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Riassunti Prima Guerra Mondiale e Rivoluzione Russa

riassunti per maturità: prima guerra mondiale e rivoluzione russa (potrebbero esserci delle ripetizioni di paragrafi)

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La Grande guerra (sintesi)

Le grandi concause:
a) concorrenza austro-russa per predominio sui Balcani dove si agitava il nazionalismo slavo;
b) contrasto franco-tedesco per l’Alsazia-Lorena (perdute dai francesi nella guerra franco-prussiana
del 1870 – revanchismo) e desiderio di contrastare e ridurre la preponderanza militare e industriale
tedesca;
c) contrasto anglo- tedesco per il predominio commerciale sui mari e nel mondo;
d) contrasto italo-austriaco per le terre “irredente” (Trento e Trieste) e per l’espansione sui Balcani;
e) diffusa cultura nazionalista e militarista, darwinismo sociale e imperialismo.
Causa scatenante:

Il 1914: verso il precipizio


Il 28 giugno 1914 l’arciduca austriaco Francesco Ferdinando fu ucciso a Sarajevo in un attentato del
quale l’Austria-Ungheria accusò la Serbia, dichiarandole guerra. In soccorso della Serbia si mosse la
Russia, mobilitando le proprie truppe; la Germania, alleata dell’Austria, dichiarò a sua volta guerra
alla Francia e alla Russia, invadendo subito dopo il Belgio. La Gran Bretagna scese in campo in
soccorso della Francia, e così fece anche il Giappone. L’entrata in guerra fu salutata con
soddisfazione da gran parte delle popolazioni interessate; l’appoggio dei partiti socialisti
all’intervento determinò la fine dell’internazionalismo socialista.
L’avanzata tedesca a ovest fu arrestata dopo la battaglia della Marna, in seguito alla quale il
conflitto si trasformò da guerra di movimento a guerra di posizione. Le trincee diventarono il
simbolo stesso della guerra: in esse i soldati trascorsero periodi lunghissimi, esposti al fuoco
nemico, costretti in spazi angusti, in condizioni sanitarie precarie e con gravi problemi di
malnutrizione. Sul fronte orientale, l’avanzata tedesca contro la Russia fu arrestata a Leopoli; anche
a est dunque si ebbe una guerra di posizione.

L’Italia dalla neutralità all’intervento


L’opinione pubblica italiana era in larga misura favorevole a una posizione neutrale. Si schierarono
in questo senso i socialisti (escluso Mussolini, espulso perciò dal partito), i cattolici, la maggioranza
giolittiana dei parlamentari. Interventisti erano invece i nazionalisti, i liberali di destra, il “Corriere
della Sera” e il re Vittorio Emanuele III, nonché gli industriali. Dopo aver firmato il patto di Londra
(26 aprile 1915), che impegnava il paese a entrare in guerra nel giro di un mese a fianco dell’Intesa,
l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria il 23 maggio e il giorno seguente aprì le ostilità. Gli
italiani inviati al fronte furono, nel corso del conflitto, circa cinque milioni.

1915-1916: un’immane carneficina


Il generale Luigi Cadorna, comandante supremo dell’esercito italiano, impegnò le truppe in
operazioni belliche in gran parte fallimentari lungo il confine friulano; l’unico risultato di rilievo fu
la conquista di Gorizia (agosto 1916). Nel frattempo, gli austriaci penetrarono sul fronte trentino,
trovando resistenza da parte italiana. La Francia nel 1916 combatté contro la Germania due
lunghissime battaglie, quella di Verdun e
quella della Somme, ma senza che vi fossero mutamenti nelle rispettive posizioni. I russi persero
nel frattempo la Polonia; l’impero ottomano si schierò a fianco della Germania e subì l’attacco della
Gran Bretagna, che però dovette ritirarsi. L’entrata in guerra fornì l’occasione agli ottomani di
attuare lo sterminio della minoranza armena. La Bulgaria intanto sconfisse la Serbia, mentre
entrarono in guerra il Portogallo e la Romania (a fianco dell’Intesa). Il conflitto si combatté anche
sui mari: la potente flotta britannica fu sottoposta agli attacchi dei sottomarini tedeschi, che però,
rivolgendo le loro armi anche contro navi statunitensi, finirono per provocare l’entrata in guerra
degli USA.

Nell’inferno della guerra di massa


Nella Grande guerra furono impiegate nuove armi, come la mitragliatrice automatica, i gas
asfissianti, i carri armati e i primi, rudimentali, aeroplani; per la prima volta nel conflitto furono
coinvolti anche moltissimi civili, oggetto di violenze inaudite da parte degli eserciti avversari. I
governi avviarono campagne di propaganda volte a garantire il sostegno delle popolazioni civili,
che era sempre più scarso. In tutti i paesi belligeranti, lo Stato intervenne per indirizzare
l’economia, sovvenzionando le produzioni di interesse bellico (chimiche, meccaniche,
metallurgiche), imponendo prezzi calmierati
ai beni di consumo, arginando le libertà sindacali, razionando i viveri. Molte donne furono
chiamate a lavorare in fabbrica per sostituire gli uomini al fronte; la sospensione del Gold standard
e una politica di indebitamento determinarono una fortissima inflazione.

Le svolte del 1917


All’inizio del 1917, in Russia scoppiarono proteste causate dalle terribili condizioni di vita in cui
versava la popolazione; nonostante l’abdicazione dello zar, tra il 6 e il 7 novembre (24-25 ottobre
secondo il calendario russo) l’insurrezione assunse il carattere di rivoluzione. In seguito
all’instaurazione di una “repubblica dei soviet”, la Russia siglò con le potenze dell’Intesa il trattato
di Brest-Litovsk (3 marzo 1918), accettando la cessione di parti significative del proprio territorio.
L’Italia subì una pesantissima sconfitta militare a Caporetto (23-24 ottobre 1917), cui però seguì un
processo di riorganizzazione militare e di consolidamento del fronte interno; il 2 aprile, intanto, gli
Stati Uniti erano entrati in guerra a fianco dell’Intesa.

L’epilogo della guerra


Ad Amiens (8-11 agosto 1918) la Germania fu duramente sconfitta dalla Francia; l’Italia, a sua
volta, batté le truppe austriache a Vittorio Veneto (30 ottobre). Indebolita anche dalle spinte
centripete delle varie popolazioni nel suo territorio, l’Austria-Ungheria firmò un armistizio e poi (4
novembre) un trattato di pace con l’Italia. Anche l’impero ottomano si arrese (31 ottobre), mentre
a novembre capitolò la Germania, dove venne proclamata la repubblica dopo che un’insurrezione
aveva costretto il Kaiser Guglielmo II ad abdicare. La guerra costò all’Europa circa 9 milioni e mezzo
di morti e milioni di reduci con ferite fisiche e psichiche gravissime.
Cronologia

28 luglio 1914: attentato di Sarajevo, l’Austria dichiara guerra a Serbia per frenare il nazionalismo e
l’irredentismo slavo.
1 e 3 agosto: la Germania dichiara guerra alla Russia, poi alla Francia che stavano mobilitandosi
(pensava ad una rapida guerra di movimento); l’Italia si dichiara neutrale perché la Triplice Alleanza
era solo difensiva.
4 agosto: l’invasione del neutrale Belgio provoca l’entrata in guerra dell’Inghilterra;
15 agosto: anche il Giappone si schiera contro la Germania e subito s’impossessa delle sue colonie
in Cina.
Settembre: l’esercito francese ferma l’avanzata nella gigantesca battaglia della Marna; si forma il
fronte occidentale di 800 km e il fronte orientale all’interno dei confini russi: inizia la guerra di
trincea.
31 ottobre: la Turchia si schiera con Germania e Austria.
1915 maggio: l’Inghilterra attua un blocco navale contro gli Imperi Centrali, questi rispondono con
la guerra sottomarina. Affondamento Lusitania (nave passeggeri con americani a bordo).
26 aprile: patto di Londra – 24 maggio: Italia dichiara guerra all’Austria nonostante i neutralisti
(socialisti, cattolici, giolittiani) fossero più degli interventisti (di destra: D’Annunzio, di sinistra:
Mussolini), ma il governo conservatore di Salandra vede nella guerra un’occasione industriale,
antisocialista e patriottica (quarta guerra indipendenza).
Due anni di guerra di logoramento: l’entrata in guerra dell’Italia causa l’apertura di un nuovo
fronte, ma non provoca grossi problemi agli Imperi Centrali in quanto l’esercito italiano è male
armato, poco preparato e guidato in maniera inadeguata e antiquata (generale Cadorna); nel
giugno del 1916 gli austriaci arrivano fino ad Asiago (Strafexpedition), ma poi devono retrocedere
fino a Gorizia perché impegnati a respingere i russi sul fronte orientale; Salandra si dimette e si
forma un governo di unità nazionale presieduto da Boselli.
1916 (21 febbraio): offensiva tedesca di Verdun (600.000 morti); controffensiva di Somme (un
milione di morti – primi carri armati in azione); sui mari la flotta inglese domina e sconfigge quella
tedesca (battaglia dello Jutland).
1917: anno della svolta
Febbraio: ribellione in Russia contro lo zar Nicola II e proclamazione repubblica.
6 aprile 1917: gli USA dichiarano guerra perché danneggiati commercialmente dai sottomarini
tedeschi e inviano soldati e mezzi militari (presidente Wilson).
Nei paesi belligeranti cresce la protesta della gente contro la guerra; papa Benedetto XV la
definisce un’inutile strage (1° agosto 1917).
Ottobre: i bolscevichi guidati da Lenin prendono il potere in Russia e dichiarano la Repubblica dei
soviet (consigli di fabbrica)
24 ottobre: disfatta di Caporetto, che Provoca la cacciata di Cadorna sostituito col generale
Armando Diaz; fu poi formato un nuovo governo presieduto da Vittorio Orlando e il 12 novembre
si riuscì a bloccare l’avanzata austriaca sul Piave. Tutto il paese si mobilita per evitare l’invasione e
un anno dopo l’esercito italiano sconfigge a Vittorio Veneto quello austriaco che si arrende.
Marzo 1918: pace di Brest-Litovsk.
Luglio 1918: grandi scontri sulla Marna sfavorevoli all’esercito degli Imperi Centrali.
Agosto 1918: inizia la ritirata.
Novembre 1918: si giunge alla resa totale. L’impero austro-ungarico si disgrega completamente:
Austria e Germania si proclamano repubbliche, abdicano l’imperatore austriaco e il kaiser tedesco.

La conferenza di pace si svolge sotto pressioni diverse:


a) i 14 punti pacifisti di Wilson (libera navigazione e libero scambio, disarmo, soluzione concordata
delle controversie internazionali, autodeterminazione dei popoli, creazione della Società delle
Nazioni -avviene il 28/4/19 con sede a Ginevra);
b) i desideri dei paesi vincitori, Francia in particolare, che volevano trarre il massimo vantaggio
dalla vittoria e annientare la potenza economica e militare della Germania a cui è infatti imposto il
durissimo trattato di Versailles (28/6/19) che le toglie l’Alsazia e la Lorena, tutte le colonie, la Saar
(bacino carbonifero) per 15 anni, riducendole inoltre flotta, esercito e imponendole un pagamento
esagerato in oro.
La prima guerra mondiale

Alla vigilia della Grande Guerra, l'Impero russo mostrava segnali di crisi legati a profondi
cambiamenti sociali, economici e politici. L'industrializzazione aveva prodotto una classe operaia in
crescita (da 2 a 4 milioni tra il 1900 e il 1913), mentre la popolazione restava in gran parte
composta da contadini. Nel contesto politico, il Partito Operaio Socialdemocratico Russo, fondato
nel 1898, si divise nel 1903 in bolscevichi, guidati da Lenin e sostenitori di una rivoluzione
socialista, e menscevichi, fautori di un approccio graduale e borghese. Parallelamente, il Partito
Socialista-Rivoluzionario rappresentava i contadini e promuoveva il terrorismo per la
redistribuzione delle terre.

Nel 1905, dopo la sconfitta contro il Giappone, scoppiò la rivoluzione, evidenziando


l'inadeguatezza del regime autocratico e le tensioni sociali, nazionali e politiche. Eventi cruciali
furono la "Domenica di sangue" a San Pietroburgo e le agitazioni nelle periferie dell'impero. Lo zar
Nicola II concesse limitate riforme, tra cui l'istituzione della Duma e di una Costituzione
embrionale, ma mantenne il potere autocratico. Nonostante la repressione (con circa 15.000
vittime), la società russa si politicizzò, grazie all'abolizione della censura e alla nascita di un
dibattito pubblico.

Il Primo ministro Stolypin tentò una "modernizzazione autoritaria" con riforme agrarie per
sostenere l'industrializzazione e reprimendo duramente i movimenti rivoluzionari. La sua morte nel
1911 lasciò il regime privo di una guida forte, mentre lo zar Nicola II perdeva credibilità, anche a
causa dell'influenza negativa del mistico Rasputin a corte.

Alla vigilia della Prima guerra mondiale, la Russia era economicamente dinamica, con
un'industrializzazione in crescita, ma politicamente fragile, guidata da una classe dirigente
indebolita e da un sovrano inadeguato.

1. Sette anni di guerra totale (1914-1921)


Inizio con la Prima Guerra Mondiale (1914): L’Impero russo mobilitò 15 milioni di soldati, subendo
tra 3 e 4 milioni di vittime (tra militari e civili).
Impatto sociale: La guerra generò odio verso gli ufficiali e la classe dirigente, creando un contesto
di violenza che favorì il bolscevismo.
Modellamento storico: La militarizzazione dello Stato e della società durante la guerra favorì la
rivoluzione bolscevica del 1917 e la formazione dell'Unione Sovietica.

2. La crisi interna e la Rivoluzione di febbraio 1917


Economia in difficoltà: La base industriale limitata e una rete ferroviaria insufficiente non riuscirono
a supportare la mobilitazione bellica, causando penuria di risorse.
Nicola II al comando militare: Nel 1915, lo zar assunse personalmente il comando delle forze
armate, ma perse il controllo sulla capitale Pietrogrado e sul governo. La caduta dello zarismo: Nel
febbraio 1917, una protesta per il pane a Pietrogrado innescò la rivoluzione. Nicola II abdicò,
lasciando un vuoto di potere in una società disorientata.

3. Il dualismo di potere dopo febbraio


Governo provvisorio: Guidato dal principe L'vov e formato da esponenti liberali.
Soviet di Pietrogrado: Controllato dai menscevichi e socialisti rivoluzionari, rappresentava gli operai
e i soldati. Conflitti interni: Né il governo né il Soviet riuscirono a risolvere tre questioni
fondamentali: pace, distribuzione della terra e autonomie nazionali.

4. Il ritorno di Lenin e l’avanzata bolscevica


Strategia di Lenin: Tornato in Russia con il supporto tedesco, Lenin puntò sulla rivoluzione
socialista, superando il concetto di rivoluzione borghese.
Slogan rivoluzionario: "Tutto il potere ai Soviet", appoggiandosi agli operai e ai soldati.
Insurrezione di luglio: Tentativi di insurrezione furono repressi, ma i bolscevichi acquisirono
influenza grazie alla loro opposizione alla guerra e al supporto dei contadini.

5. La Rivoluzione d’ottobre (novembre 1917)


Preparazione: Con un esercito di circa 30.000 armati, i bolscevichi approfittarono del vuoto di
potere e delle debolezze del governo.
Il colpo di Stato: Nella notte del 6-7 novembre 1917, i bolscevichi presero il controllo di Pietrogrado
e rovesciarono il governo provvisorio.
Nascita di un nuovo ordine: La Rivoluzione d’ottobre segnò l’inizio di un progetto politico e sociale
senza precedenti, volto alla costruzione di una società comunista.

Le prime azioni di Lenin e i decreti iniziali


Dopo la presa del potere nell'ottobre 1917, Lenin emanò rapidamente una serie di decreti cruciali:
il decreto sulla pace (due ore dopo l’insediamento), quello sulla distribuzione della terra e un
decreto sul diritto all’autodeterminazione dei popoli dell’Impero. Queste misure gli garantirono il
sostegno di contadini, soldati e minoranze nazionali, consolidando la base sociale del nuovo
governo. Lenin attaccò anche la Chiesa ortodossa, vista come un pilastro del vecchio potere zarista
e un concorrente nel mondo rurale. Nel gennaio 1918, un decreto sancì la separazione tra Stato e
Chiesa, vietò l’insegnamento religioso e privò la Chiesa del diritto alla proprietà. Seguirono violente
persecuzioni contro il clero e i fedeli, con chiusura di monasteri e omicidi di massa, culminati nei
primi anni Venti.

La soppressione della Costituente e il consolidamento del potere


Le elezioni per l'Assemblea Costituente, organizzate dal governo provvisorio, diedero ai bolscevichi
solo il 24% dei voti, contro il 60% dei socialisti-rivoluzionari. In risposta, Lenin sciolse la Costituente
nel gennaio 1918, compiendo un secondo colpo di mano dopo quello dell’ottobre precedente.
Successivamente, il Partito bolscevico (rinominato nel 1919 Partito Comunista) divenne il cuore
dello Stato, dando vita a una nuova forma di governo: il "partito-Stato". La Čeka, la polizia politica
fondata nel 1917, fu cruciale nell'esercizio del potere, utilizzando strumenti coercitivi e repressivi.
L’apparato statale e quello del partito si sovrapposero, generando una burocrazia elefantiaca che,
nel tempo, avrebbe soffocato lo Stato e la società.

La guerra civile e il comunismo di guerra


Dopo la Rivoluzione bolscevica, si aprì una guerra civile su più fronti:
 Internamente, tra bolscevichi e forze antibolsceviche (socialisti-rivoluzionari, "bianchi" e
contadini).Esternamente, con interventi stranieri: Germania, Regno Unito, Giappone e Stati
Uniti invasero territori russi per contrastare i bolscevichi.
In risposta, i bolscevichi crearono l'Armata Rossa, guidata da Trockij, fondata su coscrizione
obbligatoria e rigida disciplina. Il periodo vide una militarizzazione della politica e dell’economia,
culminando nella politica del "comunismo di guerra", che Lenin teorizzò nel 1921. Questa
prevedeva il controllo statale dell’economia, requisizioni forzate e lavoro obbligatorio per
sostenere lo sforzo bellico e costruire il socialismo.

Il Trattato di Brest-Litovsk e la perdita di territori


Nel marzo 1918, il trattato di Brest-Litovsk sancì la pace con la Germania, ma a caro prezzo per la
Russia, che perse Ucraina, Polonia, Finlandia e i Paesi Baltici, oltre a dover fornire ingenti risorse
come petrolio e grano. Il trattato evidenziò la priorità bolscevica: salvaguardare lo Stato e
consolidare il potere, anche accettando temporanee rinunce territoriali.

La fine della guerra civile e il consolidamento territoriale


La guerra civile terminò nel 1921 con il Trattato di Riga, che sancì la perdita di territori come
Polonia, Finlandia e Paesi Baltici. Tuttavia, i bolscevichi riconquistarono gran parte del vecchio
territorio zarista, compresa l'Ucraina e la Transcaucasia.
Nonostante la vittoria, il bilancio umano fu devastante: oltre 2,5 milioni di soldati morti, centinaia
di migliaia di vittime delle repressioni e milioni di morti per fame ed epidemie. Il potere bolscevico
si era consolidato, mantenendo l'impronta imperiale della Russia zarista, ma con una
centralizzazione ancora più rigida e autoritaria.

La nascita dell'URSS e il carattere plurinazionale


Nel 1922, il territorio controllato dai bolscevichi fu riorganizzato in un sistema plurinazionale:
nacque l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Lenin evitò volutamente il termine
"russo" nella denominazione, preferendo "sovietico", che richiamava i consigli rivoluzionari del
1917, originariamente concepiti come fulcro della partecipazione diretta. Tuttavia, la gestione del
potere aveva ormai preso una direzione centralizzata e autoritaria.
Nonostante le differenze rispetto alla tradizione zarista, l'URSS ereditava alcune caratteristiche
imperiali: il potere centralizzato, l’uso della lingua e cultura russa come collante, l’espansionismo e
il ruolo dominante di Mosca come capitale. L’URSS non era solo uno Stato federale, ma anche
un’entità con ambizioni universali e messianiche, destinata a guidare il movimento operaio
mondiale.
Il Komintern e la rivoluzione mondiale
La rivoluzione bolscevica mirava a propagarsi globalmente, partendo dalla scintilla di Pietrogrado
fino a Europa e oltre, per eliminare il capitalismo. Nel 1919, i bolscevichi fondarono il Komintern (o
Terza Internazionale), un’organizzazione che perseguiva la rivoluzione mondiale, strettamente
collegata allo Stato sovietico. Accanto alla diplomazia ufficiale del ministero degli Esteri, il
Komintern divenne uno strumento per promuovere l’insurrezione nei vari Paesi.
Il II Congresso del 1920 stabilì una linea di rottura con la socialdemocrazia, ritenuta un ostacolo alla
rivoluzione. Le condizioni rigide per l'adesione al Komintern causarono la scissione nei partiti
socialisti e la nascita di partiti comunisti nazionali (come in Italia, Germania e Francia), indebolendo
il socialismo riformista e inaugurando un movimento comunista internazionale che influenzò
profondamente il XX secolo.

La NEP: un compromesso con i contadini


Durante la guerra civile, la politica del "comunismo di guerra" (requisizioni forzate e coercizioni)
aveva rotto l’alleanza tra bolscevichi e contadini. Nel 1921, le proteste contadine e la ribellione dei
marinai di Kronštadt spinsero Lenin a introdurre la Nuova Politica Economica (NEP). Questo
programma sostituì le requisizioni con una tassa in natura e permise ai contadini di commerciare i
propri prodotti eccedenti, liberalizzando parzialmente il commercio e l’economia.
La NEP segnò un ritorno al programma filocontadino del 1917, favorendo una ripresa economica a
partire dal 1922, nonostante le devastazioni della guerra mondiale e civile. Questo periodo fu
anche caratterizzato da una vivace attività culturale, alimentata dai movimenti di avanguardia e da
politiche di alfabetizzazione di massa.

L'irrigidimento politico e la morte di Lenin


Nonostante le aperture economiche, il controllo del partito divenne sempre più rigido. Al X
Congresso del 1921 fu proibita la formazione di "frazioni" all'interno del partito, mentre nel 1922
fu creata la figura del segretario generale, affidata a Stalin, che avrebbe giocato un ruolo cruciale
nel futuro dell'URSS. Parallelamente, gli apparati repressivi furono rafforzati, trasformando la Čeka
nella GPU, un’organizzazione ancora più potente.
Nel maggio 1922, Lenin subì un primo ictus, seguito da altri episodi che lo resero incapace di
governare. Morì nel gennaio 1924, aprendo una lotta di successione che avrebbe dominato il
partito per tutta la seconda metà degli anni Venti. La centralità del controllo del partito rifletteva la
natura del potere sovietico, ormai stabilizzato ma ancora in evoluzione.

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