitto, inclusi i trattati di pace che ridisegnarono la mappa europea. Infine, si sottolinea il ruolo dell'Italia nel conflitto e le riforme giolittiane che segnarono un periodo di modernizzazione.

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STORIA

Il documento analizza il contesto storico dell'inizio del Novecento, evidenziando lo sviluppo industriale e sociale in Europa, l'emergere della società di massa e il nazionalismo aggressivo. Viene descritto l'andamento della Prima Guerra Mondiale, innescata dall'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, e le conseguenze politiche ed economiche del conflitto, inclusi i trattati di pace che ridisegnarono la mappa europea. Infine, si sottolinea il ruolo dell'Italia nel conflitto e le riforme giolittiane che segnarono un periodo di modernizzazione.

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STORIA

UNITÀ 1
“Il mondo all’inizio del Novecento e l’Italia giolittiana”
1
Gli ultimi decenni del XIX secolo conobbero un intenso sviluppo scientifico,
tecnologico e industriale. L’Ottocento si fondava su due principi fondamentali: il
disinteresse dello Stato negli equilibri economici e sociali; l’esclusione delle
masse popolari dalla vita politica. Entrambi i principi furono messi in crisi dalle
trasformazioni sociali di fine Ottocento. Lo Stato cominciò a intervenire sempre
di più pesantemente nell’economia e nella vita di ogni giorno, furono notevoli
gli investimenti statali, in particolare per la marina militare. La vita media si
allungò, ci fu una regressione della criminalità e la pena di morte fu applicata
sempre più raramente. Grazie ai progressi della democrazia, milioni di uomini
ottennero il diritto al voto. Dall’Inghilterra partì il movimento femminista, le
cui combattenti presero il nome di “suffragiste”. All’inizio del XX secolo l’alta
borghesia e l’aristocrazia, confluirono in un’unica classe dirigente. Le élite
delle capitali europee al tempo della Belle Époque, come viene chiamato il
periodo dal 1870 al 1914, si adagiavano in una vita elegante, allietata dall’arte
e rallegrata dagli spettacoli. Con l’allargamento del diritto al voto occorreva
ottenere il consenso popolare attraverso la competizione elettorale e
crebbe di conseguenza il peso degli apparati di partito. Non si trattava più di
occuparsi di un unico collegio elettorale, come avveniva con i vecchi partiti,
ovvero raggruppamenti che si formavano solo in occasione delle elezioni; si
trattava, invece, di curare la formazione delle liste, lo smistamento delle
preferenze… compiti che il singolo deputato non poteva più svolgere solo. Era
necessario approntare una vera e propria “macchina” politico-elettorale. In
questo modo si formò un ceto di professionisti della politica.
2
L’inclusione di parti sempre più ampie della popolazione fu il segno della
nascita della “società di massa” (il singolo individuo tende a
scomparire), che si formò in Europa e negli Stati Uniti grazie alla crescita
demografica. Grazie alla natalità fu possibile sviluppare il fenomeno
dell’urbanizzazione, nel quale molte famiglie passarono dalla campagna alla
città. L’Europa divenne la zona più densamente popolata del pianeta, grazie
anche alla migrazione. Anche le innovazioni tecnologiche in campo
industriale portarono alla nascita della società di massa. L’uomo massa, cioè
l’uomo che produce, consuma e pensa in modo standard e uniforme. Il mercato
dei consumatori si estese, e assunse il carattere di mercato di massa, che
cominciava a possedere grandi magazzini, prezzi fissi, merci e sposte e
pubblicità erano la novità che il mercato e la massa imponeva. La pubblicità,
induceva nuovi fenomeni: consumismo e la moda, imponendo uno stile di
acquisto. Mentre cresceva il consumo di massa aumentava anche il
divertimento di massa. Il processo di nazionalizzazione ebbe caratteristiche
particolari in Germania, nacque il pangermanesimo: esprimeva il desiderio
di dare vita ad uno Stato entro i cui confini vivessero tutti i popoli germanici. Si
cercò di rafforzare il sentimento di appartenenza alla comune patria tedesca
instituendo una serie di feste nazional-patriottiche, e con monumenti
nazionali.

3
Il nazionalismo ormai era alimentato da governi che intendevano contare su
una solida base di massa. Questo portò alla fine del nazionalismo
democratico di tipo mazziniano, ispirato ad un ideale di fratellanza universale.
Piano piano si creò sempre di più un atteggiamento aggressivo nei confronti
dei popoli vicini, accentuando la loro componente razzista. Tutti i
nazionalismi nascondevano i contrasti interni fra le classi sociali, per esaltare
invece quelli con gli altri Paesi. Si cominciò a credere nell’esistenza di razze
superiori, elette. Si tendeva ad esaltare la virtù dell’europeo nordico,
disprezzando gli immigrati e creando leggi restrittive contro l’accoglienza di
lavoratori stranieri. In Europa cominciarono ad esserci dei pregiudizi razziali,
principalmente contro gli ebrei. Il motivo primo era il vecchio argomento
secondo cui gli ebrei sarebbero responsabili della condanna a morte di Gesù. Il
secondo motivo era perché gli ebrei essendo un popolo ricco, veniva
presentato come speculatore e capitalista, che viveva sulle spalle delle
comunità nazionali. I gesti di intolleranza nei confronti degli ebrei si diffuse in
molti Paesi (Russia, Francia…).
4
Negli ultimi decenni dell’Ottocento un fattore di divisione fra le potenze
economiche fu costituito dall’espansione coloniale. Nel 1877 la regina
Vittoria si fregiò del titolo di “imperatrice delle Indie” e da quella data ha
simbolicamente inizio l’<età dell’imperialismo>. Nell’età
dell’imperialismo, quando il capitalismo europeo, quello statunitense e quello
nipponico si spartirono l’intero Pianeta, si verificarono forme di dominio
economico e finanziario che non comportavano l’occupazione militare. Per
quanto riguarda le potenze extraeuropee, gli Stati Uniti e il Giappone iniziarono
a contendersi l’area del Pacifico.
6
Nell’ultimo ventennio dell’Ottocento in Europa si andarono gradualmente
delineando fra le cinque grandi potenze (Francia, Germania; Gran Bretagna,
Russia, Austria-Ungheria) due schieramenti. Nel 1882 si costituì la Triplice
Alleanza, ovvero un’alleanza difensiva fra Germania, Austria e Italia, il
quale impegnava tutti e tre i Paesi a entrare in guerra qualora uno di loro fosse
stato attaccato. Germani e Austria avevano un rapporto legatissimo, al
contrario i rapporti tra Austria e Italia erano problematici. L’Italia decide di
entrare nella Triplice Alleanza. Nel 1904 ci fu l’Intesa cordiale tra Inghilterra
e Francia. Nel 1908 si erano quindi formati due sistemi di alleanza: la Triplice
Alleanza (Germania, Austria-Ungheria, Italia) e la Triplice Intesa (Francia,
Russia, Gran Bretagna). Che vedevano nella crescente Germania un pericolo
comune da fronteggiare. Nel frattempo l’impero ottomano visse, sia il
progressivo smembramento dei suoi territori, sia una spinta interna alla
modernizzazione della società. Gli Stati della penisola balcanica si
combatterono in due guerre (Prima e Seconda Guerra balcanica), che
coinvolse anche gli Ottomani, ponendo le basi per lo scoppio della Prima
Guerra Mondiale.
7
In Italia i primi anni del nuovo secolo furono segnati da un intenso sviluppo
produttivo e fra il 1903 e il 1914 governò il liberale Giovanni Giolitti. Per
Giolitti la via delle riforme era obbligata, se si voleva modernizzare il Paese.
Fu un periodo di progresso industriale (il Prodotto interno lordo, crebbe
notevolmente). Giolitti fu il primo uomo di governo italiano a risolvere conflitti
sociali senza misure repressive. Le ferrovie furono nazionalizzate, fu ampliata
la rete ferroviaria. Giolitti inoltre cercò di integrare la sinistra radicale e i
socialisti. Il Partito socialista era guidato da Filippo Turati. I riformisti
erano guidati da Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi. Fino al 1904 Giolitti
poté contare sull’appoggio socialista in svariate circostanze, ma in quell’anno
l’ala più radicale del Partito socialista proclamò lo sciopero generale
mettendo così fine alla collaborazione. Nel 1908 i sindacalisti rivoluzionari
uscirono dal partito. Nel 1912 Giolitti suffragio universale maschile. Nacque
un accordo segreto Patto Gentiloni, fra liberali e cattolici, ma questo
determinò l’opposizione di molti liberali a Giolitti, il quale si dimise.
8
Il nuovo clima sociale e le riforme Giolittiane portarono ad un impetuoso
sviluppo industriale dell’Italia. Lo sviluppo si concentrò nelle regioni nord-
occidentali, con una maggiore incidenza nel cosiddetto "triangolo
industriale” (Milano, Torino, Genova). Fin dai primi anni dopo l’unificazione,
con l’espressione “questione meridionale” si indicò la condizione di ritardo o
arretratezza del Sud. Nei decenni successivi nonostante i grandi processi
industriali, il divario economico fra nord e sud si accentuò sempre di più. Le
attività della mafia siciliana e della camorra napoletana costituivano un
ostacolo ulteriore.
9
Il nazionalismo italiano è un movimento che nacque nel 1896.

UNITÀ 2

“La Grande Guerra”


1
Con la seconda metà del secolo l’economia capitalista aveva toccato il
proprio punto di massimo splendore. Venivano sperimentati inoltre, volumi di
fuoco molto più potenti rispetto al passato così da crearsi un legame molto
stretto fra guerra e apparato industriale. Le offensive militari erano ora in
grado di mettere in campo un potenziale distruttivo esageratamente
cresciuto.
2
Il 28 giugno 1914 a Sarajevo, lo studente e nazionalista bosniaco Gavrilo
Princip, uccise l’arciduca Francesco Ferdinando. Il gesto di Princip scatenò
la Prima Guerra Mondiale. L’Austria che è alleata con la Germania e l’Italia
lancia un ultimatum alla Serbia, ritenuta coinvolta nell’attentato. La Serbia
poteva contare sulla protezione della Russia, la quale era alleata della
Francia, che a sua volta era legata all’Inghilterra. Il 28 luglio ricevuto un
rifiuto, l’Austria dichiarò guerra alla Serbia. Per la prima volta il mondo intero
venne coinvolto in una guerra generale.
3
La novità rispetto alle guerre passate, era l’enorme aumento della potenza di
fuoco. Per questo assumevano un ruolo importante la rapidità della
mobilitazione, l’efficienza dei mezzi di trasporto e in generale
l’organizzazione logistica. Dal punto di vista logistico i tedeschi vantavano
di una notevole superiorità. La Germania aveva invaso il Belgio, per puntare
direttamente su Parigi. I francesi bloccarono i tedeschi nella battaglia del
fiume Marna.
4
Nessuna guerra può essere combattuta a lungo con prospettive di vittoria
senza un ampio sostegno popolare. Per ottenere il sostegno dell’opinione
pubblica e dei cittadini, i vari governi si servivano di ogni mezzo, a partire
dalla propaganda in chiave nazionalista e ogni pronunciamento contrario al
conflitto fu bollato come disfattista. La guerra pose enormi problemi di
gestione a tutti i Paesi. I governi dovettero allestire improvvisamente misure
straordinarie, richiamare alle armi le classi di soldati già congedati, armare e
rifornire eserciti immensi. In tutti i Paesi lo Stato finì per dirigere l’intera
economia. Crebbe però il debito pubblico e molti Stati europei si
indebitarono, soprattutto con gli Stati Uniti.
5
L’Italia si divise fra interventisti nazionalisti, a cui affiancarono gli
interventisti democratici e pacifisti. Il fondatore del Futurismo Filippo
Tommaso Marinetti, fu il massimo interprete di questa mistica della
guerra. Mentre nel Paese i due schieramenti si scontravano, senza tener conto
della maggioranza parlamentare pacifista, Salandra e Sonnino avviarono
contatti diplomatici per negoziare l’entrata in guerra. Le trattative di
Sonnino e Salandra si conclusero con il patto di Londra, firmato nell’aprile
del 1915, che garantiva l’adesione italiana all’Intesa e stabiliva le acquisizioni
territoriali in caso di vittoria. Così il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra
all’Austria. Il governo Salandra il 18 giugno cadde, ed era stato sostituito da
un governo di unità nazionale, presieduto e sostenuto da Paolo Boselli,
che il 27 agosto dichiarò guerra alla Germania. Il primo anno del conflitto si
registrarono grandi perdite, mentre le linee delle trincee rimasero più o
meno stabili.
7
Dopo l’entusiasmo e gli eroismi dei primi mesi di guerra, fra i soldati, provati
dalla fatica e dalla carneficina in atto, crebbero gli atti di insubordinazione,
mentre nella società civile crescevano le richieste di pace. Oltre i soldati
anche la società civile cominciava a dare segni di stanchezza di sfiducia e il
pacifismo, si fece sempre più strada. La Russia, già sull’orlo del collasso
prima della guerra, crollò e lo zar abdicò nel marzo 1917: aveva inizio la
Rivoluzione Russa. A questo punto la Russia, in preda alla rivoluzione, era
ormai fuori dal conflitto: nel marzo 1918 fu siglata con i tedeschi la pace di
Brest-Litovsk. Gli austriaci, disimpegnati dal fronte orientale, sfondarono le
difese italiane a Caporetto. Il fronte italiano si assestò poi sul Piave.
8
La Germania, sapendo che l’Inghilterra aveva il controllo del mare, mise in
atto una guerra sottomarina. Tutto ciò spinse gli Stati Uniti ad uscire
dall’isolazionismo. Gli USA entrano in guerra il 6 aprile 1917 contro gli
imperi centrali e impressero al conflitto la svolta decisiva. Nel gennaio 1918 il
presidente americano Thomas W. Wilson pose le premesse per i futuri
equilibri mondiali (quattordici punti); essi comprendevano la proibizione
degli accordi segreti tra nazioni, la soppressione di ogni barriera alla
navigazione e al commercio, la riduzione degli armamenti fino al limite
consentito dalla sicurezza interna di ciascun Paese, il rispetto del principio di
nazionalità, la creazione di una struttura internazionale di garanzia, la Società
delle Nazioni. In agosto partì l’ultima controffensiva delle truppe dell’Intesa; in
novembre Austria e Germania firmano l’armistizio. La Prima Guerra
Mondiale era finita.

9
Le conferenze di pace si riunirono a Parigi a partire dal gennaio 1919, alla
conferenza parteciparono solo i Paesi vincenti. L’Italia non ottenne quanto
sperava, mentre la Germania subì indennità di guerra pesantissima.
L’impero austro-ungarico cessò di esistere, come quello turco, parte dei cui
territori venne spartita sotto forma di mandati fra Gran Bretagna e Francia.
Sulla base dei “quattordici punti” di Wilson, che aveva al centro
l’autodeterminazione dei popoli, venne istituita la Società delle Nazioni.
10
L’Europa patì milioni di perdite umane e uscì enormemente impoverita dalla
guerra. L’indebitamento colpì sia le potenze vincitrici sia quelle vinte e si
diffuse l’inflazione. Un cambiamento importante si ebbe con la
partecipazione delle donne alla vita produttiva, esperienza che favorì la
consapevolezza dei loro diritti.

UNITÀ 3

“La rivoluzione comunista e le rivoluzioni nazionali - democratiche”


1
La Grande Guerra mise in ginocchio la Russia, a causa dei disordini sociali, si
ebbero ondate di scioperi nelle città. Nel febbraio 1917 una rivoluzione portò
al crollo dello zarismo e un governo provvisorio di coalizione. La
prosecuzione della guerra aumentò il potere sei soviet, i quali da parte loro
esigevano subito la pace e la riforma agraria, crearono anche una milizia
armata, la Guardia rossa. All’interno dei soviet prevalsero tre forze politiche
rivoluzionarie: socialrivoluzionari, menscevichi e i bolscevichi, e in particolare
Lenin. Nell’ottobre 1917 i bolscevichi presero il potere e instaurarono la
dittatura del proletariato (rivoluzione comunista). Nel marzo del 1918
Trotzkij firmò la pace di Brest-Litovsk. L’esercito, riorganizzato, divenne
l’Armata rossa e le risorse del paese furono tutte nazionalizzate.
2
Del regime zarista non restava quasi niente, tuttavia il generale Anton
Denikin riuscì a mettere in piedi un esercito “bianco”. Nel dicembre 1917
iniziò quindi una guerra civile che contrapponeva l’esercito “bianco” e
l’Armata rossa guidata da Trotzkij, che si rivelerà drammatica per la
popolazione russa. Sconfitti i controrivoluzionari nel 1920, per ricostruire il
Paese i bolscevichi passarono dal “comunismo di guerra” alla Nuova
politica economica (Nep). Nel 1921 la Russia si trasformò in Unione delle
Repubbliche socialiste sovietiche (Urss).

UNITÀ 4

“I fascismi”
1
All’indomani della Grande Guerra in Europa, si formarono movimenti
ultranazionalisti. L’ostilità nei confronti del socialismo e del comunismo
guadagnò a questi movimenti le simpatie delle élite economiche e sociali.
Questi gruppi seppero però guadagnare consensi anche in vasti strati
piccolo-borghesi e rurali. Si trattava di regimi autoritari, che sostenevano
la subordinazione degli interessi e delle libertà individuali rispetto a quelli dello
Stato. In Italia nell’immediato dopoguerra prese corpo l’idea della “vittoria
mutilata”. La disoccupazione e i bassi salari rendevano incandescente il
clima sociale. Il Paese era dunque in miseria, ma nel contempo erano cresciute
le aspettative di un rinnovamento sociale e politico. In Italia, come strumento di
organizzazione delle lotte operaie, agivano innanzitutto le Camere del lavoro:
si trattava di strutture sindacali, nati per promuovere la difesa degli interessi
dei lavoratori. Nell’immediato dopoguerra sindacati e Camere del Lavoro si
trovarono alla testa di un’imponente ondata di scioperi spontanei. Fu il
cosiddetto “biennio rosso” 1919-1920, che fece temere alle classi dirigenti
che anche in Italia potesse ripetersi l’esperienza rivoluzionaria russa, nel quale
si ebbero nel Nord anche occupazioni delle terre e delle fabbriche. Le
elezioni politiche del 1919 diedero la maggioranza assoluta al Partito
popolare e al Partito socialista, lacerato da dissensi interni. Nel 1921 la
sinistra del Psi fondò il Partito comunista d’Italia. Il parlamento si trovò a
essere paralizzato da questa situazione, mentre le Paese si formavano gruppi
paramilitari al servizio degli interessi dei proprietari, come le squadre
d’azione fasciste, che compivano “spedizioni punitive” contro le sedi dei
partiti sinistra e contro i loro esponenti.
2
Due anni dopo la nascita dei Fasci di combattimento, nel novembre 1921,
Mussolini fondò il Partito Nazionale Fascista (Pnf). All’inizio il movimento
fascista rifiutò una collocazione ideologica precisa, proponendosi come un
contenitore vuoto, pronto ad accogliere tutte le spinte eversive. In realtà nel
fascismo confluirono presto tre matrici: la prima, sindacalista-rivoluzionaria; la
seconda, tradizionalista; la terza, di impronta borghese. Il Partito nazionale
fascista, aveva come vessilli ideologici: lo squadrismo rivoluzionario
nazionalista, il conservatorismo tradizionalista e la difesa degli interessi
della grande borghesia agraria e industriale. Gradualmente il fascismo si
dotò di contenuti culturali che nei primi tempi non aveva posseduto. Venne
caratterizzandosi per il suo pessimismo irrazionalista: non credeva affatto a
un progresso razionale, a un cammino dell’umanità verso maggiori libertà,
maggiori diritti. Credeva che tutto si riducesse alla legge brutale del trionfo del
più forte. La nuova cultura che progressivamente il fascismo si dava era anche
antimaterialista e anti-individualista e in questo andava d’accordo con il
tradizionalismo cattolico. Mussolini prima parlava di “Stato etico” basato sulla
moralità dell’individuo, più tardi parlò di “Stato Totalitario”. Una volta al
potere sancì la supremazia dello Stato etico/totalitario sull’individuo,
l’insopprimibilità della disuguaglianza, l’esaltazione della violenza e della
guerra.
3
Il 1921 e il 1922 (“biennio nero”) furono costellati di violenti intimidatori delle
squadre fasciste in camicia nera, che bruciavano le sedi socialiste e comuniste.
Nella crescita del movimento fascista Giolitti cercò di trovare un modo per
controllare la violenza delle squadre. In occasione delle elezioni politiche nel
maggio del 1921 Giolitti offrì ai fascisti la possibilità di entrare a far parte del
(“Blocco nazionale”), cioè un’alleanza che comprendeva nazionalisti e
liberali e che avrebbe dovuto sostenere con maggior vigore il suo governo. Ma
l’esito elettorale fu avverso e Giolitti si dimise. Nell’ottobre del 1922 si
venne a creare un altro partito ovvero il Partito Socialista Unitario, guidato
da Giacomo Matteotti. Mussolini però, si rifiutò di entrare in posizione
subordinata in un governo di coalizione e organizzò un colpo di Stato
sostanzialmente incruento che passo alla storia come “marcia su Roma”,
ottobre 1922, per ottenere da Vittorio Emanuele III la guida del governo. Lo
scopo fu raggiunto e il Gran Consiglio del fascismo divenne il principale
organo istituzionale. Il governo formato da Mussolini comprese numerosi
ministri popolari e liberali, dando l’impressione di non violare le regole del
costituzionalismo. Nel novembre del 1923 fu varata una nuova legge
elettorale maggioritaria: essa prevedeva che la lista che avesse ottenuto la
maggioranza relativa ai voti, occupasse in parlamento i due terzi dei seggi
grazie a un forte premio di maggioranza, il Partito fascista e Mussolini
vinsero le elezioni con il “listone”, assumendo il controllo totale del
parlamento. Giacomo Matteotti denunciò in Parlamento i brogli elettorali e le
violenze fasciste. Successivamente fu ucciso da sicari fascisti. Il 3 gennaio del
1925, in un discorso parlamentare, Mussolini si assunse in prima persona la
responsabilità politica e morale del delitto, coprendo gli esecutori materiali.
4
Nei quatto anni seguenti al delitto Matteotti fu costruito il regime
“totalitario”. Una serie di leggi, le cosiddette “leggi fascistissime”,
emanate fra il 1925 e il 1928, cancellarono l’idea liberale di equilibrio e di
controllo reciproco fra i poteri dello Stato. Mussolini, ora chiamato Duce, con
una legge del dicembre 1925 rafforzò i propri poteri diventando capo del
governo e non più presidente del Consiglio. La libertà di stampa e di
associazione venne abolita e i partiti furono sciolti; furono istituiti: una polizia
politica segreta (l’Ovra) e un Tribunale speciale per reprimere gli
antifascisti. Il Parlamento non venne più democraticamente eletto bensì
nominato con elezioni “plebiscitarie”, con le quali non si poteva più
scegliere fra liste o candidati contrapposti, ma solo accettare o respingere in
blocco una lista unica di deputati proposta dal Gran Consiglio del fascismo.
Infatti nel 1939 la Camera dei deputati fu sostituita da una Camera dei fasci
e delle corporazioni, con questo atto il totalitarismo raggiungeva il suo pieno
sviluppo. Risultava così completata la rivoluzione istituzionale totalitaria:
lo Stato ora disponeva degli strumenti necessari a controllare i cittadini. Il
regime totalitario attribuì enorme importanza alla propaganda, per la quale
creò l’apposito Ministero della cultura popolare (Minculpop), che aveva
estese competenze nel controllo dell’attività editoriale e dei quotidiani. Le
donne furono inquadrate nei Fasci femminili, il loro compito si risolveva nelle
iniziative di beneficenza, propaganda e assistenza. Agli uomini la politica,
alle donne il sociale; agli uomini la gestione delle istituzioni, alle donne
l’assistenza e l’educazione della gioventù, secondo una divisione
asimmetrica di ruolo e funzioni che negava alle donne la capacità di
elevarsi.

5
Una volta al potere il fascismo si sforzò di consolidare ed estendere la piccola
proprietà contadina e di tenere a freno la mobilità sociale; diffidava infatti della
civiltà urbana e cercò di limitare il trasferimento in città della forza-lavoro. La
politica agraria del regime fu caratterizzata dalle grandi opere di bonifica e
della “battaglia del grano”, per aumentare la produzione di frumento e in
generale venne fatto ogni sforzo per raggiungere l’autosufficienza della
produzione agricola italiana. Queste scelte erano legate anche alla politica
demografica del fascismo: decise di corrispondere un incentivo economico
per ogni figlio nato e l’Opera nazionale maternità e infanzia si incaricò
dell’assistenza delle donne in gravidanza sino al parto e dei bambini. Il
fascismo diede qualche segnale di novità nei confronti del Meridione, per la
prima volta fu tentata una vasta opera di repressione della mafia, in
particolare dal prefetto di Palermo Cesare Mori. Tale repressione fu condotta
con metodi ingiusti, cosi la mafia non venne sradicata. Attuò inoltre, un forte
intervento statale: Istituto per la ricostruzione Industriale), in teoria
l’Istituto avrebbe dovuto rivendere ai privati le industrie risanate, ma di fatto
gran parte di esse rimasero in mano dello Stato. Il successo più significativo del
regime fu ottenuto nei confronti della Chiesa cattolica. Fin dall’inizio il
fascismo aveva riscosso consensi da parte del vaticano. La Chiesa trovò nel
fascismo un alleato nella sua antica battaglia contro due comuni avversari: il
liberalismo e il socialismo. La violenza dei fascisti non poteva essere condivisa
in vaticano, anche perché aveva colpito esponenti religiosi come don Giovanni
Minzoni. Furono avviate a questo proposito trattative che si conclusero l’11
febbraio 1929 con la firma dei Patti lateranensi che assicuravano al regime
l’appoggio ufficiale della Chiesa. Con il concordato fra Stato e Chiesa, la
religione cattolica veniva dichiarata religione dello Stato.
6
La politica estera fascista oscillava però fra i vincitori e i vinti della Grande
Guerra ed era impegnata a favore della revisione dei trattati di pace.
Inoltre l’Italia cercava di estendere la propria influenza all’intera area
balcanica. La politica estera italiana divenne successivamente sempre più
aggressiva e sfociò nella guerra d’Etiopia maggio 1936, combattuta senza
risparmio di mezzi, compreso l’uso di gas tossici. Con la conquista dell’Etiopia
crebbe in Italia una mentalità razzista. Nell’estate del 1938 furono emanate le
leggi razziali contro gli ebrei.
7
La situazione più grave e foriera di lutti per il XX secolo è stata probabilmente
l’incapacità della Germania di risollevarsi dal disastro della Prima guerra
mondiale e quindi la sua caduta nella forma più estrema e aggressiva di
totalitarismo, quella nazista. A differenza del fascismo italiano, che si
costruì culturalmente e politicamente in gran parte dopo la presa del potere, il
nazionalsocialismo tedesco fu molto esplicito fin dall’inizio circa il suo
contenuto ideologico. Nella Germania imperiale l’élite dirigente aveva
costituito una casta chiusa. Nella Germania degli anni Venti le tensioni politico-
sociali e la crisi economica misero in crisi la Repubblica di Weimar. Gli ideali
democratici, venivano considerati estranei all’autentica tradizione tedesca e
ciò contribuì a minare le basi morali e di consenso della Repubblica di Weimar.
In questa temperie culturale acquistarono sempre più spazio idee decisamente
razziste e in particolare antisemite. Si cominciò a sostenere che a pugnalare
alle spalle il popolo tedesco, insieme con i comunisti, erano stati aggiunti gli
ebrei. Secondo le teorie razziali, che si erano diffuse ampiamente in qui
decenni, la razza superiore era quella “ariana”. La destra crebbe
rapidamente, anche per le divisioni interne alla sinistra, e dal 1928 trovò spazio
il Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori, più tardi questa
denominazione sarà da tutti abbreviata in Partito “nazista” di Adolf Hitler.
I nazisti, che puntavano alla conquista dello “spazio vitale” della nazione
tedesca, si dotarono di organizzazioni paramilitari, come le SA e le SS, e
sostennero una politica razzista (in difesa della razza “ariana) e antisemita.
Il nazismo vide crescere i propri consensi solo a partire dal 1928, ma in cinque
anni arrivò a conquistare il potere in maniera perfettamente legale.
8
Il primo dopoguerra fu un periodo non facile per l’economia. La crisi economica
si aggiunse ai traumi della guerra nel generare una diffusa instabilità
sociale e politica. Negli anni Trenta forti movimenti di destra sorsero
dovunque, fra gli sconfitti della Grande Guerra ma anche in Francia, con il
movimento dell’Action française. Nell’Europa centro-orientale, nei Balcani, in
Grecia, in Spagna, in Portogallo e in Turchia si imposero dittature che
assunsero caratteristiche tipiche dell’Italia fascista.
9
In Giappone la situazione appariva più semplice, poiché il Paese non era stato
devastato dalla Grande Guerra né era minacciato dalla rivoluzione comunista.
La sua era, per tradizione, una società autoritaria e chiusa. Negli anni
Trenta dopo alcuni decenni di impetuoso sviluppo economico, i fautori del
tradizionalismo e dell’imperialismo razzista imposero un regime fascista,
simile ai fascismi europei. Il Giappone avviò una politica espansionistica e
nel 1937, oltre a invadere la Cina, si unì in un’alleanza (l’Asse) con i due regimi
affini di Italia e Germania.
UNITÀ 5
“La Grande crisi economica dell’Occidente”
1
Il mondo devastato dalla Prima Guerra mondiale sembrava ormai incapace di
stabilità economica. La guerra aveva profondamente alterato gli equilibri
economici anche nei rapporti fra nazioni, i flussi commerciali e finanziari erano
stati stravolti. Il commercio internazionale, dunque, che era stato uno dei
motori dello sviluppo economico nei decenni precedenti, non poté più svolgere
questo ruolo nel dopoguerra. In Europa gli anni del dopoguerra furono
contrassegnati da un frenetico alternarsi di crisi e riprese. Nel 1921 una
prima crisi finanziaria e industriale colpì sia i paesi vinti che quelli vincitori,
favorendo un caos monetario generalizzato. Negli anni Venti gli USA vissero
invece un periodo di grande prosperità chiamato “anni ruggenti”,
diffondendosi così uno stile di vita ottimistico. Giovedì 24 ottobre 1929, il
“giovedì nero”, dopo una giornata di grande incertezza dei mercati e di
ribasso di tutti i titoli, la Borsa di New York crollò improvvisamente. Dopo
alcuni anni in cui l’euforia dei continui rialzi borsistici aveva regnato
incontrastata, scoppiò una crisi finanziaria senza precedenti, che determinò il
fallimento di banche, la chiusura di aziende, il licenziamento di operai. La
Grande crisi si diffuse rapidamente in tutti Paesi sviluppati e l’economia
mondiale venne colpita dalla depressione. La produzione industriale calò
dell’38% e la massa dei disoccupati toccò i quaranta milioni di unità. I
prezzi dei generi agricoli diminuirono mandando in miseria milioni di contadini,
che dovettero cedere le loro terre alle banche con le quali si erano indebitati. Il
potere d’acquisto dei lavoratori scese notevolmente. In terre alle banche con le
quali si erano indebitati. Il potere d’acquisto dei lavoratori scese
notevolmente. In Europa, Paesi come la Germania, che fondevano la loro
economia sugli investimenti statunitensi, si trovarono improvvisamente privi di
capitali.
2
Constatata l’incapacità della classe politica repubblicana di affrontare la crisi, il
popolo americano elesse alla presidenza il democratico Franklin Delano
Roosevelt, che nel 1933 varò il “New Deal”, avviando una rivoluzione
statalista dell’economia, lontana dal pensiero economico liberale che fino ad
allora aveva orientato la politica economica degli Stati Uniti. Il New Deal
prevedeva una serie di grandi investimenti pubblici per la costruzione di
importanti infrastrutture, come la risistemazione idrogeologica degli Stati del
Sud e la costruzione di un sistema di dighe per la produzione di energia
elettrica. Roosevelt riordinò il sistema bancario, alleggerì a spese dello Stato
i debiti dei contadini, favorì le aziende che praticavano politiche di alti salari
e accettavano le trattative sindacali, regolò la concorrenza fra le aziende
in modo che gli utili non fossero distribuiti fra troppi investitori, con il risultato
di essere poco remunerativi.
3
La correzione del tradizionale liberismo americano trovò un sostegno nelle
teorie economiche di John Maynard Keynes (keynesismo), secondo il
quel l’equilibrio fra la domanda e l’offerta nell’economia moderna non è
spontaneo e scontato. Al contrario l’intervento statale si rivela necessario
per favorire e pianificare tale equilibrio, grazie alle possibilità dello Stato di
regolare tramite le autorità monetarie la quantità del denaro circolante,
manovrando i tassi di interesse ai quali esso viene prestato e tramite
l’imposizione fiscale che può ridurne o alimentarne la circolazione. Le teorie
di Keynes saranno alla base del moderno Welfare State.
4
Roosevelt agì anche contro due gravi degenerazioni della società americana, il
gangsterismo e il razzismo. Il gangsterismo fu alimentato dalle leggi
proibizionistiche che vietarono la produzione e la vendita di bevande
alcoliche, lasciando, di fatto, un ampio spazio al contrabbando di alcolici.
Roosevelt abolì la legislazione proibizionista, ma la criminalità organizzata
aveva ormai attecchito nella società Americana. Il razzismo negli USA si
manifestò in particolare nei confronti della popolazione di colore degli Stati del
Sud, dove l’associazione segreta del Ku Klux Klan fece numerosi proseliti.
UNITÀ 6
“Una partita a tre: democrazia, nazifascismo, comunismo”
1
La liberaldemocrazia appariva come lo schieramento più debole, poiché nei
primi anni Trenta era stata travolta dalla più grande crisi economica e sociale
della sua storia. Il fascismo in questo periodo conobbe il massimo successo.
Anche il comunismo seppe affermarsi, sebbene limitatamente all’Unione
Sovietica, dimostrando comunque capacità espansive. La crisi economica del
1929 accelerò in Europa l’affermazione dei regimi fascisti. In Germania, dove si
consumò l’agonia della Repubblica di Weimar, la disoccupazione e la
polemica contro i trattati di Versailles favorirono l’ascesa del Partito
nazista. Adolf Hitler giunse al potere legalmente quando, nel gennaio 1933, fu
nominato cancelliere. Prendendo a pretesto l’incendio del Reichstag, Hitler
instaurò la dittatura: emanò leggi eccezionali, impose il partito unico e
scatenò la repressione contro gli oppositori. Nella “notte dei lunghi coltelli”
eliminò le SA, le squadre d’assalto del Partito, divenute destabilizzanti per le
gerarchie sociali.
2
Hitler creò un regime totalitario basato sulla repressione, tramite la
Gestapo e le SS e sulla propaganda, che favorì la nazificazione della
società tedesca e la creazione di un ampio consenso. La popolazione venne
inquadrata in organizzazioni paramilitari, come la Gioventù hitleriana. Il
nazionalsocialismo portava a compimento il progetto autoritario ottocentesco
dell’ordine nella gerarchia, della fine dei conflitti sociali, del disciplinamento
integrale. I libri di autori democratici o ebrei furono distrutti in grandi roghi
pubblici, l’arte moderna, giudicata “degenerata”, fu bandita dai musei. In
Germania, come in Italia, il Stato totalitario assunse il controllo della
produzione cinematografica finalizzandola alla propaganda ufficiale. Anche
l’economia venne posta al servizio del regime (politica di riarmo). Da quando
il Partito nazista fu dichiarato “Partito unico di Stato” partito e Stato si
identificarono. Il regime nazista assunse il titolo di Terzo Reich
(Reich=Impero). Il primo era stato il Sacro Romano Impero, il secondo quello
nato dalla riunificazione della Germania.
3
Fin dall’inizio fu noto non solo il generico razzismo dei nazionalsocialisti, in
particolare contro gli ebrei, ma anche la loro intenzione di affermare il
dominio assoluto della razza ariana nel mondo. Per i nazisti, la principale
minaccia per l’egemonia e l’esistenza stessa della razza ariana era costituita
dagli ebrei. I nazisti sostenevano che la sopravvivenza dei più deboli fosse
deleteria perché i loro discendenti avrebbero inquinato la “razza”, in contrasto
con la selezione naturale che permette solo la sopravvivenza dei più forti. Fin
dal 1933 agli ebrei furono preclusi gli impieghi statali. Nel 1935 furono
emanate le prime leggi antisemite, approvate all’unanimità dal parlamento,
riunito a Norimberga le cosiddette Leggi di Norimberga. A partire dal 1935
molti ebrei abbandonarono la Germania, non ostacolati anzi favoriti dai nazisti,
che ancora non pensavano allo sterminio di massa. Ma la vera svolta avvenne
nel novembre del 1938, quando l’assassinio a Parigi del diplomatico tedesco
Ernst von Rath da parte di un ebreo, causò una sommossa sanguinosa contro
gli ebrei. Decine di ebrei furono assassinati o gravemente feriti, migliaia
arrestati. Tutte le vetrine ebree furono distrutte: per questo la notte fra il 9 e il
10 novembre di quell’anno è passata alla storia come “notte dei cristalli”.
Furono varate diverse misure per separare la comunità ebraica dal resto della
società (dissimilazione). Gli ebrei erano esclusi dai locali pubblici, dagli
ospedali, dai luoghi di villeggiatura, dai treni. Si cominciò a pensare alla
deportazione degli ebrei nei campi di concentramento. Inoltre, gli ebrei
uscendo di casa dovevano indossare una grande stella gialla cucita sugli
abiti, che serviva a identificarli. La stessa sorte degli ebrei toccò agli zingari,
ma le minoranze etniche non furono le uniche vittime della “difesa della
razza”. A partire dal 1939 furono dati ai medici i poteri necessari a sopprimere
le persone portatrici di malattie considerate inguaribili ed ereditarie. Allo stesso
modo la politica eugenetica del regime investì gli omosessuali, considerati
come degenerati capaci di inquinare la “razza”.
4
Nel frattempo anche in Urss stava prendendo forma un regime totalitario.
Dopo la morte di Lenin, 1924, si ebbe uno scontro tra Trotzkij e Stalin.
Trotzkij era da sempre un fautore della “rivoluzione permanente”. La
posizione di Stalin, invece, era quella della rivoluzione per “tappe”, cioè prima
consolidare i risultati raggiunti, per poi rivolgersi ad altri obbiettivi
“socialismo in un solo paese”. Stalin, risultò vincitore, ereditò un Paese
poverissimo, stremato dalla guerra civile. Con lui al potere l’economia sovietica
fu pianificata: due “piani quinquennali” industrializzarono l’Urss a tappe
forzate.
5
Una delle conseguenza più tragiche della pianificazione staliniana fu la
collettivizzazione forzata dell’agricoltura, sterminando la classe dei
kulaki (i contadini ricchi). Si arrivò alla deportazione di una parte rilevante
della popolazione. L’Unione Sovietica si era trasformata nella seconda potenza
mondiale, distruggendo i diritti umani e civili. L’Urss ereditò dalla Russia
zarista la pratica di recludere gli oppositori politici nei campi di
concentramento in Siberia. La rieducazione, praticata nei campi, costituisce
un mostruoso meccanismo di distruzione della personalità. Il Gulag
divenne un enorme sistema concentrazionario. La differenza principale con
i lager nazisti consistette nel fatto che quelli staliniani non furono finalizzati allo
sterminio pianificato bensì alla repressione del dissenso. Gli anni 1936-1938
furono gli anni più cupi del terrore staliniano, scatenato in gran scala fin dal
misterioso assassinio di Sergej Kirov. Quest’ultimo evento offrì al dittatore il
pretesto per intensificare le persecuzioni dei suoi rivali, con le “grandi
purghe” Stalin decapitò anche i vertici del partito, mentre si diffondeva il
culto della sua personalità.
6
Sul piano internazionale, prima dell’intervento del nazismo il Comintern aveva
sostenuto l’equazione tra borghesia e socialdemocrazia, la cui politica
veniva denunciata come socialfascista. Dopo la vittoria di Hitler la Terza
Internazionale varò la strategia dei Fonti popolari, alleanze in funzione
antifascista fra comunisti, socialisti e democratici radicali.
9
Nel 1923 il re Alfonso XIII aveva favorito l’avvento della dittatura di Miguel
Primo de Rivera, il quale si trattò più di un regime autoritario di vecchio
stampo che di un vero e proprio esempio di fascismo. Nel 1931 venne
proclamata la Repubblica democratica dei lavoratori. La rivoluzione
sembrava avvicinarsi, cosi nell’ottobre 1934, quando ebbe luogo un tentativo
insurrezionale. La guida della rivoluzione venne assunta soprattutto dalla
sinistra del Partito socialista, con gli anarchici. La rivoluzione aveva tre
scopi:
 Nazionalizzazione delle terre dei latifondisti;
 Riorganizzazione completa dell’esercito;
 Democratizzazione dello Stato.
Sconfitta la rivolta, nel febbraio del 1936 si tennero le elezioni politiche, con la
netta vittoria del Fronte popolare in Spagna. Il Paese si spaccò in due, la
destra con un regime dittatoriale, mentre a sinistra anarchici e comunisti. La
destra però si oppose alla modernizzazione del Pese, appoggiata dalla
Falange squadrista misero in atto una campagna terroristica, creando un
rivolgimento sociale.
10
Le truppe del generale Francisco Franco si ribellarono al governo, causando
una vera e propria guerra civile. Alla guerra di Spagna parteciparono, a
sostegno degli opposti fronti, volontari democratici e socialisti (Brigate
internazionali) e nazifascisti. La guerra civile si concluse nel 1939 con la
vittoria di Francisco Franco.
UNITÀ 7
“La Seconda guerra mondiale e il genocidio degli ebrei”
1
Tra il 1936 e il 1939 la diplomazia tedesca strinse alleanze con l’Italia
fascista (asse Roma-Berlino, patto d’acciaio) e con il Giappone (patto
anti-Comintern). Parallelamente si realizzava l’espansionismo della
Germania, con l’annessione dell’Austria (Anschluss) e l’occupazione dei Sudeti
e delle Cecoslovacchia. Nel settembre 1938 le potenze democratiche
occidentali e l’Italia firmarono con la Germania il patto di Monaco, nella
speranza di salvare la pace. Nell’agosto 1939 Germania e Urss siglarono un
patto di non aggressione, che prevedeva la spartizione della Polonia.
2
L’1 settembre 1939 Danzica proclamò la sua unione al Terzo Reich e le
truppe tedesche entrarono in Polonia senza alcuna dichiarazione di guerra; il 3
settembre Francia e Gran Bretagna dichiararono guerra alla Germania;
Stati Uniti, Giappone e Italia, si dichiararono neutrali. Nel settembre 1939,
scoppiò la Seconda guerra mondiale. La “guerra lampo” di Hitler portò in
pochi mesi alla conquista di Danimarca, Norvegia, Belgio e Olanda. Il 10
giugno 1940 l’Italia entrò in guerra attaccando la Francia. Il 14 giugno i
tedeschi occuparono Parigi.

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