La rendicontazione ambientale, sociale e di governance (ESG) sta diventando una pratica comune e un numero crescente di aziende sta effettuando valutazioni strutturate degli impatti non finanziari delle proprie attività. Gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), parte della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) dell’Unione Europea, hanno introdotto diversi nuovi requisiti, tra cui la doppia materialità, un ambito di disclosure più ampio e la limited assurance.
Il pacchetto Omnibus della Commissione Europea, pubblicato a febbraio con l’obiettivo di semplificare gli obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità e di due diligence, ha introdotto un certo grado di incertezza. Secondo queste proposte, solo le grandi aziende con più di 1.000 dipendenti rientrerebbero nell’ambito della CSRD e sarebbero tenute a rendicontare secondo gli ESRS.
Ad aprile, gli Stati membri dell’UE hanno approvato la cosiddetta proposta ‘Stop the clock’, che posticipa di due anni l’obbligo di rendicontazione ESRS per le aziende della seconda e terza ondata.
Per comprendere le reazioni alla proposta Omnibus, KPMG ha condotto un sondaggio su 128 aziende di 17 paesi, con un particolare focus sulla Germania. Nello studio ‘The first wave of CSRD reporting: What you need to know’ vengono riassunti i risultati della ricerca, esaminati gli impatti specifici e formulate le raccomandazioni per le aziende e i leader che stanno pianificando i prossimi passi nella rendicontazione ESG.