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Le mie invenzioni. L'autobiografia di un genio: Ediz. integrale ed ampliata
Le mie invenzioni. L'autobiografia di un genio: Ediz. integrale ed ampliata
Le mie invenzioni. L'autobiografia di un genio: Ediz. integrale ed ampliata
Ebook131 pages3 hoursClassici del pensiero

Le mie invenzioni. L'autobiografia di un genio: Ediz. integrale ed ampliata

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About this ebook

In "Le mie invenzioni", Tesla racconta la sua vita e le sue molteplici scoperte, dalle rivoluzionarie innovazioni nel campo dell'elettricità alla sua visione del futuro con l'energia senza fili. Tuttavia, nonostante il suo straordinario contributo alla tecnologia moderna, egli è stato spesso deriso e disprezzato dalla comunità scientifica del suo tempo.
In questo libro affascinante, Tesla rivela i dettagli delle sue invenzioni più famose e svela i retroscena delle sfide e delle difficoltà che ha dovuto affrontare nel corso della sua carriera. Con un linguaggio accessibile e coinvolgente, l'autore ci offre uno sguardo privilegiato sul suo mondo interiore e sulle sue visioni pionieristiche che hanno plasmato il nostro presente. Un viaggio straordinario alla scoperta del genio e della creatività di uno dei più grandi inventori della storia dell'umanità.

La presente edizione è arricchita dall’appendice “La trasmissione dell’energia elettrica senza fili come mezzo per promuovere la pace”, un’analisi approfondita in cui Tesla ipotizza un cambiamento epocale nell’umanità: il raggiungimento della “pace universale” grazie al suo (allora innovativo) sistema di comunicazione senza fili.
LanguageItaliano
PublisherCrescere
Release dateJan 21, 2025
ISBN9791254540213
Le mie invenzioni. L'autobiografia di un genio: Ediz. integrale ed ampliata
Author

Nikola Tesla

An author is the creator or originator of any written work such as a book or play, and is also considered a writer. More broadly defined, an author is "the person who originated or gave existence to anything.

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    Le mie invenzioni. L'autobiografia di un genio - Nikola Tesla

    I

    I miei primi anni di vita

    Lo sviluppo progressivo dell’uomo dipende in modo vitale dall’invenzione. È il prodotto più importante del suo cervello creativo. Il suo scopo ultimo è la completa padronanza della mente sul mondo materiale, l’imbrigliamento delle forze della natura per i bisogni umani. Questo è il difficile compito dell’inventore, spesso incompreso e non ricompensato. Ma egli trova ampia ricompensa nell’esercizio piacevole dei suoi poteri, e nella consapevolezza di appartenere a quella classe eccezionalmente privilegiata, senza la quale la razza sarebbe perita molto tempo fa nell’aspra lotta contro gli elementi spietati.

    Per quanto mi riguarda, ho già ottenuto più di quanto potessi desiderare da questo squisito godimento, tanto che per molti anni la mia vita è stata poco meno di un’estasi continua. Mi viene attribuito il merito di essere uno dei lavoratori più duri e forse lo sono, se il pensiero è l’equivalente del lavoro, perché vi ho dedicato quasi tutte le mie ore di veglia. Ma se il lavoro viene interpretato come una prestazione definita in un tempo determinato secondo una regola rigida, allora potrei essere il peggiore dei fannulloni. Ogni sforzo sotto costrizione richiede un sacrificio di energia vitale. Non ho mai pagato un prezzo del genere. Al contrario, ho prosperato sui miei pensieri.

    Nel tentativo di dare un resoconto uniforme e fedele delle mie attività in questa serie di articoli che saranno presentati con l’assistenza degli editori dell’ Electrical Experimenter e che sono principalmente rivolti ai nostri giovani lettori, devo soffermarmi, anche se con riluttanza, sulle impressioni della mia giovinezza e sulle circostanze e gli eventi che sono stati fondamentali nel determinare la mia carriera.

    I nostri primi sforzi sono puramente istintivi, suggerimenti di un’immaginazione vivida e indisciplinata. Man mano che invecchiamo, la ragione si afferma e diventiamo sempre più sistematici e progettuali. Ma quei primi impulsi, anche se non immediatamente produttivi, sono del momento più importante e possono plasmare il nostro stesso destino. In effetti, ora sento che se li avessi capiti e coltivati invece di sopprimerli, avrei aggiunto un valore sostanziale al mio lascito al mondo. Ma solo quando ebbi raggiunto l’età adulta mi resi conto di essere un inventore.

    Ciò era dovuto a una serie di cause. In primo luogo avevo un fratello dal talento straordinario – uno di quei rari fenomeni mentali che la ricerca biologica non è riuscita a spiegare. La sua morte prematura lasciò i miei genitori afflitti. Possedevamo un cavallo che ci era stato regalato da un caro amico. Era un magnifico animale di razza araba, dotato di un’intelligenza quasi umana, ed era curato e coccolato da tutta la famiglia, avendo in un’occasione salvato la vita di mio padre in circostanze straordinarie. Mio padre era stato chiamato una notte d’inverno per svolgere un compito urgente e mentre attraversava le montagne, infestate dai lupi, il cavallo si spaventò e scappò via, scaraventandolo violentemente a terra; fino a giungere a casa sanguinante ed esausto; ma dopo che fu dato l’allarme questi si precipitò di nuovo sul posto, e prima che la squadra di ricerca fosse troppo lontana fu chiamata da mio padre, che aveva ripreso conoscenza ed era rimontato a cavallo, senza rendersi conto che era rimasto riverso nella neve per diverse ore.

    Lo stesso cavallo è stato responsabile delle ferite che hanno causato la morte di mio fratello. Ricordo la tragica scena e anche se sono trascorsi cinquantasei anni da allora, quell’immagine è rimasta vividamente impressa nella mia memoria, senza minimamente sbiadirsi. Il ricordo delle sue conquiste, al confronto, faceva sembrare noioso ogni mio sforzo.

    Tutto ciò che compievo di notevole non faceva che acuire il senso di perdita nei miei genitori. Così sono cresciuto con poca fiducia in me stesso. Ma ero ben lungi dall’essere considerato un ragazzo stupido, a giudicare da un episodio di cui ho ancora un intenso ricordo. Un giorno gli assessori passavano per una strada dove stavo giocando con altri ragazzi. Il più anziano di questi venerabili signori, un ricco cittadino, si fermò per dare una moneta d’argento a ciascuno di noi. Avvicinandosi a me, si fermò all’improvviso e mi ordinò di guardarlo negli occhi. Incrociai il suo sguardo, con la mano tesa per ricevere la moneta tanto preziosa, quando, con mio sgomento, disse: «no, affatto, non otterrai nulla da me, sei troppo intelligente».

    A casa mia solevano raccontare una storia divertente su di me. Avevo due vecchie zie con le facce rugose, una delle quali aveva due denti sporgenti come le zanne di un elefante che mi affondavano nella guancia ogni volta che m’incontrava. Niente mi spaventerebbe di più della prospettiva di essere abbracciato da questi parenti tanto affettuosi quanto poco attraenti. Accadde che, mentre ero in braccio a mia madre, mi chiesero chi fosse la più bella delle due. Dopo aver esaminato attentamente i loro volti, risposi pensieroso, indicando una di loro: «questa qui non è brutta come l’altra».

    D’altra parte, fin dalla mia nascita, ero destinato alla professione clericale e questo pensiero mi si opponeva costantemente. Desideravo fare l’ingegnere, ma mio padre era inflessibile. Era figlio di un ufficiale che aveva prestato servizio nell’esercito del Grande Napoleone e, come suo fratello, professore di matematica in un importante istituto, aveva ricevuto un’educazione militare ma, cosa abbastanza singolare, in seguito aveva abbracciato il clero nella cui vocazione aveva raggiunto l’eminenza. Era un uomo molto erudito, un vero filosofo naturale, poeta e scrittore e si diceva che i suoi sermoni fossero eloquenti come quelli di Abramo a Santa Chiara. Aveva una memoria prodigiosa e spesso recitava a lungo opere in diverse lingue. Diceva spesso – scherzosamente – che se alcuni dei classici fossero andati perduti, sarebbe stato in grado di riprodurli. Il suo stile di scrittura era molto ammirato. Scriveva frasi brevi e concise ed era pieno di arguzia e satira. Le osservazioni umoristiche che faceva erano sempre peculiari e caratteristiche.

    A titolo esemplificativo, posso citare uno o due aneddoti. Tra gli aiutanti c’era un uomo strabico di nome Mane, impiegato per fare lavori intorno alla fattoria. Un giorno stava tagliando la legna. Mentre brandiva l’ascia, mio padre, che si trovava lì vicino e si sentiva molto a disagio, lo avvertì: «per l’amor di Dio, Mane, non colpire ciò che stai guardando, ma ciò che intendi colpire». In un’altra occasione stava portando a fare un giro un amico che con noncuranza aveva lasciato che la sua costosa pelliccia si strofinasse sulla ruota della carrozza. Mio padre glielo ricordò dicendogli: «tirati dentro il cappotto, mi stai rovinando la gomma».

    Aveva la strana abitudine di parlare da solo e spesso portava avanti una conversazione animata e si abbandonava ad accese discussioni, cambiando il tono della voce. Un ascoltatore casuale avrebbe potuto giurare che c’erano diverse persone nella stanza.

    Anche se devo far risalire all’influenza di mia madre tutta l’inventiva che possiedo, l’educazione che mi ha dato lui dev’essere stata utile. Comprendeva ogni sorta di esercizi, come indovinare i pensieri degli altri, scoprire i difetti di una forma o di un’espressione, ripetere lunghe frasi o eseguire calcoli mentali. Queste lezioni quotidiane avevano lo scopo di rafforzare la memoria e la ragione e soprattutto di sviluppare il senso critico, ed erano senza dubbio molto benefiche.

    Mia madre discendeva da una delle famiglie più antiche del paese e da una stirpe di inventori. Sia il padre che il nonno hanno dato origine a numerosi attrezzi per usi domestici, agricoli e di altro tipo. Era davvero una grande donna, di rara abilità, coraggio e forza d’animo, che aveva sfidato le tempeste della vita e del passato attraverso molte esperienze difficili.

    Quando aveva sedici anni una virulenta pestilenza colpì il paese. Suo padre fu chiamato ad amministrare gli ultimi sacramenti ai moribondi e durante la sua assenza andò da sola in aiuto di una famiglia vicina che era stata colpita dalla terribile malattia. Tutti i membri, in numero di cinque, soccomberono in rapida successione. Fece il bagno, vestì e dispose i corpi, decorandoli con fiori secondo l’usanza del paese e quando suo padre tornò trovò tutto pronto per una sepoltura cristiana.

    Mia madre è stata un’inventrice di prim’ordine e credo che avrebbe fatto grandi cose se non fosse stata così lontana dalla vita moderna e dalle sue molteplici opportunità. Ha inventato e costruito tutti i tipi di strumenti e dispositivi e ha tessuto i disegni più raffinati con il filo che lei stessa filava. Ha anche piantato i semi, allevato le piante e separato le fibre da sola. Lavorava instancabilmente, dall’alba fino a tarda notte, e la maggior parte degli abiti e degli arredi della casa erano il prodotto delle sue mani. Quando ebbe superato i sessant’anni, le sue dita erano ancora abbastanza agili da poter fare tre nodi a un ciglio.

    C’era un’altra ragione, ancora più importante, alla base del mio risveglio tardivo. Nella mia fanciullezza soffrivo di una particolare afflizione dovuta alla comparsa di immagini, spesso accompagnate da forti lampi di luce, che guastavano la vista di oggetti reali e interferivano con il mio pensiero e

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