Imprenditoria al femminile
nella cooperazione
Anna Manca
Genova, 18 Gennaio 2017
Il tasso di occupazione femminile è un
indicatore del grado di sviluppo equo e
sostenibile di un paese.
La percentuale di donne in posizione apicale
nelle aziende rappresenta un potenziale di
maggiore di produttività e competitività.
L’Italia non è un Paese per donne!
Come è stato ricordato dall’Ocse, se in Italia, nel
2030, la partecipazione delle donne al lavoro
raggiungesse i livelli degli uomini:
• l’occupazione crescerebbe del 7%
• il PIL pro-capite aumenterebbe dell’1%
all’anno.
un efficace inclusione delle donne nel lavoro
il supporto alla scelta di fare impresa
l’inserimento nelle filiere innovative
aumenterebbero le chance di crescita, oggi
ancora deboli e incerte.
49,1% è il tasso di inclusione lavorativa al
femminile al terzo trimestre del 2017,
migliorata di qualche punto solo
recentemente, ma pur sempre fanalino di coda
in Europa, avanti solo a Grecia, Macedonia e
Turchia e superata da Malta che un tempo era
ultima.
Ben lontana dunque dal 60%
obiettivo europeo per il 2010.
Segnali positivi su presenza in politica e istituzioni:
• Elezioni politiche 2013: dal 20,3% al 30,7% .
• Elezioni europee 2014: le deputate italiane sono il
40%, oltre la media europea che si attesta al 37%.
• Limitatissima presenza femminile nei vertici delle
istituzioni: non si raggiunge il 15% (14,4%), valore più
basso nelle Università (7,2%) più alto negli Organi
costituzionali (21,2%).
• L’analisi per regione evidenzia significative
differenziazioni, con il valore più basso per la Sicilia
(7,4%) e quello più alto per l’Emilia-Romagna
(21,2%).
Sale la presenza delle donne nei CDA delle società
quotate in borsa, grazie ad interventi legislativi: nel
2017 si supera la quota del 30 % (31,6%).
Differente la presenza negli organi decisionali del nostro
Paese: solo il 16,4% .
75% nell’Autorità della privacy;
25% nell’Autorità garante della concorrenza e del
mercato,
26% nel Consiglio superiore della magistratura
25% nella Consob
21% nella Corte costituzionale
soltanto il 10,2% tra gli ambasciatori
Assenti tra i componenti l’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni
Una recente ricerca commissionata da
Confcooperative al Censis,
“Donne al lavoro, la scelta di fare
l’impresa”, rivela come l’impresa femminile
guida l’uscita dalla crisi.
Fra il 2014 e il 2016 le aziende femminili
crescono più della media del sistema
imprenditoriale, soprattutto al Sud e in
ambiti fino a qualche anno fa presidio
esclusivo di imprese al maschile:
energia, costruzioni, moda, turismo e
agroalimentare.
Si colloca abbondantemente sopra all’1%
la parte di imprese femminili impegnate
nel turismo (+5,1%, ma raggiunge l’11,5%
nelle attività di accoglienza), nei servizi
per la ristorazione (+4,4%) e
nell’industria alimentare (+4,0%).
Le imprese rosa nascono soprattutto:
nelle regioni centrali (+2,0%),
al Sud (+1,8%)
Nord Ovest e Nord Est presentano incrementi più
contenuti (1% circa).
il più alto tasso di crescita in Lazio e Calabria
(entrambe con un +3,1%)
Piemonte, Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia,
Liguria e Marche
segnalano una dinamica negativa.
Graduatoria delle province per tasso di femminilizzazione delle imprese registrate, 2014-2016
(v.a., val.%, var.% e diff.ass.)
Imprese
femminili
2014
(v.a.)
Imprese femminili
2016
(v.a.)
diff.ass.
2014-2016
var.%
2014-2016
Tasso di
femminilizzazione
2016
LA SPEZIA 5.198 5.265 67 1,3 25,5
SAVONA 7.635 7.511 -124 -1,6 24,7
IMPERIA 6.173 6.062 -111 -1,8 23,5
GENOVA 17.164 17.072 -92 -0,5 19,9
Liguria 36.170 35.910 -260 -0,7 21,1
Italia 1.302.054 1.321.862 19.808 1,5 21,8
Fonte: elaborazione Censis su dati Osservatorio dell'imprenditoria femminile, Unioncamere-Infocamere
Quali sono
le leve motivazionali
che spingono a scelte coraggiose
in funzione dell’indipendenza
professionale
e quali le barriere
che ostacolano
le carriere imprenditoriali
delle donne?
le motivazioni che possono portare una donna alla decisione
di creare una propria attività possono essere ricondotte a
quattro categorie:
• in seguito alle difficoltà riscontrate nel mondo del lavoro
dipendente, dovute a in
occupazione/disoccupazione o all’impossibilità di dare spazio
alla propria professionalità
e capacità;
• in seguito al desiderio/bisogno di una maggior flessibilità
nella gestione del tempo,
di conciliazione armonica tra vita e lavoro;
• in seguito a un desiderio di crescita professionale e di
avanzamento di carriera come
espressione di auto-realizzazione;
• in seguito al prevalere di aspetti ideologici e culturali, per
rimettere in gioco il ruolo
della donna nella società, spesso stereotipato e prestabilito.
Mentre le barriere dell’imprenditoria femminile possono essere
ricondotte a tre fondamentali tipologie di ostacoli:
• lo status delle donne nella società: una serie di stereotipi di
genere che permane ancora nella società continua a vedere le
donne legate al compito primario di moglie e madre e porta a
credere che le donne siano prive di alcune caratteristiche
importanti per l’attività imprenditoriale;
• l’accesso alle informazioni e all’assistenza tecnica: difficoltà di
inserirsi nei network sociali e informali che costituiscono la sede
principale per ottenere informazioni inerenti l’area di attività che le
interessa;
• l’accesso al capitale”: reso ostico dalla mancanza di credibilità
che spesso accompagna le iniziative imprenditoriali femminili,
dalla manifestazione del desiderio di creare una piccola impresa di
servizi, dalla scarsa esperienza nella negoziazione
delle questioni finanziarie.
Considerevole è il contributo alla crescita
imprenditoriale femminile proveniente
dalle imprese cooperative femminili
(40%):
crescono del 4,1% in due anni
(oltre le 30mila unità nel 2016)
portano al 21,1% la quota delle
cooperative femminili
sul totale delle cooperative.
Guardando i numeri, il ruolo delle donne nel
movimento cooperativo è un ruolo decisamente
importante:
Le 39.500 cooperative aderenti all’ACI
• fatturano 150 miliardi di euro
• occupano un milione e 150mila addetti
( 90% dell’occupazione cooperativa in Italia) di cui
il 58% sono donne
• 1 su 3 è a guida femminile
In Confcooperative si è registrata una
crescita di almeno il 5% del numero di
imprese a guida femminile.
Su 19 mila imprese e 528 mila occupati le
donne rappresentano la maggioranza con il
60,8% dell’occupazione (57% nel 2005)
il 40% dei soci (37% nel 2005)
il 26,3% della governance delle cooperative
rispetto al 16% delle altre forme d’impresa
Le cooperative confermano
il loro ruolo di ascensore sociale
soprattutto
per le fasce di popolazione
che generalmente
trovano poco spazio
nel mercato del lavoro.
GOVERNANCE
Le regioni del Mezzogiorno sono quelle in cui le
donne sono più presenti ai vertici delle
cooperative; poco al di sotto quelle
del Centro con il 24,6%, mentre restano staccate
di 6 punti percentuali le regioni del Nord dove le
donne al comando non vanno oltre il 19% delle
cooperative.
Ad avere donne alla guida sono soprattutto le
cooperative sociali, 4 su 10; mentre sono 1 su
5 tra le cooperative culturali e turistiche e 1 su
4 tra le sanitarie.
Anche se in termini assoluti rappresentano una
quota marginale, da segnalare la crescita a due
cifre (+ 200% in 10 anni) delle cooperative
della pesca con un leader femminile.
OCCUPATI:
Con quasi il 62% le donne rappresentano la
maggioranza degli occupati delle cooperative
del Nord, dal 2005 al 2014 la crescita è stata del 3%.
Al Centro erano il 58% nel 2005 sono salite al 60%.
Balzo in avanti tra gli occupati nel Sud, dove la quota
rosa è passata dal 45 al 55%.
Al pari della base sociale, la cooperazione sociale è il
settore dove si registra la quota più elevata di donne
occupate: poco meno di due terzi (72,5%) dell’intera
forza lavoro. Seguono la cooperazione sanitaria e quella
di produzione lavoro con il 52%.
SOCI:
A prevalere sono le regioni del Nord dove a fine 2014
se ne contavano 44 ogni 100 (nel 2005 erano 39).
L’incremento maggiore si è registrato nel Centro dove
le donne sono passate dal 35 al 44% della base
sociale.
Lieve regressione al Sud che invece vede ridurre la
quota rosa di un punto percentuale dal 30 al 29%.
Tra i settori quelli con una maggioranza rosa tra i soci
ci sono il sociale con oltre il 65%, +5% dal 2005;
il consumo con il 55% (+9% dal 2005) e la sanità con
il 46%.

Imprenditoria al femminile - MeetHub! di Social Hub Genova - Anna Manca

  • 1.
    Imprenditoria al femminile nellacooperazione Anna Manca Genova, 18 Gennaio 2017
  • 2.
    Il tasso dioccupazione femminile è un indicatore del grado di sviluppo equo e sostenibile di un paese. La percentuale di donne in posizione apicale nelle aziende rappresenta un potenziale di maggiore di produttività e competitività. L’Italia non è un Paese per donne!
  • 3.
    Come è statoricordato dall’Ocse, se in Italia, nel 2030, la partecipazione delle donne al lavoro raggiungesse i livelli degli uomini: • l’occupazione crescerebbe del 7% • il PIL pro-capite aumenterebbe dell’1% all’anno. un efficace inclusione delle donne nel lavoro il supporto alla scelta di fare impresa l’inserimento nelle filiere innovative aumenterebbero le chance di crescita, oggi ancora deboli e incerte.
  • 4.
    49,1% è iltasso di inclusione lavorativa al femminile al terzo trimestre del 2017, migliorata di qualche punto solo recentemente, ma pur sempre fanalino di coda in Europa, avanti solo a Grecia, Macedonia e Turchia e superata da Malta che un tempo era ultima. Ben lontana dunque dal 60% obiettivo europeo per il 2010.
  • 5.
    Segnali positivi supresenza in politica e istituzioni: • Elezioni politiche 2013: dal 20,3% al 30,7% . • Elezioni europee 2014: le deputate italiane sono il 40%, oltre la media europea che si attesta al 37%. • Limitatissima presenza femminile nei vertici delle istituzioni: non si raggiunge il 15% (14,4%), valore più basso nelle Università (7,2%) più alto negli Organi costituzionali (21,2%). • L’analisi per regione evidenzia significative differenziazioni, con il valore più basso per la Sicilia (7,4%) e quello più alto per l’Emilia-Romagna (21,2%).
  • 6.
    Sale la presenzadelle donne nei CDA delle società quotate in borsa, grazie ad interventi legislativi: nel 2017 si supera la quota del 30 % (31,6%). Differente la presenza negli organi decisionali del nostro Paese: solo il 16,4% . 75% nell’Autorità della privacy; 25% nell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, 26% nel Consiglio superiore della magistratura 25% nella Consob 21% nella Corte costituzionale soltanto il 10,2% tra gli ambasciatori Assenti tra i componenti l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni
  • 7.
    Una recente ricercacommissionata da Confcooperative al Censis, “Donne al lavoro, la scelta di fare l’impresa”, rivela come l’impresa femminile guida l’uscita dalla crisi. Fra il 2014 e il 2016 le aziende femminili crescono più della media del sistema imprenditoriale, soprattutto al Sud e in ambiti fino a qualche anno fa presidio esclusivo di imprese al maschile: energia, costruzioni, moda, turismo e agroalimentare.
  • 8.
    Si colloca abbondantementesopra all’1% la parte di imprese femminili impegnate nel turismo (+5,1%, ma raggiunge l’11,5% nelle attività di accoglienza), nei servizi per la ristorazione (+4,4%) e nell’industria alimentare (+4,0%).
  • 9.
    Le imprese rosanascono soprattutto: nelle regioni centrali (+2,0%), al Sud (+1,8%) Nord Ovest e Nord Est presentano incrementi più contenuti (1% circa). il più alto tasso di crescita in Lazio e Calabria (entrambe con un +3,1%) Piemonte, Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Liguria e Marche segnalano una dinamica negativa.
  • 10.
    Graduatoria delle provinceper tasso di femminilizzazione delle imprese registrate, 2014-2016 (v.a., val.%, var.% e diff.ass.) Imprese femminili 2014 (v.a.) Imprese femminili 2016 (v.a.) diff.ass. 2014-2016 var.% 2014-2016 Tasso di femminilizzazione 2016 LA SPEZIA 5.198 5.265 67 1,3 25,5 SAVONA 7.635 7.511 -124 -1,6 24,7 IMPERIA 6.173 6.062 -111 -1,8 23,5 GENOVA 17.164 17.072 -92 -0,5 19,9 Liguria 36.170 35.910 -260 -0,7 21,1 Italia 1.302.054 1.321.862 19.808 1,5 21,8 Fonte: elaborazione Censis su dati Osservatorio dell'imprenditoria femminile, Unioncamere-Infocamere
  • 11.
    Quali sono le levemotivazionali che spingono a scelte coraggiose in funzione dell’indipendenza professionale e quali le barriere che ostacolano le carriere imprenditoriali delle donne?
  • 12.
    le motivazioni chepossono portare una donna alla decisione di creare una propria attività possono essere ricondotte a quattro categorie: • in seguito alle difficoltà riscontrate nel mondo del lavoro dipendente, dovute a in occupazione/disoccupazione o all’impossibilità di dare spazio alla propria professionalità e capacità; • in seguito al desiderio/bisogno di una maggior flessibilità nella gestione del tempo, di conciliazione armonica tra vita e lavoro; • in seguito a un desiderio di crescita professionale e di avanzamento di carriera come espressione di auto-realizzazione; • in seguito al prevalere di aspetti ideologici e culturali, per rimettere in gioco il ruolo della donna nella società, spesso stereotipato e prestabilito.
  • 13.
    Mentre le barrieredell’imprenditoria femminile possono essere ricondotte a tre fondamentali tipologie di ostacoli: • lo status delle donne nella società: una serie di stereotipi di genere che permane ancora nella società continua a vedere le donne legate al compito primario di moglie e madre e porta a credere che le donne siano prive di alcune caratteristiche importanti per l’attività imprenditoriale; • l’accesso alle informazioni e all’assistenza tecnica: difficoltà di inserirsi nei network sociali e informali che costituiscono la sede principale per ottenere informazioni inerenti l’area di attività che le interessa; • l’accesso al capitale”: reso ostico dalla mancanza di credibilità che spesso accompagna le iniziative imprenditoriali femminili, dalla manifestazione del desiderio di creare una piccola impresa di servizi, dalla scarsa esperienza nella negoziazione delle questioni finanziarie.
  • 14.
    Considerevole è ilcontributo alla crescita imprenditoriale femminile proveniente dalle imprese cooperative femminili (40%): crescono del 4,1% in due anni (oltre le 30mila unità nel 2016) portano al 21,1% la quota delle cooperative femminili sul totale delle cooperative.
  • 15.
    Guardando i numeri,il ruolo delle donne nel movimento cooperativo è un ruolo decisamente importante: Le 39.500 cooperative aderenti all’ACI • fatturano 150 miliardi di euro • occupano un milione e 150mila addetti ( 90% dell’occupazione cooperativa in Italia) di cui il 58% sono donne • 1 su 3 è a guida femminile
  • 16.
    In Confcooperative siè registrata una crescita di almeno il 5% del numero di imprese a guida femminile. Su 19 mila imprese e 528 mila occupati le donne rappresentano la maggioranza con il 60,8% dell’occupazione (57% nel 2005) il 40% dei soci (37% nel 2005) il 26,3% della governance delle cooperative rispetto al 16% delle altre forme d’impresa
  • 17.
    Le cooperative confermano illoro ruolo di ascensore sociale soprattutto per le fasce di popolazione che generalmente trovano poco spazio nel mercato del lavoro.
  • 18.
    GOVERNANCE Le regioni delMezzogiorno sono quelle in cui le donne sono più presenti ai vertici delle cooperative; poco al di sotto quelle del Centro con il 24,6%, mentre restano staccate di 6 punti percentuali le regioni del Nord dove le donne al comando non vanno oltre il 19% delle cooperative. Ad avere donne alla guida sono soprattutto le cooperative sociali, 4 su 10; mentre sono 1 su 5 tra le cooperative culturali e turistiche e 1 su 4 tra le sanitarie. Anche se in termini assoluti rappresentano una quota marginale, da segnalare la crescita a due cifre (+ 200% in 10 anni) delle cooperative della pesca con un leader femminile.
  • 19.
    OCCUPATI: Con quasi il62% le donne rappresentano la maggioranza degli occupati delle cooperative del Nord, dal 2005 al 2014 la crescita è stata del 3%. Al Centro erano il 58% nel 2005 sono salite al 60%. Balzo in avanti tra gli occupati nel Sud, dove la quota rosa è passata dal 45 al 55%. Al pari della base sociale, la cooperazione sociale è il settore dove si registra la quota più elevata di donne occupate: poco meno di due terzi (72,5%) dell’intera forza lavoro. Seguono la cooperazione sanitaria e quella di produzione lavoro con il 52%.
  • 20.
    SOCI: A prevalere sonole regioni del Nord dove a fine 2014 se ne contavano 44 ogni 100 (nel 2005 erano 39). L’incremento maggiore si è registrato nel Centro dove le donne sono passate dal 35 al 44% della base sociale. Lieve regressione al Sud che invece vede ridurre la quota rosa di un punto percentuale dal 30 al 29%. Tra i settori quelli con una maggioranza rosa tra i soci ci sono il sociale con oltre il 65%, +5% dal 2005; il consumo con il 55% (+9% dal 2005) e la sanità con il 46%.